N. 6 SENTENZA 13 - 19 gennaio 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale Sanita' pubblica - Medici convenzionati con i soppressi enti mutualistici - Tariffe - Blocco - Interpretazione autentica - Non fondatezza. (D.-L. 25 gennaio 1985, n. 8, convertito in legge 27 marzo 1985, n. 103, art. 6) (Artt. 101 e 104, primo comma, Cost.) Sanita' pubblica - Medici convenzionati con i soppressi enti mutualistici - Maggiori compensi corrisposti - Irripetibilita' Non fondatezza. (D.-L. 25 gennaio 1985, n. 8, convertito in legge 27 marzo 1985, n. 103, art. 6) (Art. 3 Cost.)(GU n.4 del 27-1-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.l. 25 gennaio 1985, n. 8, ("Ripiano dei disavanzi di amministrazione delle unita' sanitarie locali al 31 dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie"), convertito nella l. 27 marzo 1985, n. 103, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 13 ottobre 1985 dal Pretore di Bari nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Conte Domenico ed altri e la Cassa Mutua di Malattia dei dirigenti ENEL ed altri, iscritta al n. 811 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale dell'anno 1986; 2) ordinanza emessa il 2 dicembre 1985 dal Pretore di Bari nel procedimento civile vertente tra Conte Domenico e la Cassa Mutua S.I.P., iscritta la n. 64 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale dell'anno 1986; 3) ordinanza emessa il 18 marzo 1986 dal Pretore di Caltanissetta nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Muratori Giuseppe ed altri e l'E.N.P.A.S. ed altri, iscritta al n. 542 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale dell'anno 1986; 4) ordinanza emessa il 7 aprile 1986 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Ciccarone Pietrangelo e il Ministero del Tesoro, Ufficio Liquidazioni, iscritta al n. 598 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale dell'anno 1986; 5) ordinanza emessa il 7 aprile 1986 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Di Bello Aldo e il Ministero del Tesoro, iscritta al n. 94 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale dell'anno 1987; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice relatore Gabriele Pescatore. Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Bari - nel corso di alcuni procedimenti civili riuniti, promossi da medici per ottenere la maggiorazione dei compensi loro riconosciuti dagli enti mutualistici - ha sollevato, con ordinanza 13 settembre 1985, questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 101 e 104 Cost., dell'art. 6 del D.L. 25 gennaio 1985, n. 8, conv. nella l. 27 marzo 1985, n. 103, a norma del quale "gli articoli 11, primo comma, della legge 29 giugno 1977, n. 349, e 8, sesto comma, del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito, con modificazioni, nella legge 17 agosto 1974, n. 386, vanno intesi nel senso che fino a quando siano divenute efficaci le nuove tariffe previste dalle convenzioni nazionali uniche contemplate nella legge 29 giugno 1977, n. 349, ai medici, farmacisti e appartenenti alle categorie sanitarie ausiliarie convenzionati con gli enti mutualistici sono dovuti corrispettivi in misura pari a quella risultante dall'ultima convenzione da ciascun ente stipulata con le categorie professionali prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, da intendersi prorogata fino alle sopraindicate convenzioni nazionali uniche, senza aumenti o adeguamenti di alcun genere. Sono comunque irripetibili le somme gia' corrisposte sulla base di diverse interpretazioni delle disposizioni sopra indicate". Nell'ordinanza di rimessione si premette che i rapporti di collaborazione a carattere continuativo istaurato tra i sanitari e le casse mutue e/o enti di assistenza (I.N.A.M., I.N.A.D.E.L., E.N.P.A.S., ecc.), che in gran parte sono confluiti nel servizio Sanitario Nazionale, hanno avuto, come dato normativo di base, la convenzione del 23 giugno 1973, la quale prevedeva (art. 37) un meccanismo d'indicizzazione dei compensi spettanti a detti sanitari. Successivamente, a seguito dell'emanazione, prima del D.L. 8 giugno 1974, n. 264, conv. nella l. 17 agosto 1974, n. 386 (la quale all'art. 8 aveva vietato qualsiasi aumento delle tariffe previste dalle convenzioni nazionali stipulate tra la Federazione nazionale degli ordini dei medici e gli enti mutualistici, anche se connesso alla indicizzazione delle tariffe medesime) e poi all'emanazione della l. 29 giugno 1977, n. 349, sorse un vasto contenzioso, in ordine al diritto dei medici mutualisti di ottenere la rivalutazione dei compensi per taluni periodi. A tale contenzioso volle por fine la disposizione impugnata, d'interpretazione autentica della disciplina previgente. Peraltro, secondo il giudice a quo, essa sarebbe costituzionalmente illegittima, perche' in contrasto con gli artt. 101 e 104 Cost., in quanto invasiva del campo specifico delle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria nell'interpretazione delle leggi. La norma impugnata, pertanto, si porrebbe in contrasto col principio affermato dalla Corte costituzionale, secondo il quale il legislatore non potrebbe sostituirsi legittimamente al potere giudiziario, con leggi d'interpretazione autentica, ove la legge anteriore non abbia dato luogo ad insuperabili contrasti interpretativi in sede giurisprudenziale (sentenza 10 dicembre 1981, n. 187). Dinanzi a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri ed ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata in quanto, innanzitutto, la legge interpretativa sarebbe stata emanata in aderenza al consolidato indirizzo della Corte di Cassazione, al quale non si erano uniformati alcuni giudici di merito; in secondo luogo perche' non e' configurabile un uso illegittimo del potere legislativo attraverso l'invasione della sfera di attribuzioni del potere giudiziario con norme interpretative. Questione identica e' stata sollevata dal Pretore di Bari anche con ordinanza 2 dicembre 1985 ed anche nel relativo giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. 2. - Il Pretore di Caltanisetta, con ordinanza emessa il 18 marzo 1986 - nel corso di alcuni procedimenti civili riuniti, promossi da medici per ottenere la maggiorazione dei compensi loro riconosciuti dagli enti mutualistici - ha sollevato a sua volta questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., degli artt. 11, comma primo, della l. 29 giugno 1977, n. 349 e 8, comma sesto, del d.l. 8 luglio 1974, n. 264, conv. nella l. 17 luglio 1974, n. 386, cosi' come interpretati in via autentica dall'art. 6, prima parte, del d.l. 25 gennaio 1985, n. 8, conv. nella l. 27 marzo 1985, n. 103. Nell'ordinanza di rimessione si osserva che, secondo tale interpretazione autentica, fino a quando siano divenute efficaci le nuove tariffe previste dalle convenzioni nazionali uniche contemplate nella legge 29 giugno 1977, n. 349, ai medici, farmacisti e appartenenti alle categorie sanitarie ausiliarie convenzionati con gli enti mutualistici sono dovuti solo i corrispettivi stabiliti dall'ultima convenzione da ciascun ente stipulata con le categorie professionali prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, senza aumenti di alcun genere. Peraltro, l'art. 6 del D.L. n. 8 del 1985 prevede anche che le somme gia' corrisposte "sulla base di interpretazioni diverse", sono irripetibili. Secondo il giudice a quo tale ultima previsione porrebbe in essere un'ingiustificata disparita' di trattamento tra coloro che, in sede amministrativa o giurisdizionale, siano riusciti ad ottenere maggiorazioni non piu' dovute in base alla legge interpretativa e coloro che, invece, pur avendone fatto richiesta, non siano riusciti ad ottenere prima della sua emanazione i maggiori compensi. Nel giudizio cosi' promosso si e' costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata, in quanto la prevista irripetibilita' delle somme percepite prima dell'emanazione del D.L. n. 8 del 1985, rappresenta la corretta applicazione del principio generale, della irripetibilita' delle retribuzioni percepite in buona fede. Inoltre, tale differenziazione appare comunque collegata con il decorso del tempo che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, rappresenta gia' di per se' elemento diversificatore delle situazioni regolate. Questioni in tutto analoghe alla precedente sono state proposte anche con due ordinanze del Pretore di Roma in data 7 aprile 1986. In tali giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale ha chiesto che le censure siano dichiarate inammissibili, in quanto con esse, nella sostanza, non si contesta la norma interpretativa - applicabile nei giudizi a quibus - bensi' la disposizione che sancisce l'irripetibilita' delle somme percepite prima dell'emanazione della legge interpretativa. Esse, inoltre, sarebbero infondate in quanto, da un lato la norma che statuisce la su detta irripetibilita' e' una norma derogatrice della disciplina generale e, come tale, inidonea a costituire tertium comparationis ai fini del giudizio di costituzionalita'; d'altro lato tale norma sarebbe legittima in quanto fa applicazione del principio generale dell'irripetibilita' delle retribuzioni percepite in buona fede. Considerato in diritto 3. - Puo' disporsi la riunione dei giudizi per la manifesta identita' del loro oggetto e per l'evidente connessione dei loro temi. Le censure di incostituzionalita' sono rivolte all'art. 6 del d.l. 25 gennaio 1985, n. 8, convertito nella l. 27 marzo 1985, n. 103, che interpreta autenticamente gli artt. 11, primo comma, della l. 29 giugno 1977, n. 349, e 8, sesto comma, del d.l. 8 luglio 1974, n. 264 (convertito con modificazioni nella l. 17 agosto 1974, n. 386), disposizioni concernenti il blocco delle tariffe dei medici convenzionati con i soppressi enti mutualistici in attesa delle convenzioni nazionali uniche, contemplate dalla l. n. 349 del 1977 cit. 4. - Il primo gruppo di censure (ordd. 13 settembre e 2 dicembre 1985 del Pretore di Bari) investe l'art. 6 della l. n. 103 del 1985, assumendo che esso invade il "campo specifico delle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria, sostituendosi alla stessa nel compito di interpretare le leggi", in contrasto con gli artt. 101 e 104, primo comma, Cost. Osserva la Corte che la formulazione della norma, secondo la quale i precetti, ai quali fa riferimento l'art. 6 cit., "vanno intesi nel senso....", ne svela l'intento di descrivere il contenuto di essi. Tali precetti, mentre avevano ricevuto una interpretazione univoca dalla giurisprudenza della Cassazione, trovavano ancora non concordi alcuni giudici di merito. E' agevole dunque ricostruire la ratio dell'art. 6 cit. nella finalita' di por fine alle "diverse interpretazioni delle disposizioni sopra indicate", come si enuncia espressamente nella parte finale della norma. 5. - Le ordinanze descrivono un ampio arco di illegittimita' del precetto, in quanto contestano, nel suo complesso, la legge interpretativa, configurata come sovrapposizione indebita ed "espressione della tendenza del Parlamento ad invadere il campo specifico delle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria, sostituendosi ad essa nel compito di interpretare le leggi". E' da rilevare che la facolta' del legislatore di porre una "data" interpretazione e' espressione indubbia della potesta' normativa ad esso spettante e, come tale, sottoposta alle limitazioni previste dalla Costituzione; il suo esercizio non puo' considerarsi, di per se', lesivo della sfera riservata al potere giudiziario. L'indicazione di un dato significato della norma incide sul precetto, alla struttura del quale concorre la legge interpretativa. La disposizione, cosi' definita, costituisce la materia dell'esame devoluto all'autorita' giudiziaria (cfr. Corte cost. 2 luglio 1957, n. 118) e non e' ipotizzabile una riserva dell'interpretazione del giudice che possa precludere l'autodefinizione operata dal legislatore. L'attribuzione per legge di un dato significato ad una norma non tocca la potestas judicandi, ma definisce e delimita la fattispecie normativa - che e' oggetto di tale potestas - cosi' come risulta dal precetto integrato (cfr. Corte cost. 8 marzo 1983, n. 70). Non e' fondato, quindi, il profilo della censura di costituzionalita', che deduce il contrasto della norma interpretativa, posta dall'art. 6 della l. n. 103, con l'interpretazione generalmente data dai giudici di merito, anche perche', come si e' rilevato, erano gia' intervenute ripetute pronunce della Corte di Cassazione ed ai principii da questa fissati, e disattesi da taluni giudici di merito, si era conformato il legislatore, ponendo la norma censurata. E', quindi, da respingere l'affermata violazione degli artt. 101 e 104, primo comma, Cost., dedotta dalle suindicate ordinanze del Pretore di Bari, che coinvolge la lesione delle prerogative del potere giudiziario. 6. - Ne' hanno, del pari, fondamento le censure mosse all'art. 6 della l. n. 103 del 1985 cit. dai Pretori di Caltanissetta (ord. 18 marzo 1986) e di Roma (ord. 7 aprile 1986). Questi giudici hanno sospettato di incostituzionalita' la norma, con riferimento all'art. 3 Cost., in quanto essa dispone la irripetibilita' dei maggiori compensi corrisposti ai medici mutualisti rispetto a quelli consentiti dall'art. 6 cit. Relativamente alle ordinanze del pretore di Roma, l'Avvocatura generale dello Stato ha sollevato eccezione di inammissibilita', in quanto la norma denunciata non sarebbe quella interpretativa, ma l'altra che dispone la irripetibilita' dei compensi riscossi. Donde l'irrilevanza della questione di incostituzionalita' nei giudizi a quibus. L'eccezione di inammissibilita' non e' fondata. Le ordinanze tracciano l'evoluzione della normativa in materia e toccano gli elementi della vicenda nella loro globalita', anche se in un passo della motivazione da'nno particolare rilievo alla indicata parte finale dell'art. 6, che sancisce l'irripetibilita'. Il dispositivo delle ordinanze propone la questione di legittimita' costituzionale dell'intero art. 6, con riferimento all'art. 3 Cost. e l'assunta differenza di trattamento determinata dall'irripetibilita' e' proprio in connessione con tale ampia censura. 7. - Quanto al merito, osserva la Corte che, secondo le ordinanze, la violazione dell'art. 3 Cost. sarebbe prodotta dal meccanismo dell'art. 6 l. n. 103 del 1985, che verrebbe a determinare un vantaggio ingiustificato a favore dei beneficiari e, correlativamente, un danno per coloro che, a causa di un fatto meramente casuale, come quello della non ancora avvenuta corresponsione di detti maggiori compensi (dichiaratamente non dovuti in base alla legge interpretativa) vengono ad essere privati del diritto a tali emolumenti. Va osservato al riguardo che la differenziazione, che cosi' si determina, e' dovuta all'applicazione del principio della irripetibilita' delle somme percepite in buona fede dagli interessati. Tale principio, ha ricevuto significativa applicazione della giurisprudenza amministrativa proprio in materia di retribuzione. La differenziazione, lamentata nelle presenti vicende, appare poi sicuramente connessa al decorso del tempo, nel quale, per iniziativa della P.A. o in esecuzione di pronunce giudiziarie, erano stati corrisposti gli emolumenti maggiorati. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli eventi sui quali incide il fluire del tempo sono caratterizzati da peculiarita', che li diversificano da situazioni analoghe, oggetto di comparazione (cfr. sent. 16 febbraio 1984, n. 38; 11 dicembre 1985, n. 322, relativa, quest'ultima, alla irrilevanza, come elemento di disparita' di trattamento, della "demarcazione temporale" posta da una norma di legge). E occorre soggiungere che, nella fattispecie, il tertium comparationis e' costituito dalla norma speciale, che consente il trattamento piu' favorevole, rispetto a quello posto dalla disciplina generale dei compensi professionali in questione. E' insegnamento consolidato di questa Corte che la disciplina particolare non puo' costituire parametro utile ai fini di stabilire la dedotta disparita' di trattamento posta dalla norma di carattere generale (cfr. sent. 10 marzo 1983, n. 46). Non sussiste, dunque, violazione dell'art. 3 Cost.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi indicati in epigrafe, dichiara non fondate: le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del D.L. 25 gennaio 1985 n. 8 ("Ripiano dei disavanzi di amministrazione delle unita' sanitarie locali al 31 dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie") convertito nella l. 27 marzo 1985, n. 103 sollevate, in riferimento agli artt. 101 e 104, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Bari con le ordinanze 13 settembre 1985 (R.O. n. 811 del 1985) e 2 dicembre 1985 (R.O. n. 64 del 1986); le questioni di legittimita' costituzionale della stessa norma sollevate, in riferimento a ll'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Caltanissetta con l'ordinanza 18 marzo 1986 (R.O. n. 542 del 1986) e del Pretore di Roma con le ordinanze 7 aprile 1986 (R.O. n. 598 del 1986 e n. 94 del 1987). Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: PESCATORE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0018