N. 151 ORDINANZA 27 gennaio - 2 febbraio 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Errore in materia penale - Doveri inerenti allo stato militare
 Ignoranza - Inescusabilita' - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Cod. pen. mil. pace, art. 39).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 27, primo e secondo comma, 52, terzo comma)
(GU n.7 del 17-2-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO,
    dott.  Francesco  GRECO,  prof.  Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele
 PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI,
    prof.  Francesco  P.  CASAVOLA,  prof.  Antonio BALDASSARRE, prof.
 Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro
    FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 39 del codice
 penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il  27  maggio
 1987  dal  Tribunale  militare  di  Padova,  iscritta  al  n. 382 del
 registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale dell'anno 1987;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 16 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto,  in  fatto,  che  il  Tribunale  militare di Padova, con
 ordinanza  27  maggio  1978,  sollevava  questione  di   legittimita'
 costituzionale  dell'art. 39 c.p.m.p. (inescusabilita' dell'ignoranza
 dei doveri inerenti allo stato militare), in riferimento  agli  artt.
 2, 3, 27, co. primo e secondo, Cost.;
      che riferiva il Tribunale nell'ordinanza del caso di un militare
 di leva che, trovandosi in licenza ordinaria di giorni 10 piu'  2,  a
 far  epoca  dal  4  febbraio 1987, si era ammalato e si era, percio',
 sottoposto a visita medica il 10 febbraio, a seguito della quale  gli
 erano state prescritte specifiche cure e quattordici giorni di riposo
 domiciliare;
      che,  allo  scadere della licenza, il 16 febbraio 1987, il padre
 del militare aveva presentato  il  certificato  medico  al  Distretto
 militare  di  residenza,  dove  -  a  sua  richiesta  - gli era stato
 precisato che il figliolo si sarebbe  dovuto  ripresentare  al  Corpo
 allo  scadere  del  periodo  di  riposo  per  malattia  previsto  nel
 certificato medico;
      che conseguentemente, dovendo il periodo di riposo decorrere dal
 giorno della visita, il giovane  -  ad  avviso  del  Tribunale  -  si
 sarebbe  dovuto  ripresentare  al Corpo il 23 febbraio, mentre si era
 spontaneamente ripresentato il 2 marzo successivo, adducendo di avere
 interpetrato il certificato medico nel senso che il periodo di riposo
 prescritto avesse a decorrere dal giorno in cui la licenza  veniva  a
 scadere;
      che,  tutto  cio' premesso, ritiene il Tribunale che il militare
 dovrebbe essere dichiarato colpevole del delitto  di  diserzione,  di
 cui  all'art.  148 n. 2 c.p.m.p., per essere rientrato al corpo sette
 giorni dopo la scadenza del termine di cui sopra: e  cio'  in  quanto
 l'art.   39   cit.   derogherebbe   all'art.   47  cod.pen.  rendendo
 irrilevante, sul piano del dolo, tanto l'errore su elementi del fatto
 quanto  l'errore su norma extrapenale che cagioni un errore sul fatto
 di reato;
      che,  peraltro,  anche in relazione alla categoria dei "doveri",
 cui l'art. 39 cit. fa riferimento, non potrebbe sorgere dubbio  sulla
 natura  di  dovere del militare di ripresentarsi tempestivamente alle
 armi, una volta trascorso il periodo di licenza e  quello  di  riposo
 concesso dal certificato medico, per cui ritiene il Tribunale che non
 vi sia spazio nemmeno per dare rilevanza ad un errore incolpevole  su
 elementi di fatto;
      che  da  tutto cio' trae motivo l'ordinanza per ritenere che una
 siffatta interpetrazione, pedissequamente fedele allo  spirito  della
 relazione  e  dei  lavori  preparatori,  si  pone in contrasto con il
 principio di personalita'  della  responsabilita'  penale  (art.  27,
 primo  comma,  Cost.)  perche' consentirebbe l'inflizione di una pena
 anche nella carenza di partecipazione soggettiva al fatto di reato, e
 verrebbe  altresi'  a  frustrare  la funzione della pena (terzo comma
 art. ult. cit.), ma si pone anche in contraddizione con gli artt.  2,
 13  e  52, terzo comma, perche' una siffatta funzione di esemplarita'
 della pena non sarebbe rispettosa ne' della  dignita'  della  persona
 umana ne' della liberta' personale;
      che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del consiglio dei
 ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la
 quale  pero'  ha  svolto le sue pregevoli deduzioni esclusivamente in
 relazione ad una  pretesa  violazione  dell'art.  151,  primo  comma,
 c.p.m.p., che nella specie non e' contestato;
    Considerato,  in  diritto,  che  il  Tribunale militare rimettente
 postula  l'incompatibilita'  costituzionale  attenendosi  proprio   a
 quell'interpretazione   rigorosa   dell'articolo   impugnato   (quale
 risultante dai lavori preparatori espressione di ben  altra  stagione
 politica) che la stessa motivazione dell'ordinanza deplora;
      che,  al  contrario,  tanto  la  giurisprudenza  quanto  la piu'
 moderna dottrina specialistica si stanno adoperando  per  reimpostare
 la  problematica  e  l'interpetrazione  dell'articolo  39 c.p.m.p. in
 funzione delle nuove "norme di principio sulla  disciplina  militare"
 (l.  11  luglio  1978  n.  382)  in guisa da consentire una possibile
 correlazione con l'art. 47 ult. co. cod.pen.;
      che,  comunque, anche da cio' prescindendo, la giurisprudenza ha
 gia' da tempo messo in luce che,  particolarmente  nelle  fattispecie
 dove  e' contemplato un "giusto motivo" di inosservanza (e tale e' la
 fattispecie in esame), la falsa  rappresentazione  soggettiva  di  un
 giusto  motivo,  oggettivamente  inesistente,  esclude la punibilita'
 quando  si  risolva  nella  supposizione  di  estremi  materiali  che
 consentirebbero la deroga (T.S.M. 14 gennaio 1972, Micheluzzi);
      che,  in realta', nella specie il militare di leva risultava ben
 consapevole dei doveri del suo stato, che  gli  facevano  obbligo  di
 rientrare  allo  scadere  della  licenza,  oppure  alla  scadenza del
 periodo di riposo prescritto dal certificato medico relativo  ad  una
 malattia insorta nel corso della licenza;
      che  egli,  pero',  ha  equivocato non su tali doveri, a lui ben
 noti, ma sull'interpetrazione del periodo  di  riposo,  previsto  dal
 certificato  medico,  che  egli  ha  ritenuto concesso in aggiunta al
 periodo di licenza: opinione, peraltro, non del  tutto  irragionevole
 quando  si  consideri che nei rapporti di lavoro privato questa Corte
 ne ha recentemente sancito la legittimita', mentre poi  e'  la  legge
 stessa  che  la  prevede  per i rapporti di pubblico impiego (art.16,
 secondo comma, d.P.R. 16 ottobre 1979 e art. 6 d.P.R. 7 novembre 1980
 n. 810);
      che,  pertanto,  la situazione si ripresenta sostanzialmente nei
 termini gia' esaminati con l'ordinanza n.  221  del  1987  di  questa
 Corte;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. sollevata dal Tribunale militare
 di Padova, con ordinanza 27 maggio 1978, in riferimento agli artt. 2,
 3, 27 co. primo e secondo, e 52, terzo comma, Cost.;
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 88C0176