N. 31 SENTENZA 28 gennaio - 22 febbraio 1983

                                  N. 31
                        SENTENZA 28 GENNAIO 1983
               Deposito in cancelleria: 22 febbraio 1983.
          Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 60 del 2 marzo 1983.
                        Pres. ELIA - Rel. FERRARI
     Giudizio   di  legittimita'  costituzionale  in  via  principale  -
 Provincie di Trento e di Bo1zano - Stupefacenti e sostanze psicotrope -
 Prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di  tossicodipendenza  -
 Legge 22 dicembre 1975, n. 685, nelle parti concernenti le attribuzioni
 delle Regioni - Non statuisce, con riguardo al Trentino-Alto Adige, che
 le  stesse  attribuzioni  spettano  alle  Provincie  - Approvazione, in
 itinere  legis,  di  un  o.d.g.  in  tal  senso   -   Insufficienza   -
 Illegittimita' costituzionale in parte qua.
     Legge  -  Procedimento  formativo - Ordine del giorno impegnante il
 Governo ad una determinata interpretazione  -  Non  puo'  surrogare  la
 legge ne' esonera dall'adottare un chiaro dettato legislativo.
     Costituzione  -  Valori  espressi  dagli  artt. 31 cpv. (protezione
 della gioventu', della maternita' e dell'infanzia) e 32  (tutela  della
 salute)   -   Dovere  costituzionale  di  salvaguardarli  -  Disciplina
 legislativa per combattere il fenomeno della droga - Sua valutazione in
 relazione a quei fini ed  interpretazione  tenendo  presente  anche  la
 Convenzione ratificata nella materia.
     Provincie  di  Trento  e  di  Bolzano  -  Competenza  legislativa -
 Attivita'  di  prevenzione,  cura  e  riabilitazione  degli  stati   di
 tossicodipendenza   -  Questioni  relative  alla  individuazione  della
 materia - Operativita', in ogni caso, del  limite  del  rispetto  degli
 obblighi  internazionali  assunti  dallo  Stato  (nella  specie, con la
 Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961) - Sussistenza, altresi',
 di "esigenze di carattere unitario" - Direttive e criteri di  indirizzo
 e  coordinamento stabiliti dalla legge statale 22 dicembre 1975, n. 685
 - Esclusione di illegittimita' costituzionale.
     Regioni - Autonomia legislativa  -  Materie  -  Limiti  -  Obblighi
 internazionali assunti dallo Stato - Adempimento su tutto il territorio
 nazionale  -  Responsabilita'  del  potere centrale dinanzi agli organi
 internazionali - Conseguente legittimazione dello  Stato  ad  impartire
 direttive  ed  a  stabilire  criteri  di  indirizzo e coordinamento nei
 confronti degli enti autonomi.
     Regioni - Competenze legislativa ed amministrativa  -  Esercizio  -
 Non e' precluso dal potere statale di indirizzo e coordinamento.
(GU n.60 del 2-3-1983 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta  dai  signori:  Prof.  LEOPOLDO  ELIA,  Presidente - Prof.
 ANTONINO DE STEFANO - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO  REALE  -
 Dott.  BRUNETTO  BUCCIARELLI  DUCCI  -  Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof.
 LIVIO PALADIN - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof.  VIRGILIO  ANDRIOLI  -
 Prof.  GIUSEPPE  FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA - Prof. GIOVANNI CONSO,
 Giudici,
     ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale degli  artt.  1,
 2,  3,  4, 8, 10, 13, 15, 27, 29, 32, 36, 39, 84, 90, 91, 92, 94, 103 e
 107 della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti
 e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei  relativi
 stati  di  tossicodipendenza)  promossi  con  ricorsi  delle  provincie
 autonome di  Bolzano  e  di  Trento  notificati  il  29  gennaio  1976,
 depositati   in  cancelleria  il  5  febbraio  successivo  ed  iscritti
 rispettivamente ai nn. 2 e 3 del registro ricorsi 1976.
     Visti  gli  atti  di  costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1982 il  Giudice  relatore
 Giuseppe Ferrari;
     uditi l'avv. Celestino Biagini, in sostituzione dell'avv.  Giuseppe
 Guarino,  per  le provincie autonome di Trento e Bolzano e l'avv. dello
 Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     1. - Con identici ricorsi in data 29 gennaio  1976,  notificati  lo
 stesso  giorno,  le  province  autonome  di  Trento  e di Bolzano hanno
 impugnato gli artt. 1, 2, 3, 4, 8, 10, 13, 15, 27, 29, 32, 36, 39,  84,
 90, 91, 92, 94, 103 e 107 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, recante
 "Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura
 e  riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza", assumendone
 il contrasto con gli artt. 8, n.   25, 9, n. 10, e  16  del  d.P.R.  31
 agosto   1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
 costituzionali concernenti lo statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
 Adige).
     Secondo  le  province ricorrenti, la legge impugnata, nel conferire
 una serie di attribuzioni alle  regioni,  avrebbe  tenuto  presente  la
 competenza  delle  sole  regioni  a  statuto  ordinario  in  materia di
 "beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera" (art. 117
 Cost.), omettendo di considerare le diverse e maggiori attribuzioni che
 competono alle regioni a Statuto  speciale  e,  soprattutto,  che  tali
 attribuzioni,  in  base  allo  statuto del Trentino-Alto Adige, sono di
 spettanza non gia' della regione, bensi' delle province.
     La  legge  n.  685  del  1975  violerebbe  dunque  la  sfera  delle
 rispettive competenze amministrative per un triplice ordine di ragioni:
     a)  perche'  alcune  disposizioni  della legge attribuiscono poteri
 amministrativi alle regioni senza tenere conto che nel territorio della
 regione  Trentino-Alto  Adige  la  competenza   nelle   materie   della
 "assistenza  e  beneficenza pubblica" nonche' di "igiene e sanita', ivi
 compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera"  spetta  non  gia'  alla
 regione,  bensi'  alle  due province che, nella legge, non sono neppure
 menzionate;
     b) perche' altre disposizioni della medesima legge  "consentono  al
 Governo   di   intervenire,   dettando   disposizioni  di  indirizzo  e
 coordinamento  al  di  la'  dei  limiti  entro  i  quali  cio'  sarebbe
 ammissibile (norme di principio), tenuto presente il tipo di competenza
 (primaria in materia di assistenza e beneficenza, secondaria in materia
 di  igiene  e  sanita')  ostituzionalmente  riconosciuta  alle province
 trentine" (artt. 8, n.  25, e 9, n. 10, del d.P.R. n. 670 del 1972);
     c) perche',  infine,  alcune  disposizioni  della  legge  impugnata
 attribuiscono ad organi dello Stato poteri di autorizzazione, ovvero di
 controllo  e  di vigilanza che, invece, spetterebbero alle province (in
 particolare: gli artt. 1, 3, 4, 15, 27, 29, 32 e 36).
     2. - Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  costituitosi  in
 entrambi i giudizi con la rappresentanza dell'Avvocatura Generale dello
 Stato, ha chiesto che i ricorsi vengano respinti.
     Quanto  alla  prima  censura,  si osserva in particolare che con la
 legge impugnata fu anche approvato un  ordine  del  giorno  (presentato
 dall'on. Boffardi ed altri), con il quale il Governo veniva impegnato a
 tener conto che le funzioni attribuite alle regioni dovevano intendersi
 riferite,  per  quanto concerneva il Trentino-Alto Adige, alle province
 autonome di  Trento  e  Bolzano,  in  relazione  alle  competenze  loro
 spettanti  ai  sensi del d.P.R. n. 670 del 1972. Talche' puo' ritenersi
 che l'individuazione dell'ente cui  spettano  le  attribuzioni  che  la
 legge - e non solo quella impugnata - assegna alle regioni possa, nella
 regione  trentina,  compiersi  sulla  base  dello  speciale ordinamento
 costituzionale  del  Trentino-Alto   Adige,   anche   in   difetto   di
 disposizioni  che  facciano espresso riferimento alle province. In ogni
 caso, essendo il Governo certamente impegnato all'osservanza  di  detto
 criterio  interpretativo  per  quanto  riguarda  la  legge  in esame, i
 provvedimenti  che,  in  sede  di  attuazione,  fossero  lesivi   della
 competenza  propria  delle  due  province,  non  solo potrebbero essere
 impugnati  innanzi  alla  "Corte  costituzionale,  ma  sarebbero  anche
 soggetti a censura politica da parte del Parlamento".
     Quanto  al  secondo  ordine di censure, l'Avvocatura afferma che il
 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, nel dettare le norme di attuazione  dello
 statuto  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige  in materia di igiene e
 sanita', ha, con l'art. 3, n.  6,  tenuto  ferma  la  competenza  degli
 organi  dello  Stato  in  ordine  alla  coltivazione,  alla produzione,
 all'impiego,  al  commercio  all'ingrosso,  alla  detenzione  ed   alla
 somministrazione  di  sostanze stupefacenti e psicotrope; e cio', nella
 scia di quanto previsto dall'art. 6, n. 12, del d.P.R. n.  4  del  1972
 per  le regioni a statuto ordinario e dall'art. 2 del d.P.R. n. 869 del
 1966 per il Friuli  -  Venezia  Giulia.  Onde  deve  ritenersi  che  la
 competenza  riservata allo Stato non concerne solo l'emanazione di mere
 norme di principio, ma comprenda  anche  il  "potere  di  coordinamento
 delle  attivita'  regionali  -  e,  specie  nel  Trentino - Alto Adige,
 provinciali - relative alla cura ed alla  riabilitazione  da  stati  di
 tossicodipendenza  (art.  1,  secondo comma), con le modalita' indicate
 nei titoli X e XII della legge (precisamente negli artt.  90,  91,  92,
 94, 103, e 107)".
     Del  tutto  ovvia, in relazione alla riserva contenuta nell'art. 3,
 n. 6, del d.P.R. n. 474 del 1975, e' infine, ad avviso dell'Avvocatura,
 la  spettanza  agli  organi  statali  dei  poteri  di   autorizzazione,
 vigilanza  e  controllo,  in materia di produzione, commercio, impiego,
 detenzione e somministrazione delle sostanze predette (artt. 1,  3,  4,
 15, 27, 29, 32 e 36 della legge impugnata).
     3.  -  Con  due  identiche memorie depositate il 22 aprile 1982, la
 difesa delle province di Trento e Bolzano ha replicato  agli  argomenti
 dell'Avvocatura  dello  Stato,  osservando in primo luogo che un ordine
 del giorno ha valore di mera  raccomandazione  non  vincolante  per  il
 Governo,  per  cui  e'  malsicuro  e, quindi, inaccettabile il criterio
 ermeneutico proposto; tanto piu' che, se la sentenza di questa Corte n.
 190 del 1976 afferma doversi nella menzione delle  "regioni  a  statuto
 speciale"  intendere  implicitamente  incluse  le  province di Trento e
 Bolzano, l'anteriore sentenza n. 17 del 1956 ha  statuito  non  potersi
 dubitare  che  "le province di Bolzano e Trento non sono in tutto e per
 tutto assimilabili alle regioni, ma fanno parte  di  una  regione".  La
 denunzia  di  illegittimita'  costituzionale - prosegue la difesa delle
 province - e' rivolta al secondo  comma  dell'art.  1  della  impugnata
 legge   n.   685   del   1975,  il  quale  sottopone  "alle  direttive,
 all'indirizzo e al coordinamento del Ministero della sanita'" attivita'
 del tutto estranee alle competenze riservate agli organi  dello  Stato,
 quali  sono  appunto  "la prevenzione, la cura e la riabilitazione" dei
 tossicodipendenti; tanto e' vero cio', che la provincia di Bolzano, con
 propria legge 7 dicembre 1978, n. 69, emanata in pendenza del  ricorso,
 ha  istituito  un  servizio di prevenzione, cura e riabilitazione delle
 forme  di  devianza  sociale,  compresa  la  tossicodipendenza,   senza
 incontrare  alcun  ostacolo  negli  organi  di  vigilanza.  Inoltre, in
 materia sanitaria ed assistenziale, gli artt. 4, n. 7, e 5, n.  2,  del
 d.P.R.  n.  670  del  1972  attribuiscono  alle  province la competenza
 operativa concernente l'assistenza in se  stessa,  mentre  spetta  alla
 regione  quella a livello di struttura; ebbene, la legge impugnata, non
 solo omette di distinguere fra i poteri delle province e  quelli  della
 regione,   ma   attribuisce  allo  Stato  la  potesta'  di  intervenire
 direttamente, "sia attraverso la funzione di indirizzo e coordinamento"
 (art. 2), sia per mezzo "dei poteri sostitutivi  nella  formazione  del
 Comitato  dei centri contemplati negli artt. 91 e 92, sia infine con la
 presenza di rappresentanti  statali  negli  altri  organismi  istituiti
 dalla  legge".    Da  ultimo  -  conclude la difesa delle province - va
 rilevato  che,  prevedendo  l'art.  103,  quinto   comma,   il   potere
 sostitutivo  dello  Stato  alla  regione  nell'utilizzo  dei  fondi  di
 provenienza   statale,   ove   l'ente   sia   al   riguardo    ritenuto
 "inadempiente",   appare   lampante  la  lesione  dell'autonomia  delle
 province, come di tutte le regioni, dato che il  giudizio  dello  Stato
 "prima ancora che tecnico, sara' sicuramente politico".
     4.  -  Alla  pubblica  udienza  del  5 maggio 1982, la difesa dello
 Stato, in persona dell'Avvocato Giorgio Azzariti,  e  la  difesa  delle
 province,  in  persona  dell'avv.  Celestino  Biagini, hanno ampiamente
 sviluppato  i  motivi  gia'  dedotti,   insistendo   nelle   rispettive
 conclusioni.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  I  due  ricorsi,  proposti  rispettivamente  dalle  province
 autonome di  Trento  e  Bolzano,  vanno  riuniti  e  decisi  con  unica
 sentenza,  in  quanto  entrambi investono la medesima normativa - venti
 articoli della legge 22 dicembre 1975, n. 685 - e formulano le medesime
 censure, lamentando che la legge de qua: ha omesso di precisare che  le
 competenze  da  essa  conferite  in  materia alle regioni spettano, nel
 Trentino-Alto Adige, alle due province ricorrenti; ha  facoltizzato  il
 Governo della Repubblica a dettare in materia disposizioni di indirizzo
 e  coordinamento  oltre  i limiti consentiti dallo Statuto speciale; ha
 devoluto  ad  organi   dello   Stato   poteri   amministrativi   -   di
 autorizzazione,  di vigilanza, di controllo - spettanti statutariamente
 alle ricorrenti.
     2. - La prima censura, con la quale vengono chiamati in  causa  ben
 tredici  dei  venti  articoli  impugnati,  appare fondata.   E' un dato
 obiettivo, infatti, che la  legge  n.  685  del  1975  non  indica  mai
 nominatim  le  province  di  Trento  e Bolzano quali attributarie delle
 competenze di che trattasi,  bensi'  sempre  e  soltanto  le  "regioni"
 (artt. 2, 13, primo comma, 90, secondo, terzo e quarto comma 94, ultimo
 comma),  i  "consigli  regionali"  (artt.  92, primo comma, 94, primo e
 secondo  comma,  107,  secondo,  terzo  e  quarto  comma),  la  "giunta
 regionale"  (art.92,  secondo comma), i "comitati regionali" (artt. 10,
 primo e secondo comma, 90, terzo comma, punto 1, e  quarto  comma,  91,
 epigrafe e tutti i sei commi che lo compongono), gli "organi regionali"
 (art.  13,  capoverso),  gli "uffici regionali" (art. 13, capoverso), i
 "centri regionali  medici"  (art.  107,  terzo  comma),  la  "autorita'
 sanitaria  regionale"  (art.  39,  ultimo  comma),  le  "statistiche...
 regionali" (art. 8, secondo comma, punto  4),  etc.    Ed  e'  un  dato
 obiettivo altresi' che i gia' menzionati artt. 90, secondo comma, e 92,
 primo  comma,  dispongono  rispettivamente che la regione delega taluni
 servizi alle "province" e che il consiglio regionale  deve  sentire  le
 "amministrazioni provinciali".
      Rileva  al  riguardo  la difesa dello Stato che non v'e' motivo di
 doglianza giacche' in sede di approvazione della legge impugnata  venne
 proposto  -  ed  accolto  dal Governo - l'ordine del giorno Boffardi ed
 altri, col quale esso Governo veniva impegnato, "ai fini dell'esercizio
 di funzioni da parte delle regioni o di loro organi, a tener conto  che
 le  stesse  s'intendono  riferite,  per quanto attiene al Trentino-Alto
 Adige, alle province autonome di  Trento  e  Bolzano".  Senonche',  pur
 prescindendo  da  qualsiasi  cenno  alla  problematica degli ordini del
 giorno in se' e del loro effettivo e  durevole  valore  vincolante  nei
 confronti  del  potere governativo, deve negarsi validita', soprattutto
 in sede giurisdizionale, alla concezione secondo cui ad un  ordine  del
 giorno  -  atto  monocamerale,  interno,  per di piu' approvato non nel
 plenum, ma in commissione, e percio' non soggetto alle  medesime  forme
 di pubblicita' delle leggi - andrebbe riconosciuta addirittura funzione
 surrogatoria  rispetto a queste ultime. E proprio una simile concezione
 si configura, infatti, ancorche' enunciata questa  volta  limitatamente
 all'ordinamento regionale, quando si sostiene che, poiche' l'ordine del
 giorno   in   parola  offrirebbe  "il  criterio  di  interpretazione...
 senz'altro applicabile a tutte  le  leggi  dello  Stato",  non  sarebbe
 percio'  "necessaria  alcuna  espressa disposizione di legge". A parte,
 tuttavia, ogni questione teorica, la  possibilita'  dell'insorgenza  di
 qualche   dubbiezza   in   sede   applicativa  e,  quindi,  di  qualche
 contestazione  in   sede   giurisdizionale,   risulta   documentalmente
 avvertita  gia'  in  sede  legislativa.    Proprio  per  questo motivo,
 infatti, venne proposto un apposito  articolo  aggiuntivo;  ancora  per
 questo  motivo,  secondo  il  Presidente  delle due commissioni riunite
 (Giustizia ed Igiene e sanita'), sul proposto articolo aggiuntivo,  poi
 ritirato  e  trasformato  nel suddetto ordine del giorno, occorreva "il
 parere della I commissione affari costituzionali";  sempre  per  questo
 motivo,  la  legge  23  dicembre  1978,  n. 833, sulla "istituzione del
 servizio sanitario nazionale" ha espressamente statuito (art. 80, primo
 comma)  che  "restano  ferme  altresi'  le  competenze  spettanti  alle
 province autonome di Trento e di Bolzano".
     La chiarezza del dettato legislativo contribuisce alla certezza del
 diritto  e  riduce  le  occasioni  di controversie, mentre formulazioni
 disputabili favoriscono la crescita del  contenzioso,  che  in  materia
 regionale  e'  gia'  pesante  in  conseguenza  anche  del  fatto che il
 legislatore statale sembra talvolta  non  tenere  presente  il  sistema
 delle   autonomie   territoriali.   Apparendo   pertanto  nella  specie
 ingiustificata l'omessa indicazione nella legge de qua  delle  province
 di  Trento  e  Bolzano  quali  attributarie,  in  luogo  della  regione
 Trentino-Alto Adige, dei poteri conferiti  dalla  predetta  legge  agli
 organi regionali, si deve dichiarare fondata la questione sollevata sul
 punto  dalle ricorrenti province. Con tale conclusione non contrasta la
 sentenza n. 190 del 1976, in quanto la norma allora impugnata  (art.  3
 della legge 18 dicembre 1973, n. 880) conteneva l'inciso "fatti salvi i
 poteri  delle  regioni a statuto speciale", che non risulta, viceversa,
 riprodotto nella legge n. 685 del 1975, oggetto del presente giudizio.
     3.  -  La  legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogando esplicitamente
 l'anteriore legge 22 ottobre 1954, n. 1041, ha inteso sostituire ad una
 normativa rivelatasi inadeguata a combattere il fenomeno  dell'uso  non
 terapeutico  della  droga  un  sistema  quanto piu' possibile coerente,
 aggiornato e, quindi, maggiormente idoneo  ad  affrontare  il  fenomeno
 stesso  nella  complessita' dei suoi aspetti, delle sue fasi, delle sue
 conseguenze. Ne  e'  prova  la  considerazione  che,  mentre  la  legge
 abrogata   aveva   per  oggetto  esclusivamente  la  "disciplina  della
 produzione, del  commercio  e  dell'impiego  degli  stupefacenti",  cui
 dedicava  solo  26  articoli,  la  legge  in  vigore, viceversa, ha per
 oggetto, oltre che la "disciplina degli stupefacenti e  delle  sostanze
 psicotrope",  anche la "prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
 stati di tossicodipendenza", cui dedica ben 128 articoli.
     Nel dare vita al sistema in discorso,  il  legislatore  statale  ha
 mirato  ad  eliminare  le condizioni che favoriscono il diffondersi del
 fenomeno, ponendo in pericolo alcuni di quei valori che,  per  espresso
 dettato   della  Costituzione,  la  Repubblica  italiana  e'  tenuta  a
 tutelare,  e  che  risultano  espressamente   evocati   nel   dibattito
 parlamentare  conclusosi  con  la  legge de qua. L'art. 31 cpv., Cost.,
 prescrive di proteggere "la  gioventu'",  oltre  che  la  maternita'  e
 l'infanzia, e l'art. 32, primo comma, Cost., dispone che "la salute" va
 tutelata,  in quanto e' non solo "fondamentale diritto dell'individuo",
 ma anche "interesse della collettivita'".   Ora,  poiche'  il  fenomeno
 droga   attenta   ai  suddetti  valori,  ne  discende  che  le  singole
 disposizioni contenute nella legge in  vigore  non  sono  correttamente
 valutate,  se  non  in  relazione  all'ineludibile  e preminente dovere
 costituzionale di salvaguardare quei valori.
     4.  -  Ma  l'impugnata  legge  e'  anche  l'attuazione  nel  nostro
 ordinamento della strategia globale, concordata in sede internazionale,
 contro  il  sempre piu' diffuso ed allarmante uso non terapeutico della
 droga. Ne e' prova il fatto che essa e' stata emanata poco piu'  di  un
 anno  dopo  la  pubblicazione  nella "Gazzetta Ufficiale" (30 settembre
 1974) della legge (5 giugno 1974,  n.  412)  che  contiene  appunto  la
 "ratifica  ed  esecuzione  della  Convenzione unica sugli stupefacenti,
 adottata a New York il 30 marzo 1961 e del protocollo  di  emendamento,
 adottato  a  Ginevra  il  25  marzo 1971"; ne offre conferma definitiva
 l'art.  4,  lett.  a),  di  tale  Convenzione,  il   quale   stabilisce
 testualmente   che  "le  Parti  adotteranno  le  misure  legislative  e
 amministrative che si renderanno necessarie per  dare  attuazione  alle
 disposizioni  della  presente  Convenzione nei loro territori".  Stante
 allora il rilevato legame, la legge n. 685 del  1975  non  puo'  a  sua
 volta essere intesa ed applicata rettamente, se non tenendo presenti la
 Convenzione,  i  motivi  che  l'hanno  promossa ed i principi cui si e'
 ispirata,  la  strategia  e  gli  strumenti  da   essa   delineati   e,
 soprattutto, i valori che intende salvare.
     Nel  preambolo  di  tale  Convenzione  si  legge che le Parti hanno
 concordato in materia  un'azione  comune,  perche'  "preoccupate  della
 salute  fisica  e  morale  dell'umanita'";  perche' riconoscono che "la
 tossicomania e' un flagello per l'individuo e costituisce  un  pericolo
 economico e sociale per l'umanita'"; perche' sono "coscienti del dovere
 che loro incombe di prevenire e combattere tale flagello", E, ritenendo
 di  conseguenza  necessario  limitare  "l'uso degli stupefacenti a fini
 medici e scientifici", le  Parti  hanno  convenuto  -  dice  ancora  il
 suddetto  preambolo  - che "per essere efficaci, le misure prese contro
 l'abuso  degli stupefacenti devono essere coordinate ed universali", ma
 che "un'azione universale di questo genere  richiede  una  cooperazione
 internazionale  guidata dagli stessi principi e mirante a fini comuni",
 anzi, "una costante cooperazione internazionale  per  rendere  operanti
 tali  principi  e  raggiungere tali fini", e per questo riconoscono "la
 competenza  dell'Organizzazione  delle  Nazioni  Unite  in  materia  di
 controllo    degli    stupefacenti",   procurando   che   "gli   organi
 internazionali interessati  siano  raggruppati  nel  quadro  di  questa
 Organizzazione".
     Nel  testo  articolato,  poi,  che  e'  una  compiuta  e  minuziosa
 regolamentazione della materia, risulta,  tra  l'altro,  fatto  obbligo
 alle  Parti:  di  inviare al Segretario generale, non solo "un rapporto
 annuale  relativo  all'esecuzione  della  Convenzione   in   ogni   suo
 territorio",  ma  anche  "i  testi  di  tutte  le  leggi  e  di tutti i
 regolamenti promulgati al fine di  dare  applicazione  alla  (presente)
 Convenzione"   e   persino   "i   nomi  ed  indirizzi  delle  autorita'
 amministrative  autorizzate  a  rilasciare  le  autorizzazioni   od   i
 certificati  d'esportazione  ed  importazione"  (art. 18, paragrafo 1),
 nonche'  di  fornire  all'Organo  internazionale  di  controllo   degli
 stupefacenti  stime,  statistiche  annuali e trimestrali, informazioni,
 etc. (artt. 12, 13, 14, 20); di esigere che le  persone  "che  occupano
 posti  direttivi  o di sorveglianza...   abbiano le qualita' necessarie
 per applicare concretamente e fedelmente le disposizioni delle leggi  e
 regolamenti  emanati  in esecuzione della (presente) Convenzione" (art.
 34, lett. a); di  assicurare  "sul  piano  nazionale  un  coordinamento
 dell'azione  preventiva  e  repressiva  contro  il  traffico illecito",
 creando   all'uopo   "un   servizio   adeguato   incaricato   di   tale
 coordinamento"  (art.  35,  lett.  a);  di  consentire  che sul proprio
 territorio "l'Organo internazionale di  controllo  degli  stupefacenti"
 faccia  "intraprendere  uno studio", quando abbia "ragioni obiettive di
 credere che gli scopi della  (presente)  Convenzione  siano  seriamente
 compromessi  dal  fatto"  che  le  autorita'  del posto "non attuino le
 disposizioni della Convenzione" (art. 14, paragrafo 1, come  modificato
 con  l'art.  6  del  protocollo di emendamento); di punire con adeguata
 pena detentiva ogni infrazione dolosa e grave, anche se solo allo stato
 preparatorio (art. 36, paragrafi 1 e 2, come  modificati  dall'art.  14
 del protocollo di emendamento), etc.
     5.  -  Con  le  ricordate  disposizioni,  lo Stato italiano risulta
 convenzionalmente   vincolato,   nei    confronti    della    comunita'
 internazionale  e, per essa, nei confronti degli "organi internazionali
 di controllo", indicati  nominatim  nell'art.  5  della  Convenzione  -
 nonche'   della   "Organizzazione  mondiale  della  sanita'",  indicata
 nell'art. 3 - , ad assicurare  sul  piano  nazionale  il  felice  esito
 dell'"azione   universale"   intesa   a  "prevenire  e  combattere"  il
 "flagello"  rappresentato  dal  consumo   di   stupefacenti   a   scopo
 voluttuario. Tra gli impegni miranti a tal fine sono compresi quelli di
 coordinare  ogni  misura,  non  solo  repressiva,  ma anche preventiva,
 adottata per applicare fedelmente la Convenzione, e  di  esercitare  un
 effettivo  controllo,  non solo sull'intera vicenda degli stupefacenti,
 dalla coltivazione al consumo, e sugli operatori in materia (art.  30),
 ma  anche  sull'affidabilita'  del  personale  statale  con  compiti di
 direzione e di sorveglianza (art. 34).
     Si  tratta  di  reagire  contro  un  fenomeno  di  dimensione ormai
 mondiale, qual e' diventato appunto il fenomeno - droga, che ha effetti
 devastanti, non solo su  quei  valori  espressamente  richiamati  dalla
 Convenzione,   come   l'"individuo"   e  la  "salute  fisica  e  morale
 dell'umanita'", ma anche sugli altri valori che, come piu'  sopra  gia'
 rilevato, la nostra Costituzione non si limita a proclamare, ma impegna
 la   Repubblica   a   tutelare,  quali  appunto  la  "gioventu'"  e  la
 "collettivita'".  Contro  questa  minaccia   l'umanita'   ha   reagito,
 concordando   "un'azione   universale",   "una   costante  cooperazione
 nazionale" ed imponendo agli Stati, mediante la Convenzione unica sulla
 droga, adempimenti che, per la loro dovizia, intensita' e specificita',
 non  sono  certo  consueti,  e  che   trovano   giustificazione   nella
 consapevolezza,  anche  da  parte  degli  Stati  piu' gelosi della loro
 sovranita', che il flagello della droga, alleato su scala mondiale  con
 organizzazioni   antigiuridiche,   non   puo'   essere  vittoriosamente
 combattuto con guerre locali. Da quanto precede e'  congruente  dedurre
 che questi obblighi, approvati dal Parlamento e, del resto, assunti per
 tutelare valori riconosciuti dalla Costituzione, rappresentano la guida
 piu'   sicura  nell'opera  di  interpretazione  ed  applicazione  della
 disciplina nazionale che ha attuato la Convenzione,  segnando  la  fine
 della superata legge di oltre vent'anni prima (22 ottobre 1954, n. 1041
 ).  Ed  al  riguardo  valgono  altresi'  le considerazioni svolte nella
 sentenza n. 30 del 1981, le quali indussero questa Corte  a  dichiarare
 inammissibile  la  richiesta  di  referendum  popolare  per la parziale
 abrogazione della legge de qua.
     6. -  Alla  stregua  delle  suesposte  considerazioni,  appare  non
 fondata  la censura formulata contro quelle disposizioni della legge n.
 685 del 1975, le quali, per quanto riguarda la prevenzione, la cura, la
 riabilitazione degli stati di tossicodipendenza, hanno assoggettato  le
 regioni  -  e,  quindi,  le  ricorrenti  province  -  "alle  direttive,
 all'indirizzo e al coordinamento del Ministero  della  sanita'",  cioe'
 dello Stato, (art. 1, secondo comma) ed attribuito a questo la potesta'
 di  stabilire  "i criteri di indirizzo e di coordinamento" (art. 2). Le
 due province di Trento e Bolzano - osserva la loro difesa -  godono  di
 autonomia  speciale, hanno potesta' legislativa esclusiva in materia di
 "assistenza e beneficenza pubblica, ai sensi dell'art. 8,  n.  25,  del
 testo  unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale
 per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), e,  pur  se
 in  materia di "igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria e
 ospedaliera", hanno, invece,  competenza  legislativa  concorrente,  ai
 sensi  dell'art.  9,  n.  10,  stesso  d.P.R.  n. 670 del 1972, la loro
 competenza in tale settore e' piu' ampia  di  quella  delle  regioni  a
 statuto  ordinario,  perche'  "comprende  l'intero  campo dell'igiene e
 sanita'".  Ne  deriva  che  sarebbe  precluso  allo   Stato   qualsiasi
 intervento  nelle  suddette materie, sia pur soltanto sotto le forme di
 direttive, di indirizzo e di coordinamento.
     L'opinione non puo' essere condivisa. A parte le ragioni piu' sopra
 illustrate, l'attivita' di prevenzione,  cura  e  riabilitazione  degli
 stati  di  tossicodipendenza  non  puo'  farsi  rientrare nella materia
 "assistenza (e beneficenza) pubblica"; del resto, se e'  pur  vero  che
 tale  materia  e' compresa nella competenza legislativa esclusiva delle
 due province, e' altrettanto vero che questa non e' illimitata perche',
 attraverso il rinvio dell'art. 8 all'art. 4 del  menzionato  d.P.R.  n.
 670  del  1972,  incontra precisi e invalicabili limiti, tra i quali si
 annovera anche quello del  "rispetto  degli  obblighi  internazionali".
 Cio'  vale  a maggior ragione in ordine alla materia "igiene e sanita',
 ivi  compresa  l'assistenza  sanitaria  e  ospedaliera"   giacche'   la
 competenza  legislativa  concorrente,  attraverso il rinvio dell'art. 9
 all'art. 5 e di questo all'art. 4, si imbatte anch'essa  nel  principio
 del  "rispetto degli obblighi internazionali". Uno dei quali e' appunto
 quello di "prevenzione ed intervento contro l'uso non terapeutico delle
 sostanze stupefacenti o psicotrope", previsto dall'impugnato  art.    2
 della  legge  n.  685  del  1975,  il  quale,  a  ben  guardare,  e' la
 trascrizione  dell'art.  38,  paragrafo  1,  della  Convenzione   (come
 modificato dall'art. 15 del protocollo di emendamento), secondo cui gli
 Stati  "adotteranno  tutte  le  misure possibili" per prevenire l'abuso
 degli  stupefacenti  e  "per  assicurare  la  pronta  diagnosi,   cura,
 correzione,  post  - cura, riabilitazione e reinserimento sociale delle
 persone interessate". Non puo' al riguardo non convenirsi  che,  in  un
 ordinamento  nel  quale  tale  compito  spetti, secondo Costituzione, a
 poteri locali dotati di autonomia legislativa, e' pur sempre il  potere
 centrale   responsabile,  dinanzi  agli  organi  internazionali,  dello
 scrupoloso adempimento dell'obbligo su tutto il territorio nazionale e,
 per cio' stesso, legittimato ad impartire le  necessarie  direttive,  a
 stabilire  i  criteri  di  indirizzo  e  coordinamento. Oltre tutto, e'
 attraverso questi strumenti che,  in  uno  Stato  delle  autonomie,  il
 potere  centrale  puo'  assicurare la fedele ed uniforme osservanza, da
 parte dei poteri  locali,  delle  raccomandazioni,  delle  decisioni  e
 misure  correttive,  dei  pareri tecnici, che gli organi internazionali
 formulano, adottano, esprimono ai sensi rispettivamente, degli artt. 8,
 lett. c), 14 e 38 bis della Convenzione. Ne offre  definitiva  conferma
 l'art.  5,  primo  comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante
 "Istituzione del servizio sanitario nazionale", a sensi del  quale  "la
 funzione  di  indirizzo  e coordinamento delle attivita' amministrative
 delle regioni in materia sanitaria, attinente ad esigenze di  carattere
 unitario...      nonche'   agli   impegni   derivanti   dagli  obblighi
 internazionali e comunitari, spetta allo Stato".
     7. - Non vanno poi trascurati altri argomenti, che integrano quanto
 piu' sopra gia' esposto.
     La  crescente  diffusione  del  consumo  di  droga  a   scopo   non
 terapeutico  e l'opera di prevenzione e cura costituiscono un problema,
 che, secondo l'indirizzo ormai prevalente, interessa la scienza  -  non
 solo  medica  -  con i suoi continui aggiornamenti e perfezionamenti. E
 riconoscendo questo carattere peculiare del  fenomeno,  che  gli  Stati
 hanno   convenuto  di  coordinare  "i  loro  sforzi",  non  solo  nella
 repressione, ma anche nella  prevenzione  e  terapia,  mediante  comuni
 "programmi  di  ricerche scientifiche e (gli) scambi di informazioni di
 carattere scientifico e tecnico" (art. 8, lett. c), della Convenzione),
 e di far capo  in  materia  agli  organi  internazionali  appositamente
 creati  (art.  5  Convenzione)  - oltre che a quelli preesistenti, come
 l'Organizzazione mondiale della sanita' (art. 3 Convenzione) - o  anche
 ad  altre  "istituzioni specializzate" (art. 38 bis della Convenzione),
 nonche' di istituire nuovi organismi,  quali  appunto  sono  i  "centri
 regionali  di  ricerca  scientifica  e di correzione al fine di lottare
 contro i problemi derivanti dall'uso (e dal  traffico  illecito)  degli
 stupefacenti" (art. 38 bis Convenzione). Se cosi' e', allora direttive,
 indirizzo  e  coordinamento dello Stato ai sensi della Convenzione sono
 per esso Stato attivita' dovuta, e percio' indeclinabile.
     Ancora:  constatato  che  la  tossicomania,  la quale ha perduto la
 dimensione individuale dei tempi andati, si  e'  dappertutto  rivelata,
 per la raggiunta dimensione sociale, uno dei piu' preoccupanti problemi
 del  tempo  presente, se ne e' inferito che il fenomeno e' una malattia
 sociale e che, quindi, come tale va  trattata.  Sono  nella  logica  di
 questa  concezione quelle norme della Convenzione che prevedono, per le
 "persone utilizzanti in modo abusivo stupefacenti",  in  luogo  di  una
 sanzione  penale  o in aggiunta ad essa, la sottoposizione "a misura di
 cura, correzione, post - cura, riabilitazione e reinserimento  sociale"
 (art.  36,  paragrafo  1  emendato)  e  la "formazione di un personale"
 capace di assolvere un  cosi'  arduo  compito  (art.  38,  paragrafo  2
 emendato).  La  legge n. 685 del 1975, disponendo "interventi" non solo
 "informativi ed educativi" (artt.  85  -  89),  ma  anche  "preventivi,
 curativi  e riabilitativi" (artt. 95 - 102), e creando appositi "centri
 medici e di assistenza sociale"  (artt.  90  -  94),  mostra  di  avere
 pienamente  accolto  quella concezione. Ma una malattia sociale, per di
 piu' in paurosa crescita, che pone in gioco il  presente  e  l'avvenire
 dell'intera  comunita'  nazionale,  non  si contiene e, meno ancora, si
 debella, combattendola in  ordine  sparso,  bensi'  mediante  un'azione
 organica  e  coerente.  In una siffatta contingenza, insomma, ricorrono
 quelle "esigenze di carattere unitario", gia' affermate da questa Corte
 (sentenza n. 39  del  1971)  -  anche  con  riferimento  "agli  impegni
 derivanti  dagli  obblighi  internazionali"  -  e  quella necessita' di
 "tutela  di  interessi  unitari"  (sentenza  n.  142  del  1972),   che
 concorrono a far ritenere del tutto legittimo in materia l'esercizio da
 parte   dello   Stato   del   potere   di  indirizzo  e  coordinamento,
 esplicitamente ribadito nel gia' menzionato art. 6 della legge  n.  833
 del 1978.
     Ne'  possono  essere  sottovalutati,  in questo senso, gli astratti
 collegamenti che il Titolo XI della legge in  esame  stabilisce  fra  i
 "centri  medici  e  di  assistenza  sociale"  e le autorita' giudizarie
 competenti in materia: il  che  conferma  che  la  materia  stessa  non
 attiene  alla  sola sanita' di competenza provinciale, bensi' coinvolge
 interessi e competenze di sicura spettanza dello Stato.
     8. - Tale conclusione non viene inficiata, contrariamente a  quanto
 ritiene  la  difesa  delle  province, per il fatto che, in pendenza del
 ricorso,  la  provincia  di  Bolzano  ha  istituito  un   servizio   di
 prevenzione,  cura  e  riabilitazione  delle forme di devianza sociale,
 compresa la tossicodipendenza, e che il Governo nessun rilievo ha mosso
 alla relativa legge provinciale (7 dicembre 1978, n. 69). Nel  presente
 giudizio,  infatti,  non  e' in contestazione la competenza legislativa
 delle due province ricorrenti in materia  bensi'  la  legittimita'  del
 potere   statale  di  direzione  e  coordinamento,  che  non  e'  certo
 preclusivo dell'esercizio delle funzioni, anche legislative,  spettanti
 alle ricorrenti.
     9.  - Le province stesse lamentano altresi' che la legge n. 685 del
 1975  ha  attribuito  allo  Stato,  nella  materia  disciplinata  dalla
 suddetta  legge,  potere  autorizzatorio,  di controllo e di vigilanza,
 cosi' violando gli artt. 8, n. 25,  e  9,  n.  10,  dello  statuto  del
 Trentino-Alto  Adige.  E  denunciano  l'illegittimita'  degli  artt. 1,
 quarto comma, n. 1 (erroneamente indicato come punto 7), 15, 27, 32,  e
 36,  per quanto concerne la potesta' di emanare atti di autorizzazione;
 gli artt. 1, primo comma, 3, 4 e 29, per quanto concerne la potesta' di
 vigilanza e controllo.
     La  questione  va  dichiarata non fondata. Basta volgere lo sguardo
 anche  solo  alle  epigrafi  di  tutti  gli  articoli  denunciati,  per
 avvedersi  che tutte le disposizioni ivi contenute hanno per oggetto la
 coltivazione, la produzione, la fabbricazione, l'impiego, il commercio,
 l'esportazione, l'importazione, il transito, l'acquisto, la vendita, la
 detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, cioe' una materia  in
 ordine  alla  quale le province non hanno alcun potere. Del resto, cio'
 non e' contestato dalle stesse province di  Trento  e  Bolzano,  quando
 nelle  memorie  presentate  in  vista  dell'udienza  di discussione dei
 ricorsi riconoscono esplicitamente che l'art. 3, n. 6, delle "norme  di
 attuazione  dello  statuto  per  il  Trentino-Alto  Adige in materia di
 igiene e sanita'" riserva allo Stato tutte  le  competenze  e,  quindi,
 ogni  forma  di  controllo in materia di sostanze stupefacenti. Vale la
 pena di aggiungere che non puo' al riguardo  prescindersi  dalle  molte
 peculiarita'  che  contrassegnano  la  materia,  quale, per esempio, il
 fatto  che  la  preparazione  dei  farmaci  per  il   trattamento   dei
 tossicodipendenti  possa richiedere l'impiego di sostanze stupefacenti.
 E che siano di  competenza  dello  Stato  le  funzioni  concernenti  "i
 prodotti  chimici  usati  in  medicina"  ed "i preparati farmaceutici",
 risulta testualmente stabilito nell'art. 6, lett. c),  della  legge  n.
 833 del 1978.
     10.  -  Deve  egualmente  dichiararsi  infondata  anche  la residua
 censura, quale precisata nelle memorie di cui sopra:  le  due  province
 denunciano  l'illegittimita' costituzionale degli artt. 103 e 107 della
 legge de qua, in quanto  facoltizzano  il  Ministro  della  sanita'  ad
 utilizzare direttamente, "in caso di carenza degli organi regionali", i
 fondi  assegnati  alle  regioni  per l'attivita' di prevenzione, cura e
 riabilitazione (art. 103, quinto comma) e  ad  istituire  "con  proprio
 decreto",  "qualora  i  Consigli  regionali non provvedano nel termine"
 stabilito,  "i  centri  regionali  medici  e  di  assistenza   sociale"
 (art.107,  terzo  comma).  Cosi' disponendo, la legge avrebbe riservato
 allo Stato poteri sostitutivi in violazione degli artt. 4, n. 7,  e  5,
 n.  2  del  piu' volte menzionato statuto (d.P.R. n. 670 del 1972), che
 riservano alla regione Trentino-Alto Adige "la competenza a livello  di
 strutture, vale a dire di ordinamento delle istituzioni di assistenza e
 beneficenza e degli enti sanitari ed ospedalieri".
     La  creazione dei "centri regionali medici e di assistenza sociale"
 rientra indubbiamente nell'obbligo, che lo  Stato  ha  assunto  con  la
 Convenzione unica sugli stupefacenti, di adottare in materia misure per
 la  prevenzione,  cura  e  riabilitazione, e puo' pertanto considerarsi
 un'attivita' dovuta, che legittima l'intervento dello Stato nel caso in
 cui gli enti titolari della relativa competenza tardino  a  provvedere,
 compromettendo  cosi'  l'esito della lotta che lo Stato ha l'impegno di
 combattere   contro   la   droga   per   la   salvezza    dei    valori
 costituzionalmente garantiti, di cui piu' sopra si e' detto. Non sembra
 pertanto  che  si  ravvisi la denunciata illegittimita' costituzionale;
 tanto piu' che l'art.   107, terzo  comma,  statuisce  che  "qualora  i
 consigli  regionali  non  provvedano  nel  termine  sopra  indicato, il
 Ministro  per  la  sanita'  istituisce  con  proprio  decreto  in   via
 provvisoria, i centri regionali medici e di assistenza sociale".
     Quanto,   infine,   alla  ultima  doglianza  -  quella  concernente
 l'utilizzazione dei fondi da parte del Ministro della sanita' -  ,  non
 puo'  accogliersi  la motivaz1one addotta dalla difesa delle province a
 sostegno  della  censura  secondo  cui  il  giudizio  sull'inadempienza
 "prim'ancora  che  tecnico, sara' sicuramente politico". Se l'argomento
 avesse  pregio,  la  censura  si  estenderebbe  oltre il caso in esame,
 investendo il  potere stesso di vigilanza e controllo dello  Stato  nei
 confronti di tutti gli enti autonomi.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
      1.  -  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della  legge 22
 dicembre 1975,  n.  685  ("Disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze
 psicotrope.  Prevenzione,  cura  e riabilitazione dei relativi stati di
 tossicodipendenza")  nelle  parti  concernenti  le  attribuzioni  delle
 regioni,    in   cui,   relativamente   all'ambito   territoriale   del
 Trentino-Alto Adige, non statuisce che dette attribuzioni spettano alle
 province di Trento e Bolzano;
     2.  -  dichinra  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 1, 2, 3, 4, 8, 10, 13, 15, 27, 29, 32, 36,
 39, 84, 90, 91, 92, 94, 103 e 107 della summenzionata legge n.  685 del
 1975, sollevate con i ricorsi in epigrafe dalle province  di  Trento  e
 Bolzano,  in riferimento agli artt. 8, n. 25, 9, n. 10, e 16 del d.P.R.
 31 agosto 1972, n. 670  ("Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
 costituzionali  concernenti  lo  Statuto  speciale per il Trentino-Alto
 Adige").
      Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1983.
                                   F.to:  LEOPOLDO  ELIA  -  ANTONINO DE
                                   STEFANO - GUGLIELMO ROEHRSSEN  ORONZO
                                   REALE  - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI -
                                   ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN  -
                                   ANTONIO   LA   PERGOLA   -   VIRGILIO
                                   ANDRIOLI   -   GIUSEPPE   FERRARI   -
                                   FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO.
                                   GIOVANNI VITALE - Cancelliere