N. 485 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 luglio 2002
Ordinanza emessa il 4 luglio 2002 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra INPS e De Sio Domenico ed altri Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Esposizione ultradecennale all'amianto - Rivalutazione del periodo assicurativo con moltiplicazione per il coefficiente 1,5 - Applicabilita' del beneficio ai lavoratori in pensione di vecchiaia e di anzianita' al momento dell'entrata in vigore della legge n. 257/1992 (come modificata dalla legge n. 271/1993) - Mancata previsione - Irrazionalita' - Ingiustificato deteriore trattamento dei pensionati di vecchiaia e di anzianita' rispetto a quelli di invalidita' nonche' rispetto ai lavoratori disoccupati e agli stessi pensionati di vecchiaia e di anzianita' dopo l'entrata in vigore della legge n. 257/1992 - Incidenza sulla garanzia previdenziale e sul diritto alla tutela della salute. - Legge 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8. - Costituzione, artt. 3, 32 e 38.(GU n.44 del 6-11-2002 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Il pretore di Napoli, in accoglimento del ricorso di De Sio Domenico, Esposito Paolo, Lubrino Giuseppe e Leopardo Michele, ex dipendenti della azienda Sofer di Pozzuoli, ha dichiarato il diritto degli stessi alla rivalutazione dell'anzianita' contributiva, a fini pensionistici, mediante l'applicazione del coefficiente dell'1,5% per il periodo di accertata esposizione all'amianto ai sensi dell'art. 13 comma 8, legge n. 257 del 1992; Avverso detta sentenza ha proposto appello l'INPS eccependo la mancanza di attestazione di esposizione ultradecennale all'amianto e affermando che i benefici di cui all'art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 non si applichino ai lavoratori gia' in quiescenza alla data di entrata in vigore della legge. Si sono costituiti gli appellati con propria memoria. All'udienza del 4 luglio 2002 il tribunale assegnava la causa in decisione. Va innanzitutto rilevato che in fatto la difesa dei lavoratori appellati ha prodotto, fin dal ricorso introduttivo, attestazione proveniente dall'INAIL nella quale si da' atto che l'azienda Sofer di Pozzuoli ha svolto lavorazioni che esponevano ad inalazioni di polvere di amianto. Secondo il dettato normativo di cui all'art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 "per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, e' moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5". Secondo un orientamento della Corte di cassazione, (sez. L sent. 06605 del 7 luglio 1998) la dizione della norma in esame, con il riferirsi esclusivamente ai "lavoratori" avrebbe inteso escludere dal beneficio in parola i soggetti che, alla data di entrata in vigore della legge esaminata, non prestavano piu' attivita' lavorativa. Successivamente la mema Corte ha pero' precisato questa interpretazione nel senso che l'esclusione opererebbe soltanto per quei lavoratori che, alla data di entrata in vigore della norma sono titolari di pensione di vecchiaia, di anzianita', o titolari di pensione di inabilita' ex lege 222/1984, mentre il beneficio previsto si applicherebbe a soggetti titolari di altre categorie di pensione (sez. L sent. n. 05764 del 19 aprile 2001 "la maggiorazione del periodo lavorativo ai fini pensionistici, riconosciuta dall'art. 13, legge 27 marzo 1992, n. 257, come modificato dall art. 1, decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 1993, n. 271, in favore dei "lavoratori del settore dell'amianto esposti al rischio di malattia per oltre dieci anni, mentre non puo' trovare applicazione - atteso il tenore letterale e la ratio della previsione normativa - per i soggetti gia' fruenti di pensione di vecchiaia o di anzianita' ovvero titolari di pensione di inabilita ex legge n. 222 del 1984, e' invece applicabile ai titolari di pensione o assegno di invalidita' , ai quali si addice la qualifica di lavoratori, dato che il godimento della prestazione di invalidita' non preclude lo svolgimento di attivita' lavorativa e che anche per essi vi e' l'esigenza di incrementare l'anzianita' assicurativa per poter conseguire le prestazioni di vecchiaia. Per la spettanza del beneficio, poi, non assume rilevanza che i soggetti svolgessero o meno attivita' lavorativa alla data di entrata in vigore della citata legge n. 257 del 1992, considerato, da un lato, che, letteralmente, cio' che rileva, come elemento ostativo del beneficio, e' solo il fatto che a tale data i lavoratori avessero gia' conseguito la pensione di vecchiaia o di anzianita' ovvero la pensione di inabilita' e, dall'altro, che il requisito dell'attualita' lavorativa comporterebbe un'ingiustificata disuguaglianza fra i lavoratori transitati in settori diversi dall'amianto e i lavoratori che, pur avendo ugualmente contratto l'asbestosi o comunque essendo rimasti esposti al rischio di malattia per oltre dieci anni, siano rimasti disoccupati; ne' la necessita' dell'attualita' lavorativa puoessere dedotta dalle disposizioni di cui all'art. 80, venticinquesimo comma, legge 23 dicembre 2000 n. 388"). Nel caso de quo, come risulta dalla dichiarazione del procuratore dell'appellato, il lavoratore De Sio Antonio gode di pensione di vecchiaia, il lavoratore Esposito Paolo e' titolare di pensione di anzianita', mentre i lavoratori Lubrino Giuseppe e Leopardo Michele sono titolari di assegno di invalidita'. Pertanto, secondo Iinterpretazione sopra riferita il beneficio di cui all'art. 13 ottavo comma non sarebbe applicabile agli appellati De Sio Antonio ed Esposito Paolo. Innanzitutto va premesso che scopo della legge e' principalmente quello di incrementare, con l'aumento figurativo del periodo di contribuzione, le prestazioni pensionistiche, e di attribuire un beneficio a coloro che, loro malgrado, siano stati sottoposti all'azione di materiale che poi la evoluzione successiva delle scienza ha accertato essere pericoloso per la salute. Questa ratio va certamente considerata prevalente rispetto a quella, pur esistente, evidenziata dalla Corte di cassazione, di agevolare l'esodo da industrie che effettuano lavorazioni potenzialmente lesive tramite la riconversione dei lavoratori ivi impiegati nello smantellamento delle attivita' predette. Lo scopo primario, perseguito dal legislatore, come gia' affermato incidentalmente dalla Corte costituzionale con argomentazione fatta propria da questo tribunale, e' quello di tutela nei confronti di situazioni morbigene (Corte costituzionale n. 5 del 12 gennaio 2000 secondo cui "scopo della disposizione censurata, secondo quanto si evince dalla accennata ricostruzione della relativa vicenda normativa, va rinvenuto nella finalita' di offrire, ai lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialita' morbigene"). A questa conclusione il collegio ritiene di aderire in considerazione dell'esame complessivo della normativa in questione che prevede: l'accesso, per i lavoratori occupati in imprese che utilizzano o estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva, al pensionamento anticipato in costanza di determinati requisiti contributivi, beneficiando di una maggiorazione dell'anzianita' assicurativa e contributiva (comma 2); la rivalutazione, ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori delle miniere e cave di amianto, del numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa (comma 6); la rivalutazione per il periodo di provata esposizione all'amianto in favore dei lavoratori che abbiano contratto, a causa di detta esposizione, malattie professionali documentate dall'INAIL (comma 7). In secondo luogo a conferma dell'interpretazione condivisa dal collegio sta l'iter legislativo relativo alla modifica dell'art. 13, comma 8, legge 257/1992. L'art. 1, comma 1 del d.l. 5 giugno 1993 n. 169, in sostituzione dell'art. 13, comma 8, legge 257 del 1992, aveva stabilito che "per i lavoratori dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse" l'esposizione ultradecennale all'amianto era moltiplicata per il coefficiente di 1,5. In sede di conversione la legge 271 del 1993 ha soppresso l'inciso "dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari a fallite o dismesse". Pertanto e' agevole ricavare come il legislatore, con la nuova formulazione dell'art. 13, comma 8, abbia inteso dare centralita' alla lavorazione ultradecennale ai fini dell'ottenimento del beneficio in questione, svincolando la sua concessione da ogni relazione con la tipologia dell'attivita' produttiva del datore di lavoro. Ebbene la esegesi dell'articolo in discussione effettuato dalla Corte di cassazione viola il principio di uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione in relazione a lavoratori che godono di pensione a titoli diversi. Questa norma, infatti, sancisce l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Mentre, attribuire un beneficio di ordine economico ad un pensionato piuttosto che ad un altro solo perche' il primo al momento di entrata in vigore della norma era titolare di pensione di invalidita' e non di anzianita' o di vecchiaia comporta una sostanziale violazione del principio di uguaglianza riferito alla tutela del bene della salute, che per la sua assolutezza merita incondizionata tutela per ciascun individuo. E' pertanto irragionevole e non conforme al principio di uguaglianza sostanziale sostenere innanzitutto che di detto beneficio debbano godere coloro che erano lavoratori alla data di entrata in vigore della legge. E successivamente specificando che, tra i lavoratori non piu' in servizio alla data di entrata in vigore della legge soltanto alcune categorie di pensionati, quali i titolari di pensione o assegno di invalidita' possano godere di detto benefi-cio e non i soggetti gia' fruenti di pensione di vecchiaia o di anzianita'. Anche per questi vi e' stata una esposizione al rischio amianto per piu' di 10 anni, rischio cosi' rilevante per i lavoratori che il legislatore si e' preoccupato di stabilire i criteri di soglia massima di esposizione con il d.lgs. n. 277 del 1991; senza considerare che, sempre dal punto di vista sostanziale, sono stati proprio coloro che al momento di entrata in vigore della legge non lavoravano piu' ad essere stati sottoposti in misura maggiore (per tutta la durata della loro vita lavorativa) al rischio derivante dall'esposizione all'amianto. La norma in esame, inoltre, viola anche gli artt. 32 e 38 della Costituzione. Se ai sensi dell'art. 32 della Costituzione la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo, una norma che riconosce l'esistenza di un rischio connesso ad una certa attivita' produttiva ma che non riconosce (o comunque riconosce solo ad alcuni soggetti) un indennizzo che compensa l'esposizione della salute a rischio di lesione, viola il precetto teste' menzionato di tutela della salute. L'orientamento restrittivo della Corte di cassazione e' infatti in contrasto con le piu' moderne risultanze della scienza medica, secondo cui la comparsa dell'asbestosi (e dei tumori polmonari) nell'arco di 10 anni richiede una esposizione non inferiore a 2,5 fibre/cm3 sulla media ponderata delle otto ore giornaliere e quindi una concentrazione 25 volte superiore alla soglia individuata nell'art. 24 d.lgs. 277/1991. Quanto all'art. 38 della Carta costituzionale, il comma secondo afferma che "i lavoratori hanno diritto che siano provveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidita' e vecchiaia, disoccupazione involontaria". Al riguardo, come si e' in precedenza accennato, il Collegio e' certo che la norma in esame, lungi dal considerare i destinatari del beneficio come "lavoratori ancora in attivita'", ricomprende nel suo ambito tutti i lavoratori, sia in servizio, ma, per esempio, divenuti parzialmente invalidi, sia non piu' in servizio. Se allora scopo della norma costituzionale e' la tutela di tutti i lavoratori sia in servizio sia che abbiano cessato attivita' lavorativa, in caso di infortunio o invalidita', l'interpretazione restrittiva dell'art. 13, comma 8, della legge 257 del 1992 attuata dalla Corte di cassazione e' in contrasto con la norma appena cennata. Ne' le argomentazioni sopra riportate possono ritenersi superate dall'art. 80, comma 25, legge 388/2000 secondo cui "in caso di rinuncia all'azione giudiziaria promossa da parte dei lavoratori esposti all'amianto aventi i requisiti di cui alla legge 27 marzo 1992, n. 257, e cessati dall'attivita' lavorativa antecedentemente all'entrata in vigore della predetta legge, la causa si estingue e le spese e gli onorari relativi alle attivita' antecedenti all'estinzione sono compensati. Non si da' luogo da parte dell'INPS al recupero dei relativi importi oggetto di ripetizione di indebito nei confronti dei titolari di pensione interessati". Da un punto di vista concreto, nella presente procedura la rinunzia di cui alla norma in esame non e' stata proposta. Dall'altro lato, la qualificazione delle somme versate dall'INPS ai sensi dell'art. 13, comma 8, come "indebito" lascia intravedere profili di violazione del dettato costituzionale analoghi a quelli denunciati con la presente ordinanza, sebbene, come si e' detto, l'art. 80, comma 25, non sia oggetto del presente giudizio e pertanto la relativa questione si presenta non rilevante.
P. Q. M. Letti gli artt. 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, 1 D.C.C. 16 marzo 1956; Dispone promuoversi d'ufficio procedimento di verifica della legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992 per contrasto con gli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione; Sospende il presente procedimento; Ordina che a cura della cancelleria gli atti del giudizio vengano trasmessi alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri; Ordina a cura della cancelleria la stessa ordinanza sia comunicata ai presidenti delle due camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli il 4 luglio 2002. Il Presidente: Panariello Il giudice estensore: Catalano 02C12983