N. 235 SENTENZA 24 febbraio - 3 marzo 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Regione Sicilia - Competenza legislativa esclusiva - Elezioni amministrative - Elettorato passivo - Elezione alla carica di consigliere comunale - Cause di incompatibilita' preesistenti all'elezione - Sanzione della nullita' dell'elezione, anziche' della decadenza dalla carica - Illegittimita' costituzionale parziale (D. leg.vo pres. reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6, art. 175): (Cost., artt. 3 e 51) Regione Sicilia - Competenza legislativa esclusiva - Elezioni amministrative - Elettorato passivo - Eletto che versi in una situazione di incompatibilita' - Procedimento di dichiarazione di decadenza dalla carica - Assenza delle garanzie procedurali disposte in via generale dalla legge statale - Illegittimita' costituzionale parziale (D. leg.vo pres. reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6, art. 175, ultimo comma) (Cost., artt. 3 e 51)(GU n.10 del 9-3-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro Ferri, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 175 del d.l. del Presidente della Regione Sicilia 29 ottobre 1955, n. 6, recepito nella legge della Regione Sicilia 15 marzo 1963, n. 16 avente ad oggetto "Ordinamento amministrativo degli Enti locali nella Regione siciliana", promosso con ordinanza emessa il l9 giugno 1986 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da D'Amore Francesca contro Bucolo Giuseppe ed altri, iscritta al n. 359 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale dell'anno 1987; Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Ritenuto in fatto 1. - La Corte Suprema di Cassazione, prima sezione civile, con ordinanza del 9 luglio 1986 ha sollevato una questione di costituzionalita' avverso l'art. 175 del Decreto Legislativo del Presidente della Regione Sicilia, 29 ottobre 1955, n. 6, recepito poi dall'art. 1 della legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, per violazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione. La questione ha origine da un giudizio instaurato per contestare la validita' dell'elezione al Consiglio del Comune di Giardini Naxos di un candidato che si trovava in una situazione di lite pendente con il predetto Comune e che aveva rinunciato alle proprie pretese giudiziali soltanto dopo la convalida dell'elezione stessa. L'annullamento dell'elezione era stato chiesto dalla parte attrice sulla base del predetto art. 175 d. Leg. Pr. Reg. Sic., che, al primo comma, si limita a disporre: "Le condizioni previste come causa d'ineleggibilita' o d'incompatibilita' (...) rendono nulla l'elezione, se preesistono; determinano la decadenza dall'ufficio se sopravvengono". Sin dal giudizio d'appello, il convenuto ha eccepito l'incostituzionalita' della predetta disposizione per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., in quanto quella norma non permette che le cause d'ineleggibilita' o d'incompatibilita' preesistenti all'elezione possano essere rimosse anche posteriormente alla convalida dell'intervenuta elezione. Soltanto la Corte Suprema di Cassazione, tuttavia, nel successivo grado del giudizio ha ritenuto la questione non manifestamente infondata. Dopo aver rilevato che la condizione della lite pendente era stata fatta rientrare, in virtu' di una sentenza additiva della Corte costituzionale (sent. n. 162 del 1985), nelle cause di incompatibilita' (anziche' in quelle di ineleggibilita', come la classificava invece la legislazione siciliana) e che la legge statale n. 154 del 1981, non solo consente che le cause d'incompatibilta' siano rimosse anche dopo la convalida dell'elezione (art. 6), ma prevede pure, allo scopo, un procedimento in contraddittorio con l'interessato (art. 7), la Corte di Cassazione ha sollevato questione di costituzionalita' dell'art. 175 d. leg. Pr. Reg. Sic. n. 6 del 1955 per violazione degli artt. 3 e 51 Cost. sotto i due profili appena menzionati. A sostegno della propria prospettazione, il giudice a quo ricorda, piu' in particolare, che, in materia di regole per l'accesso alle cariche elettive locali, la giurisprudenza costituzionale ha costantemente dato un rilievo prevalente alle esigenze di uniformita' nazionale, sempreche' queste non vengano a collidere con il nucleo forte dell'autonomia regionale. Sicche', si legge ancora nell'ordinanza di rimessione, pur se attribuita alla competenza legislativa esclusiva, come nel caso della Sicilia, la disciplina regionale dell'esercizio o del godimento di un diritto politico fondamentale, come quello di elettorato passivo, puo' apportare deroghe alla disciplina nazionale soltanto ove queste siano ragionevolmente giustificate da esigenze o da interessi del tutto peculiari alla regione interessata. Ma al giudice a quo quello dell'art. 175 d. leg. Pr. Reg. Sic. n. 6 del 1955 non sembra un caso rientrante in quest'ultima fattispecie, poiche' sono tutt'altro che evidenti le ragioni in grado di giustificare in Sicilia una disciplina piu' restrittiva, soprattutto sotto il profilo procedimentale, per la rimozione delle cause d'incompatibilita'. Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che, poiche' la legge statale n. 154 del 1981 non puo' trovare diretta applicazione all'interno dell'ordinamento regionale siciliano (come, del resto, ha riconosciuto la stessa Corte Costituzionale nella sent. n. 162 del 1985), il giudizio dovrebbe essere deciso proprio sulla base della disposizione impugnata. Sicche' soltanto una pronunzia di incostituzionalita' di quest'ultima potrebbe indurre i giudici di merito ad applicare principi che non comportino un'illegittima disparita' di trattamento, a danno dei cittadini siciliani, nella fruizione del diritto di elettorato passivo. 2. - Nessuna delle parti del processo a quo, ne' il Presidente del Consiglio dei Ministri si sono costituiti nel presente giudizio. Considerato in diritto 1. - La questione di costituzionalita' posta al giudizio di questa Corte riguarda l'art. 175 del d. leg. Pr. Reg. Sic. 29 ottobre 1955, n. 6, recepito poi dalla legge reg. sic. 15 marzo 1963, n. 16. Questa disposizione, adottata nell'esercizio di una competenza legislativa esclusiva, e' sospettata di illegittimita' costituzionale nei confronti degli artt. 3 e 51 Cost., in quanto, nel prevedere che le cause d'incompatibilita' preesistenti all'elezione alla carica di consigliere comunale rendano nulla l'elezione stessa, dispone una disciplina piu' restrittiva rispetto a quella nazionale (artt. 6 e 7, l. 23 aprile 1981, n. 154), che invece prevede, per la medesima ipotesi, la conseguenza della decadenza dall'ufficio e una disciplina procedimentale a garanzia dell'interessato. La questione e' fondata. 2. - Con un orientamento costante e da tempo consolidato (cfr. ad es., sentt. nn. 105 del 1957, 26 del 1965, 60 del 1966, 108 del 1969, 189 del 1971, 45 del 1977, 171 del 1984, 20 e 162 del 1985), questa Corte ha dato del diritto di accesso alle cariche elettive, garantito a tutti i cittadini dall'art. 51 Cost., un'interpretazione tendente a massimizzarne la parita' di godimento su tutto il territorio nazionale e con riferimento a ogni tipo di elezione, comprese quelle regionali, comunali o locali. Piu' precisamente, proprio in riferimento a precedenti giudizi relativi alla Sicilia - che, come tutte le altre regioni ad autonomia differenziata, ha in materia una competenza legislativa esclusiva (art. 15 St. Sic.) - questa Corte ha affermato che la disciplina sui requisiti di accesso alle cariche elettive (anche comunali) "dev'essere strettamente limitata dai principi della legislazione statale" (sentt. nn. 105 del 1957, 26 del 1965, 171 del 1984), dal momento che l'"esigenza di uniformita' in tutto il territorio nazionale ben puo' discendere dall'identita' di interessi che comuni e province rappresentano nei confronti delle rispettive comunita' locali, quale che sia la regione di appartenenza" (sent. n. 20 del 1985). Di modo che deroghe ai principi e ai criteri adottati nella legislazione statale sul diritto fondamentale di elettorato passivo sono ammissibili soltanto in presenza di condizioni del tutto peculiari alla regione interessata e, in ogni caso, per motivi adeguati e ragionevoli, "finalizzati comunque alla tutela di un interesse generale" (sentt. nn. 108 del 1969, 189 del 1971, 171 del 1984). Come ha correttamente argomentato il giudice a quo, il ricordato orientamento giurisprudenziale, lungi dal degradare la competenza legislativa esclusiva a una di tipo concorrente, risponde a un preciso principio costituzionale, che, come tale, e' in grado di limitare anche l'esercizio di una competenza legislativa regionale di natura primaria. Il diritto di elettorato passivo e', infatti, un diritto politico fondamentale che l'art. 51 Cost. riconosce e garantisce a ogni cittadino con i caratteri propri dell'inviolabilita' ( ex art. 2 Cost.). Si tratta, pertanto, di un diritto che, essendo intangibile nel suo contenuto di valore, puo' essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la regione o il luogo di appartenenza. Questo vincolo costituzionale, comune a tutti i "diritti dell'uomo e del cittadino" di carattere inviolabile, trova una precisa espressione, riguardo alla materia in questione, nella riserva di legge rinforzata posta dall'art. 51 Cost., in virtu' della quale il legislatore e' tenuto ad assicurare che il diritto di elettorato passivo sia goduto da ogni cittadino "in condizioni di eguaglianza". Poiche', in forza dell'art. 2 Cost., e' proprio dei diritti inviolabili di essere automaticamente incorporati, quantomeno nel loro contenuto essenziale, anche negli ordinamenti giuridici autonomi, speciali o comunque diversi da quello statale, sulla base dei principi costituzionali appena menzionati deriva un preciso limite alle possibilita' del legislatore regionale di disciplinare l'esercizio del diritto di elettorato passivo, pur nell'ambito di una competenza di tipo esclusivo. Egli, infatti, puo' disporre regole in deroga ai principi vigenti nell'ordinamento generale (statale), soltanto in presenza di situazioni del tutto peculiari alla regione di cui si tratta e, in ogni caso, in modo che non ne risultino irragionevoli discriminazioni nel godimento dell'anzidetto diritto o restrizioni non giustificate dal fine di garantire interessi generali parimenti meritevoli di tutela costituzionale. 3. - Applicando questi principi al caso di specie, ne consegue la fondatezza dei dubbi di costituzionalita' prospettati dal giudice a quo. Nei limiti della rilevanza della questione, l'art. 175, d. leg. Pr. Reg. Sic. 21 ottobre 1955, n. 6, viene innanzitutto in considerazione relativamente alla norma la quale stabilisce che le cause di incompatibilita' "rendono nulla l'elezione, se preesistono". Nel caso, infatti, si tratta di un'ipotesi di un eletto a un consiglio di un Comune che, nel momento dell'elezione, si trovava in una situazione di lite pendente con il predetto Comune: una situazione che, quantunque originariamente classificata come causa di ineleggibilita' (art. 5, n. 6, decreto leg. Pres. Reg. Sic. 20 agosto 1960, n. 3), e' stata riqualificata come un'ipotesi di incompatibilita' in conseguenza di una decisione di questa Corte (sent. n. 162 del 1985). Per la parte in cui dispone che le cause d'incompatibilita' preesistenti all'elezione rendono nulla quest'ultima, l'impugnato art. 175 si pone in contrasto tanto con la corrispondente disciplina statale, quanto con la ratio stessa dell'istituto dell'incompatibilita'. Sotto il primo profilo, va ricordato che la legge 23 aprile 1981, n. 154, la quale determina le norme statali in materia di ineleggibilita' e di incompatibilita' nelle elezioni regionali e in quelle locali (provinciali, comunali, circoscrizionali), dispone, all'art. 6, comma secondo, che "le cause di incompatibilita', sia che esistano al momento dell'elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle cariche (...)". Rispetto a questa disposizione, la norma impugnata pone una disciplina molto piu' restrittiva, che comporta un'obiettiva e sostanziale disparita' di trattamento tra chi e' eletto in un comune siciliano e chi invece lo e' in un altro comune assoggettabile alla legislazione statale: mentre il primo, infatti, risulta irregolarmente eletto senza poter sanare o rimuovere successivamente la causa d'incompatibilita' esistente al momento dell'elezione, l'altro invece e' considerato regolarmente eletto e sottoponibile soltanto a una dichiarazione di decadenza dalla carica (ad opera del Consiglio comunale di appartenenza) ove non rimuova entro un certo termine, ovviamente successivo all'elezione, il motivo di incompatibilita'. Il trattamento deteriore che la norma impugnata riserva all'eletto in un comune siciliano, oltre a non essere giustificato da alcuna peculiarita' propria della regione interessata, appare del tutto irragionevole e incongruente rispetto alla ratio sottostante all'istituto dell'incompatibilita'. Quest'ultimo, infatti, mira a impedire che una persona, risultata validamente eletta, ricopra certe cariche o svolga certe attivita' che la legge considera inconciliabili con lo svolgimento del mandato per cui quella persona e' stata eletta. Sicche' e' proprio del regime delle incompatibilita' non influire sulla validita' dell'elezione, ma di prevedere, per l'eletto che al momento dell'elezione si trovi in una situazione impeditiva, un obbligo di rimozione della relativa causa e, soltanto nel caso che cio' non sia fatto in tempo utile, di essere dichiarato decaduto dalla carica. Sotto questo profilo, l'impugnato art. 175, nel prevedere per le cause di incompatibilita' preesistenti all'elezione la nullita' dell'elezione stessa, opera un'irragionevole e arbitraria equiparazione dell'incompatibilita' al distinto istituto dell'ineleggibilita'. Per i motivi ora detti, il menzionato art. 175 appare viziato di illegittimita' costituzionale nella parte in cui prevede, in ordine alle cause di incompatibilita' esistenti al momento dell'elezione, la nullita' di quest'ultima anziche' la decadenza dalla carica. 4. - Il giudice a quo sospetta d'incostituzionalita' il medesimo art. 175 sotto l'ulteriore profilo della violazione degli artt. 3 e 51 Cost., in quanto non prevede, per l'eletto che versi in una situazione di incompatibilita', le garanzie procedurali disposte, in via generale, dall'art. 7, l. 23 aprile 1981, n. 154. Anche sotto tale profilo, la questione e' fondata. In effetti, mentre l'impugnato art. 175 si limita a stabilire, all'ultimo comma, che "la decadenza e' dichiarata dai rispettivi Consigli, sentiti gli interessati, con preavviso di dieci giorni", al contrario l'art. 7 della legge n. 154 del 1981 dispone nei commi 3-8 una serie di garanzie a tutela del diritto fondamentale di elettorato passivo, con specifico riferimento alla persona eletta che si trovi in una situazione di incompatibilita'. Piu' in particolare, esso prevede un procedimento che consta delle seguenti fasi: a) attivazione del procedimento d'ufficio o su istanza di qualsiasi elettore; b) contestazione della causa di incompatibilita' all'interessato da parte del Consiglio d'appartenenza; c) rimozione della causa o, in caso contrario, formulazione di osservazioni da parte dell'interessato nei successivi dieci giorni; d) decisione definitiva del Consiglio entro i dieci giorni successivi, con diffida all'interessato, in caso di accertamento positivo, ad effettuare la rimozione della causa (ove non sia stata gia' rimossa); e) dichiarazione della decadenza dalla carica ad opera del Consiglio di appartenenza nei dieci giorni successivi, con notifica del provvedimento allo stesso consigliere decaduto entro i cinque giorni successivi, onde permettergli la possibilita' di un'adeguata tutela giurisdizionale. Come appare evidente, con riferimento alla stessa ipotesi disciplinata dalla norma di legge siciliana oggetto della presente impugnazione, la legislazione statale, a differenza di quella regionale, prevede un sistema di contestazione della causa impeditiva che e' ispirato al principio del contraddittorio ed e' assistito da garanzie procedurali a favore dell'interessato. Si tratta di un sistema indubbiamente piu' rispondente al principio costituzionale, desumibile dall'art. 24 Cost., secondo il quale nessuno puo' essere comunque impedito nell'esercizio o nel godimento di un diritto inviolabile senza il "giusto procedimento" previsto dalla legge: un sistema la cui mancata previsione nella legislazione siciliana genera, in ogni caso, un'illegittima disparita' di trattamento nel godimento del diritto fondamentale di elettorato passivo, in danno degli eletti nei consigli comunali della Sicilia che versino in una situazione di incompatibilita' prevista dalla legge.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara: a) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 175, d. leg. Pres. Reg. Sic., 29 ottobre 1955, n. 6, comma primo, nella parte in cui prevede, per le cause d'incompatibilita' preesistenti all'elezione, la sanzione della nullita' dell'elezione stessa anziche' quella della decadenza dalla carica; b) l'illegittimita' costituzionale del medesimo art. 175, ultimo comma, nella parte in cui non prevede un procedimento di dichiarazione di decadenza dalla carica conforme ai principi di cui all'art. 7, commi 3-8, della legge 23 aprile 1981, n. 154. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 3 marzo 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0322