N. 167 ORDINANZA 28 gennaio - 11 febbraio 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Regione Friuli-Venezia Giulia - Riserve di caccia - Costituzione e gestione - Ammissione di soci alle riserve - Delega di funzioni amministrative alla Federazione italiana Caccia - Pagamento di quote associative - Manifesta inammissibilita'. (Legge reg. Friuli-Venezia Giulia 11 luglio 1969, n. 13, in toto e artt. 1, 3 e 10). (Statuto Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, 11, 12, 58 e 60). (Cost., artt. 3, 18 e 97)(GU n.8 del 24-2-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo Corasaniti, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 luglio 1969, n. 13, ("Costituzione e gestione delle riserve di caccia nel territorio regionale"), promosso con ordinanza emessa il 7 luglio 1982 dal Pretore di Tolmezzo, iscritta al n. 646 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 dell'anno 1983; Visto l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia; Udito nella Camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione ad un'ordinanza emessa dal Presidente della Giunta provinciale di Udine, con cui si ingiungeva il pagamento di una sanzione amministrativa per esercizio della caccia in riserva senza il permesso del concessionario (art. 43 R.D. 5 giugno 1939 n. 1016), il Pretore di Tolmezzo con atto di rimessione in data 7 luglio 1982 (r.o. n. 646 del 1982) ha sollevato, in riferimento agli artt. 4, 11, 12, 58 e 60 dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia, nonche' agli artt. 3, 18 e 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'intera legge regionale Friuli-Venezia Giulia 11 luglio 1969, n. 13 ("Costituzione e gestione delle riserve di caccia nel territorio regionale") ed, in subordine, degli artt. 1, 3 e 10 del medesimo testo legislativo; che la legge censurata, costituendo in riserve di diritto quasi l'intero territorio della regione e affidandone la gestione all'organo regionale della Federazione italiana della caccia, si porrebbe in contrasto con gli invocati parametri costituzionali sotto i seguenti profili: 1) con gli artt. 3 e 18 Cost., in quanto il sistema introdotto, stabilendo un numero massimo di soci per ogni riserva (art. 10 della legge), confermando i soci delle preesistenti riserve, e ammettendo nuovi soci solo in rapporto alle vacanze e limitatamente ai cittadini residenti nella regione (artt. 4 e 60 del regolamento di esecuzione) creerebbe una disparita' di trattamento fra cittadini in ordine all'ammissione nel sistema, obbligando peraltro i cacciatori ad associarsi all'organizzazione riservistica in violazione del principio di liberta' di associazione; 2) con l'art. 97 Cost. in quanto violerebbe i principi: di legalita', delegando funzioni amministrative all'organo regionale della F.I.C. senza disciplinarne l'esercizio, di imparzialita', affidando una funzione pubblica di grande rilevanza ad una sola delle tante associazioni venatorie o ambientaliste, e di buon andamento, delegando funzioni pubbliche ad una associazione privata senza un'adeguata giustificazione; 3) con l'art. 4 dello Statuto regionale, in quanto violerebbe il limite costituzionale dell'"interesse delle altre Regioni" escludendo dall'associazione riservistica i non residenti nella regione, nonche' il limite dei "principi generali dell'ordinamento giuridico", creando a favore dei residenti quasi un possesso esclusivo sulla fauna in contrasto con l'art. 1 della successiva legge-quadro sulla caccia che dichiara l'appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato; 4) con gli artt. 11, comma secondo, 58 e 60 dello Statuto, poiche', delegando ad un ente privato funzioni pubbliche, avrebbe eluso le norme statutarie che prevedono controlli sugli atti degli enti locali nonche' sui provvedimenti adottati nelle materie delegate; 5) con l'art. 12 dello Statuto, in quanto avrebbe creato un nuovo organo regionale denominato "Organo gestore delle riserve" non ricompreso nella tassativa elencazione prevista dalla norma statutaria; che il giudice a quo censura in particolare e in via subordinata l'art. 3 della citata legge nella parte in cui, delegando la gestione delle riserve, nei limiti fissati con l'emanando regolamento, agli organi regionali della FIC, delegherebbe la quasi totalita' delle funzioni amministrative in materia di caccia ad un organismo periferico di una associazione ormai privata (art. 115 del d.P.R. n. 616 del 1977), e con un'ampiezza tale da porre in essere un vero e proprio trasferimento di competenze, cosi' superando i limiti posti alla delega dalla decisione di questa Corte n. 39 del 1957 e violando l'art. 11 dello Statuto regionale che prevede come delegatari delle funzioni regionali i soli enti locali; che, sempre in via subordinata, viene autonomamente impugnato anche l'art. 10 della stessa legge nella parte in cui, prevedendo il pagamento delle quote associative all'Organo gestore, si porrebbe in contrasto con l'art. 11 u.c. dello Statuto, secondo il quale le spese sostenute dagli enti per le funzioni delegate sono a carico della Regione; Ritenuto inoltre che l'opponente avrebbe esercitato la caccia in una "riserva di diritto" senza il relativo permesso, ritiratogli dall'Organo gestore a seguito di altra infrazione commessa in precedenza; che, pertanto, ad avviso del giudice remittente tutte le questioni sollevate sarebbero rilevanti in quanto l'eventuale caducazione dell'intera legge impugnata (ovvero del solo art. 1 o del solo art. 3 che non potrebbe non comportare una declaratoria di incostituzionalita' derivata di tutto l'ordinamento riservistico), rendendo illegittimo il potere esercitato dall'Organo gestore e quindi anche il suo provvedimento di ritiro del permesso, determinerebbe l'illegittimita' dell'ordinanza-ingiunzione emanata in seguito alla pretesa seconda violazione; che la regione Friuli-Venezia Giulia e' intervenuta chiedendo che le questioni venissero dichiarate manifestamente infondate; Considerato che secondo una ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte il nesso di pregiudizialita' richiesto al fine di rendere rilevante (e quindi ammissibile) la questione di legittimita' costituzionale deve consistere in un rapporto di rigorosa e necessaria strumentalita' fra la risoluzione della questione sollevata e la decisione del giudizio a quo, nel senso che quest'ultimo non possa essere definito indipendentemente dalla decisione della questione incidentale; che, in tal senso, non appare rilevante l'asserita illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 3 della legge n. 13 del 1969 che affida la gestione delle riserve - nei limiti fissati da un emanando regolamento - all'organo regionale della Federazione italiana della caccia, dal momento che, una volta costituitasi la riserva, ai fini dell'illecito esercizio della caccia senza il permesso del concessionario, non ha rilevanza a chi e in che modo siano affidati la gestione della stessa (vedi in senso analogo sent. n. 212 del 1970) ed i conseguenti poteri di vigilanza; che egualmente irrilevante appare la censura rivolta all'intero sistema, introdotto dalla legge impugnata, nella parte in cui discriminerebbe i cittadini a seconda che siano o meno residenti nella regione, creando poi a favore di quest'ultimi quasi un possesso esclusivo sulla fauna selvatica, ed obbligando i cacciatori che volessero esercitare l'attivita' venatoria, ad associarsi all'organizzazione riservistica; che, difatti, queste ultime censure, attenendo allo specifico contenuto dell'art. 10 della legge, o delle relative norme regolamentari autorizzate, e concernendo le modalita' di esercizio dell'attivita' venatoria sul territorio regionale, sono del tutto indipendenti dall'istituzione delle riserve di diritto e non possono quindi investire l'intero testo legislativo; che il loro esame, pertanto, potendo eventualmente determinare la sola caducazione dell'art. 10 della legge impugnata non avrebbe alcun effetto per la definizione del giudizio a quo, attesa la totale estraneita' della predetta norma, e dei denunciati vizi ad essa relativi, con l'illecito amministrativo contestato; che l'unica disposizione la cui caducazione potrebbe comportare l'illegittimita' dell'ordinanza-ingiunzione sottoposta alla cognizione del giudice a quo, e cioe' quella che costituisce le riserve di diritto (art. 1 legge n. 13 del 1969), seppur denunciata autonomamente e in via subordinata, viene censurata per profili che, attenendo all'intero regime riservistico, trovano il loro referente normativo, in altre disposizioni dello stesso testo, del tutto autonome dalla prima che non ne implica, percio', il loro attuale contenuto normativo, frutto invece di una libera scelta operata dal legislatore nell'ambito di una pluralita' di opzioni; che, in relazione ai profili finora esposti, risulta comunque assorbente la circostanza che, contrariamente a quanto sostiene il giudice a quo, l'ordinanza-ingiunzione opposta non e' in alcun modo collegabile al precedente provvedimento di ritiro del permesso; che, quest'ultimo atto, attenendo ad una situazione di interesse legittimo non direttamente connessa alla diversa posizione soggettiva dedotta in causa, non potrebbe difatti costituire, neppure in via incidentale, oggetto di cognizione da parte del giudice a quo, dovendo considerarsi come un remoto antecedente che non influisce direttamente sulla fattispecie sanzionata, e che quindi non potrebbe in nessun caso essere disapplicato dal giudice a quo; che, pertanto, l'ipotizzata illegittimita' del ritiro del permesso, non essendo idonea ad incidere sulla validita' dell'ordinanza opposta, rende irrilevanti le questioni sollevate; che quest'ultime vanno pertanto dichiarate manifestamente inammissibili; Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'intera legge regionale Friuli-Venezia Giulia 11 luglio 1969, n. 13, ("Costituzione e gestione delle riserve di caccia nel territorio regionale"), ed, in subordine, degli artt. 1, 3 e 10 del medesimo testo legislativo, sollevata, in riferimento agli artt. 4, 11, 12, 58 e 60 dello Statuto del Friuli- Venezia Giulia, nonche' agli artt. 3, 18 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Tolmezzo con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria l'11 febbraio 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0212