N. 266 SENTENZA 8 - 9 marzo 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Ordinamento giudiziario militare di pace - Magistrati militari Provvedimenti relativi alle loro nomine, trasferimenti e conferimento di funzioni - Procedura di adozione Illegittimita' costituzionale parziale. (Legge 7 maggio 1981, n. 180, art. 15, primo comma). (Cost., art. 108, secondo comma)(GU n.11 del 16-3-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, avv. Mauro FERRI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 15, primo comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace) promosso con ordinanza emessa il 4 giugno 1984 dal giudice istruttore presso il Tribunale militare di Bari nel procedimento penale a carico di Porrello Antonino iscritta al n. 953 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19- bis dell'anno 1985; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Renato Dell'andro; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 4 giugno 1984, nel corso di procedimento penale per diserzione impropria, il giudice istruttore presso il Tribunale militare di Bari solleva, in riferimento all'art. 108, secondo comma, Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, primo comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace). Il giudice istruttore ricorda che la legge di riforma dell'ordinamento giudiziario militare intende, in primo luogo, adeguare tale ordinamento ai precetti costituzionali sull'indipendenza, autonomia ed inamovibilita' dei magistrati. Tale volonta' adeguatrice trova espressione, tra l'altro, nell'art. 1, il quale sancisce che "lo stato giuridico, le garanzie di indipendenza e l'avanzamento dei magistrati militari, sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili". La legge n. 180 del 1981, in altri termini, dispone che siano pienamente applicabili ai magistrati militari i fondamentali principii costituzionali sulle garanzie della magistratura sia dal punto di vista meramente normativo (essendosi espressamente abrogate le disposizioni non conformi allo spirito della riforma) sia dal punto di vista amministrativo (con la costituzione di un organo di autogoverno della magistratura militare). Senonche' la disposizione transitoria di cui all'art. 15 cit. istituisce una procedura amministrativa per la quale, in sostanza, il potere di decisione sulle nomine, trasferimenti e conferimenti di funzioni ai magistrati militari viene conferito all'esclusiva competenza del Ministro della Difesa.I relativi provvedimenti sono attuati, infatti, su proposta del Ministro in base ad un parere obbligatorio ma non vincolante d'un "Comitato" che non rappresenta in alcun modo le varie componenti della magistratura militare e nella forma del decreto del Presidente della Repubblica (che, nella specie, e' atto dovuto): la decisione effettiva, pertanto, si attua in sede d'esercizio del potere di proposta. Si delinea quindi un contrasto tra gli artt. 1 e 15 della legge n. 180 del 1981, in quanto la recezione della normativa sui magistrati ordinari, rendendo questa pienamente applicabile ai magistrati militari, esclude la possibilita' di deferire all'esecutivo il potere di decidere su materie relative a questi ultimi. Orbene, una volta operata l'equiparazione per relationem, le norme in contrasto con la disciplina richiamata, che e' anche di livello costituzionale, sono viziate da illegittimita'. Ne' potrebbe obiettarsi che, avendo le due norme pari efficacia e valore legislativo, la seconda costituirebbe una deroga originaria alla prima giacche' la norma di riferimento non prevede e non ammette deroghe. Si sarebbe dovuto, quindi, costituire immediatamente l'organo di autogoverno o, almeno, si sarebbe dovuto disciplinare in via transitoria la sua progressiva costituzione ed entrata in funzione. Si e' invece illegittimamente delegato all'esecutivo il potere di amministrazione dei magistrati militari. D'altra parte, la norma transitoria e' tale allorche' disciplina il passaggio da una situazione normativa ad un'altra mentre, nella specie, e' stata sostituita la disciplina del momento finale della fase transitoria con un astratto riferimento alla costituzione dell'organo di autogoverno da attuare entro e non oltre un anno. Peraltro, neanche con norma transitoria, e cioe' per l'immediata attuazione della legge, sarebbe ammissibile prescindere dall'osservanza del precetto costituzionale. E, di contro, lo stesso tempo decorso comprova come sia divenuto in fatto permanente il potere del Ministro di disporre dell'indipendenza dei magistrati militari. E questo persistente potere dell'esecutivo sui magistrati militari appare tanto piu' inconcepibile, in un ordinamento costituzionale ispirato all'assoluta indipendenza dei giudici, in quanto, a seguito dell'equiparazione dei magistrati militari a quelli ordinari, il legislatore ha gia' scelto il modo con cui garantire l'indipendenza dei primi. Osserva, infine, il giudice istruttore che l'art. 108, comma secondo, Cost., e' esplicito nell'imporre che la legge assicuri l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali: quando adotta una disciplina di tali giurisdizioni, il legislatore non puo', pertanto, non assicurare anche l'indipendenza dei giudici speciali. Quanto alla rilevanza il giudice a quo osserva che la questione e' pregiudiziale rispetto alla valutazione della causa, essendo lo stesso remittente divenuto giudice istruttore appunto in applicazione della disposizione impugnata. 2. - E'intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, concludendo per l'inammissibilita' e, in via subordinata, per l'infondatezza della questione. Innanzi tutto l'Avvocatura chiede che (come gia' avvenuto con sent. n. 64 del 1984) la questione sia dichiarata inammissibile per incertezza del petitum, oscillante fra la richiesta di caducazione della disciplina transitoria (cui conseguirebbe la ripristinazione dell'anteriore e pieno assoggettamento all'esecutivo) e la richiesta di devoluzione della materia alla competenza del Consiglio superiore della magistratura (che comporterebbe una modifica della composizione di tale organo, quale stabilita dalla stessa Costituzione). Inoltre, l'Avvocatura osserva non esservi dimostrazione che il giudice a quo operi in situazione di non indipendenza. Questa, infatti, e' strettamente connessa alla personalita' del giudice: non v'e' sistema di nomina che possa incidere sull'indipendenza del giudice ove questi abbia la forza di "svincolarsi" da ogni incidenza eventualmente derivante dalla nomina. Nella specie non risulta che l'indipendenza del giudice sia minacciata in concreto. La norma denunciata, conseguentemente, non incide direttamente ne' sulla potesta' giurisdizionale ne' sulla composizione dell'organo giudiziario: non costituisce, pertanto, ostacolo alla definizione del processo in corso. Quanto al merito l'Avvocatura rileva che la Costituzione non prevede per le magistrature speciali, come per quella ordinaria, la creazione d'un organo d'autogoverno con una struttura predeterminata. Certo, il Comitato non puo' essere ancora considerato un organo d'autogoverno non solo perche' mancante di membri elettivi ma soprattutto per le sue funzioni quasi unicamente consultive. Tuttavia, esso costituisce senz'altro una tappa molto importante verso la piena indipendenza, considerato anche che in precedenza tutti i compiti d'iniziativa e di consulenza erano esplicati dal Procuratore generale militare presso il Tribunale supremo militare. A questa situazione, anteriore alla riforma del 1981, si tornerebbe, di fatto, nel caso in cui la disposizione relativa al Comitato fosse dichiarata illegittima: arbitro di ogni decisione rimarrebbe, infatti, il Ministro della difesa, in attesa della creazione d'un piu' appropriato organo d'autogoverno, la cui realizzazione rimarrebbe tuttavia indeterminata nel tempo. Considerato in diritto 1. - Poiche' l'Avvocatura dello Stato solleva eccezione d'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale di cui all'ordinanza in epigrafe, questa Corte non puo' esimersi dall'esaminare e decidere, in primo luogo, sulla predetta eccezione. La strada per impostare e risolvere i temi attinenti all'ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale in discussione e' offerta dalla sentenza di questa Corte n. 67 del 1984, che dichiara inammissibile analoga questione (sollevata dal Tribunale militare di Torino con ordinanza del 6 luglio 1982) per l'incertezza del petitum. L'ora citata sentenza, che verra' richiamata anche in sede di merito, dopo aver affermato che il legislatore e' tenuto, attuando l'art. 15 della legge n. 180 del 1981, ad assolvere senza ulteriori indugi l'impegno di creare l'organo che effettivamente assicuri l'indipendenza della magistratura militare, conclude per l'inammissibilita' della sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, primo comma, secondo periodo, della legge 7 maggio 1981, n. 180 (in riferimento all'art. 108, secondo comma, Cost.) in quanto la sollevata censura oscillava tra la richiesta di caducazione della disciplina transitoria prevista dallo stesso articolo e la richiesta di devoluzione della materia di cui alla predetta disciplina al Consiglio superiore della magistratura: il petitum proposto con la suindicata ordinanza del Tribunale militare di Torino risultava, in conseguenza, "incerto". Tale "incertezza" non e', invece, ravvisabile nell'ordinanza del giudice istruttore presso il Tribunale militare di Bari, emessa in data 4 giugno 1984. In quest'ultima ordinanza si chiede soltanto la caducazione della disciplina transitoria di cui al primo comma dell'art. 15 della legge in esame, non ponendo in discussione ne' la questione della permanenza dell'effetto abrogativo prodotto dalla stessa disciplina sulla normativa anteriore all'entrata in vigore della legge n. 180 del 1981 ne', tanto meno, la questione relativa alla devoluzione della materia, di cui al primo comma dell'art. 15 della stessa legge, al Consiglio superiore della magistratura e, pertanto, all'eventuale conseguente modifica di questo organo. Ne' e' dato (anche a prescindere dalle richieste contenute nell'ordinanza di rimessione) porre qui questioni relative alla situazione normativa che conseguirebbe all'eventuale dichiarazione d'illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 15 della legge in esame. Ed infatti, anche a non voler accogliere la tesi, autorevolmente sostenuta in dottrina, secondo la quale, prodottosi l'effetto abrogativo d'una normativa, ad opera dell'entrata in vigore di altra, diversa disciplina (transitoria o definitiva) non e' piu' possibile far "rivivere" la normativa abrogata (a meno che, s'intende, una "terza legislazione" sulla stessa materia non riproponga, ma, ovviamente, con forza autonoma, e, di regola, ex nunc, i contenuti della normativa abrogata) non va, in ogni caso, disconosciuto che, nelle materie di cui al primo comma dell'articolo in esame, ne' l'ordinanza di rimessione richiede il "ritorno" in vigore dell'abrogata normativa ne' la sentenza di questa Corte n. 67 del 1984 decide su questioni relative alla permanenza dell'effetto abrogativo della normativa anteriormente vigente. Tali questioni non vanno poste neppure in questa sede, tenuto conto, soprattutto, della dichiarata volonta' del legislatore del 1981 di disciplinare la materia relativa allo stato giuridico ed alle garanzie d'indipendenza dei magistrati militari in maniera analoga alla disciplina in vigore per i magistrati ordinari. E', appunto, l'art. 1 della legge n. 180 del 1981 (norma "generale" di modifica dell'intero ordinamento giudiziario militare di pace) che, al secondo comma, recita: "Lo stato giuridico, le garanzie d'indipendenza e l'avanzamento dei magistrati militari sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili...". Il collegamento tra questa disposizione ed il primo comma dell'art. 15 della stessa legge esclude che la "limitazione" di cui all'inciso "in quanto applicabili" possa riferirsi ad un'assurda "dipendenza" dei magistrati militari dall'esecutivo. Dagli articoli citati risulta la chiara volonta' del legislatore del 1981 di "conformare" l'intero ordinamento giudiziario militare di pace alla Costituzione: le circostanze nelle quali e' stata emanata la legge di riforma del 1981 nonche' le dichiarazioni dei relatori, in sede di lavori preparatori della stessa legge, confermano quel che, del resto chiaramente, dal testo della legge risulta in ordine alla "sottrazione", anche dei magistrati militari, al potere (nelle materie di cui al primo comma dell'art. 15) dell'esecutivo. Tale "sottrazione" e', infatti, un corollario dell'esigenza dell'adeguazione alla Costituzione dell'ordinamento giuriziario militare di pace. Ne' e' dato qui esaminare questioni, peraltro non sollevate, relative all'eventuale devoluzione delle materie di cui al primo comma dell'art. 15 della legge in discussione al Consiglio superiore della magistratura. La Costituzione, mentre per la magistratura ordinaria prevede espressamente il Consiglio superiore, disciplinandone, in maniera specifica (art. 104) la composizione, rimette, invece, al legislatore ordinario (art. 108) l'assicurazione delle garanzie d'indipendenza dei magistrati delle giurisdizioni speciali. Spetta, pertanto, alla legge provvedere in ordine alle predette garanzie: in questa sede non puo' che sottolinearsi che, ove la Costituzione avesse inteso "rimettere" al Consiglio superiore previsto dall'art. 104 anche l'autogoverno dei magistrati delle giurisdizioni speciali, l'avrebbe espressamente dichiarato. Ne' per la "razionalita'" della previsione d'un unico organo d'autogoverno, per magistrati ordinari e militari, depongono la diversa origine, "logica" e storica, della giurisdizione ordinaria (tutela della generalita' dei cittadini e decisioni sulla generalita' delle "materie" ecc.; origine dell'esperienza "pretoria" ecc.) e della magistratura militare (tutela di particolari soggetti aventi una specifica qualita' e di interessi particolarmente qualificati ecc.; trasformazione dell'originaria giustizia di Capi ecc.). Tutto cio' vale anche quando non si insista sugli eventuali mutamenti, che certo non competono a questa sede, della composizione, peraltro espressamente prevista dall'art. 104 Cost., del Consiglio superiore della magistratura. 2. - Le motivazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato a sostegno dell'eccezione d'inammissibilita' dell'ordinanza di rimessione non sono condivisibili. Anzitutto non ha rilievo l'osservazione per la quale il giudice a quo non avrebbe dato dimostrazione d'operare in "situazione di non indipendenza". Non si riesce ad intendere quale dimostrazione il giudice rimettente debba mai offrire allorche' eccepisce la mancanza delle oggettive garanzie d'indipendenza che il secondo comma dell'art. 108 Cost. impone alla legge d'assicurare a tutti i magistrati delle giurisdizioni speciali, al pubblico ministero presso di esse ed agli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia. Il secondo comma dell'art. 108 Cost. non sottopone ad alcuna condizione l'assicurazione delle predette, oggettive garanzie d'indipendenza. Ne' va dimenticato che, quali che siano i riflessi, "in foro interno", nel giudicante, della carenza di reali, oggettive garanzie d'indipendenza, le medesime, appunto perche' "garanzie", valgono a prevenire attacchi all'autonomia ed indipendenza dell'esercizio delle funzioni giudiziarie e, comunque, non sono condizionate, nella loro attuazione, alla concreta esistenza di specifiche aggressioni alle predette autonomia ed indipendenza. Se e' vero che l'indipendenza e', nella materia in esame, forma mentale, costume, coscienza d'un'entita' professionale, non e' men vero che, in mancanza di adeguate, sostanziali garanzie, essa, come e' stato rilevato, degrada a velleitaria aspirazione. Eccepita l'illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 15 della legge n. 180 del 1981, non ha rilievo alcuno il fatto che il remittente sia divenuto, oppur no, giudice istruttore presso il Tribunale militare di Bari in applicazione dello stesso primo comma dell'art. 15 e che il procedimento a quo sia il primo, oppur no, dei processi trattati dallo stesso remittente nella qualita' innanzi indicata. 3. - La sollevata questione di legittimita' costituzionale e' certamente rilevante, nella specie, in quanto il primo comma dell'art. 15 della legge n. 180 del 1981 e' regola che incide in modo diretto sulla giurisdizione dell'organo e sull'esercizio della medesima. Questa Corte, con la sentenza n. 25 del 1976, nel rigettare l'eccezione d'inammissibilita', per difetto di rilevanza, della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, del d.l. n. 654 del 1948, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, Cost., esplicitamente afferma che la rilevanza della predetta questione appare "incontestabile dal momento che trattasi precisamente di accertare la costituzionalita' della normativa vigente per la nomina di parte dei componenti del C.G.A. in sede giurisdizionale, questione che incide in modo diretto sulla giurisdizione dell'organo, o quanto meno sull'esercizio della medesima". Va, poi, tenuto conto che la questione di legittimita' costituzionale attualmente sollevata dal giudice a quo attiene non soltanto alla regolarita' della sua costituzione ma anche, e soprattutto, alla carenza di adeguate garanzie in ordine all'esercizio della potesta' giurisdizionale. Ove s'accedesse ad una diversa conclusione, le norme ordinarie relative alla costituzione del giudice, ordinario o speciale ed all'effettivo esercizio della potesta' giurisdizionale, sarebbero assurdamente sottratte al vaglio di costituzionalita' di questa Corte, potendo le parti non aver interesse a sollevare, in giudizio, eccezioni relative alla non regolare costituzione del giudice od alla mancanza di adeguate garanzie d'indipendenza degli organi giudiziari coinvolti nella decisione dei vari casi di specie. 4. - La questione sottoposta all'esame di questa Corte e', peraltro, certamente diversa da quella decisa dalla sentenza n. 29 del 1987. In quest'ultima si trattava di norme elettorali relative ad organi la cui composizione elettiva e' espressamente prevista dalla Costituzione: nella presente sede e' posta in discussione, invece, una norma "transitoria" che, si sostiene, per la sua illegittima permanenza, appunto impedisce l'attuazione della definitiva disciplina relativa all'autogoverno dei magistrati militari, da attuarsi attraverso la costituzione d'un regolare organo a composizione (anche) elettiva. In conseguenza di quanto sopra rilevato, non risultando, in alcun modo, incerto il petitum di cui all'ordinanza del giudice a quo; non esistendo alcun altro motivo d'inammissibilita' della questione sollevata dalla stessa ordinanza; poiche' non e' consentito decidere in base alla sola considerazione dell'eventuale "vuoto di disciplina" che verrebbe a prodursi in conseguenza della dichiarazione d'illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 15 della legge n. 180 del 1981 (vuoto di disciplina che spetterebbe, in ogni caso, al legislatore colmare) va rigettata l'eccezione d'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale sollevata dall'ordinanza di rimessione. 5. - Nel merito, la questione in esame e' fondata. Anche al fine della decisione di merito della stessa questione vale partire dalla sentenza di questa Corte del 14 marzo 1984, n. 67. Va preliminarmente osservato che, pur essendo stato impugnato l'intero primo comma dell'art. 15 della legge in esame, poiche' e' da presumere che i provvedimenti relativi alle nomine, trasferimenti e conferimento di funzioni, di cui al primo periodo del predetto primo comma, "immediatamente necessari per l'attuazione" della legge in parola (che si dispone vengano assunti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa, sentito il procuratore generale militare) siano gia' stati adottati, l'attenzione va rivolta, in particolare, al secondo periodo del precitato primo comma dell'art. 15; anche se i problemi relativi alla "dipendenza", in materia, dei componenti degli organi giudiziari militari dal Ministro della difesa si pongano, ovviamente, anche, e maggiormente, per le procedure indicate nel primo periodo del piu' volte citato primo comma dell'art. 15. La sentenza n. 67 del 1984, dopo aver ricordato che la legge n. 180 del 1981 e' stata emanata nell'intento di dare attuazione al dettato costituzionale di cui all'art. 108, secondo comma; che il legislatore, assumendo come modello il Consiglio superiore della magistratura, ha previsto, appunto con la norma impugnata, l'istituzione di apposito organo, denominato di "autogoverno della magistratura militare", disponendo in via transitoria, per la durata di non piu' d'un anno dalla entrata in vigore della legge, che i provvedimenti relativi alle nomine, trasferimenti e conferimenti di funzioni del personale della magistratura militare venissero adottati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa, sentito un comitato composto dal procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione, dal presidente e dal procuratore generale e dai presidenti delle sezioni distaccate della Corte militare di appello; sottolineata la formulazione letterale, particolarmente energica, attraverso la quale e' indicato il termine ("non piu' di un anno") di valenza del procedimento di cui al secondo periodo del primo comma dell'art. 15 della legge in esame nonche' il carattere d'urgenza attribuito alla legge; conseguentemente dichiara che il legislatore "e' tenuto, attuando l'art. 15 della legge n. 180 del 1981, ad assolvere senza ulteriori indugi l'impegno di creare l'organo che effettivamente assicuri l'indipendenza della giurisdizione militare". Vero e' che l'obbligo del legislatore d'assicurare l'indipendenza della magistratura militare discende direttamente dall'art. 108, secondo comma, Cost. Va dato atto che, con la legge n. 180 del 1981, il legislatore ha inteso porre fine al regime previgente, indubbiamente non conforme a Costituzione, in tema d'ordinamento giudiziario militare di pace; e va dato anche atto che l'impegno, ex art. 15 della stessa legge, di costituire un apposito organo di "autogoverno della magistratura militare" equivale ad esplicito riconoscimento del dovere, allo stesso legislatore incombente ex art. 108, secondo comma, Cost. Senonche', il non aver previsto alcun termine per la costituzione dell'organo d'autogoverno della magistratura militare e l'aver introdotto, con l'art. 15 della legge in discussione, un sistema (di provvedimenti, compresi quelli disciplinari, di nomina, trasferimento e conferimento di funzioni del personale della magistratura militare) non dissimile, come si chiarira' tra breve, da quello previgente (sistema che, comunque, doveva aver vigore per non piu' di un anno mentre sono trascorsi quasi sette anni) induce a ritenere ormai violato il secondo comma dell'art. 108 Cost. Non si discute qui sulla necessaria gradualita' nel dare completa attuazione al disposto costituzionale ora ricordato; ma (ormai) non e' piu' tollerabile che, a quasi sette anni dall'entrata in vigore della legge n. 180 del 1981, venga ancora seguito un procedimento, relativo a tutti i provvedimenti, compresi quelli disciplinari, concernenti la magistratura militare, che ancora consente una "dipendenza" (almeno in ordine ai provvedimenti stessi) della predetta magistratura dall'esecutivo. Va sottolineato che il parere del comitato, di cui all'art. 15 della legge in esame, costituito da componenti non elettivi e, pertanto, non rappresentativi, non puo' valere a garantire l'indipendenza di cui all'art. 108, secondo comma, Cost. Che se poi si considera che tal parere (il primo comma dell'art. 15 in discussione si esprime attraverso la formula "sentito un comitato..." ) anche se obbligatorio non e' vincolante e che il decreto del Presidente della Repubblica, relativo ai provvedimenti in discussione, e' emanato "su proposta del Ministro della difesa" senza alcun altro intervento, si dovra' convenire che il sistema procedimentale in esame sostanzialmente non si discosta da quello vigente anteriormente alla legge n. 180 del 1981, sicuramente contrastante con la Costituzione, come riconosciuto dallo stesso legislatore del 1981. Va chiarito che la decisione che qui si va ad assumere non tocca in alcun modo gli atti amministrativi e giurisdizionali gia' posti in essere in conseguenza del disposto di cui alla norma impugnata, tenuto conto della ricordata, necessaria gradualita' nella completa attuazione della normativa costituzionale in materia e delle difficolta' contingenti che hanno potuto "rallentare" la preindicata attuazione. Cio' che non puo' esser tollerato e' la protrazione ulteriore dell'inerzia del legislatore nell'integralmente mandare ad effetto il chiaro, inequivocabile disposto di cui all'art. 108, secondo comma, Cost. L'illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 15 della legge in esame, che qui si va a dichiarare, derivata, appunto, dall'inerzia legislativa protrattasi per si' lungo tempo, non incide, ripetesi, in alcun modo su quanto finora avvenuto, sia in via amministrativa sia in via giurisdizionale, sotto il vigore della citata norma ordinaria.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15, primo comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180, nella parte in cui consente che i provvedimenti di cui allo stesso articolo siano ulteriormente adottati con la procedura indicata nella medesima disposizione. Cosi' deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: DELL'ANDRO Il cancelliere: MINELLI Deposita in cancelleria il 9 marzo 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0353