N. 168 SENTENZA 12 - 14 luglio 1976

                                 N. 168
                         SENTENZA 12 LUGLIO 1976
                Deposito in cancelleria: 14 luglio 1976.
        Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 191 del 21 luglio 1976.
                        Pres. ROSSI - Rel. REALE
     Processo penale - Astensione e ricusazione - Cod. proc. pen.,  art.
 70, ultimo comma - Difetto di numero legale nel collegio per astensione
 o  ricusazione  -  Rimessione  del  procedimento ad altra sezione della
 stessa Corte (o tribunale) o di altra Corte limitrofa (o  tribunale)  -
 Non  e'  violato  il  principio  del  giudice  naturale - Esclusione di
 illegittimita' costituzionale.
     Giudice  naturale  -  Costituzione,  art.   25,   primo   comma   -
 Interpretazione  -  Consente  la  sottrazione  di  una  controversia al
 giudice    originariamente    competente    -     Giustificazione     -
 Esemplificazione.
(GU n.191 del 21-7-1976 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta  dai signori: Prof. PAOLO ROSSI, Presidente - Dott.  LUIGI
 OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv.   ERCOLE ROCCHETTI -  Prof.  ENZO
 CAPALOZZA  - Prof.  VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI
 - Dott. NICOLA REALE - Avv. LEONETTO AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA  -
 Prof.  EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott.  MICHELE ROSSANO -
 Prof. ANTONINO DE STEFANO, Giudici,
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei  giudizi  riuniti  di legittimita' costituzionale dell'art. 70,
 ultimo comma, del codice di procedura penale, promossi con le  seguenti
 ordinanze:
     1)  ordinanza  emessa il 21 gennaio 1974 dal giudice istruttore del
 tribunale di Grosseto nel procedimento  penale  a  carico  di  Avanzati
 Augusto  ed  altri,  iscritta  al  n.  83 del registro ordinanze 1974 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 del 3 aprile
 1974;
     2) ordinanza emessa il 10 aprile 1974 dal tribunale di Vercelli nel
 procedimento penale a carico di Barbagallo Isidoro ed  altri,  iscritta
 al  n.  298  del  registro  ordinanze  1974 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;
     3)  ordinanza emessa il 3 aprile 1974 dal tribunale di Grosseto nel
 procedimento penale a carico di Vitalone Wilfredo ed altri, iscritta al
 n.  309  del  registro  ordinanze  1974  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;
     4)  ordinanza  emessa l'11 novembre 1974 dal tribunale di Catanzaro
 nel procedimento penale a carico di Zurlo Anselmo, iscritta al  n.  549
 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 48 del 19 febbraio 1975.
     Visto l'atto di costituzione di Barbagallo Isidoro;
     udito  nell'udienza pubblica del 21 aprile 1976 il Giudice relatore
 Nicola Reale;
     udito l'avv. Gian Domenico Pisapia, per Barbagallo Isidoro.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  3  aprile  1974,  nel  corso  di
 procedimento  penale  (rimesso,  ai  sensi  dell'art. 70, quarto comma,
 c.p.p. dal presidente del tribunale di  Montepulciano,  originariamente
 competente)  il  tribunale  di  Grosseto  ha  sollevato, in riferimento
 all'art.  25,   comma   primo,   Cost.,   questione   di   legittimita'
 costituzionale   del   predetto  art.  70,  quarto  comma,  c.p.p.,  in
 applicazione del quale era stata disposta la rimessione.
     2. - Identica questione e' stata sollevata in procedimenti  diversi
 dal  giudice  istruttore presso il tribunale di Grosseto, dal tribunale
 di  Vercelli  e  dal  tribunale  di  Catanzaro  con  ordinanze  emesse,
 rispettivamente, il 21 gennaio, il 10 aprile e l'11 novembre 1974.
     Le  ordinanze  sono  state  ritualmente  comunicate,  notificate  e
 pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.  Nel  giudizio  cui  si  riferisce
 l'ordinanza  del  tribunale  di  Vercelli  si  e'  costituita una parte
 privata chiedendo che la Corte dichiari l'illegittimita' costituzionale
 della norma impugnata.
                         Considerato in diritto:
     1. - Le quattro ordinanze indicate in epigrafe hanno ad oggetto  la
 stessa  questione  di  legittimita'  costituzionale: i relativi giudizi
 possono, pertanto, essere riuniti e decisi congiuntamente.
     2. - I tribunali di Grosseto, di Vercelli e di  Catanzaro  (cui  ai
 sensi  dell'art. 70, quarto comma, c.p.p. dei procedimenti penali erano
 stati rimessi, per il giudizio, con ordinanze emanate, rispettivamente,
 dai presidenti  dei  tribunali  di  Montepulciano,  di  Verbania  e  di
 Crotone)  ed  il  giudice  istruttore  presso  il tribunale di Grosseto
 (investito di un'istruttoria a seguito di rimessione a  quel  tribunale
 disposta   dal   presidente   del  tribunale  di  Montepulciano)  hanno
 impugnato, in riferimento all'art. 25,  primo  comma,  Cost.  (per  cui
 "nessuno  puo'  essere  distolto dal giudice naturale precostituito per
 legge"), il sopra ricordato art. 70, quarto comma, c.p.p.  -  il  quale
 dispone,  che "qualora per astensione o per ricusazione" (di alcuno dei
 giudici) "manchi in un collegio il numero legale, il  presidente  della
 corte o del tribunale rimette il procedimento ad un'altra sezione della
 stessa  corte o dello stesso tribunale o ad una corte  limitrofe ovvero
 ad un tribunale limitrofo dello stesso distretto".
     I giudici a quibus, richiamandosi alla sentenza n. 88 del  1962  di
 questa   Corte,   assumono   che   il   concetto  di  giudice  naturale
 precostituito per legge deve essere inteso nel senso di una  competenza
 fissata  senza  alternative,  immediatamente  ed  esclusivamente  dalla
 legge, con esclusione delle stesse alternative previste dalla legge  ma
 risolubili  a posteriori mediante provvedimento singolo in relazione ad
 un dato procedimento.   Ma se tale  e'  il  significato  da  attribuire
 all'art.  25  Cost., si osserva nelle ordinanze di rimessione, non puo'
 essere considerato "precostituito per legge" un giudice  in  base  alla
 generica  dizione di "tribunale limitrofo" poiche' limitrofi sono tutti
 i tribunali le cui circoscrizioni confinano con  quella  del  tribunale
 originariamente competente ed e' pertanto il presidente di quest'ultimo
 che,  in  concreto,  discrezionalmente  decide a quale sede giudiziaria
 rimettere il procedimento.
     Di qui  i  dubbi  sulla  legittimita'  costituzionale  della  norma
 impugnata.
     3. - Tali dubbi non sono fondati.
     Invero,  questa  Corte  in numerose occasioni, pur ribadendo che il
 principio enunciato nell'art. 25, comma primo, Cost.,  importa  che  la
 competenza  del  giudice sia preventivamente determinata dalla legge in
 via generale, ha precisato che l'esigenza di assicurare  l'indipendenza
 e  l'imparzialita'  del  giudizio  (nell'interesse dell'andamento della
 giustizia e in quello particolare della  difesa  dell'imputato),  senza
 peraltro  compromettere  la  continuita'  e la prontezza della funzione
 giurisdizionale, possono eccezionalmente giustificare la sottrazione di
 una  controversia al giudice originariamente competente (v. sentenze n.
 50, 109 e 156 del 1963; 173 del 1970  e  71  del  1975):  il  tutto  in
 applicazione  di  norme le quali prevedono spostamenti di competenza da
 un giudice ad un altro che sia ugualmente precostituito per  legge  nel
 senso che la designazione del nuovo giudice discenda direttamente dalla
 legge  e  non  venga  affidata  a scelte assolutamente discrezionali in
 ordine sia all'accertamento  dei  presupposti  cui  e'  subordinato  il
 trasferimento stesso sia alla designazione del nuovo giudice.
     Muovendo  da  tali premesse, questa Corte ha dichiarato non fondate
 le questioni di legittimita' costituzionale degli articoli  101,  comma
 secondo,  e  102,  comma  primo,  del  r.d.  30  gennaio  1941,  n. 12,
 sull'ordinamento giudiziario, (i quali stabiliscono che  il  presidente
 della Corte d'appello e, in caso d'urgenza, il presidente del tribunale
 possano  destinare  un  magistrato di altra sede a compiere le funzioni
 del pretore mancante o impedito), osservandosi che il principio di  cui
 all'art.    25,  comma  primo,  Cost.,  non esclude che, al fine di non
 pregiudicare  la   continuita'   e   la   speditezza   della   funzione
 giurisdizionale,  possa,  nei  casi  di  mancanza  o di impedimento del
 titolare di un ufficio  giudiziario,  provvedersi,  specie  se  in  via
 temporanea    o    contingente,   mediante   supplenze,   sostituzioni,
 applicazioni  ovviamente demandate nei casi  concreti  a  scelte  degli
 organi competenti (in tali sensi la sentenza n. 156 del 1963 nonche' la
 sentenza  n.  71  del  1975,  relativa  alla sostituzione di un pretore
 astenutosi). Ancora piu' significative, per la evidente analogia con il
 caso di specie, appaiono le sentenze n. 50 e 109 del 1963  nelle  quali
 e'  stato  escluso ogni contrasto con il principio del giudice naturale
 degli  artt.  55  e  60  c.p.p.    (concernenti,  rispettivamente,   la
 rimessione  ad altro giudice di procedimenti per gravi motivi di ordine
 pubblico o per legittimo sospetto e quella di procedimenti  riguardanti
 magistrati, ponendosi in rilievo che lo spostamento della competenza in
 questi casi oltre a non essere demandato alla assoluta discrezionalita'
 dell'organo  giudiziario  risponde ad una suprema esigenza di giustizia
 come quella di "evitare che l'insorgere  di  particolari  situazioni  o
 altri  fattori  esterni  possano  in  qualsiasi  modo  interferire  nel
 processo  penale,  incidendo  sulla  obiettivita'  del giudizio e sulla
 retta applicazione della legge" (sent.  n. 50 del 1963).
     E cio', aggiungasi, affidandosi, quanto alla designazione del nuovo
 giudice, alla scelta dell'organo competente a farla: scelta  che,  fino
 alle  modifiche  apportate con la novella del 15 dicembre 1972, n. 773,
 all'art. 58 c.p.p., poteva, anche nel  caso  di  rimessione  per  gravi
 motivi  d'ordine  pubblico  o  per  legittimo  sospetto,  cadere su uno
 qualsiasi dei giudici competenti per materia esistenti  nel  territorio
 della Repubblica.
     Analoghe   considerazioni   giustificano  la  medesima  conclusione
 rispetto alla norma impugnata la quale, come si e' gia' detto,  prevede
 che, se per astensione o per ricusazione venga a mancare in un collegio
 il  numero legale, il presidente della corte o del tribunale rimette il
 procedimento ad un'altra sezione della  stessa  corte  o  dello  stesso
 tribunale  o  ad  un'altra  corte  limitrofa  ovvero  ad  un  tribunale
 limitrofo dello stesso distretto. Anche  in  questo  caso,  invero,  lo
 spostamento   di   competenza   non   e'   demandato  all'insindacabile
 discrezionalita' di un organo giudiziario  ma  dipende  necessariamente
 dall'accertamento obiettivo difatti ipotizzati dalla legge. Ed anche in
 tale  situazione  lo  spostamento  mira  ad assicurare la continuita' e
 l'efficienza  della  funzione  giurisdizionale  e,  nel  contempo,   la
 indipendenza  e  l'imparzialita' del giudizio con la tutela del diritto
 di difesa: beni ed esigenze che, al pari  del  divieto  di  distogliere
 alcuno  dal  giudice  naturale  precostituito  per  legge, rispondono a
 principi costituzionalmente rilevanti (artt. 101, 104  e  24  Cost.)  e
 possono pertanto giustificare, come si e' gia' accennato, l'eccezionale
 sottrazione  di  una  controversia al giudice originariamente designato
 dalla legge.
     All'organo  giudiziario  investito  del  potere  di  rimessione  e'
 attribuita,  invero, una certa discrezionalita' nell'individuazione del
 giudice cui rimettere il procedimento. Ma  non  si  vede  perche'  tale
 discrezionalita' la quale nell'ipotesi, ugualmente prevista dalla norma
 impugnata, di spostamento da una sezione all'altra della stessa corte o
 dello  stesso  tribunale  non  puo dar luogo a rilievi di sorta, tenuto
 conto dei poteri attribuiti agli organi investiti di funzioni direttive
 al  fine  di  un'efficiente  organizzazione  dell'ufficio  e   di   una
 necessaria  e  razionale distribuzione del lavoro giudiziario (sent. n.
 143  del  1973  e  71  del  1975),  dovrebbe  invece  essere   ritenuta
 costituzionalmente  illegittima nel caso di rimessione del procedimento
 ad una diversa sede giudiziaria. Anche perche'  tale  discrezionalita',
 mentre  ben  difficilmente  potrebbe  essere  eliminata ricorrendosi ad
 altri  sistemi,  ciascuno  dei  quali   non   risulterebbe   privo   di
 inconvenienti,  e'  dalla  legge  contenuta  entro  limiti rigorosi: la
 scelta, come si e' detto, non puo' essere effettuata che  tra  le  sedi
 giudiziarie  limitrofe  e  per quanto concerne il tribunale, tra quelle
 limitrofe di uno stesso distretto. Soluzione  che,  oltre  tutto,  puo'
 risultare  non  priva  di  vantaggi  per  l'efficienza  della  funzione
 giurisdizionale  e  coincidere  con  l'interesse  delle  stesse   parti
 private.
     Ne'  va  trascurato  infine  che  anche  nella  nuova sede potranno
 trovare applicazione, a tutela della serenita' e dell'imparzialita' del
 giudizio  e   ricorrendone   i   presupposti   di   legge,   i   rimedi
 dell'astensione e della ricusazione.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 70, ultimo comma, del codice di procedura penale,  sollevata,
 in  riferimento  all'art.  25,  comma primo, della Costituzione, con le
 ordinanze in epigrafe.
     Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1976.
                                   F.to:  PAOLO  ROSSI - LUIGI OGGIONI -
                                   ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI  -
                                   ENZO  CAPALOZZA  -  VINCENZO  MICHELE
                                   TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA
                                   REALE  -  LEONETTO  AMADEI  -  GIULIO
                                   GIONFRIDA  - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO
                                   ASTUTI - MICHELE ROSSANO  -  ANTONINO
                                   DE STEFANO.
                                   ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere