AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

DETERMINAZIONE 29 marzo 2007 

Indicazioni  circa  gli  ostacoli  tecnici  nell'ambito degli appalti
pubblici. (Determinazione n. 2/07).
(GU n.97 del 27-4-2007)

Considerato in fatto.

  L'Associazione ASSINGEO (Associazione Industrie Italiane Nontessuti
Geotessil) ha rappresentato la consuetudine delle stazioni appaltanti
di  inserire  nei  capitolati  speciali  e  negli  elenchi  prezzi la
richiesta di prodotti specifici oppure riferimenti a singoli processi
produttivi,  con  il  risultato  di  indirizzare  l'appaltatore verso
determinati  prodotti piuttosto che altri del tutto equivalenti. Tale
circostanza  comporterebbe  l'effetto  di favorire o escludere alcune
imprese dagli appalti pubblici.
  Secondo  la  scrivente  Associazione, le discriminazioni denunciate
sono  evidenti  nel  caso  di  elenco  prezzi  nei  quali le stazioni
appaltanti,  invece  di  richiamare  classi  generiche di prodotti su
esclusiva  base  prestazionale, fanno riferimento ad alcuni specifici
prodotti  ovvero  al  ciclo  di  lavorazioni  (p.  es. geotessile non
tessuto  prodotto in filo continuo), con l'effetto di favorire taluni
produttori ed escluderne altri.
  La  ASSINGEO  chiede,  pertanto,  a questa Autorita' se le stazioni
appaltanti   nella  stesura  degli  elenchi  prezzi,  ove  vi  e'  la
descrizione  dei  prodotti che vengono richiesti, debbano attenersi a
quanto  prescritto dalla normativa comunitaria e quindi non riportare
riferimenti   a   marchi,  prodotti  o  cicli  di  lavorazioni  e  di
conseguenza  se  uno  stesso elenco prezzi possa contemplare con voci
differenti, prodotti e soluzioni equivalenti.

Ritenuto in diritto.

  La  questione  prospettata  riguarda  le modalita' di redazione, da
parte   delle   stazioni  appaltanti,  delle  cosiddette  «specifiche
tecniche»   dell'appalto   e   quindi   la  descrizione  dell'oggetto
contrattuale che deve essere fatta ai concorrenti.
  Le  specifiche  tecniche rivestono un ruolo di preminente rilevanza
fra gli elementi che devono essere portati a conoscenza delle imprese
interessate  all'affidamento  di  un  contratto  di appalto pubblico:
attraverso  di  esse vengono indicate le caratteristiche tecniche che
il  prodotto,  servizio  od  opera  devono soddisfare in relazione ai
bisogni ed alle esigenze della stazione appaltante. Tali informazioni
sono inoltre essenziali per garantire la qualita' dei materiali sotto
il  profilo  della  sicurezza  ed  idoneita'  all'uso  al  quale sono
destinati.
  La modalita' di redazione dei capitolati e dei documenti di gara ha
un  impatto  rilevante  sia  in relazione alla singola gara d'appalto
perche'  puo'  determinare la possibilita' che i concorrenti hanno di
aggiudicarsi la gara, sia in relazione al mercato comunitario poiche'
l'imposizione   di  determinati  standards  tecnici  puo'  delimitare
tecnicamente  il mercato, impedendo l'accesso a taluni soggetti (cfr.
Corte di giustizia, sez. II, ord. 3 dicembre 2001, causa C-59/00).
  Proprio  con riguardo a tale ultimo profilo, la Corte di giustizia,
muovendo  dall'assunto  secondo  cui  sono  contrarie all'art. 28 del
Trattato   clausole   contrattuali   con   riflessi   restrittivi   e
discriminatori  per  la  libera  concorrenza,  ha riconosciuto che lo
stesso  art.  28 del Trattato osta a che un'amministrazione inserisca
in  un  bando  di  gara  una clausola che prescrive, per l'esecuzione
dell'appalto,  l'impiego  di  un  prodotto  di  una determinata marca
qualora   tale  clausola  non  sia  accompagnata  dalla  menzione  «o
equivalente»,   con   la  conseguenza  di  dissuadere  gli  operatori
economici  che usano sistemi analoghi a tale prodotto dal partecipare
alla  gara  d'appalto,  potendo  altresi'  ostacolare  le correnti di
importazione nel commercio intracomunitario, riservando il mercato ai
soli  fornitori che si propongono di usare il prodotto specificamente
indicato  (Corte  di  giustizia, sez. II, ord. 3 dicembre 2001, causa
C-59/00;  Corte  di giustizia, 7 dicembre 2000, causa C-324/98; Corte
di giustizia, 24 gennaio 1995, causa C-359/93).
  Gia'  le  direttive  precedenti  a  quelle  in  vigore  contenevano
disposizioni  volte  a  garantire  che  la  descrizione  dell'oggetto
contrattuale  nelle  specifiche  tecniche fosse quanto piu' possibile
oggettiva.  Di qui il divieto espresso di prevedere marchi, brevetti,
tipi   ovvero   l'indicazione  di  un'origine  o  di  una  produzione
determinata.  La  normativa  comunitaria  era ispirata essenzialmente
dalla necessita' di fornire ai committenti e ai privati uno strumento
recante   riferimenti   certi,   facendo  rinvio  prioritariamente  a
specifiche  armonizzate  a  livello  europeo,  approvate da organismi
riconosciuti  per  un'applicazione ripetuta o continua, non aventi in
via generale un carattere vincolante, a omologazioni tecniche europee
o  a  specifiche tecniche comuni (queste ultime elaborate secondo una
procedura   riconosciuta   dagli  Stati  membri  e  pubblicate  nella
G.U.C.E.), ammettendo una deroga in casi espressamente elencati nelle
direttive  stesse.  In  mancanza  di  specifiche  cosi' definite, era
consentito   fare   riferimento   a  specifiche  tecniche  nazionali,
elaborate  nel  rispetto  di  requisiti  fondamentali stabiliti nelle
direttive   comunitarie   relative  all'armonizzazione  tecnica  o  a
disposizioni  nazionali  in materia di progettazione, di calcolo o ad
altri   documenti,  eventualmente  richiamando  norme  internazionali
accettate    nel    Paese   dell'amministrazione   aggiudicatrice   o
omologazioni tecniche nazionali.
  Tuttavia, la Commissione europea ha riscontrato che nella prassi vi
e'  la tendenza a considerare di fatto obbligatoria la norma tecnica,
piuttosto che strumento di riferimento per valutare la qualita' di un
prodotto,  comportando  in  tal  modo  una  limitazione del mercato e
restringendo  la possibilita' per la stazione appaltante di usufruire
di eventuali soluzioni innovative.
  Questa  Autorita'  ha in passato esaminato la questione, affermando
che  «contrasta  con il diritto comunitario l'inserimento in un bando
di gara di un appalto di lavori pubblici di clausole che prescrivano,
per  1'esecuzione  di tale appalto, l'impiego di materiali o prodotti
certificati  conformi  solo  a  un determinato tipo di norme tecniche
nazionali,  e  a  maggior ragione nel caso di disposizioni dettate da
enti  normatori  di  altri  Stati,  o  l'impiego  di  prodotti di una
determinata marca, qualora tali clausole non siano accompagnate dalla
menzione «o equivalente» (cfr. deliberazione n. 178/2002).
  La  materia  e'  ora  regolamentata  dall'art.  23  della direttiva
18/2004/CE,   recepita   dall'art.  68  del  decreto  legislativo  n.
163/2006.
  La   finalita'   sottesa   alle  modifiche  apportate  dalla  nuova
direttiva,  e  quindi  dall'art.  68  sopra  citato,  alla disciplina
concernente le specifiche tecniche e' proprio quella di consentire la
massima   apertura  alla  concorrenza,  eliminando  o  riducendo  gli
ostacoli  che  possono  discriminare  gli  operatori  economici nelle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
  Obiettivo  primario  della  nuova  disciplina  e'  dunque quello di
offrire   strumenti   alternativi,  stabilendo  chiaramente  che  «le
specifiche  tecniche  devono consentire pari accesso agli offerenti e
non   devono  comportare  la  creazione  di  ostacoli  ingiustificati
all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza», come recita il
comma 2 dell'art. 68 del Codice.
  Viene  lasciata  immutata rispetto alla disciplina previgente (art.
68, comma 3) la precisazione in merito alla salvaguardia delle regole
tecniche  nazionali  obbligatorie  e  vengono  altresi'  indicate  le
diverse  modalita'  che il committente puo' utilizzare per descrivere
le  caratteristiche  dei  prodotti,  dell'opera e dei materiali. Alla
lettera a)  del  medesimo comma 3, e' stata mantenuta la facolta' per
il  committente  di fare riferimento alla articolata esemplificazione
di  specifiche  tecniche  contenuta  nell'allegato VIII ed alle norme
tecniche  elencate  nel  rispetto  della  gerarchia che privilegia le
norme  europee,  le  omologazioni  tecniche  europee,  le  specifiche
tecniche comuni, aggiungendo le norme internazionali.
  Rilevante  e'  l'introduzione dell'obbligo espresso che ciascuno di
questi  riferimenti sia accompagnato dall'espressione «o equivalente»
(ultimo   periodo   della   lettera a),  comma 3,  art.  68  citato).
Conseguenza  rilevante  di tale disposizione e' da un lato l'onere in
capo   all'offerente   di   dimostrare   con   ogni   mezzo  ritenuto
soddisfacente  dall'amministrazione  aggiudicatrice l'equivalenza del
prodotto (comma 4) e dall'altro il potere/dovere dell'amministrazione
aggiudicatrice di valutare l'idoneita' delle alternative, respingendo
l'offerta  qualora  la  prova  fornita  non sia ritenuta adeguata. La
lettera b)  del medesimo comma 3, prevede la possibilita' alternativa
per la stazione appaltante di descrivere le caratteristiche richieste
in  termini  di prestazioni o di requisiti funzionali, svincolando in
tal  modo  le  specifiche  dal richiamo tassativo alle norme elencate
alla  lettera a).  Tuttavia, affinche' il ricorso a tale facolta' non
comprometta   la  concorrenza  e  la  trasparenza,  devono  risultare
individuate  chiaramente  le  esigenze  dell'amministrazione e dunque
l'oggetto dell'appalto.
  Le  lettere c)  e d)  del  medesimo comma 3 consentono di avvalersi
congiuntamente  delle  due modalita' sopra descritte, lasciando ampia
liberta'  di  utilizzare  i  riferimenti ritenuti piu' adeguati dalla
stazione appaltante.
  Al  comma 7  e',  poi,  affermato che il principio dell'equivalenza
opera  anche  «al  contrario»:  nel  caso  in cui le specifiche siano
indicate   in   termini   di   requisiti  funzionali  o  prestazioni,
l'amministrazione  non  puo' escludere offerte che facciano rinvio ad
una  norma  europea,  ad  una  omologazione  tecnica  europea, ad una
specifica  tecnica  comune,  ad  una  norma  internazionale  o  ad un
riferimento   tecnico   elaborato   da   un   organismo   europeo  di
normalizzazione,  ma  e'  tenuta  a valutare i mezzi di prova forniti
dall'offerente circa la rispondenza ai requisiti richiesti.
  Il  comma 13,  infine,  ripetendo  una disposizione contenuta nella
direttive   previgenti,   stabilisce  il  divieto  di  menzionare  la
provenienza  o  la  fabbricazione  di  un  prodotto o un procedimento
particolare,  salvo  che  non sia possibile altrimenti individuare in
modo  preciso  l'oggetto della prestazione, con l'obbligo comunque di
indicare l'espressione «o equivalente».
  Dunque,  l'art.  68  del  Codice tende a rafforzare il principio di
equivalenza,  che e' ribadito non solo con riferimento al caso in cui
sia indispensabile indicare un marchio o un tipo per l'individuazione
dell'oggetto   contrattuale,   ma  anche  in  relazione  a  tutte  le
possibilita'  di  redazione  dei  capitolati tecnici. In tal senso e'
prevista  la  possibilita'  di  redazione  dei  capitolati  non  solo
mediante  il  riferimento  alle norme tecniche ma anche in termini di
prestazioni  o  requisiti  funzionali,  il che ovviamente accentua la
possibilita'  di offrire prestazioni formalmente difformi da quella a
base di gara, ma a questa equivalenti.
  E'  quindi  chiaro l'intento del legislatore di preservare per ogni
tecnica  di  redazione  dei  capitolati  e  dei  documenti di gara la
possibilita'  per  il  concorrente  di  proporre soluzioni diverse ed
innovative,  purche' idonee a soddisfare gli obiettivi della stazione
appaltante.
  In base a quanto sopra considerato;
                            Il Consiglio:

  Ritiene  in  contrasto  con il diritto comunitario e con l'art. 68,
comma 13,  del  decreto  legislativo  n.  163/2006  l'inserimento nei
documenti  di  gara e nel progetto di clausole che di fatto impongono
l'impiego   di   materiali  o  prodotti  acquistabili  da  produttori
determinati.
    Roma, 29 marzo 2007
                                        Il presidente: Rossi Brigante
Il relatore: Giampaolino