N. 312 SENTENZA 10 - 17 marzo 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Concorso di reati - Reato continuato - Continuazione fra reati
 puniti con pene non omogenee - Beneficio del cumulo giuridico
 Inapplicabilita' - Non fondatezza nei sensi di cui in  motivazione.
 
 (Cod. pen., art. 81, secondo comma).
 
 (Cost., art. 3)
(GU n.12 del 23-3-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 81, secondo
 comma del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 5 settembre
 1985  dal  Pretore  di  Velletri  nel procedimento penale a carico di
 Angelowski Peter, iscritta al n. 908 del registro  ordinanze  1985  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 22, prima
 serie speciale, dell'anno 1986;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  Camera  di Consiglio del 10 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
                            Ritenuto in fatto
    Con  ordinanza  5  settembre 1985 il Pretore di Velletri sollevava
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81,  secondo  co.,
 cod pen. in riferimento all'art. 3 Cost.
    Sosteneva il Pretore nell'ordinanza l'impossibilita' di infliggere
 una pena unica, che abbia alla base quella da applicare per l'ipotesi
 piu'  grave  aumentata  ai sensi di legge, quando la continuazione si
 verifichi fra reati puniti con pene  non  omogenee:  e  cio'  perche'
 l'art. 1 del codice penale non consente di irrogare pene non previste
 dalla legge, mentre sarebbe illegale l'inflizione di una  pena  unica
 quale quella prevista per il reato piu' grave se, per gli altri reati
 in concorso, sono previste pene di specie diversa.
    Tutto  cio'  - ad avviso del Pretore - determinerebbe una grave ed
 irrazionale situazione di disuguaglianza fra coloro che,  commettendo
 una  serie di reati anche gravi, ma puniti con pene omogenee, possono
 beneficiare del disposto di cui all'art. 81, secondo co., cod.pen., e
 coloro  che si vedono esclusi dal beneficio soltanto perche' le pene,
 fra due reati uniti dal vincolo della continuazione, sono  di  specie
 diversa  e  debbono, percio', essere applicate secondo i principi del
 cumulo materiale.
    Interveniva  nel  giudizio  innanzi  alla  Corte il Presidente del
 Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale  dello
 Stato  la  quale,  ricordando  che la stessa questione era gia' stata
 dichiarata non fondata da questa Corte, con sent.  n.  34  del  1977,
 chiedeva   che   la   questione   sollevata   fosse   ora  dichiarata
 manifestamente infondata.
                         Considerato in diritto
    1.  - E' esatto che questa Corte, con sent. 18 gennaio 1977 n. 34,
 aveva ritenuto che non fosse applicabile il  cumulo  giuridico  delle
 pene, previsto a favore del reo dall'art. 81, secondo co., cod. pen.,
 quando quelle comminate, per i reati commessi  in  esecuzione  di  un
 unico  disegno  criminoso,  non  fossero  omogenee  alla  pena  base,
 prevista per la violazione piu' grave.
    Quella  lontana sentenza, pero', si riferiva ad una giurisprudenza
 ordinaria in allora prevalente,  consolidatasi  -  come  la  sentenza
 stessa ricordava - "per effetto di due (allora) recentissime sentenze
 delle Sezioni Unite penali". Si trattava di giurisprudenza che faceva
 leva  appunto  su  quel principio di legalita' (art. 1 cod. pen.) che
 l'ordinanza di rimessione ora richiama, definendolo  di  costituzione
 materiale  (in  realta',  esso  e'  costituzionalizzato nell'art. 25,
 secondo co.; cfr. Corte Cost. sent. n. 15 del 1962). E'  proprio  con
 riguardo  ad  esso  che  l'ordinanza denunzia, infatti, la violazione
 dell'art. 3 Cost. per coloro che incontrano nell'art. 1 cod. pen.  un
 ostacolo  a  fruire  del  beneficio  del  cumulo  giuridico  concesso
 dall'art. 81, secondo co., cod. pen.
    Ma  l'evoluzione  giurisprudenziale  si  e' poi svolta, invece, in
 senso del tutto opposto, anche se le stesse Sezioni Unite  ribadivano
 ancora, nella sent. 4 luglio 1983, che, pur dovendosi riconoscere una
 piu' ampia sfera di applicazione dell'istituto, essa doveva  restare,
 comunque,  "nell'ambito  della medesima categoria di reati"; con cio'
 escludendo  la  possibilita'   di   continuazione   fra   delitti   e
 contravvenzioni  (anche  se  dolose).  Fu  quello,  pero',  il  punto
 d'arrivo della vecchia tesi. Infatti, la sent. Sezioni  Unite  penali
 26 maggio 1984, risolvendo ulteriori contrasti, ricordava che fin dal
 1981 la giurisprudenza aveva ben chiarito  che  pena  legale  non  e'
 soltanto  quella  comminata  dalle singole fattispecie penali. Lo e',
 infatti,  anche  quella  risultante  dall'applicazione  delle   varie
 disposizioni  incidenti  sul  trattamento  sanzionatorio; percio', la
 pena unica progressiva, applicata come cumulo giuridico  ex  art.  81
 cod. pen., e' pena legale essa pure perche' preveduta dalla legge.
    2.  -  Cio'  chiarito,  non  sussiste  piu' oggi alcuna ragione di
 principio per non  dare  integrale  applicazione  all'istituto  della
 continuazione,  ed  ai  benefici  che  esso  comporta  in ordine alle
 conseguenze sanzionatorie, quand'anche  le  pene,  che  si  sarebbero
 dovute irrogare per le singole violazioni, siano di specie diversa.
    Non  si tratta, infatti, di decidere sul piano teorico la maggiore
 o minore gravita' dell'una o dell'altra  pena,  ma  soltanto  di  far
 godere  all'imputato,  quale beneficio dipendente dall'istituto della
 continuazione,  una  minore  limitazione  della  liberta'   personale
 rispetto  a  quella  che  gli  deriverebbe dal cumulo materiale delle
 pene.
    Poco  conta,  percio',  che  l'arresto  sia  sicuramente  una pena
 detentiva di specie  meno  grave  di  quella  della  reclusione.  Per
 l'imputato,   pero',  che  nella  specie  e'  accusato  di  furto  di
 automobile e guida senza  patente  in  esecuzione  di  unico  disegno
 criminoso,  e'  sicuramente  beneficio ispirato al favor rei ottenere
 una condanna che aumenti di qualche giorno  la  pena  per  il  furto,
 anziche' vedersi sommata a questa la pena di altri tre mesi almeno di
 arresto per la guida senza patente: e  cio'  anche  se  quel  qualche
 giorno  in  piu'  si  chiamera'  reclusione,  dato che ambo le specie
 incidono con la stessa sofferenza  nella  privazione  della  liberta'
 personale.
    3.  -  Il limite, semmai, e' quello dell'ultima parte dell'art. 81
 cod.pen; e percio', comunque, il giudice dovra'  sempre  indicare  la
 pena  che  intenderebbe  comminare  per  il  reato concorrente se non
 applicasse la continuazione: e cio' sia per il controllo in ordine al
 detto   limite,   sia   per   l'eventualita'  che  le  singole  pene,
 nell'interesse del condannato, debbano riassumere la loro  autonomia.
    Del  resto,  quell'ultima  sentenza  delle Sezioni Unite penali ha
 trovato poi largo seguito negli anni '85, '86 e '87  da  parte  delle
 Sezioni  singole  della  Corte  di  Cassazione,  in  guisa da doversi
 ritenere trattarsi di giurisprudenza ormai largamente  prevalente:  e
 questa Corte la condivide.
    Non  ha  rilievo,  infine, l'argomento che l'ordinanza propone sul
 piano  delle  sanzioni  sostitutive  perche'  -  per  ormai  pacifica
 giurisprudenza  anche  di questa Corte (sent. n. 148 del 1984) - alla
 pena prevista per il furto non sono applicabili sanzioni sostitutive.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 81, secondo co., cod.  pen.,
 sollevata  dal  Pretore  di  Velletri  con  ord. 5 settembre 1985, in
 riferimento all'art. 3 Cost.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 marzo 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 17 marzo 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 88C0421