N. 304 SENTENZA 10 - 17 marzo 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Casellario giudiziale - Certificato - Non menzione di condanna a
 pena pecuniaria non superiore a un milione, anziche' a somma  pari a
 quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di  anni due -
 Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (Cod. pen., art. 175, primo comma).
 
 (Cost., art. 3)
(GU n.12 del 23-3-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA,
 prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro
 FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 175, primo e
 secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa  l'11
 febbraio 1984 dal Pretore di Milano nei procedimenti penali riuniti a
 carico di Barletta Vito, iscritta al n. 846  del  registro  ordinanze
 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7- bis
 dell'anno 1985;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
                           Ritenuto in fatto
    Con  ordinanza  11  febbraio  1984,  il Pretore di Milano, dovendo
 procedere ad infliggere  per  decreto  penale  la  pena  della  multa
 superiore  a  Lit.  un  milione, ad un cittadino incensurato ritenuto
 responsabile  di  emissione  continuata  di  assegni  a   vuoto,   ma
 valutando,  d'altra  parte,  favorevolmente  le  circostanze  di  cui
 all'art.  133  cod.  pen.,  sollevava   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  175, commi primo e secondo, cod. pen., con
 riferimento all'art. 3 Cost.
    Rilevava,   infatti,   il   Pretore   nell'ordinanza  che  il  suo
 intendimento di  concedere  al  giudicabile  la  non  menzione  della
 condanna  sul  certificato  penale, alle condizioni di legge, trovava
 ostacolo nel disposto di cui al comma primo dell'art. 175  cod.  pen.
 che  limita  il  beneficio,  quanto  alla pena pecuniaria, fino ad un
 massimo di Lit. un milione.
    Sembrava,  pero',  al Pretore che tale disposizione fosse priva di
 razionalita' e contrastasse con il principio di uguaglianza. Bastava,
 infatti,  considerare  il  ben diverso trattamento che il legislatore
 usava,  nello  stesso  primo  comma,  alla   alternativa   situazione
 concernente   la  pena  detentiva,  per  la  quale  e'  possibile  la
 concessione del beneficio fino al limite di anni due. Limite  massimo
 che,  ragguagliato  ai  sensi  dell'art.  135  cod.  pen. (cosi' come
 modificato  dall'art.  101  della  l.  24  novembre  1981   n.   689)
 corrisponde ad una pena pecuniaria di Lit. 18 milioni.
    Una siffatta irrazionalita' e cosi' grave disuguaglianza diventano
 addirittura  superlative  -  osserva  il  Pretore  -   in   raffronto
 all'ipotesi  di  cui  al secondo comma dell'articolo, che consente il
 beneficio, nel caso di condanna a pena  detentiva  non  superiore  ad
 anni  due  congiunta  a  pena pecuniaria, purche' fra pena pecuniaria
 ragguagliata e pena detentiva non si superino i trenta mesi:  il  che
 significa  che,  a seconda dell'entita' della pena detentiva, la pena
 pecuniaria, su  cui  la  non  menzione  e'  concedibile,  puo'  anche
 superare i ventiduemilioni di lire.
   Non potendo sorgere dubbio sulla maggiore gravita' del fatto punito
 con pena detentiva, l'incompatibilita' della disposizione concernente
 la pena pecuniaria, rispetto all'art. 3 Cost., appare ictu oculi.
    L'ordinanza    veniva   ritualmente   pubblicata,   notificata   e
 comunicata, ma nessuno  si  costituiva  o  interveniva  nel  giudizio
 innanzi a questa Corte.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  questione e' fondata. Essa e' d'altra parte, rilevante,
 una volta che il Pretore, considerati tutti gli  elementi  nella  sua
 autonomia  decisionale, afferma che il giudicabile sarebbe meritevole
 della concessione della non menzione, nel certificato del  casellario
 giudiziale,  della  condanna a pena pecuniaria che egli si accinge ad
 infliggere  all'incensurato.  Ma  poiche'  la  pena   da   infliggere
 supererebbe,  nella  concreta  volonta'  del  giudice,  il limite del
 milione fissato dal primo comma dell'articolo 175 cod. pen. impugnato
 per   la   concedibilita'  del  beneficio,  egli  non  puo'  definire
 compiutamente il giudizio se prima non  viene  risolta  la  questione
 esattamente proposta.
    2. - Ed e' vero che lo stesso primo comma contiene in se stesso il
 tertium  comparationis  proprio  nell'alternativa  previsione   della
 condanna  a  pena  detentiva,  che  mette  in luce l'irrazionalita' e
 l'ineguaglianza della parte della disposizione  concernente  la  pena
 pecuniaria.  Non  potendosi  revocare in dubbio che la pena detentiva
 sia  riservata  a  fatti  di  maggiore  gravita',  non   esiste   una
 ragionevole  giustificazione  al limite di gran lunga piu' ampio che,
 invece, il legislatore riserva alla pena piu' grave per consentire la
 concessione  del  beneficio.  Come, infatti, correttamente osserva il
 Pretore, il limite  di  anni  due  di  pena  detentiva,  ragguagliato
 secondo  gli  attuali  criteri dell'art. 135 cod. pen., corrisponde a
 ben diciotto milioni di lire.
    Ne'  puo'  essere ipotizzabile che siffatta disparita' corrisponda
 ad una scelta  discrezionale  del  legislatore,  ispirata  a  qualche
 particolare  considerazione  attorno  alla  diversa  natura delle due
 pene, in relazione al piu' grave disdoro  che  deriva  al  condannato
 dalla comparsa sul certificato penale della pena detentiva.
    E  cio'  sia  perche'  anche  un siffatto criterio non apparirebbe
 peraltro plausibile sul  piano  della  razionalita',  e  sia  perche'
 sopratutto  esso comunque, qualsivoglia fosse per essere la filosofia
 che lo ispira, troverebbe clamorosa smentita nel secondo comma  dello
 stesso articolo.
    Ivi, infatti, come pure ha sottolineato l'ordinanza di rimessione,
 consentendo che, in ordine ad una condanna a pena congiunta detentiva
 e  pecuniaria,  il  giudice  possa  concedere il beneficio fino ad un
 massimo di mesi trenta di pena complessiva, ragguagliata per la parte
 pecuniaria,  il  legislatore  ha di fatto reso possibile concedere la
 non menzione ad una condanna a pena pecuniaria che puo'  oltrepassare
 addirittura  i ventidue milioni. E nessuno potrebbe sostenere che una
 condanna a pena detentiva congiunta a pena pecuniaria sia meno  grave
 di una condanna a sola pena pecuniaria.
    Tutto questo, pero', porta a ritenere che in realta' la denunziata
 illegittimita' sia limitata al primo comma  dell'articolo  impugnato;
 mentre  il  secondo  comma,  lungi  dal  poter essere coinvolto nella
 censura,  contribuisce  anzi  a  dare  piu'   significativo   risalto
 all'incompatibilita'  del primo comma nei confronti dell'art. 3 Cost.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita' costituzionale del comma primo dell'art.
 175 cod. pen. nella parte in cui prevede  che  la  non  menzione  nel
 certificato  del  casellario  giudiziale  di  condanna  a  sola  pena
 pecuniaria possa essere ordinata dal giudice quando non sia superiore
 a  un  milione,  anziche'  a  somma  pari  a  quella  risultante  dal
 ragguaglio della pena detentiva di anni due, a  norma  dell'art.  135
 cod. pen.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte Costituzionale, palazzo della Consulta il 10 marzo 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 17 marzo 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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