N. 190 SENTENZA 10 - 18 febbraio 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Adozione e affidamento - Adozione di minori stranieri - Procedure in
 corso - Non applicabilita' della normativa sopravvenuta - Non
 fondatezza.
 
 (Legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 76).
 
 (Cost., art. 3)
(GU n.8 del 24-2-1988 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 76 della legge 4
 maggio 1983, n. 184 ("Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
 minori"),  promossi  con n. 2 ordinanze emesse il 4 aprile 1986 dalla
 Corte d'appello di Milano sui ricorsi proposti da Marfoni Roberto  ed
 altra  e  Consorti  Mauro  ed  altra,  iscritte  ai nn. 656 e 657 del
 registro ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 55, prima Serie speciale, dell'anno 1986;
    Visto  l'atto  di costituzione di Consorti Mauro ed altra, nonche'
 gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  15  dicembre  1987  il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Uditi  l'avvocato  Bruno  de  Julio  per Consorti Mauro ed altra e
 l'Avvocato  dello  Stato  Stefano  Onufrio  per  il  Presidente   del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con due ordinanze del 4 aprile 1986 (R. O. nn. 656 e 657 del
 1986) la Corte d'appello di Milano solleva questione di  legittimita'
 costituzionale,   in   riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,
 dell'art.  76  della  legge  4  maggio  1983,  n.  184   ("Disciplina
 dell'adozione  e dell'affidamento dei minori"), nella parte in cui si
 esclude che alle procedure di adozione di minori stranieri  in  corso
 al  momento  dell'entrata in vigore della legge n. 184 del 1983 possa
 applicarsi la nuova disciplina dell'adozione internazionale.
    Dubita  il  giudice  a  quo  che  tale  disposizione determini una
 irrazionale disparita' di trattamento sulla  base  di  un  mero  dato
 cronologico: a) tra minori stranieri da adottare, ammettendo a godere
 della nuova maggiore tutela soltanto alcuni  ed  escludendone  altri,
 per  i  quali il procedimento sia gia' iniziato all'entrata in vigore
 della legge n. 184 del 1983; b) tra i cittadini  italiani  adottanti,
 sottoponendoli  alla predetta discriminazione; c) tra minori italiani
 e   minori   stranieri,   escludendo   solo   per    questi    ultimi
 l'applicabilita' alle procedure in corso della nuova normativa.
    I due giudizi de quibus erano stati introdotti rispettivamente dai
 coniugi Roberto Marfoni e Lucia Bigaran e dai coniugi Mauro  Consorti
 e  Rosamaria  Roncaglio  per ottenere la declaratoria di efficacia in
 Italia, con gli effetti dell'adozione speciale, di due  provvedimenti
 stranieri;  il  primo dei quali, emesso dal Tribunale per i minorenni
 di La Paz (Bolivia) il 7  maggio  1984,  aveva  concesso  ai  coniugi
 Marfoni  l'affidamento  preadottivo  del bambino Ruperto Portales; il
 secondo, emesso dal Tribunale Terzo della Famiglia di Guatemala il 25
 ottobre  1985,  aveva  dichiarato la validita' dell'adozione da parte
 dei coniugi Consorti dei minori Rosa Antonia Garcia e  Mauro  Antonio
 Chavez.
    In  entrambe  le  fattispecie  i ricorrenti erano stati dichiarati
 idonei all'adozione speciale con provvedimenti del  Tribunale  per  i
 minorenni  di  Milano  per  i  coniugi  Marfoni e del Tribunale per i
 minorenni de L'Aquila per i coniugi Consorti.
    Assume   il   giudice   a   quo   che,  conseguendo  la  richiesta
 dichiarazione di efficacia in Italia dei due provvedimenti  stranieri
 dall'applicazione  della previgente disciplina in materia di adozione
 di minori stranieri, diventa rilevante  la  questione  sollevata,  in
 quanto  dalla  sua  soluzione discende se debba applicarsi la vecchia
 normativa oppure quella introdotta  dalla  legge  n.  184  del  1983,
 ritenuta piu' favorevole.
    2.  -  E'  intervenuto  in  entrambi  i  giudizi il Presidente del
 Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  dello
 Stato,  eccependo  preliminarmente  l'inamissibilita', per difetto di
 rilevanza, della questione sollevata, in quanto nelle  sue  ordinanze
 il  giudice  a  quo  si  limita  ad  osservare  che  la  richiesta di
 dichiarazione di  efficacia  dei  provvedimenti  stranieri  e'  stata
 effettuata ai sensi della previgente normativa, senza nulla precisare
 in ordine alla accoglibilita' o meno  dell'istanza  alla  stregua  di
 detta   normativa  e  comunque  senza  nulla  dedurre  in  ordine  al
 pregiudizio  concreto  che   deriverebbe   dall'applicabilita'   alle
 fattispecie dell'ordinamento previgente anziche' del nuovo.
    Nel  merito  l'Avvocatura  deduce  l'infondatezza della questione,
 richiamandosi alla sentenza di questa Corte n. 199 del 1986,  ove  si
 afferma che la scelta del legislatore di non fare retroagire l'intera
 normativa della  nuova  legge  rappresenta  una  scelta  razionale  e
 comunque rientrante nella discrezionalita' legislativa, "che incontra
 il solo limite dei valori costituzionalmente garantiti". Tra  questi,
 la citata sentenza indica quello della tutela del minore straniero in
 stato  di  abbandono,  cui  sarebbe   irragionevole   non   estendere
 retroattivamente  la  tutela  giurisdizionale  concessa  dall'art. 37
 della legge n. 184 del 1983, che prevede nelle ipotesi  di  abbandono
 l'applicazione  della  legge italiana. Ma cio', secondo l'Avvocatura,
 non  e'  invocabile  nella  specie,  essendo  pacifica  in  causa  la
 giurisdizione  del  magistrato  italiano,  anche  alla  stregua della
 normativa previgente.
    3.  -  Si  sono  costituiti in giudizio i coniugi Mauro Consorti e
 Rosamaria Roncaglio, rappresentati e difesi  dagli  avvocati  Giorgio
 d'Episcopo  e  Bruno De Julio, eccependo anch'essi in via preliminare
 l'irrilevanza della questione e  contestando  l'interpretazione  data
 dalla  Corte d'appello di Milano circa la successione nel tempo delle
 leggi in materia di adozione di minori stranieri.
    Sottolinea  in  particolare  la  difesa delle parti come l'art. 76
 impugnato rappresenti in realta' una salvaguardia degli interessi del
 minore  e  degli adottandi rispetto agli "inconvenienti che sarebbero
 derivati  dalla  immediata  applicazione  della  nuova  legge,  quali
 l'eventuale rimpatrio dei minori, il loro ricovero presso un istituto
 in attesa dei provvedimenti di cui all'art. 37".
    Senza  la disposizione dell'art. 76, tra l'altro, il Tribunale per
 i minorenni sarebbe stato costretto - secondo le parti - a respingere
 tutte  le  istanze dirette ad ottenere l'attribuzione di efficacia ai
 provvedimenti stranieri emessi prima della nuova legge.
    Nel  merito  le parti assumono l'infondatezza della questione, non
 ravvisando  nella  disposizione  impugnata  alcuna  delle   lamentate
 violazioni al dettato costituzionale.
                         Considerato in diritto
    1.  - La Corte d'appello di Milano, con due ordinanze del 4 aprile
 1986 (R.O. nn. 656 e 657/1986), chiede a  questa  Corte  verifica  di
 costituzionalita'  dell'art. 76 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in
 riferimento all'art.  3  della  Costituzione,  "nella  parte  in  cui
 esclude  che  la  nuova  normativa  possa  applicarsi  alla procedura
 relativa all'adozione di minori stranieri 'in corso' al momento della
 entrata in vigore della legge stessa".
    2. - La questione non e' fondata.
    Questa  Corte,  con  sentenza  n.  199  del 1986, ha statuito: "La
 scelta del legislatore, di non fare retroagire  la  intera  normativa
 della   legge  n.  184  del  1983,  per  salvaguardare  la  sollecita
 definizione o la definitivita' delle procedure di adozione in corso o
 concluse  sotto  l'impero  della precedente legge n. 431 del 1967, e'
 una scelta razionale e  comunque  rientrante  nella  discrezionalita'
 legislativa.  Anche  in questo caso la Corte non puo' che ribadire il
 proprio insegnamento (sent. n. 118 del 1957 e sent. n. 36  del  1985)
 che 'nel nostro ordinamento il principio della irretroattivita' della
 legge   non   assurge,   nella   sua   assolutezza,    a    principio
 costituzionale'",  salva  sempre la statuizione dell'art. 25, secondo
 comma, della Costituzione. Pertanto e' rimessa alla  valutazione  del
 legislatore la scelta tra retroattivita' e irretroattivita' in ordine
 ai fini che intende raggiungere, con il solo  limite  che  non  siano
 contraddetti princi'pi e valori costituzionali".
    Nella  specie  tale  contraddizione non sussiste, ne' si rileva in
 concreto pregiudizio derivante  dall'applicabilita'  della  normativa
 previgente  rispetto  alla  successiva,  ne' emergono dalle ordinanze
 nuovi profili.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale,
 in riferimento all'art. 3  della  Costituzione,  dell'art.  76  della
 legge   4   maggio   1983,   n.   184  ("Disciplina  dell'adozione  e
 dell'affidamento dei minori"), sollevata  dalla  Corte  d'appello  di
 Milano con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte Costituzionale,
 palazzo della Consulta il 10 febbraio 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: CASAVOLA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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