N. 279 SENTENZA 25 febbraio - 10 marzo 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Regioni a statuto ordinario - Puglia - Caccia - Elenco delle specie cacciabili - Mancata inclusione del beccaccino - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione. (Legge reg. Puglia 27 febbraio 1984, n. 10, art. 32). (Cost., artt. 3 e 117)(GU n.11 del 16-3-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 32 della legge della Regione Puglia 27 febbraio 1984, n.10 (Norme per la disciplina dell'attivita' venatoria, la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali), promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1986 dal T.A.R. per la Puglia - Sede di Bari - sul ricorso proposto da Pellegrino Giovanni contro la Regione Puglia, iscritta al n. 173 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1987; Visto l'atto di costituzione di Pellegrino Giovanni; Udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo. Ritenuto in fatto 1 - Con ordinanza 27 febbraio 1986 (pervenuta alla Corte il 3 aprile 1987) il T.A.R. della Puglia sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33 della l. 27 febbraio 1984 n. 10 nella parte in cui non prevede il beccaccino fra le specie cacciabili: e cio' in violazione degli articoli 3 e 117 della Costituzione. Riferisce l'ordinanza che l'avv. Giovanni Pellegrino proponeva ricorso per l'annullamento della deliberazione 18 marzo 1985 n. 2211, con la quale la Giunta regionale pugliese aveva approvato il calendario venatorio per l'annata 1985-86; ricorso limitato alla parte in cui non viene ricompreso il beccaccino fra le specie cacciabili. 2 - Osserva il Tribunale rimettente che, in realta', la deliberazione fa integrale riferimento all'art. 32 della l.regionale 27 febbraio 1984 n. 10 che effettivamente esclude il beccaccino dall'elenco delle specie di cui e' consentita la caccia: il provvedimento, pertanto, e' come tale ineccepibile. Vero e' che il ricorrente ha prospettato l'ipotesi che nell'art. 32 la legge regionale sia incorsa in un errore materiale di omissione. Infatti, l'art. 42, comma primo, della l. statale n. 968 del 1977, prescrive a chiunque di non esercitare la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino. Il che non avrebbe senso se non si presupponesse la liceita' della caccia vagante alla detta specie. La resistente Regione, pero', ha negato l'involontarieta' dell'omissione indicando i lavori preparatori e l'audizione concessa alle Associazioni venatorie, da cui sarebbe emersa l'esigenza di protezione del beccaccino che in Puglia sarebbe in via d'estinzione. 3 - L'ordinanza, comunque, da cio' prescindendo, rileva che, tanto nella legge statale quanto nella legge regionale, il principio generale e' dato dalla tutela della fauna e dal conseguente generale divieto di caccia fissato nel primo comma dell'art. 11 della legge statale. La successiva elencazione delle specie cacciabili ha, percio', carattere eccezionale e deve risultare espressamente: non possono, quindi, essere opposte argomentazioni logico-deduttive alla carenza di un esplicito consenso, che nella legge regionale non esiste. A questo punto, rileva il Tribunale che, nell'ambito della loro competenza concorrente, spetta bensi' alle Regioni una potesta' derogatoria all'elenco di cui all'art. 11 della legge statale, ma sempre nei limiti ivi fissati. Per vietare o ridurre la caccia entro periodi prestabiliti, la Regione, percio', deve motivare indicando una delle importanti ragioni tassativamente indicate dalla legge statale. Nella specie cio' non e' avvenuto e, pertanto, la norma si pone, per quella parte, in aperto contrasto con l'art.117 Cost.; ma anche con l'art. 3 attesa l'arbitrarieta' del divieto che, cosi' come posto, e' irragionevole. 4 - Si e' costituita in questo giudizio soltanto la parte privata, ma la costituzione e' avvenuta fuori termine. Considerato in diritto 1 - L'ordinanza di rimessione, rifiutando ogni criterio interpetrativo, ritiene di doversi attenere al tema letterale della disposizione impugnata che, non esprimendo alcuna deroga esplicita al sistema normativo generale e regionale, tiene fermo il principio fissato dal primo comma dell'art. 11 della legge, sostanziato nel divieto di caccia ad ogni altra specie non indicata nell'elenco. Opina l'ordinanza conseguentemente che non possa esservi diversa soluzione, per decidere il ricorso sottoposto all'esame del Tribunale amministrativo, se non la declaratoria d'illegittimita' dell'art. 32 della legge regionale, nella parte in cui non ha inserito il beccaccino fra le specie cacciabili. 2 - Non sembra, pero', che una siffatta sequenza argomentativa sia rispettosa dei canoni ermeneutici fissati da consolidata giurisprudenza. Il principio fondamentale che regge l'interpetrazione e' dato dalla considerazione che la legge non puo' entrare in contraddizione con se stessa, e che, percio', va privilegiata l'interpetrazione che attribuisce alla norma un senso nel contesto normativo, e non quella che la lascerebbe senza alcun significato. Quando l'ordinanza afferma che, data l'esistenza di un divieto di caccia come principio generale, occorre che la deroga sia espressamente prevista mediante l'inserzione della specie nell'elenco di quelle cacciabili, esprime concetto esattissimo. Ma il ricorrente sosteneva appunto che la deroga esisteva, e che essa era desumibile da altra esplicita disposizione, quella di cui all'art. 42, comma primo, della stessa legge regionale, riproducente il divieto di cui all'ultimo comma dell'art. 14 della legge statale n. 968 del 1977: la' dove e' detto che "e' vietato a chiunque...l'esercizio venatorio da appostamento sotto qualsiasi forma al beccaccino". Divieto che necessariamente presuppone, sul piano della logica piu' elementare, la liceita' della caccia vagante al beccaccino stesso, e percio' si sostanzia in una espressa inserzione di questa specie fra quelle cacciabili, proprio in forza dell'art. 42, comma primo, della legge regionale. 3 - Non tenere nessun conto di siffatta disposizione, equivale a lasciarla senza senso, ma e' proprio cio' che le regole ermeneutiche suggerite da consolidata giurisprudenza non consentono. D'altra parte, e' la stessa ordinanza che, dando esclusivo rilievo all'asserita carenza di un'apposita previsione, mostra di voler trascurare i lavori preparatori della legge regionale, cui peraltro la Regione aveva fatto riferimento. La posizione non appare censurabile, se si ha riguardo al valore che detti lavori possono avere sul piano interpetrativo a fronte di quello oggettivo che la norma assume una volta emanata. Ma e' poi contraddittorio prescindere dalla norma stessa, come fa l'ordinanza. Deve, quindi, concludersi che - secondo le indicazioni del diritto vivente - la questione va risolta sul piano interpetrativo e non su quello della legittimita' costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 32 della legge regionale pugliese 27 febbraio 1984 n. 10, sollevata dal T.A.R. della Puglia con riferimento agli articoli 3 e 117 Cost. Cosi' deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: GALLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 10 marzo 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0366