N. 52 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 giugno 2003
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 giugno 2003 (della Regione Toscana) Spettacoli e trattenimenti pubblici - Contributi alle attivita' dello spettacolo - Criteri e modalita' di erogazione, nonche' aliquote di ripartizione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) - Prevista fissazione annuale con decreti ministeriali non aventi natura regolamentare, in attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali stabilisca gli ambiti e i criteri di competenza dello Stato - Denunciata invasione di competenze legislative regionali di tipo residuale (in materia di spettacolo) o concorrente (in materia di promozione ed organizzazione delle attivita' culturali) - Esorbitanza dalla legislazione statale di principio - Violazione della potesta' regionale di riparto delle funzioni amministrative con gli enti locali - Invasione della potesta' regolamentare delle Regioni nelle materie non riservate allo Stato - Contrasto con le regole del finanziamento regionale e con l'obbligo di trasferire alle Regioni le risorse disponibili. - Decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 24, convertito con modifiche nella legge 17 aprile 2003, n. 82, art. 1. - Costituzione, artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, 118 e 119.(GU n.31 del 6-8-2003 )
Ricorso della regione Toscana, in persona del suo presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 450 del 12 maggio 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni, presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro il presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.l. 18 febbraio 2003, n. 24, recante «Disposizioni urgenti in materia di contributi in favore delle attivita' dello spettacolo», convertito, con modificazioni, in legge 17 aprile 2003, n. 82. Nella Gazzetta Ufficiale 19 aprile 2003, n. 92, e' stata pubblicata la legge n. 82/2003 di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 24/2003. All'art. 1 viene stabilito che - in attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali di cui all'art. 117 della Costituzione fissi i criteri e gli ambiti di competenza dello Stato - i criteri e le modalita' di erogazione dei contributi alle attivita' dello spettacolo, previsti dalla legge 30 aprile 1985, n. 163, e le aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo sono stabiliti annualmente con decreti del Ministero per i beni e le attivita' culturali non aventi natura regolamentare. E', altresi', disposta l'abrogazione del regolamento di cui al decreto del Ministero per i beni e le attivita' culturali 4 novembre 1999, n. 470, recante criteri e modalita' di erogazione di contributi in favore delle attivita' teatrali in corrispondenza agli stanziamenti del Fondo unico per lo spettacolo. La legge 30 aprile 1985, n. 163, recante «Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo», ha istituito il Fondo unico per lo spettacolo (F.U.S.), per il sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attivita' cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonche' per la promozione ed il sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero. Le aliquote di ripartizione del fondo tra le varie attivita' erano stabilite - fino all'entrata in vigore dell'impugnata norma - dalla legge stessa, mentre i criteri di ripartizione del fondo tra i destinatari erano stabiliti con regolamenti adottati con decreti ministeriali (d.m. 19 marzo 2001, n. 191, per l'erogazione dei contributi del F.U.S per le attivita' musicali; d.m. n. 167/2001 per le attivita' di danza; d.m. n. 470/1999 per le attivita' teatrali). Anche dopo la riforma costituzionale del titolo V, l'autorita' statale ha continuato ad emanare regolamenti per disciplinare i criteri e le modalita' di suddivisione del F.U.S.: cio' e' avvenuto con il d.m. n. 47/2002 concernente il finanziamento delle attivita' musicali e con il d.m. n. 188/2002 per la danza. Avverso tali due regolamenti la Regione Toscana ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione (N.R. 21/02 e 40/02), per violazione dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione, in quanto con un regolamento si disciplinano aspetti non rientranti in ambiti materiali affidati alla potesta' legislativa esclusiva statale. Tanto premesso, l'art. 1 della legge n. 82/2003 viola gli artt. 117, 118 e 119, come modificati dalla recente legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2002, per i seguenti motivi di Diritto A) Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione. A.1 - Come gia' rilevato, la disposizione impugnata concerne l'erogazione dei contributi del Fondo unico per lo spettacolo, istituito con la legge n. 163/1985 per il sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attivita' cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante. Percio' la norma in oggetto interviene nella materia dello spettacolo. Gia' il d.P.R. n. 616/1977, all'art. 49, aveva riconosciuto un'autonomia alle funzioni regionali in materia di attivita' di prosa, musicali e cinematografiche, rispetto alle tradizionali attivita' culturali. Infatti il secondo comma del citato art. 49 ha disposto: «Le funzioni delle regioni e degli enti locali in ordine alle attivita' di prosa, musicali e cinematografiche saranno riordinate con la legge di riforma dei rispettivi settori, da emanarsi entro il 31 dicembre 1979», la norma e' significativa perche' riconosce in via programmatica la competenza regionale e locale all'esercizio di funzioni amministrative in materia di spettacolo (la preannunciata legge di riforma, peraltro, non e' mai stata emanata). Parlare di spettacolo significa riferirsi onnicomprensivamente ad un insieme di attivita' diverse, quali: la formazione ed il perfezionamento artistico degli operatori del settore, la produzione degli spettacoli e la loro distribuzione, la ricerca, documentazione e diffusione della cultura di cui sono una manifestazione, il recupero e la costruzione di spazi per lo spettacolo. Anche la commissione Giannini, rilevo' che nel settore dello spettacolo si rinvengono molteplici attivita' che non riguardano esclusivamente la politica di promozione culturale, ma rientrano in varie materie di competenza regionale (Il completamento dell'ordinamento regionale Bologna, 1977, 179). Con il decreto legislativo n. 112/1998, emanato, com'e' noto, in attuazione della legge delega n. 59/1997, l'autonomia dello spettacolo rispetto alle attivita' culturali e' stata sancita dal legislatore. Infatti le «attivita' culturali» hanno ricevuto una propria definizione per opera dell'art. 148 del d.lgs. n. 112/1998 che alla lett. f) le identifica con «quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte». Il medesimo decreto legislativo ha fatto oggetto di una considerazione a se' stante, in una diversa disposizione, collocata in un diverso capo ad esso intitolato (il VI) lo «spettacolo», in tal modo mostrando di considerarlo come ambito distinto e separato dalle attivita' e dai beni culturali. Il nuovo testo dell'art. 117 della Costituzione non include lo spettacolo tra le materie soggette alla potesta' esclusiva statale, ne' tra quelle soggette alla potesta' legislativa concorrente Stato-regioni, con la conseguenza che in materia sussiste la potesta' legislativa «residuale» della regione, secondo il disposto dell'art. 117, quarto comma. Percio' compete alle regioni disciplinare in via legislativa e regolamentare la materia dello spettacolo, nonche' stabilire il riparto delle funzioni amministrative tra se stesse e gli enti locali, nel rispetto dei principi consacrati nell'art. 118 della Costituzione. Ne', d'altra parte, in materia sussistono quei titoli di legittimazione trasversale che abilitano lo Stato ad intervenire ai sensi dell'art. 117, secondo comma. Conseguentemente la disposizione in oggetto, attinente all'erogazione dei fondi a favore dello spettacolo non rispetta le competenze regionali. A.2 - Ma la norma e' parimenti lesiva anche ove si ritenga che lo spettacolo sia, invece, un settore rientrante nella materia delle attivita' culturali. Infatti l'art. 117, terzo comma, della Costituzione include la materia «promozione ed organizzazione delle attivita' culturali», tra quelle soggette alla potesta' legislativa concorrente Stato- regioni: in materia spetta quindi allo Stato solo dettare in via legislativa i principi regolatori. Il rispetto del novellato art. 117 della Costituzione e della ratio che ha ispirato la modifica del titolo V, volto ad accrescere le autonomie regionali, comporta che i principi fondamentali, astenendosi dal disciplinare le materie di cui si occupano, non dovrebbero essere indirizzati ai singoli soggetti, ma solo al legislatore regionale, quale generale parametro per l'attivita' di regolazione della materia affidata alla competenza regionale. E' dunque evidente come la legge in esame non rispetti affatto il suddetto criterio costituzionale. Infatti essa non e' una legge di principi: cio' si ricava sia dalla lettura del testo (ove si dispone che la legge e' emanata in attesa della futura normativa di principi), sia dal suo contenuto, che non contiene alcun principio generale per la disciplina della materia «promozione ed organizzazione di attivita' culturali». Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 282/2002 «la risposta al quesito, se la legge impugnata rispetti i limiti della competenza regionale, ovvero ecceda dai medesimi, deve oggi muovere nel quadro del nuovo sistema di riparto della potesta' legislativa risultante dalla riforma del titolo V, parte II, della Costituzione realizzata con la legge costituzionale n. 3 del 2001 - non tanto dalla riserva di uno specifico titolo costituzionale di legittimazione dell'intervento regionale, quanto, al contrario, dalla indagine sulla esistenza di riserve, esclusive o parziali, di competenza statale». Applicando tale criterio al caso in esame, non si riesce a trovare nelle norme costituzionali alcun titolo che legittimi l'intervento legislativo statale in questione che, si ripete, non detta principi di regolazione della materia, gli unici idonei a limitare l'autonomia regionale, laddove si ritenga che lo spettacolo rientri nelle materie a potesta' legislativa concorrente. La disposizione impugnata e' in contrasto con l'art. 117 della Costituzione per un ulteriore motivo. Si legge all'inizio della norma che la medesima viene dettata «In attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali di cui all'art. 117 della Costituzione fissi i criteri e gli ambiti di competenza dello Stato ...». La legge che determina i principi, nelle materie a potesta' legislativa concorrente, dovra', come gia' rilevato, dettare al legislatore regionale le regole fondamentali da rispettare nella disciplina della materia, al fine di garantire una adeguata uniformita' di trattamento, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto. Ma la legge che determina i principi non potra' fissare i criteri e gli ambiti di competenza dello Stato, come invece ambiguamente prevede la norma impugnata che, dunque, anche per tale profilo si presenta incostituzionale. B) Violazione dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione. L'art. 117, sesto comma, della Costituzione dispone che la potesta' regolamentare spetta allo Stato solo nelle materie di propria legislazione esclusiva, mentre in ogni altra materia compete alle regioni. Il Consiglio di Stato piu' volte ha ritenuto di non poter fornire parere favorevole a schemi di regolamenti statali, in quanto i medesimi vertevano in materie attribuite alla competenza concorrente ovvero residuale delle regioni, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione: cosi' Cons. Stato - Sez. Consultiva per gli atti normativi - Parere 26 agosto 2002 n. 1794/2002. Similmente ancora il Consiglio di Stato, Adunanza generale, nel parere 11 aprile 2002, n. 1, reso sullo schema di decreto ministeriale concernente l'individuazione della figura professionale e relativo profilo professionale dell'odontotecnico, ha affermato: «L'Adunanza generale deve, in via preliminare, rilevare che le disposizioni sopra riferite, attributive della potesta' regolamentare al Ministro della sanita' (oggi della salute), debbono ritenersi venute meno a seguito della emanazione del nuovo titolo V della Costituzione che, iscrivendo la materia delle professioni e della salute tra quelle di legislazione concorrente, esclude che lo Stato possa disciplinare le materie predette nella loro intera estensione e, per giunta, a livello regolamentare». Puo' discutersi, come sopra rilevato, se lo spettacolo costituisca un'autonoma materia riservata alla competenza esclusiva regionale ovvero sia un settore rientrante nella promozione ed organizzazione delle attivita' culturali e dunque soggetto a potesta' legislativa concorrente, ma di certo non e' ricompreso nell'elenco di cui all'art. 117, secondo comma, di riserva statale. La norma impugnata intende dunque consentire l'emanazione di regolamenti statali in materie diverse da quelle attribuite alla potesta' legislativa esclusiva statale, nonostante la previsione dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione. Essa infatti dispone che i criteri e le modalita' di erogazione dei contributi alle attivita' dello spettacolo e le aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo sono stabiliti annualmente con decreti del Ministro per i beni e le attivita' culturali non aventi natura regolamentare. Poiche' tali decreti dovranno fissare, come appena rilevato, i criteri e le modalita' di erogazione del contributo, oltre alle aliquote di ripartizione del F.U.S., e' evidente, da tale contenuto, che gli stessi decreti dovranno dettare norme generali ed astratte e pertanto, indipendentemente dal nome che gli si e' inteso attribuire, avranno comunque un contenuto regolamentare. In materia di atti normativi, la Corte di cassazione ha piu' volte ribadito che deve riconoscersi la prevalenza alla sostanza dell'atto, al suo contenuto precettivo, rispetto alla forma e alla denominazione che esso assume (Cass. n. 1972/2000; n. 6933/1999). Pertanto a nulla serve che il legislatore dica che i futuri decreti non avranno natura regolamentare: tale natura discende dal loro contenuto e percio' la norma tende a consentire il superamento dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione, con conseguente incostituzionalita' anche per tale profilo. C) Violazione dell'art. 119 della Costituzione. Com'e' noto, l'art. 119 della Costituzione, a fronte del nuovo assetto delle competenze istituzionali delineato dagli artt. 117 e 118, ha definito le regole di finanziamento delle regioni, prevedendo che le entrate proprie, le quote di compartecipazione al gettito dei tributi erariali (le quali affluiscono alle regioni nel cui territorio sono prodotte) e le quote di partecipazione al fondo perequativo costituiscono le componenti ordinarie del sistema finanziario regionale. E' stato in tal modo costituzionalizzato il principio del congruo finanziamento delle competenze regionali. A cio' il sesto comma dell'art. 119 aggiunge la possibile destinazione da parte dello Stato di risorse aggiuntive e la previsione di interventi speciali, per le finalita' indicate dalla stessa disposizione. E' indubbio che l'attuazione della norma in questione richiedera', in prospettiva, la definizione di un sistema finanziario nuovo che attui il federalismo fiscale. Di certo, pero', gia' da ora devono essere rispettati i criteri introdotti dalla norma: come rilevato in dottrina lo Stato e' chiamato ad integrare le entrate proprie delle regioni ed i proventi delle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali con le quote del fondo perequativo - diretto a ridurre, se non ad eliminare, le conseguenze finanziarie delle differenze interregionali nella capacita' fiscale per abitante - e con i contributi speciali, commisurati ad indicatori regionali di fabbisogno (P. Giarda «Le regole del federalismo fiscale nell'art. 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione» Le Regioni n. 6/2001, pag. 1426 ss.) Da cio' discende che l'amministrazione statale non puo' continuare a disciplinare le modalita' di erogazione diretta dei finanziamenti a soggetti terzi per attivita' inerenti a materie che, come lo spettacolo, sono attribuite alla competenza regionale, perche' cio' determina una sicura lesione delle attribuzioni regionali: il rispetto di tali competenze impone invece il trasferimento delle risorse finanziarie disponibili alle regioni alle quali poi compete, nell'esercizio della riconosciuta potesta' legislativa nel settore, disciplinare la procedura per l'erogazione delle risorse stesse agli aventi diritto. Conseguentemente il Fondo unico dello spettacolo deve essere decentrato e ripartito, nell'ambito di chiari principi di ridistribuzione delle risorse, tra le regioni e cio' sia che lo spettacolo sia ritenuto oggetto di legislazione concorrente, sia che sia ritenuto materia residuale ed esclusiva delle regioni stesse. L'impugnata disposizione, invece, del tutto noncurante della nuova norma contenuta nell'art. 119 della Costituzione rinvia ancora ad un atto statale la disciplina dei criteri, delle modalita' di erogazione e delle aliquote dei contributi in favore dello spettacolo e cio' in attesa della futura legge di principi e, quindi, per un periodo indefinito ed incerto nella sua durata durante il quale i contributi alle attivita' dello spettacolo saranno disciplinati in maniera difforme da quanto previsto in Costituzione, senza alcun rispetto per il nuovo assetto delle competenze regionali costituzionalmente previste, con conseguente sussistenza del vizio eccepito. Ne' a cio' puo' essere obiettato che l'impugnata disposizione sarebbe necessaria per provvedere ad erogare i contributi del F.U.S. al fine di non penalizzare gli operatori, perche' nulla impedirebbe allo Stato di ripartire tempestivamente tra le regioni il fondo per la erogazione agli operatori. La norma contestata denota invece che l'intervento statale ha sottesa una precisa volonta' di non modificare la disciplina del F.U.S. e di continuare a gestire integralmente ed esclusivamente il medesimo, in totale violazione della nuova normativa di cui all'art. 119 della Costituzione. Anche per tale profilo il provvedimento si presenta lesivo delle attribuzioni regionali.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.l. 18 febbraio 2003, n. 24, convertito, con modificazioni in legge 17 aprile 2003, n. 82, perche' in contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. Si deposita la delibera della giunta regionale di autorizzazione a stare in giudizio. Firenze-Roma, addi' 16 giugno 2003 Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni 030C0749