N. 35 SENTENZA 23 febbraio - 1 marzo 1972

                                  N. 35
                        SENTENZA 23 FEBBRAIO 1972
                 Deposito in cancelleria: 1  marzo 1972.
         Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 65 dell'8 marzo 1972.
                    Pres. CHIARELLI - Rel. ROCCHETTI
     Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale - Regione
 Trentino-Alto  Adige  -  Agricoltura - Affitto di fondi rustici - Legge
 statale 11 febbraio 1971, n. 11 - Assunta violazione dell'art. 92 dello
 Statuto  speciale  -  Insussistenza  -  Mancata  emanazione  di   norme
 regionali  nella  materia  -  Applicabilita'  della  legge  e delle sue
 successive modificazioni nel territorio regionale.
     Regione Trentino-Alto  Adige  -  Competenza  legislativa  esclusiva
 delle  Provincie  - Agricoltura - Contratti di affitto relativi ai masi
 chiusi - Materia costituzionalmente garantita - D.Pr.prov. di Bolzano 7
 febbraio 1962, n. 8 - Preminenza sulla legge statale 11 febbraio  1971,
 n.  11  -  Illegittimita'  costituzionale di quest'ultima in parte qua.
 (Statuto speciale, art. 11, n.  9).
     Maso chiuso - Natura - Disciplina  singolare  -  Materia  riservata
 alle  Provincie  della  Regione Trentino-Alto Adige. (Statuto speciale,
 art. 11, n. 9).
     Regione Trentino-Alto Adige - Competenza legislativa -  Agricoltura
 -  Affitto  di  fondi  rustici - Legge statale 11 febbraio 1971, n. 11,
 art. 13 - Assegnazione diretta agli  affittuari  anche  dei  contributi
 disposti  da  leggi  regionali  - Violazione della competenza esclusiva
 della Regione - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
     Regione Trentino-Alto  Adige  -  Agricoltura  -  Affitto  di  fondi
 rustici  -  Legge  statale  11  febbraio 1971, n. 11, artt. 2, 11 e 14:
 assegnazione di funzioni e compiti ad uffici  di  dipendenza  regionale
 dell'Ispettorato agrario provinciale - Non violano l'art. 4, nn. 1 e 9,
 dello  Statuto  speciale  -  Assicurano la collaborazione tra tutti gli
 organi centrali e periferici dello Stato - Esclusione di illegittimita'
 costituzionale.
     Regioni - Uffici e personale - Utilizzazione diretta, per  funzioni
 minori,  da  parte  dello  Stato indipendentemente dalla delega ex art.
 118, secondo comma, della Costituzione - Legittimita'.
     Regione Trentino-Alto  Adige  -  Agricoltura  -  Affitto  di  fondi
 rustici  - Legge statale 11 febbraio 1971, n. 11, artt. 2, 11, 14 e 6 -
 Commissione tecnica centrale per l'equo canone - Affidamento  ad  essa,
 anziche'  agli  organi regionali, del compito di regolare le situazioni
 nelle quali la  legge  risultasse  inapplicabile  -  Giustificazione  -
 Assunta  violazione  dell'art. 4, nn. 1 e 9, dello Statuto - Esclusione
 di illegittimita' costituzionale.
(GU n.65 del 8-3-1972 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta dai signori: Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Presidente -  Prof.
 MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Dott.   GIUSEPPE VERZI'  -
 Dott.  GIOVANNI  BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO -
 Dott. LUIGI OGGIONI - Dott.  ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI  -
 Prof.  ENZO CAPALOZZA - Prof.  VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO
 CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof.  PAOLO ROSSI, Giudici,
     ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge 11 febbraio
 1971, n. 11 (nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici), promosso
 con ricorso del Presidente della  Giunta  regionale  del  Trentino-Alto
 Adige,  notificato  il  24  marzo  1971, depositato in cancelleria il 1
 aprile successivo ed iscritto al n. 7 del registro ricorsi 1971.
     Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1971 il Giudice relatore
 Ercole Rocchetti;
     uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione Trentino-Alto  Adige,
 ed  il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri  in
 data  24 marzo 1971, il Presidente della Regione Trentino-Alto Adige ha
 impugnato in via principale la legge statale 11 febbraio 1971,  n.  11,
 avente per oggetto "nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici".
     1.  -  La Regione propone, innanzi tutto, una impugnativa di ordine
 generale contro l'intera legge - che, nel  silenzio  delle  sue  norme,
 ritiene  applicabile  anche  nel  suo  territorio - sostenendo che essa
 sarebbe  lesiva  della  sua  sfera  di  attribuzioni,  in  quanto   da'
 disposizioni  nella  materia dell'agricoltura che l'art. 4, n. 9, dello
 Statuto speciale riserva alla sua competenza legislativa esclusiva.
     In riferimento a tale impugnativa, la Regione, che non  ha  emanato
 alcuna  norma  sullo  specifico  tema  degli affitti dei fondi rustici,
 afferma tuttavia che  essa  non  puo'  dirsi  carente  di  una  propria
 disciplina  in  materia,  per  tale dovendosi considerare quella da lei
 ricevuta dallo Stato, all'atto  del  passaggio  dei  poteri,  in  forza
 dell'art.   92  dello  Statuto  speciale;  e  sostiene  che  su  questa
 normativa, divenuta in tal modo regionale, lo Stato non  potrebbe  piu'
 apportare modifiche valide nei suoi confronti.
     2.  -  Deduce  poi  la  Regione  che  la legge impugnata, nella sua
 globalita', lederebbe la particolare disciplina dei masi chiusi, la cui
 regolamentazione, per l'art. 11, n. 9, dello Statuto  speciale,  spetta
 in  esclusiva  alla Provincia di Bolzano, mentre specifiche norme della
 stessa legge statale, per essere in contrasto con quelle di altre norme
 contenute in leggi regionali emanate  in  materie  ad  essa  egualmente
 riservate, invaderebbero parimenti la sua competenza.
     Si avrebbe cosi' che
     -  gli  artt.  2,  11  e  14  della  legge impugnata, che assegnano
 funzioni e compiti agli uffici  dell'Ispettorato  agrario  provinciale,
 violerebbero  le  norme  dei  numeri  1  e  9 dell'art. 4 dello Statuto
 speciale perche' di quegli uffici, trasferiti alla Regione col relativo
 personale, ed il tutto riorganizzato con leggi regionali, lo Stato  non
 potrebbe piu' disporre;
     -  l'art. 6 della legge impugnata, che attribuisce alla Commissione
 centrale per l'equo canone nell'affitto dei fondi rustici il potere  di
 provvedere  in  ordine  alla  determinazione dei canoni, quando non sia
 utilizzabile a tal fine il dato catastale, violerebbe gli artt.  4,  n.
 9,  e  13  dello  Statuto  speciale,  perche'  inciderebbe in attivita'
 amministrativa in materia riservata alla Regione;
     - l'art. 13  della  legge  impugnata,  che  dispone  l'assegnazione
 diretta  all'affittuario,  il quale abbia eseguito miglioramenti, degli
 eventuali contributi non solo statali, ma anche  di  quelli  regionali,
 violerebbe  l'art. 4, n. 9, dello Statuto speciale, perche' inciderebbe
 sull'attivita' legislativa della Regione in materia ad essa riservata;
     -  l'art.  23  della  legge  impugnata,  che dichiara invalide, nel
 quadro dell'art. 2113 del codice civile, le rinuncie e  le  transazioni
 in  ordine a diritti che all'affittuario possano essere riconosciuti da
 leggi, non solo statali, ma anche  regionali,  violerebbe,  e  per  gli
 stessi motivi, la competenza regionale.
     L'Avvocatura  generale  dello  Stato,  costituitasi  in giudizio in
 rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha  sostenuto
 la  infondatezza  di  tutti  i motivi proposti dalla Regione, eccependo
 preliminarmente l'impossibilita' stessa di un contrasto  tra  la  legge
 impugnata  e  le  norme dello Statuto speciale perche' quella legge non
 verterebbe  in  materia  di  agricoltura,  bensi'   in   quella   della
 "disciplina   di  rapporti  privati  in  agricoltura",  sottratta  alla
 competenza regionale.
     Sostiene poi l'Avvocatura che non esiste preclusione all'intervento
 legislativo dello Stato su concreti e specifici  interessi  in  materia
 riservata alla Regione fin quando questa non abbia emesso proprie leggi
 volte  a dare una sua regolamentazione a quegli stessi interessi e, sul
 tema delle dedotte  invasioni  di  competenza,  osserva  che  la  legge
 denunziata  non  interferisce sulla disciplina dei masi chiusi, perche'
 non la tocca, non dispone del  personale  divenuto  regionale,  perche'
 esercita  in  rapporto  ad  esso  il  suo  potere di delega di funzioni
 amministrative  alla  Regione,  non  lede  la   competenza   regionale,
 riservando  compiti  alla Commissione centrale, perche' tutti i compiti
 ad essa affidati hanno carattere unitario e super regionale, ed  infine
 non  viola  la  detta  competenza  quando indica nell'affttuario che ha
 eseguito miglioramenti la persona legittimata a ricevere  i  contributi
 regionali o dichiara dall'affittuario non rinunciabili ne' transigibili
 i  diritti  che  possano  a lui attribuire leggi della Regione, perche'
 lascia margine a una regolamentazione regionale in materia,  o  applica
 principi generali non derogabili.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  La  Regione  Trentino-Alto  Adige propone ricorso principale
 contro la legge  statale  11  febbraio  1971,  n.  11,  recante  "Nuova
 disciplina   dell'affitto  dei  fondi  rustici",  sostenendo  che  essa
 violerebbe la sua competenza in materie riservate alla sua legislazione
 esclusiva.
     Sostiene la ricorrente che tale violazione  si  sarebbe  verificata
 per  ragioni  che  possono raggrupparsi sotto tre motivi principali: il
 primo, in quanto la legge impugnata avrebbe modificato anteriori  norme
 statali,  che  sarebbero  pero'  "divenute  regionali"  per  "recezione
 implicita"; il secondo, in quanto la stessa  legge  contrasterebbe  con
 norme  contenute  in  leggi regionali; il terzo, infine, in quanto essa
 avrebbe omesso di assegnare alla Regione compiti  da  ritenersi  propri
 della stessa.
     2. - Il primo motivo comprende l'unica censura, secondo la quale la
 nuova  legge non avrebbe potuto modificare norme contenute in anteriori
 leggi  statali  perche'  queste,  essendo  divenute  applicabili  nella
 Regione  in  forza  dell'art. 92 dello Statuto speciale (legge cost. 26
 febbraio 1948, n. 5),  sarebbero  "divenute  regionali"  e  come  tali,
 modificabili solo con leggi della Regione.
     La censura non e' fondata.
     Stabilisce  il  gia'  citato  art. 92 che, nelle materie attribuite
 alla competenza della Regione o della  Provincia,  fino  a  quando  non
 siasi disposto con leggi regionali o provinciali, si applicano le leggi
 dello Stato.
     Ora, poiche' e' pacifico che la Regione non ha emanato alcuna legge
 volta  a  regolare  le affittanze agricole, nel suo territorio le leggi
 dello Stato in materia si applicano per forza propria e non  in  virtu'
 di  una  ipotizzata "recezione implicita", la cui supposta esistenza e'
 resistita dalla  lettera  e  dallo  spirito  del  richiamato  art.  92,
 oltreche' dai principi del sistema, che non conosce limiti di efficacia
 alle  leggi  statali  che  non siano quelli nascenti dalla esistenza di
 norme emanate, nella loro competenza  costituzionale  garantita,  dagli
 enti regionali.
     Ne deriva quindi che, fin quando queste non abbiano emanate proprie
 norme,  devono  applicarsi nel loro territorio quelle dello Stato e non
 soltanto, come vorrebbe la ricorrente, le norme  esistenti  al  momento
 del trasferimento dei poteri, ma anche quelle emanate in prosieguo.
     Deve   aggiungersi   che,   risultando,  per  i  motivi  suesposti,
 applicabili alla  Regione  ricorrente  le  nuove  norme  statali  sulle
 affittanze agricole, senza che possa rilevarsi nessuna violazione delle
 sue  competenze,  la  Corte  non  ha  motivo  di esaminare la questione
 proposta dalla difesa dello Stato, e secondo la quale la legge  statale
 sarebbe  applicabile  alla  Regione  anche  sotto  il  profilo che essa
 verterebbe  non  in  materia  di  "agricoltura",  ma  in  quella  della
 "disciplina  di  diritto  privato  in agricoltura" che non rientrerebbe
 nella competenza legislativa regionale.
     3. - Passando ad esaminare il secondo motivo, relativo al contrasto
 fra le norme della legge impugnata con quelle  di  norme  contenute  in
 leggi  regionali,  devesi  innanzi  tutto  rilevare  come, sotto questo
 motivo, si comprendano piu' censure, ciascuna ovviamente relativa  alla
 norma regionale rispetto alla quale si denunzia il contrasto.
     Si afferma al riguardo dalla ricorrente che la legge impugnata, nel
 suo  complesso,  contrasterebbe  con  la  disciplina  dei "masi chiusi"
 contenuta nel testo unico 7 febbraio 1962,  n.  8  (decreto  Presidente
 Giunta provinciale di Bolzano), materia che, per l'art. 11, n. 9, dello
 Statuto  speciale,  e'  riservata alla competenza legislativa esclusiva
 delle Provincie della Regione.
     La censura e' fondata.
     Il maso chiuso, istituto che puo' definirsi di  diritto  singolare,
 proprio  di  un  dato territorio, ha per oggetto un'azienda agraria, di
 cui e' garantita la indivisibilita' anche in sede ereditaria,  mediante
 l'assegnazione  ad  un unico assuntore, tenuto a condurla personalmente
 (arg. art. 18 a, comma primo, legge citata).
     L'obbligo  della  conduzione  personale  da  parte   dell'assuntore
 sembrerebbe dover escludere ogni potenziale contrasto fra la disciplina
 del maso e quella sulle affittanze agricole.
     Tuttavia,  poiche'  la stessa legge sui masi chiusi, (t.u. 1962, n.
 8) in vari articoli (specialmente art. 33,  comma  terzo),  prevede  il
 differimento  della  emissione del decreto pretorile di assunzione, ne'
 puo' essere esclusa l'esistenza di altri casi, per i  quali  la  regola
 della   conduzione   diretta   da  parte  dell'assuntore  possa  subire
 eccezioni; e'  ovvio  come  debba  ammettersi  che,  nel  quadro  della
 autonomia  negoziale, che pur residua dalla disciplina, sostanzialmente
 pubblicistica, del maso,  il  fondo  possa  essere  concesso  anche  in
 affitto,  e che quindi le norme della legge impugnata possano venire ad
 incidere sulla speciale normativa dell'istituto.
     In  tale  previsione  e'  anche  ovvio  che  le  norme che regolano
 quell'istituto, di  natura  singolare  e  costituzionalmente  garantite
 quanto  alla  materia  e  alla fonte, debbano avere la preminenza, e il
 contrasto di esse con le  norme  dell'anzidetta  legge,  per  cio'  che
 questa  impedisce  o  ostacola  le  finalita'  perseguite  dalla  legge
 speciale, sono illegittime sul piano costituzionale.
     Nell'ambito dello stesso motivo, relativo al contrasto fra le norme
 della legge impugnata  con  quelle  di  leggi  emanate  dalla  Regione,
 rientra  anche la censura che denunzia come illegittima la disposizione
 dell'art. 13, comma primo, di quella legge, e  secondo  la  quale,  per
 l'esecuzione  dei  miglioramenti,  possono essere concessi direttamente
 agli affittuari  i  contributi  e  le  altre  agevolazioni  statali  "o
 regionali"  di  cui  alle leggi in vigore, purche' risulti in qualsiasi
 modo il rapporto di affittanza.
     La Regione, che in materia ha numerose volte legiferato, concedendo
 contributi anche ad affittuari (legge regionale 10  novembre  1950,  n.
 20, sino a quella 1  febbraio 1971, n. 2), lamenta che la legge statale
 ha inteso di dettarle disposizioni circa il destinatario dei contributi
 che  essa,  in  materia riservata, con i propri fondi, e nella pienezza
 percio' della sua autonomia, ha inteso di concedere.
     La censura e' da ritenersi fondata, non potendosi  disconoscere  la
 logicita' e l'aderenza ai principi del rilievo esposto dalla Regione.
     Nel  quadro ancora del contrasto tra le norme della legge impugnata
 e quelle di leggi della Regione, rientra anche la censura  che  investe
 l'art. 23 di quella legge, secondo il quale le rinunce e le transazioni
 che  hanno  per oggetto diritti dell'affittuario derivanti dalla stessa
 legge e da ogni altra legge, nazionale "o regionale", non sono valide.
     Le osservazioni che la Regione qui prospetta sono analoghe a quelle
 dedotte in merito alla censura precedente.
     Poiche' pero' non e' dubbio che le leggi regionali da  cui  sorgono
 diritti  che  la  legge  statale  vuole  porre  al riparo di rinunzie o
 transazioni, sono le leggi gia' in vigore e risulta che, in materia che
 tocchi comunque il tema dell'affttanza, la Regione non ha  emanato  che
 le  norme  sui masi chiusi e quelle sulle concessioni di contributi, le
 questioni  proposte  sull'articolo  23  della   legge   statale   vanno
 dichiarate assorbite.
     4.  - Col terzo ed ultimo ordine di censure, la Regione lamenta che
 la legge impugnata avrebbe omesso di riservarle compiti da ritenersi di
 sua spettanza.
     Cio' sarebbe avvenuto sia a mezzo degli artt. 2, 11 e 14,  mediante
 i   quali   la   legge  conferisce  funzioni  agli  Ispettorati  agrari
 provinciali, che, nel Trentino-Alto Adige,  sono  organi  di  esclusiva
 dipendenza  della  Regione,  e  sia  mediante l'art. 6, che affida alla
 Commissione tecnica centrale per l'equo canone il compito  di  regolare
 le   situazioni  nelle  quali,  per  mancanza  di  tariffe  di  redditi
 dominicali, la legge risultasse inapplicabile.
     La Regione ricorrente ritiene che,  avendo  le  decisioni  relative
 incidenza   sulle   provincie  del  suo  territorio,  la  competenza  a
 determinare le tariffe  localmente  applicabili,  debba  spettare  agli
 organi regionali.
     Le censure sono entrambe infondate.
     Quanto  ai compiti che la legge impugnata assegna direttamente agli
 organi,  e  quindi  al  personale  dipendente,  della  Regione,   senza
 utilizzare  l'istituto  della  delega  all'Ente,  di  cui all'art. 118,
 secondo comma, della Costituzione, non puo' ritenersi la illegittimita'
 di  una  normativa  che  lo disponga. Deve al contrario ammettersi che,
 nello spirito di una necessaria collaborazione  fra  tutti  gli  organi
 centrali   e  periferici  che,  pur  nella  varia  differenziazione  di
 appartenenza, sostengono la  struttura  unitaria  dello  Stato,  questo
 possa  utilizzare  direttamente, per funzioni minori, specie esecutive,
 gli uffici ed il personale di tutti gli enti autonomi, compresi  quelli
 delle Regioni.
     Il  principio,  rilevabile  dal  sistema, trova autorevole conferma
 nell'art. 118, comma terzo, della Costituzione, laddove si dispone  che
 la   Regione   esercita  normalmente  le  sue  funzioni  amministrative
 delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti  locali  o  anche
 (ed e' quello che qui importa) avvalendosi dei loro uffici.
     E  sarebbe assurdo ritenere che quanto puo' la Regione disporre nei
 confronti di enti pur forniti di  autonomia,  come  le  Provincie  e  i
 Comuni, non possa lo Stato nei confronti di essa.
     Quanto,  infine, all'ultima censura, che assegna quel certo compito
 in tema di tariffe di cui si e' gia' detto, alla  Commissione  centrale
 anziche'  agli  organi  regionali,  dopo  aver rilevato che, almeno sul
 piano costituzionale  la  censura  e'  scarsamente  apprezzabile,  puo'
 concludersi che la competenza dell'organo centrale, e percio' unitario,
 trova razionale giustificazione nella unitarieta' dell'indirizzo che un
 problema  di valutazioni e di tariffe presuppone perche' queste possano
 risultare uniformi e quindi eque.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     a)  dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  della  legge   11
 febbraio  1971, n. 11, recante "Nuova disciplina dell'affitto dei fondi
 rustici", nella parte in cui  essa  disciplina  anche  i  contratti  di
 affitto relativi ai masi chiusi, di cui al testo unico 7 febbraio 1962,
 n.  8, approvato con decreto del Presidente della Giunta provinciale di
 Bolzano;
     b) dichiara la illegittimita'  costituzionale  dell'art.  13  della
 stessa legge, nella parte in cui dispone sull'assegnazione diretta agli
 affittuari  anche  dei  contributi  disposti  da  leggi  regionali  del
 Trentino-Alto Adige;
     c) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
 degli artt. 2, 11, 14 e 6 della medesima legge, questioni  proposte  in
 riferimento  all'art.  4,  nn.  1  e  9,  della legge costituzionale 26
 febbraio 1948, n. 5, recante "statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
 Adige".
     Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1972.
                                   GIUSEPPE CHIARELLI - MICHELE  FRAGALI
                                   -   COSTANTINO   MORTATI  -  GIUSEPPE
                                   VERZI' - GIOVANNI BATTISTA  BENEDETTI
                                   -  FRANCESCO  PAOLO BONIFACIO - LUIGI
                                   OGGIONI - ANGELO DE  MARCO  -  ERCOLE
                                   ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO
                                   MICHELE  TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI
                                   - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI.