N. 127 SENTENZA 27 gennaio - 2 febbraio 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Porti e spiagge - Consorzio autonomo del porto di Napoli - Approdo delle navi - Diritto - Pagamento - Potere impositivo - Non fondatezza. (D.-L. 11 gennaio 1974, n. 1, convertito, con modificazioni, in legge 11 marzo 1974, n. 46, art. 4, lett. f). (Cost., art. 23)(GU n.7 del 17-2-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, Prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco P. CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, lett. f, del d.l. 11 gennaio 1974, n. 1 ("Istituzione del Consorzio autonomo del porto di Napoli"), promosso con ordinanza emessa il 13 gennaio 1981 dal T.A.R. per la Campania sul ricorso proposto dalla S.p.A. Alcione ed altre contro il Consorzio Autonomo del porto di Napoli, iscritta al n. 538 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 325 dell'anno 1981; Visti gli atti di costituzione della S.p.A. Alcione ed altre e del Consorzio autonomo del porto di Napoli nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 15 dicembre 1987 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Uditi gli avvocati Aldo Piras per la S.p.A. Alcione ed altre e Feliciano Benvenuti per il Consorzio autonomo del porto di Napoli e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha emesso il 13 gennaio 1981 un'ordinanza, nel corso di un giudizio promosso da alcune societa' di navigazione, che avevano impugnato il decreto del Presidente del Consorzio autonomo del porto di Napoli 7 giugno 1977, col quale le navi che sostano nell'ambito di tale porto per compiervi operazioni commerciali, venivano assoggettate al pagamento di un "diritto d'approdo", a decorrere dal 1 luglio dello stesso anno. Con tale ordinanza e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 23 Cost., dell'art. 4, lett. f) del D.L. 11 gennaio 1974, n. 1, (convertito in legge con modificazioni dalla l. 11 marzo 1974, n. 46), in base al quale era stato emanato il decreto del Presidente del Consorzio, previa deliberazione del Consiglio direttivo. Il giudice a quo ha ritenuto che il pagamento del "diritto d'approdo" non costituisce prezzo dei servizi offerti dal Consorzio, ma e' una "prestazione imposta". Data tale qualifica della prestazione sarebbe non manifestamente infondato il dubbio della conformita' dell'art. 4, lett. f) del D.L. n. 1 del 1974 cit. all'art. 23 Cost. Infatti il "diritto" ivi previsto, per una parte rappresenta la copertura delle spese d'impianto e di gestione dei servizi portuali per l'approdo delle navi, per l'altra la remunerazione dei servizi stessi. Ma mentre sussisterebbero sufficienti criteri delimitativi di tali "diritti" in relazione alle spese d'impianto e di gestione, mancherebbe nella norma impugnata ogni criterio per la quantificazione della parte di essi afferente alla remunerazione dei servizi, che sarebbe rimessa alla completa discrezionalita' del Consorzio. 2. - Dinanzi a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata. Nelle note depositate si sottolinea che il principio posto dall'art. 23 della Costituzione non richiede la predeterminazione ad opera del legislatore del limite massimo della prestazione imponibile, ma esige soltanto che nella legge siano indicati criteri sufficienti a regolare la discrezionalita' dell'ente impositore, in modo che sia preclusa la possibilita' di un esercizio arbitario del potere ad esso attribuito. Il "diritto" in questione si concreta in un prezzo pubblico, il cui ricavo globale deve ragguagliarsi al costo totale di produzione del servizio, di cui costituisce "corrispettivo". Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, la norma contiene i criteri per la determinazione del "diritto" in questione, il quale deve essere quantificato, appunto, in modo da coprire il costo complessivo del servizio. 3. - Si sono costituite fuori termine anche le parti che avevano promosso il giudizio a quo; e si e' costituito, infine, il Consorzio per il porto di Napoli, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilita' o di infondatezza della questione. Considerato in diritto 4. - L'ordinanza di rimessione configura il "diritto di approdo" - istituito dall'art. 4 lett. f) d.l. 11 gennaio 1974, n. 1, e dovuto dalle navi che si servono, per approdarvi, degli ambiti territoriali compresi nella circoscrizione del Consorzio autonomo del porto di Napoli - come prestazione patrimoniale imposta. Il potere d'imposizione viene attribuito al Consorzio suindicato - ente pubblico economico (art. 1, secondo comma, d.l. cit.) - che svolge attivita' sostitutiva ed ausiliaria dello Stato nella gestione portuale, caratterizzata dal concorso di strutture pubbliche e private interessate (cfr. art. 19 c.nav. e artt. 2, 3, 8 e 10 d.l. n. 1 del 1974 cit.). Tale regime normativo si fonda sempre sul principio della demanialita', anche quando, come nella fattispecie, gestore del bene sia un ente pubblico economico (c.d. "entificazione"). Sono note alla Corte le aperture programmatiche e imprenditoriali delle gestioni portuali, suggestivamente enunciate, anche se attuate in via sporadica e ancora sperimentale. Esse potrebbero riferirsi sicuramente al regime dell'uso dei beni e riflettersi sui relativi costi, materia centrale del presente giudizio. In questo quadro e' da collocare la disciplina posta dall'art. 4 lett. f) del d.l. n. 1 del 1974 cit., impugnato dall'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale campano. 5. - E' opportuno premettere che il ricordato d.l. n. 1 del 1974, all'art. 1, n. 10, affida al Consorzio autonomo del porto di Napoli, tra gli altri, il compito di "gestire i beni del demanio marittimo indicati nel successivo art. 19, compresi gli spazi acquei esistenti negli ambiti portuali della circoscrizione consortile, disciplinandone l'utilizzazione da parte dei terzi, con l'osservanza delle disposizioni del codice della navigazione e del relativo regolamento, nonche' delle leggi in materia doganale". La potesta' di disciplinare tale gestione viene prevista dagli artt. 30, 62 e 81 cod.nav. e 59 reg.nav.mar.; tali norme attribuiscono all'autorita' marittima il potere di regolare e garantire la "destinazione e l'uso di aree e di pertinenze demaniali" ecc. (cfr. n. 7). Quanto all'uso delle opere e degli impianti per l'approdo di navi che compiono operazioni commerciali, appare non rilevante in questa sede definire la "qualita'" di esso, alla stregua di ben note categorie, essendo sufficiente considerare che il bene e' inteso a soddisfare specifiche esigenze connesse all'esercizio della navigazione. La prestazione patrimoniale dovuta dall'utente e' correlata al servizio che il bene pubblico gli rende (cfr. art. 16 cod.nav.), a sua richiesta (occupazione di un'area del demanio marittimo per l'approdo della nave). Tale prestazione e' inoltre fruibile da chiunque vi abbia ragione o titolo ed i poteri dell'autorita' marittima, ad essa inerenti, attengono alla disciplina della destinazione e dell'uso delle aree demaniali. Si tratta di un potere normativo di determinazione dell'entrata-prestazione rimesso all'autorita', alla quale spetta la gestione del bene. Per quanto riguarda specificamente il Consorzio autonomo del porto di Napoli, questa entrata concorre a costituire il complesso delle disponibilita' finanziarie dell'ente, necessarie per l'attuazione dei suoi compiti. L'art. 4 lett. f) del d.l. n. 1 del 1974 cit. conferisce, quindi, al Consorzio un potere normativo di imposizione, concernente l'identificazione del "diritto di approdo", prestazione patrimoniale obbligatoria per l'utente del bene demaniale, come ha esattamente ritenuto l'ordinanza di rimessione. 6. - Siffatta qualificazione della "prestazione patrimoniale" che non puo' essere imposta, se non in base alla legge (art. 23 Cost.) - trova fondamento e limiti nell'ampia elaborazione compiuta al riguardo dalla giurisprudenza di questa Corte. E' stato precisato innanzitutto il carattere relativo della riserva di legge, che consente l'imposizione patrimoniale: carattere relativo, consistente nella determinazione, preventiva e sufficiente da parte della legge, dei criteri direttivi di base o delle linee generali della disciplina della discrezionalita' amministrativa nella produzione delle fonti secondarie (cfr. per tutte, sentt. 28 luglio 1987, n. 290; 24 maggio 1979, n. 27; 30 gennaio 1962, n. 2; 24 maggio 1979, n. 27 cit.), non vincolata, peraltro, alla fissazione di un ammontare massimo (sent. 23 maggio 1973, n. 67). Gli elementi della prestazione debbono essere individuati in sede legislativa, pur lasciando la legge all'autorita' amministrativa la scelta, che attiene non gia' al momento costitutivo dell'imposizione ma alla fase attuativa di essa (cfr. sentt. 5 febbraio 1986, n. 34; 24 luglio 1972, n. 144). La prestazione si qualifica come "obbligatoria", in quanto istituita da un atto di autorita' (sent. 8 luglio 1957, n. 122) a carico del soggetto tenuto, senza che la volonta' di questo vi abbia concorso (sent. 27 giugno 1959, n. 36). Circa tale elemento e' da rilevare nella giurisprudenza della Corte un processo estensivo rispetto alle fattispecie originariamente determinate, allorche' sono state annoverate tra le "prestazioni imposte" le tariffe telefoniche. Non ostano, secondo tale giurisprudenza, alla inclusione nella suddetta categoria il carattere privatistico del rapporto in cui la prestazione si inserisce, ne' la circostanza che la richiesta del servizio (in esclusiva allo Stato) sia correlata da un atto privato. Quando si tratta di un servizio "riservato alla mano pubblica" e l'uso di esso "sia da considerare essenziale ai bisogni della vita", la determinazione delle tariffe deve assimilarsi ad una vera e propria imposizione patrimoniale. La liberta' di stipulare il contratto e' meramente formale, in quanto si riduce alla possibilita' di scegliere tra la rinuncia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e l'accettazione di condizioni e di obblighi unilateralmente e autoritativamente prefissati. Occorre, peraltro, che la determinazione concernente il corrispettivo non sia rimessa all'arbitrio dell'autorita', ma risulti fornita di quelle garanzie che la Costituzione ha voluto assicurare attraverso la riserva di legge (sent. 9 aprile 1969, n. 72). In base a questo indirizzo il carattere unilaterale ed autoritario della prestazione viene ad identificare come obbligatorie anche le prestazioni su richiesta, quando esse siano connesse ad un servizio essenziale, gestito in regime di monopolio. Tale situazione ricorre anche nella fattispecie del "diritto di approdo": i mezzi per realizzare questa operazione sono detenuti, infatti, dal Consorzio per il porto e non sono surrogabili; chi ne abbisogna non ha facolta' di scelta e la legge conferisce il potere di determinare il contenuto della prestazione dell'utente all'ente pubblico titolare dei mezzi per l'attuazione del servizio. 7. - La Corte, verificato il carattere di prestazione obbligatoria del "diritto di approdo", alla stregua della sua giurisprudenza, deve stabilire se l'art. 4 lett. f) del d.l. n. 1 del 1974 sia lesivo dell'art. 23 Cost., per non aver determinato gli elementi necessari al legittimo esercizio del potere impositivo della prestazione, secondo quella stessa giurisprudenza. L'ordinanza di rimessione lo nega, affermando che la misura del diritto di approdo e' devoluta alla completa discrezionalita' del Consorzio autonomo: tale "diritto", ad avviso del remittente, puo' scomporsi in due parti, di cui la prima copre "le spese d'impianto e di gestione dei servizi per l'approdo delle navi, mentre l'altra rappresenta la remunerazione dei servizi stessi". Circa questo secondo elemento viene rilevato che la misura del corrispettivo non e' in alcun modo determinata, ne' correlata a precisi termini di confronto e non e' possibile far ricorso ad altre fonti in mancanza di un "saggio corrente di rimunerazione" dei servizi prestati. Osserva la Corte che tale interpretazione della normativa non e' confortata ne' dalla lettera, ne' dalla ratio dell'art. 4 lett. f) del d.l. n. 1 del 1974. La norma non scompone la prestazione imposta nei due elementi indicati dal Tribunale amministrativo campano: "le opere e le attrezzature" da un lato, e il "corrispettivo" o "compenso" dall'altro. Nella visione del legislatore il "corrispettivo" per l'uso delle opere e degli impianti e' configurato come l'elemento unico ed unitario, in base al quale viene determinata la erogazione patrimoniale. Criterio, questo, omogeneo ed obiettivo in relazione all'essenza della prestazione, calcolata con riferimento al suo nucleo centrale, costituito dal servizio reso dal bene pubblico. Siffatto criterio di apprezzamento collega le strutture portuali alla loro concreta utilizzazione ("opere ed attrezzature approntate per tale servizio"), cioe' alla loro consistenza ed impiego effettivi, non rilevando una eventuale diversificazione di essi dalla titolarita' del bene. La rimessione "determinativa" al Consorzio e' giustificata da esigenze tecniche (cfr. sent. 24 maggio 1979, n. 27), necessarie per stabilire l'incidenza dell'uso delle infrastrutture nell'apprestamento del servizio. L'ente e' legittimato a definire in concreto l'apporto del bene demaniale all'operazione di approdo e, trattandosi dell'uso di bene demaniale, il concetto di "corrispettivo" viene a caratterizzarsi non come mera controprestazione, ma come risultato della valutazione del singolo servizio reso nel quadro globale dell'economicita' della gestione e dell'efficiente e produttivo impiego del bene stesso. Ha osservato esattamente l'Avvocatura generale dello Stato che dal testo dell'art. 4 lett. f) del d.l. n. 1 del 1974 emerge l'esistenza di criteri limite per la determinazione quantitativa della prestazione, che deve riferirsi ai costi complessivi di gestione dei servizi ed ai relativi investimenti (approntamento delle opere e degli impianti serventi). L'entita' concreta di questi si desume dai bilanci consuntivi annuali dell'ente, sulla cui regolarita' si esercitano i controlli previsti dallo stesso d.l. n. 1 del 1974 cit. (cfr. artt. 1, secondo comma, e 13). Il sistema, nel suo insieme, soddisfa ai requisiti indispensabili per evitare l'arbitrio nella fissazione della misura della prestazione patrimoniale. Ed e' poi da rilevare che, in coincidenza con l'applicazione del "diritto di approdo", la seconda parte della lett. f) dell'art. 4 cit. abolisce la tassa supplementare di ancoraggio e la meta' della tassa sui passeggeri non spettante allo Stato. Si tratta di una compensazione finanziaria che dimostra l'equilibrio del legislatore nel valutare, nel complesso, le fonti costitutive delle entrate del Consorzio e i relativi riflessi sull'utenza. Non puo', in conclusione, censurarsi per indeterminatezza il descritto sistema impositivo. Inoltre i criteri che esso esprime nella fase provvedimentale amministrativa sono sottoposti a sindacato giurisdizionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 lett. f) del d.l. 11 gennaio 1974 n. 1 ("Istituzione del Consorzio autonomo del porto di Napoli"), convertito con modificazioni nella l. 11 marzo 1974, n. 46, in riferimento all'art. 23, della Costituzione, sollevata con l'ordinanza 13 gennaio 1981 (R.O. n. 538 del 1981) del Tribunale amministrativo regionale per la Campania. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: PESCATORE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0152