N. 206 SENTENZA 11 - 25 febbraio 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Malattie
 professionali - Indennizzabilita' - Termine - Denunzia tardiva della
 malattia - Illegittimita' costituzionale.
 
 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1224, art. 135, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 38)
(GU n.9 del 2-3-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 135, comma
 secondo, del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.1124  (Testo  unico  delle
 disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro e  le  malattie  professionali),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  2 marzo 1981 dal Pretore di Monza nel procedimento civile
 vertente tra Gritti Siro e INAIL, iscritta al  n.  359  del  registro
 ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 283 dell'anno 1981;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'avv.  Mattia Persiani per
 Gritti Siro e degli avv.ti Vincenzo  Cataldi  e  Carlo  Graziani  per
 l'INAIL,  nonche'  l'atto  di intervento del Presidente del Consiglio
 dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10  novembre  1987  il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Udito l'avvocato Saverio Muccio per l'INAIL;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza 2 marzo 1981, il Pretore del lavoro di Monza
 sollevava questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  135,
 secondo  comma, del d.P.R. 30 giugno 1964 (rectius 1965) n. 1124, con
 riferimento agli artt. 38, secondo comma e 3, secondo comma Cost.
    La  questione  era  sorta  dal  caso  di  un  lavoratore che aveva
 prestato la sua opera in ambiente asseritamente morbigeno dal 1961 al
 30 aprile 1973. Benche' egli - a quanto asserisce - avesse accusato i
 primi sintomi di solfocarbonismo fin dagli anni 1966-67,  in  realta'
 la  malattia  gli era stata ufficialmente diagnosticata dalla Clinica
 del lavoro di Milano soltanto il 16 novembre 1977. A seguito di cio',
 il  lavoratore  aveva  presentato  all'INAIL  denunzia  di malattia e
 domanda d'indennizzo il 21 dicembre  1977,  trattandosi  di  malattia
 professionale  descritta  al  n.  28  della  tabella all. 4 al d.P.R.
 impugnato.
    La  domanda  era stata respinta dall'INAIL in quanto, in forza del
 disposto dell'articolo impugnato,  la  malattia  doveva  considerarsi
 come  manifestatasi nel giorno della denunzia, e percio' ben oltre il
 triennio previsto dalla tabella  citata,  si'  che  doveva  ritenersi
 esclusa  la natura professionale ex art. 134, primo comma della legge
 impugnata.
    Il  lavoratore  si  era allora rivolto al Pretore assumendo che il
 termine di tre anni, previsto  dalla  legge  per  l'indennizzabilita'
 della malattia professionale in parola, e' termine di decadenza, reso
 inoperante dall'art. 8 della legge 11 agosto 1973,  n.  533.  Ma,  se
 cosi'  non  fosse  ritenuto,  il  ricorrente  chiedeva  al Pretore di
 sollevare questione di legittimita' costituzionale sia dell'art. 135,
 secondo comma, quanto dell'art. 134 primo comma del decreto in esame,
 per contrasto con gli artt. 3 e 38, Cost.
    Il  Pretore, pero', ritenuto che il termine previsto dalla tabella
 non e' termine di decadenza ma condicio juris, anche  in  aderenza  a
 giudicati  di  questa  Corte  dichiarava  manifestamente infondata la
 questione  concernente  il  primo  comma  dell'art.  134.  Avvertiva,
 infatti, l'ordinanza che la scelta di quel termine, entro il quale il
 manifestarsi della malattia  assume  de  jure  natura  professionale,
 corrisponde  ad  una  lunga  esperienza  sanitaria  ed  alle relative
 osservazioni statistiche che, in definitiva, liberano  il  lavoratore
 dall'onere della prova eziologica, una volta che l'ambiente nel quale
 ha lavorato risulti morbigeno.
    Dubitava,  invece, il Pretore della legittimita' del secondo comma
 dell'art.  135  del  decreto  in  quanto,   attraverso   un'ulteriore
 presunzione,   che   e'  tutta  e  soltanto  a  favore  dell'Istituto
 assicuratore, limita grandemente il diritto del lavoratore  a  vedere
 operante  il  disposto  di  cui  al secondo comma dell'art. 38 Cost.,
 perche'  sostituisce,  al   fatto   e   al   criterio   naturalistico
 dell'effettiva   insorgenza   della  malattia,  un  fatto  presuntivo
 estraneo, dovuto in parte all'attivarsi del lavoratore,  e  in  parte
 alla capacita' di identificazione piu' o meno immediata, da parte dei
 sanitari, della giusta diagnosi.
    In  guisa che, quando i sintomi della malattia si presentino verso
 lo spirare del termine, quasi sempre il lavoratore  restera'  privato
 di ogni indennizzo.
    Egli,   infatti,   dovra'   dapprima  rendersi  conto  della  loro
 importanza sintomatica in guisa da indursi a  rivolgersi  al  medico,
 dopodiche'  questi  dovra'  svolgere  indagini ed accertamenti atti a
 dare   certezza   alla   diagnosi,   e   finalmente,   raccolta    la
 documentazione,  il  lavoratore potra' presentare la denunzia. E cio'
 ammesso,  poi,  che  egli  si  renda   anche   subito   conto   della
 riferibilita'  della  malattia  ad un lavoro che aveva lasciato quasi
 tre anni prima.
    D'altra  parte,  secondo  il  Pretore,  la norma impugnata sarebbe
 anche  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.  in  quanto  darebbe   un
 trattamento  diverso  al  caso  in  cui  la  malattia  professionale,
 anziche' l'inabilita', abbia  determinato  la  morte.  In  tal  caso,
 infatti,  la  norma  non  fa  alcun cenno alla presunzione dipendente
 dalla denunzia, pur restando fermo il principio di cui al primo comma
 dell'art. 134, comune anche all'inabilita'.
    2.  -  Si  e'  ritualmente  costituito,  nel giudizio innanzi alla
 Corte, parte ricorrente Siro Gritti, rappresentato e difeso dal prof.
 avv.  Mattia  Persiani  il  quale,  nella memoria di costituzione, ha
 sostenuto l'ordinanza di rimessione ribadendone  ed  illustrandone  i
 motivi.
    Si e' pure costituita l'INAIL chiedendo che la sollevata questione
 sia dichiarata infondata. Rileva, infatti, l'Istituto che la ratio su
 cui riposa la norma di cui all'art. 134, primo comma del decreto, che
 il Pretore riconosce conforme a Costituzione, e' la stessa su cui  si
 fonda  il disposto della norma impugnata: indicare, cioe', un momento
 in cui, con  assoluta  certezza,  si  possa  ritenere  verificata  la
 malattia, in modo da evitare annose dispute sull'effettiva insorgenza
 clinica, additando all'interpetre un sicuro riferimento  giuridico  e
 per fini giuridici.
    Tanto  meno,  poi,  secondo  l'INAIL puo' ritenersi attendibile il
 preteso contrasto con l'art. 3  Cost.  in  relazione  ad  un  diverso
 trattamento che la norma farebbe rispetto al caso morte. Innanzitutto
 perche' - secondo l'INAIL - in realta'  il  trattamento  diverso  non
 sussisterebbe,  in  quanto  anche  nel  caso  morte  non  vi  sarebbe
 indennizzabilita' se  la  denunzia  non  viene  presentata  entro  il
 termine  tabellare.  Comunque,  poi,  le due situazioni non sarebbero
 comparabili,  perche'  l'evento   morte,   avendo   una   sua   certa
 collocazione temporale, renderebbe superflua ogni cautela concernente
 l'accertamento.
    Anche  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri e' intervenuto,
 rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato,  che  ha,  pero',
 depositato   l'atto   d'intervento  oltre  i  venti  giorni  previsti
 dall'art. 25 della l. 11 marzo 1953, n. 87.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Effettivamente l'ulteriore presunzione juris et de jure che
 il comma secondo dell'art. 135 della legge impugnato  dal  giudice  a
 quo pone ad esclusivo carico del lavoratore non e' soltanto eccessiva
 ma e' anche incompatibile con i principi di cui agli  artt.  3  e  38
 Cost.
    E'  sufficiente, infatti, considerare che essa comporta la perdita
 di ogni indennizzo  qualora  la  denunzia  sia  presentata  oltre  il
 termine   previsto   dalla  tabella  All.  4  per  ciascuna  malattia
 professionale, per rendersi conto che il principio dell'art. 38 Cost.
 resta    vanificato    da    un'inosservanza    meramente    formale.
 Un'inosservanza,  poi,  che  spesso  non  e'  nemmeno  imputabile  al
 lavoratore,  ma  piuttosto  all'insidioso decorso della malattia e al
 suo tardivo accertamento da parte dei sanitari: di talche'  ben  puo'
 accadere  che,  pur  essendosi essa manifestata nel corso del termine
 previsto  dalla  tabella,  il  suo  riconoscimento  sia   intervenuto
 tardivamente,  magari  al  limite  dello spirare del termine. D'altra
 parte, quand'anche la  tardiva  presentazione  della  denunzia  fosse
 ascrivibile  in  tutto  o  in parte all'ignoranza o alla negligenza o
 alle stesse pessime condizioni di salute del lavoratore, il  privarlo
 per cio' solo di ogni indennizzo rappresenta pur sempre una manifesta
 violazione del principio di cui all'art. 38 Cost.
    Ma  anche  l'art.  3  Cost.  resta coinvolto dalla disposizione in
 esame: e non tanto per il  confronto  instaurato  dall'ordinanza  con
 l'ipotesi  in  cui  la  malattia  professionale  determina  la morte,
 giacche' sul  punto  la  risposta  dell'INAIL  sembra  effettivamente
 pertinente  ed  esaustiva.  Quanto  piuttosto  perche',  rispetto  ai
 lavoratori, nei confronti dei quali la manifestazione della  malattia
 e il suo tempestivo accertamento ha consentito una regolare denunzia,
 la  situazione  del  lavoratore  sostanzialmente  identica,  la   cui
 malattia  si  e'  pure  verificata  nei  termini  tabellari  ma viene
 tardivamente accertata, o comunque tardivamente denunziata, riceve un
 trattamento   di  enorme  disparita'  che  non  trova  una  razionale
 giustificazione.
    2.  -  In  definitiva, qui non si tratta di vincere la presunzione
 tabellare, che peraltro questa Corte (con sentenza  n.  179/1988)  ha
 pure superato, ammettendo il lavoratore a provare natura ed eziologia
 della  contratta  malattia  anche  al  di  fuori   delle   previsioni
 tabellari.  Si  tratta soltanto di escludere che una denunzia tardiva
 possa privare automaticamente dell'indennizzo il  lavoratore  la  cui
 malattia si sia verificata nei termini tabellari.
    Il  che  non  comporta  alcun aggravio per l'Istituto assicuratore
 giacche',  da  una  parte,  l'onere  della  prova   della   effettiva
 verificazione  della  malattia  nei  termini  tabellari  ricadra' sul
 lavoratore: e se la prova fallisse, egli non potra'  avvalersi  delle
 favorevoli  presunzioni  discendenti  dalla tabella, ma dovra' allora
 anche dimostrare che - giusta i nuovi principi ora fissati da  questa
 Corte  -  la  malattia,  pur  essendosi  verificata fuori dei termini
 indicati dalla tabella, ha tuttavia carattere professionale e dipende
 dalla lavorazione morbigena cui era addetto.
    Dall'altra,  poi, se la tardivita' della denunzia non potra' piu',
 di per se stessa, privare il lavoratore dell'indennizzo, resta ferma,
 tuttavia, comunque, la decorrenza dalla data della denunzia - secondo
 i principi generali -  della  corresponsione  dell'indennita'  quando
 risulti dovuta.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'   costituzionale   del   secondo  comma
 dell'art. 135 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo  unico  delle
 disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro e le malattie professionali).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, palazzo della Consulta, l'11 febbraio 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 25 febbraio 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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