N. 155 SENTENZA 28 gennaio - 11 febbraio 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Locazione - Alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata - Inapplicabilita' della normativa sull'equo canone - Camere superiori a quello risultante dall'applicazione della predetta normativa - Illegittimita' costituzionale parziale. (Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, primo comma, lett. c). (Cost., art. 3). Locazione - Alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata - Canone - Determinazione - Non fondatezza. (Legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, ottavo comma, lett. e), quattordicesimo comma; legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 8, primo comma, lett. c). (Cost., art. 3). Locazione - Alloggi di proprieta' dell'Istituto postelegrafonici - Canone - Applicazione del regime dell'equo canone - Non fondatezza. (Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, primo comma, lett. b). (Cost., art. 3)(GU n.7 del 17-2-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 26, lett. b) e c) della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), 35, commi ottavo, lett. e) e quattordicesimo della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilita'; modifiche ed integrazioni alle LL. 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata) e 8, primo comma, lett. c) della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per la edificabilita' dei suoli), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 24 luglio 1984 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Melotti Evangelista e la s.r.l. Cooperativa per la costruzione ed il risanamento di case per lavoratori, iscritta al n. 1106 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25- bis dell'anno 1985; 2) ordinanza emessa l'11 aprile 1985 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Todisco Antonuccio ed altri contro L'Istituto Postelegrafonici ed altra, iscritta al n. 733 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1986; 3) n. 10 ordinanze emesse il 25 novembre 1986 dal Pretore di Roma nei procedimenti civili vertenti tra Campagna Vincenzo, Campisi Salvatore, Canale Rosa, Costantini Romeo, Donsanti Giuseppe, Gennaro Sebastiano, Lanci Franco, Pauselli Arturo, Prili Giancarlo e Altavilla Fausto e la s.p.a. Assitalia ed altra, iscritte ai nn. da 37 a 46 del registro ordinanze 1987 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12 e 13, prima serie speciale, dell'anno 1987; Visti l'atto di costituzione di Bucci Ferruccio ed altri nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 27 ottobre 1987 il Giudice relatore Ugo Spagnoli; Uditi gli Avvocati dello Stato Giacomo Mataloni e Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 24 luglio 1984 (r.o. 1106/84) in sede di decisione sul ricorso proposto da Melotti Evangelista per ottenere l'applicazione dell'equo canone per il godimento di un alloggio locatogli dalla Societa' Cooperativa per la costruzione ed il risanamento di case per lavoratori e soggetto alla disciplina dell'edilizia convenzionata, il Pretore di Bologna ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, primo comma, lett. c) della legge 27 luglio 1978, n. 392, (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), in relazione agli artt. 35, comma ottavo, lett. e) e comma quattordicesimo della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (c.d. legge sulla casa) e 8, comma primo, lett. c) della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per la edificabilita' dei suoli). L'edilizia convenzionata prevista dagli artt. 35 l. n. 865 del 1971 e 7 - 8 l. n. 10 del 1977 - ricorda il Pretore - e' un'edilizia a carattere economico-popolare disciplinata da convenzioni in base alle quali il Comune concede all'ente costruttore il diritto di superficie su aree comprese nei piani approvati ai sensi della l. n. 167 del 1962, convenzioni nelle quali sono tra l'altro stabiliti i criteri per la determinazione e revisione periodica dei canoni di locazione "sulla base delle somme occorrenti per la remunerazione del capitale investito": sicche', in sostanza, il corrispettivo della locazione viene determinato in funzione del costo effettivo di costruzione e non gia' in funzione del costo teorico assunto come base di calcolo dalla legge n. 392 del 1978. In base a tale disciplina - osserva il giudice a quo - il corrispettivo del godimento risulta nel caso di specie superiore (L. 292.000) a quello derivante dall'applicazione dell'equo canone (L. 149.380). L'art. 26 lett. c) l. n. 392 del 1978, in quanto esclude l'applicazione dell'equo canone agli alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata, violerebbe percio' l'art. 3 Cost., in quanto indurrebbe una disparita' di trattamento tra l'assegnatario in locazione di un alloggio economico-popolare e il conduttore ad equo canone: disparita' che potrebbe ammettersi qualora al primo venisse assicurato un trattamento piu' favorevole in considerazione delle piu' precarie condizioni economiche, ma che appare del tutto ingiustificata laddove determini la situazione opposta. 2. - La medesima questione di legittimita' costituzionale e' stata sollevata dal Pretore di Roma con dieci ordinanze recanti identica motivazione emesse tutte il 25 novembre 1986 (nn. da 37 a 46 r.o. 1987) nel corso di altrettanti procedimenti civili promossi nei confronti della Assitalia s.p.a. da conduttori di alloggi di proprieta' di questa per ottenere l'applicazione dell'equo canone in quanto piu' favorevole. Il Pretore rileva che nella specie la convenzione prevede la determinazione del canone in base "agli indici fissati dal Comune in percentuale del valore desunto dai prezzi stabiliti per la cessione degli alloggi, in misura adeguata alla remunerazione e ricostituzione degli investimenti... nonche' alla copertura delle spese di gestione e manutenzione degli immobili": il che comporta una percentuale del 4% del costo effettivo di costruzione, da rivalutarsi ogni biennio sull'intera variazione ISTAT ex art. 8 l. n. 10 del 1977. Invece l'equo canone e' fissato dal legislatore in misura non superiore al 3,85% del valore locativo dell'immobile in base al costo di costruzione teorico, suscettibile di variazione in virtu' di coefficienti correttivi che l'adeguano al reale stato di esso, e puo' essere rivalutato annualmente nei limiti del 75% della variazione ISTAT. Di qui la posizione di svantaggio rispetto alla generalita' degli altri locatari determinatasi a seguito dell'introduzione del regime di equo canone in danno dei conduttori di alloggi di edilizia convenzionata, che sarebbe del tutto ingiustificata trattandosi di persone certamente meno abbienti, stanti i requisiti personali e reddituali richiesti per l'accesso a tali immobili. 3. - Intervenendo con memorie di analogo tenore nei predetti giudizi, l'Avvocatura dello Stato eccepisce la manifesta infondatezza della questione, in quanto nelle ordinanze non viene dimostrato che la dedotta maggiore onerosita' sia un effetto diretto e costante - e non meramente occasionale e di specie - dell'applicazione delle norme sull'edilizia convenzionata. Ne' cio' sarebbe desumibile dagli impugnati artt. 35 l. n. 865 del 1971 e 7 - 8 l. n. 10 del 1977, tenuto conto anche dei particolari interventi normativi riservati in materia alle regioni. Premesso, inoltre, che nella specie non vengono in considerazione le norme sui canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (di cui agli artt. 19 e 20 d.P.R. n. 1035 del 1972, 22 l. n. 513 del 1977 e 2 l. n. 457 del 1978), l'Avvocatura osserva che le tre disposizioni impugnate contengono discipline diverse nei presupposti e/o nei fini e danno luogo percio' a situazioni tra loro non comparabili. "L'art. 35 della l. n. 865 del 1971 e' inteso a coordinare e disciplinare l'attivita' costruttiva degli enti operanti nei piani di zona di cui alla legge n. 167 del 1962, anche mediante convenzioni, includenti, tra altri, i criteri per la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi, in funzione marcatamente sociale. Gli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 1977, hanno esteso, bensi', la previsione di convenzioni anche al di fuori dei piani di zona predetti (il sistema della convenzione e' stato poi esteso ulteriormente con l'art. 27 della legge n. 457 del 1978, agli interventi di restauro e di ristrutturazione edilizia ivi contemplati), ma in funzione (per quanto qui interessa) calmieratrice del mercato delle abitazioni, con l'introduzione di una disciplina pubblica dell'offerta di abitazioni che, con la salvaguardia della remunerazione dei fattori produttivi, consente il controllo dei contratti (oltre che di vendita) di locazione, concordato con il costruttore, previa concessione a questo di particolari agevolazioni. Gli artt. da 12 a 26 della legge n. 392 del 1978 attuano, invece, pur sempre in funzione calmieratrice, ma al di fuori degli strumenti convenzionali qui sopra considerati, una limitazione della liberta' contrattuale in genere a carico dei proprietari-locatori per cio' che attiene alla misura dei canoni di locazione, con il riferimento ad un costo base determinato, per gli immobili costruiti fino al 31 dicembre 1975, dalla stessa legge (art. 14) e, per gli immobili costruiti successivamente a tale data, determinato, invece, anno per anno (art. 22) con decreto del Presidente della Repubblica, anche in misura differenziata per regioni o gruppi di regioni, tenendo conto dei costi di produzione dell'edilizia convenzionata, dell'incidenza del contributo di concessione, del costo dell'area (non superiore al 25% del costo di produzione) e degli oneri di urbanizzazione che gravano sul costruttore". In questo quadro, l'art. 26 della l. n. 392 del 1978 si giustifica, ad avviso dell'Avvocatura, col fatto che la funzione calmieratrice e di controllo della congruita' dei canoni trova gia' realizzazione, per gli alloggi di edilizia convenzionata, nella disciplina per essi predisposta. Ma la tutela cosi' assicurata ai conduttori nell'ambito di ciascun sistema non potrebbe estendersi fino alla fruizione delle piu' favorevoli condizioni che (probabilmente per ragioni di mero fatto) si sarebbero potute conseguire se l'alloggio fosse stato realizzato e locato nell'ambito di un diverso sistema normativo. 4. - Con ordinanza emessa l'11 aprile 1985 (r.o. 733/85), la Corte di Cassazione ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, lett. b), della predetta legge n. 392 del 1978, "perche' non prevede che le disposizioni di cui al Titolo I Capo I della stessa legge non si applicano alle locazioni relative agli alloggi di proprieta' dell'Istituto Postelegrafonici stipulate con i dipendenti dell'Amministrazione postelegrafonica". La Corte condivide, innanzitutto, le concordi conclusioni dei giudici di merito secondo cui ai ricorrenti - dipendenti della suddetta Amministrazione e locatari di alloggi dell'Istituto Postelegrafonici - doveva applicarsi, dopo l'entrata in vigore della l. n. 392 del 1978, il canone ivi previsto e non quello - di modesta entita' e fissato unilateralmente dall'Istituto, consistente in una somma equivalente al tasso legale degli interessi (5%) sul prezzo degli immobili, oltre l'1,50% per le spese di manutenzione - corrisposto precedentemente. Al riguardo, la Corte precisa che, in base alla disciplina di cui al d.P.R. 8 aprile 1953, n. 542 (artt. 2 e 6), gli immobili costruiti o acquistati dal predetto Istituto integrano una forma di investimento di fondi, fanno parte del suo patrimonio disponibile e non hanno la destinazione tipica degli alloggi di edilizia popolare ed economica, di proprieta' di Amministrazioni statali o di altri enti pubblici. Il fatto poi che sia previsto un procedimento amministrativo per selezionare gli aspiranti locatari, e che il canone sia, nel contratto-tipo, configurato solo come ristoro di oneri e passivita' - senza, quindi, scopo di lucro - non implica che trattisi di concessione amministrativa, anziche' di locazione. Questa, d'altra parte, non e' inquadrabile tra le "locazioni relative ad alloggi, costruiti a totale carico dello Stato per i quali si applica il canone sociale determinato in base alle disposizioni vigenti" (art. 26, lett. b), cit.): e cio' sia perche' gli alloggi dell'Istituto sono stati acquistati con i fondi costituiti anche con i contributi obbligatori di tutti i dipendenti dell'Amministrazione postelegrafonica, e quindi non "a totale carico dello Stato"; sia perche' il canone e' determinato unilateralmente dall'Istituto, e quindi non puo' qualificarsi "canone sociale" imposto da "disposizioni vigenti". Ne' l'art. 26 lett. b) potrebbe essere applicato in via analogica alle locazioni in esame, giacche' detta norma, per la sua natura eccezionale, incontra il divieto sancito dall'art. 14 delle disposizioni della legge in generale. Cio' premesso, la Corte rimettente pone a raffronto la situazione dei dipendenti dell'Amministrazione postelegrafonica che sono locatari di alloggi costruiti a totale carico dello Stato - i quali, avvalendosi della norma impugnata, pagano un canone sociale di gran lunga piu' vantaggioso dell'equo canone - e quella dei dipendenti della medesima Amministrazione, locatari di alloggi dell'Istituto postelegrafonici, cui l'equo canone si applica pur essendo detti alloggi acquistati con fondi costituiti anche con contributi obbligatori del personale della suddetta Amministrazione e nonostante che l'Istituto, all'atto dell'assegnazione, abbia avvertito "l'esigenza, o quanto meno l'opportunita', di fissare un canone modesto, proprio come si trattasse di un canone sociale". Il deteriore trattamento riservato a questi ultimi e' ad avviso del giudice a quo ingiustificato, e da' luogo percio' a violazione dell'art. 3 Cost. 5. - Nel giudizio cosi' instaurato si sono costituiti taluni dei ricorrenti (Ferruccio Bucci ed altri), rappresentati e difesi dall'avv. F.G. Scoca. Nella relativa memoria, la disparita' prospettata dalla Corte rimettente viene ritenuta frutto di incoerenza e di irragionevolezza, in quanto fondata su categorie oggettive e non soggettive e contraddittoria con la ratio della normativa in materia, posto che si sostiene - si fa pagare un canone maggiore a chi partecipa al finanziamento di un tipo di edilizia che e' pur essa economico-popolare e si determina una diversa incidenza del canone di locazione sullo stipendio della medesima categoria di dipendenti statali. 6. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto a mezzo l'Avvocatura dello Stato, ha chiesto innanzitutto che la questione sia dichiarata inammissibile, posto che con essa si chiede che la Corte adotti una pronuncia additiva o integrativa di una norma ordinaria ritenuta incompleta, ricomprendendo in essa una fattispecie ulteriore. Nel merito, poi, l'Avvocatura nega il parallelismo tra le situazioni poste a raffronto. Sotto il profilo soggettivo, infatti, la qualita' di dipendente dell'Amministrazione P.T. e' presupposto essenziale dell'assegnazione di case economiche, mentre gli alloggi dell'Istituto Postelegrafonici possono essere locati anche a terzi estranei. Sotto il profilo oggettivo, questi ultimi alloggi fanno parte del patrimonio disponibile di tale Istituto e non sono quindi preordinati ad un pubblico servizio, mentre quelli acquistati o costruiti dall'Amministrazione P.T. ai sensi dell'art. 324 del T.U. delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica (R.D. 28 aprile 1938, n. 1165) sono per espressa previsione normativa destinati ad essere assegnati al personale di tale Amministrazione e fanno parte del patrimonio indisponibile di questa. L'acquisto e la costruzione di immobili, d'altra parte, e' solo una delle varie forme di investimento dei capitali dell'Istituto postelegrafonici, destinata ad alimentare i vari fondi (di quiescenza, di mutualita', ecc.) da essi amministrati. I contributi versati dai dipendenti hanno quindi natura previdenziale e non sono direttamente finalizzati all'investimento immobiliare; e d'altra parte l'applicazione del canone sociale in favore di pochi confliggerebbe con le finalita' di buon impiego dei capitali e si risolverebbe in un pregiudizio dell'intera categoria assistita. Considerato in diritto 1. - Le questioni sollevate, riguardando norme ricomprese in uno stesso articolo di legge, possono, per affinita' di materia, essere decise con un'unica pronunzia. 2. - Con le ordinanze indicate in epigrafe i Pretori di Bologna e di Roma dubitano, in riferimento all'art. 3 Cost., della legittimita' costituzionale dell'art. 26, primo comma, lett. c) della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) in quanto, disponendo che non si applichino agli alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata le disposizioni di cui al capo primo del titolo primo della stessa legge, consente che i conduttori di essi siano assoggettati ad un canone di locazione superiore - come verificatosi nei casi di specie - a quello "equo" dovuto dalla generalita' degli altri conduttori alla stregua di tali disposizioni. Tale risultato, osservano i giudici a quibus, dipende da diversi metodi di determinazione e di aggiornamento dei canoni di locazione adottati, rispettivamente, dalla legge n. 392 del 1978 (c.d. legge sull'equo canone) e dalle disposizioni in tema di edilizia convenzionata: ed in ragione di cio' il Pretore di Roma estende l'impugnativa a - e quello di Bologna la pone in relazione con - gli artt. 35, comma ottavo, lett. e) e comma quattordicesimo, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (c.d. legge sulla casa) e 8, primo comma, lett. c) della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per la edificabilita' dei suoli), che regolano la materia del canone per questo tipo di edilizia. 2.1. - L'edilizia convenzionata e' stata introdotta nel nostro ordinamento dal citato art. 35 della l. n. 865 del 1971, che dispone che i comuni o i consorzi di comuni possono concedere a fini edificatori, con diritto di superficie o in proprieta', a soggetti pubblici e privati aree inserite nei piani urbanistici speciali previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, ed interamente espropriate dai comuni. Sia la concessione del diritto di superficie che la cessione in proprieta' sono accompagnate da una convenzione che deve prevedere, insieme alle caratteristiche costruttive, i criteri per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione. La legge 28 gennaio 1977, n. 10 ha ampliato il campo d'azione dell'intervento "convenzionato", consentendo che esso possa operare anche su aree esterne a quelle ricomprese nei piani di zona di cui alla legge n. 167 del 1962: aree che possono appartenere a privati ma possono altresi' essere espropriate per la utilizzazione a scopo di costruzione ove rientrino nei programmi pluriennali di attuazione previsti dalla stessa legge (art. 13). Gli artt. 7 e 8 disciplinano il sistema di convenzionamento inteso a favorire interventi di edilizia abitativa: le regioni predispongono convenzioni tipo - cui debbono essere uniformate quelle di comuni in cui sono indicate le caratteristiche tipologiche e costruttive degli alloggi, sono determinati i prezzi di cessione degli stessi (sulla base del costo delle aree, del costo della costruzione, delle opere di urbanizzazione e delle spese generali) e i canoni di locazione in percentuale del valore desunto dai prezzi di cessione degli alloggi. Al costruttore che assume gli impegni relativi ai prezzi di vendita e ai canoni di locazione viene consentito di corrispondere un contributo per il rilascio della concessione (previsto dall'art. 3) solo per la parte commisurata agli oneri di urbanizzazione e non anche per quella relativa al costo di costruzione. 2.2. - Cio' premesso, deve innanzitutto escludersi che la differenziazione prospettata dai giudici a quibus sia, come pretende l'Avvocatura dello Stato, meramente occasionale e di fatto, e non dipenda invece direttamente - e con incidenza, se non generale, statisticamente significativa - dalla diversita' dei congegni previsti dalle norme in discussione. La differenziazione non appare dovuta tanto ai diversi criteri di determinazione del canone (nell'edilizia convenzionata i canoni vengono stabiliti con l'applicazione di una aliquota sul valore desunto dal prezzo di cessione dell'alloggio, a sua volta determinato sulla base dell'effettivo costo di costruzione, mentre per l'equo canone l'aliquota si applica sul valore locativo ricavato sulla base di un costo di costruzione teorico, corretto da vari coefficienti) in quanto, almeno per gli alloggi ultimati dopo il 31 dicembre 1975, o comunque costruiti dopo l'entrata in vigore della legge, l'equo canone viene calcolato su un costo di costruzione prossimo alla realta', determinato tenendo conto, tra l'altro, proprio dei costi di produzione dell'edilizia convenzionata (art. 22). La ragione della divaricazione e' invece dovuta alla mancata estensione alle locazioni convenzionate del meccanismo di adeguamento dei canoni disposto dall'art. 24 della legge n. 392 del 1978, che prevede un adeguamento annuale entro il limite del 75% delle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati. Ha cosi' continuato ad operare per le locazioni convenzionate il sistema di aggiornamento previsto dall'art. 8 della legge n. 10 del 1977, assai piu' sfavorevole per i conduttori in quanto comporta adeguamenti biennali rapportati al cento per cento della variazione dell'indice dei costi di costruzione. A parte la sensibile diversita' della percentuale delle variazioni, la divergenza si e' formata per effetto della progressione del costo delle costruzioni, che e' avvenuta in termini assai piu' incisivi - come risulta anche dai dati offerti da una elaborazione del CENSIS contenuta nel rapporto 1987 sulla condizione economico-sociale del Paese - rispetto a quella relativa al costo della vita. 2.3. - Tale essendo la situazione, la censura di violazione del principio di uguaglianza deve ritenersi fondata. L'edilizia convenzionata si colloca, invero, nel piu' ampio quadro dell'edilizia residenziale pubblica, mirante a sopperire al fabbisogno abitativo di categorie sociali di limitate capacita' economiche, o ritenute per altre ragioni meritevoli di tutela. Tale indirizzo e' stato realizzato non solo con la costruzione di alloggi a totale carico dello Stato, destinati alle fasce di reddito piu' basse cui si applica percio' un canone sociale (cfr. art. 26, lett. b), l. n. 392 cit.), ma anche mediante regimi convenzionali in cui tale obiettivo e' perseguito assicurando al costruttore particolari vantaggi: o attraverso la corresponsione di un contributo statale diretto ad abbattere il tasso di interesse sui mutui (c.d. edilizia agevolata-convenzionata: cfr. la l. n. 457 del 1978) o, come nel caso di cui agli artt. 7 - 8 l. n. 10 del 1977, attraverso una congrua riduzione degli oneri afferenti il rilascio della concessione edilizia. Con quest'ultimo regime, in particolare, si e' mirato ad orientare le tecnologie costruttive ed i capitali di investimento verso una tipologia di edilizia residenziale di costo contenuto e di dimensioni controllate, al duplice fine di assicurare - anche attraverso le previste agevolazioni - un'equa remunerazione all'investimento e di fornire alloggi accessibili alle fasce di reddito medio-basse. Tale destinazione e' manifesta nell'originaria disciplina di cui all'art. 35l. n. 865 del 1971 - che anzi in talune ipotesi la limita ai soggetti aventi i requisiti per l'assegnazione di alloggi economici e popolari (commi 16 e 18) - ma essa e' indubbiamente propria anche del regime convenzionale regolato dalla legge n. 10 del 1977. E cio' sia perche' questo costituisce un'estensione del primo - onde il silenzio della nuova normativa sul punto va inteso come inserimento di essa nell'alveo di quella precedente - sia perche' nello stesso senso dispongono esplicitamente talune leggi regionali di attuazione (v., ad es., l'art. 5 legge Regione Emilia-Romagna 2 giugno 1980, n. 46). Del resto, che l'edilizia convenzionata si caratterizzasse come "edilizia che prevede canoni e prezzi controllati e quindi accessibili alle categorie meno abbienti" e' circostanza che fu ben presente in sede di redazione della legge sull'equo canone (cfr. relazione al d.l. governativo n. 465 - VII legislatura - da cui scaturi' la l. n. 392). 2.4. - Cio' che pero' il legislatore del 1978 non ha tenuto sufficientemente in conto nel dettare l'art. 26, lett. c) e' stato che, soprattutto per via del diverso meccanismo di aggiornamento, il canone delle locazioni convenzionate potesse in prospettiva pervenire a superare quello fissato in via generale con la nuova legge: pericolo, questo, che era stato prontamente avvertito dalle Regioni - chiamate ad applicare il regime convenzionale previsto dalla legge n. 10 del 1977 - le quali, all'indomani del varo di questa, espressero un orientamento comune per cui, al fine di consentire che il canone convenzionato corrispondesse nel contempo alle finalita' sociali rivolte alla tutela del conduttore e al riconoscimento di una giusta redditivita' dell'investimento, era necessario da un lato per la determinazione di un canone fissare un'aliquota sul prezzo di cessione inferiore o parificata a quella che sarebbe stata stabilita dalla legge sull'equo canone (sul valore locativo dell'immobile), e dall'altro equiparare il meccanismo di aggiornamento del canone convenzionato a quello fissato dalla nuova legge per l'equo canone stesso (cfr. Orientamenti delle Regioni per l'attuazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10 - Documento unitario delle Regioni, 14 aprile 1977, par. 2.3.). D'altra parte, che il canone dell'edilizia convenzionata possa essere superiore - ed anche di molto, come i casi di specie dimostrano - a quello di cui alla l. n. 392 e' cosa che si appalesa incongrua anche rispetto agli orientamenti della legislazione coeva o successiva. Da un lato, infatti, e' stato previsto in taluni casi l'assoggettamento dell'edilizia convenzionata a requisiti reddituali di accesso analoghi a quelli dettati per l'edilizia a sovvenzione pubblica (artt. 18 e 20 l. n. 457 del 1978: cfr. anche il gia' citato art. 2 l. R. Emilia-Romagna n. 46 del 1980); dall'altro, l'applicazione del regime di equo canone, proprio in quanto piu' elevato, e' stata prevista per gli alloggi pubblici dati in godimento a soggetti fruenti di redditi superiori a quelli stabiliti per l'assegnazione (cfr. gli artt.: 22 l. n. 513 del 1977; 7, 8 e 22 l. n. 25 del 1980). Ne' a giustificare un canone superiore per l'edilizia convenzionata possono addursi ragioni diverse da quelle finora considerate. Non certo quelle attinenti a vantaggi di altro tipo propri di tale regime contrattuale, posto che le relative disposizioni non prescrivono, ad es., garanzie di stabilita' del rapporto analoghe a quelle previste dalla legge sull'equo canone. Nemmeno, poi, puo' dirsi che un tale risultato sia reso necessario dalle esigenze di incentivazione degli investimenti in edilizia: e cio' sia perche' l'obiettivo e' stato perseguito anche con legge n. 392 (cfr. la gia' citata relazione governativa al d.l. n. 465, p. 4), sia perche' non e' certo ragionevole che esso si realizzi col sacrificio delle categorie meno abbienti, anziche' della generalita' dei cittadini. D'altra parte, come la stessa Avvocatura dello Stato ha evidenziato, tanto la normativa sull'edilizia convenzionata che quella sull'equo canone assolvono ad una funzione calmieratrice del mercato delle locazioni: e questa e' evidentemente frustrata se una consistente lievitazione dei canoni si manifesta proprio rispetto a tipologie edilizie progettate per le esigenze di fasce sociali che difficilmente possono soddisfare altrimenti il proprio diritto all'abitazione. In questo quadro, il modello convenzionale trova congrua collocazione per la sua spiccata attitudine a consentire soluzioni il piu' possibile aderenti alle esigenze poste dalle singole situazioni. Ma la flessibilita' dello strumento trova un limite la' dove, a parita' di caratteristiche, consente l'assoggettamento a canoni superiori a quelli che, a giudizio del legislatore, realizzano un equo contemperamento delle esigenze di proprietari e di inquilini, giacche' cio' si traduce in un non consentito trattamento deteriore che, rispetto alla generalita' dei conduttori, viene riservato a quelli meno abbienti. L'art. 26, primo comma, lett. c) della legge n. 392 del 1978 va percio' dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto, nel prevedere l'inapplicabilita' alle locazioni relative ad alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata delle disposizioni del capo I del titolo I della legge medesima, non stabilisce che per esse il canone non puo' comunque essere superiore a quello che risulterebbe dall'applicazione di queste ultime. Poiche' il vizio riscontrato si radica sul raffronto tra la disciplina successiva - di cui alla l. n. 392 del 1978 - e quella anteriore - di cui agli artt. 35 l. n. 865 del 1971 e 8 l. n. 10 del 1977 - e' invece evidentemente infondata la medesima questione in quanto riferita a queste ultime disposizioni. 3. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. n. 733/85), la Corte di Cassazione ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, primo comma, lett. b) della legge n. 392 del 1978, in quanto non prevede che le disposizioni di cui al capo I del titolo I della stessa legge non si applichino alle locazioni relative agli alloggi di proprieta' dell'Istituto Postelegrafonici stipulate con i dipendenti dell'Amministrazione postelegrafonica. Afferma la Corte remittente che sussisterebbe una ingiustificata disparita' di trattamento tra la situazione in cui versano i dipendenti dell'Amministrazione postelegrafonica che sono locatari di alloggi costruiti a totale carico dello Stato e che in quanto tali corrispondono il cosiddetto "canone sociale" - essendo stati dalla norma impugnata esclusi dalla applicazione del regime dell'"equo canone" di cui alla legge n. 392 del 1978 - e la situazione in cui si trovano i dipendenti della medesima Amministrazione che sono locatari di alloggi di proprieta' dell'Istituto Postelegrafonici, che sono invece assoggettati alla corresponsione di un canone determinato secondo il regime dell'equo canone, piu' gravoso del primo: e cio' pur trovandosi in condizioni soggettive identiche - rapporto di impiego con la Pubblica Amministrazione - e per di piu' avendo corrisposto contributi per l'acquisto di tali immobili. 3.1. - La questione non e' fondata. Come la stessa Corte remittente ha rilevato, l'Istituto Postelegrafonici - costituito, con diversa denominazione, con la legge 18 ottobre 1942, n. 1408 e successivamente regolato dalla legge 27 marzo 1952, n. 208 e dal d.P.R. 8 aprile 1953, n. 542 - promuove ed attua l'assistenza e la previdenza in favore dei dipendenti del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni e non e' inquadrabile tra gli enti pubblici operanti nel settore dell'edilizia. Gli immobili appartenenti all'Istituto assolvono ad una funzione di garanzia, costituiscono una forma di investimento ai fini di una corretta gestione dei fondi creati con il contributo degli assistiti e di mantenimento del valore delle disponibilita' monetarie dell'Istituto. In quanto tali, essi appartengono al patrimonio disponibile dell'ente e non hanno la destinazione specifica e tipica degli alloggi di edilizia economica e popolare di proprieta' di Amministrazioni statali e di altri enti pubblici. Il loro godimento e' concesso con contratti di natura prettamente privatistica, il cui canone riflette la specifica destinazione degli immobili e la natura del contratto, a cio' non ostando il fatto che l'Istituto abbia originariamente inteso limitarlo al solo ristoro di oneri e passivita'. Profondamente diversa e' la natura del canone sociale, espressamente ed esclusivamente previsto dalla legge per gli immobili soggetti alla disciplina dell'edilizia economica e popolare. Tali immobili appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato o di enti pubblici chiamati per legge all'organizzazione e alla gestione di un pubblico servizio sociale diretto a favorire l'accesso alla casa dei cittadini meno abbienti. Il canone sociale va pertanto considerato come strettamente correlato alla socialita' del servizio stesso. Gli alloggi dell'edilizia economica e popolare sono inoltre assegnati secondo criteri e procedure stabilite dalla legge, e da questa sono altresi' stabiliti i requisiti per l'assegnazione, mentre l'Istituto Postelegrafonici ha disposto con mera procedura amministrativa interna, e secondo criteri da esso fissati, la selezione di quanti avevano richiesto di ottenere in locazione i relativi alloggi. Piu' in particolare, per quanto attiene alle case acquistate o costruite dall'Amministrazione delle Poste e dei Telegrafi per essere concesse al personale dipendente, la relativa disciplina - contenuta negli artt. da 324 a 342 del R.D. 28 aprile 1938, n. 1165 (T.U. delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica) ed estesa a quelle costruite negli anni '50 in virtu' della l. 11 dicembre 1952 n. 2521 - rende evidenti le differenze rispetto alle case costruite od acquistate dall'Istituto Postelegrafonici. A prescindere dalla diversa condizione giuridica degli immobili, e' da rilevare che, mentre per le prime e' prescritto che deve trattarsi di case "economiche" e - correlativamente - che gli alloggi vanno assegnati in base a graduatorie fondate sulle condizioni economiche dei dipendenti (artt. 324 e 334 T.U.), analoghe disposizioni cogenti non vigono per le seconde. Le situazioni poste a raffronto, percio', si differenziano tanto sotto il profilo oggettivo della tipologia degli alloggi, quanto sotto quello soggettivo delle condizioni economiche degli assegnatari o conduttori: le quali non possono ovviamente ritenersi omogenee in base al mero dato dell'appartenenza alla stessa Amministrazione. Il fatto, poi, che all'acquisto degli immobili dell'Istituto Postelegrafonici concorrano i contributi obbligatori versati da tutti i dipendenti dell'Amministrazione P.T. non comporta certo che alcuni di costoro ne debbano trarre un particolare vantaggio versando un canone sociale: il che non sarebbe in alcun modo correlato ne' con la funzione previdenziale dei contributi, ne' con quella di mantenimento ed incremento del loro valore cui l'investimento in immobili e' preordinato.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 26, primo comma, lettera c) della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui non dispone che il canone di locazione degli immobili soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata non deve comunque superare il canone che risulterebbe dall'applicazione delle disposizioni del titolo I, capo I, della medesima legge; Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 35, commi ottavo, lettera e) e quattordicesimo, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e dell'art. 8, primo comma, lettera c) della legge 28 gennaio 1977, n. 10, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Roma con le ordinanze indicate in epigrafe; Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, primo comma, lettera b), della legge 27 luglio 1978, n. 392 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: SPAGNOLI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria l'11 febbraio 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0200