N. 367 SENTENZA 23 - 31 marzo 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Regione siciliana - Personale dei disciolti centri sperimentali - Immissione in un ruolo ad esaurimento dell'E.S.P.I. (Ente siciliano per la promozione industriale) - Trattamento economico - Regolamento in base ai contratti collettivi in vigore negli enti di provenienza - Illegittimita' costituzionale. (Legge reg. siciliana 18 giugno 1977, n. 42, art. 1). (Cost., art. 3)(GU n.14 del 6-4-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione siciliana 18 giugno 1977, n. 42 ("Norme interpretative dell'art. 13 della legge regionale 8 marzo 1971, n. 5, riguardante il personale gia' dipendente da Centri sperimentali"), e dell'art. 13, primo comma, della legge della Regione siciliana 8 marzo 1971, n. 5 ("Abrogazione e modifiche di norme di legge aventi riflessi finanziari sul bilancio della Regione"), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 2 ottobre 1980 dal Pretore di Palermo nei procedimenti civili vertenti tra Santoro Gabriele e Colombo Paolo e l'E.S.P.I., iscritte ai nn. 14 e 15 del registro ordinanze 1981 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 77 dell'anno 1981; Visti gli atti di costituzione di Santoro Gabriele e Colombo Paolo nonche' l'atto di intervento della Regione Sicilia; Udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Udito l'avv. Antonino Sansone per la Regione Sicilia; Ritenuto in fatto La legge della Regione siciliana 8 marzo 1971, n. 5, ha disposto la soppressione dei Centri sperimentali operanti in diversi settori dell'industria e ha devoluto i relativi compiti all'Ente siciliano per la promozione industriale. L'art. 13 della legge, in particolare, ha previsto che il personale dei Centri disciolti sia immesso in un ruolo ad esaurimento dell'E.S.P.I. "in relazione alla qualifica, al trattamento economico e all'anzianita' di servizio posseduta". L'Ente predetto, con delibera 7 dicembre 1972, n. 442, adotto' i necessari provvedimenti applicativi disponendo, tra l'altro, che al personale dei Centri sperimentali continuassero ad applicarsi i contratti di lavoro in vigore negli enti di provenienza anziche' le norme del contratto di lavoro vigente per il personale gia' dall'origine dipendente dell'E.S.P.I. La delibera venne impugnata da alcuni dipendenti provenienti dai Centri disciolti, i quali chiesero, con ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, l'applicazione, in loro favore, del contratto collettivo di lavoro vigente per il personale dell'ente di destinazione. Il giudice amministrativo con decisioni 30 novembre 1977, nn. 194 e 198, ritenuto che si discuteva della legittimita' di provvedimenti autoritativi emanati dall'E.S.P.I. (ente pubblico economico) nell'esercizio del potere pubblicistico di autoorganizzazione, affermo' la propria giurisdizione; nel merito, avendo considerato che al personale proveniente dai disciolti Centri sperimentali doveva applicarsi lo stesso contratto collettivo di lavoro applicato ai dipendenti dell'Ente, annullo' in parte qua, la delibera impugnata. Nel frattempo, nel periodo intercorrente tra l'udienza di discussione dei suddetti ricorsi e la pubblicazione delle relative decisioni, intervenne la legge regionale 18 giugno 1977, n. 42, che, con norma di interpretazione dell'art. 13 della precedente legge regionale n. 5 del 1971, dispose espressamente che il rapporto di lavoro del personale dei disciolti Centri doveva continuare ad essere regolato dai contratti collettivi in vigore presso gli enti di provenienza. Avverso le decisioni del giudice amministrativo sopra richiamate l'E.S.P.I. propose ricorsi per cassazione chiedendo fosse dichiarata la giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria. La Cassazione (Sez. unite), con sentenze nn. 2313 e 2314 del 22 gennaio 1983, ha riconosciuto nelle fattispecie la giurisdizione del giudice amministrativo, precisando che la sopravvenuta legge regionale 18 giugno 1977, n. 42, non aveva mutato "l'oggetto essenziale della controversia e l'elemento determinativo della giurisdizione" per il fatto che l'impugnativa aveva riguardato un atto generale nel quale era di preminente rilievo l'esercizio del potere discrezionale di autoorganizzazione di un ente pubblico economico. Nelle more del giudizio innanzi alla Cassazione, gli stessi dipendenti, con ricorsi in data 10 giugno 1980, adivano il Pretore del lavoro perche' fosse dichiarato il proprio diritto alla applicazione del nuovo contratto e fosse loro attribuita una determinata qualifica in relazione alle funzioni in concreto assegnate. Il giudice ordinario, con identiche ordinanze, ritenuto che la pendenza dei giudizi per l'accertamento della giurisdizione (poi conclusisi con le decisioni della Corte di cassazione nn. 2313 e 2314 del 1983) non impediva la prosecuzione dei ricorsi innanzi a se' medesimo - per le conseguenze derivanti sulle domande dal disposto dell'art. 1 della legge regionale 18 giugno 1977, n. 42, dal chiaro effetto retroattivo in forza della sua natura e portata interpretativa - ha sollevato d'ufficio questione di legittimita' costituzionale della disposizione legislativa sopravvenuta. Ad avviso del giudice rimettente, la legge regionale n. 42 del 1977, determinando i contratti collettivi applicabili ai dipendenti dei disciolti Centri transitati all'E.S.P.I., pacificamente ente pubblico economico, avrebbe esorbitato dai limiti dell'art. 14 dello Statuto siciliano che (tra l'altro) attribuisce alla legislazione esclusiva le materie relative a "industria e commercio, salva la disciplina dei rapporti privati" (lett. d), "ordinamento degli uffici e degli enti regionali" (lett. p) e "stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione" (lett. q), e non invece la materia del trattamento economico dei dipendenti degli enti regionali. La legge stessa, poi, avrebbe anche violato i limiti posti dall'art. 17 dello Statuto speciale di autonomia, il quale affida alla legislazione concorrente della Regione ("entro i limiti dei principi e interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato") la materia relativa alla "legislazione sociale: rapporti di lavoro, previdenza e assistenza sociale" (lett. f), limiti segnati dagli artt. 2067 e segg. c.c., che rimettono alle associazioni professionali dei soggetti interessati la regolamentazione dei rapporti di lavoro e la deteminazione del contratto collettivo applicabile in relazione alla attivita' effettivamente svolta dall'imprenditore. Ancora, in forza della medesima legge regionale, si determinerebbe, in violazione dell'art. 3 Cost., una disparita' di trattamento economico e normativo tra i dipendenti provenienti dagli enti disciolti e gli originari dipendenti dell'E.S.P.I., non giustificata dalla previsione della immissione dei primi in un ruolo ad esaurimento, disposta solo al fine di garantire le legittime aspettative di carriera del personale fin dall'origine dipendente dell'E.S.P.I. Si e' costituita nel presente giudizio, con comparsa del 6 aprile 1981, la Regione siciliana, eccependo in via pregiudiziale la irrilevanza della questione (rectius la sua inammissibilita') sotto il duplice profilo della litispendenza ai sensi dell'art. 39 c.p.c. - ravvisata nella coesistenza del giudizio per cassazione avverso le sentenze nn. 194 e 198 del 1977 del Consiglio di giustizia amministrativa, con le quali si riconobbe gia' il diritto dei dipendenti alla applicazione del contratto aziendale in vigore nell'E.S.P.I., e il cui oggetto sostanziale pertanto coincide con quello proposto al giudice del lavoro - e del temporaneo difetto di giurisdizione del giudice rimettente almeno fino alla definizione del giudizio per cassazione. Nel merito la Regione ha contestato la fondatezza della questione, precisando che nella specie la legge regionale n. 42 del 1977 (art. 1), nel dichiarato intento di fornire una interpretazione autentica del primo comma dell'art. 13 della legge regionale n. 5 del 1971, si e' limitata ad indicare la fonte normativa cui risalire per la regolamentazione della posizione giuridica e del trattamento economico dei dipendenti dei Centri disciolti, facendo cosi' legittimo uso del potere di rendere obbligatoria la interpretazione di una precedente legge che aveva dato adito a dubbi interpretativi. D'altra parte la previsione normativa di un apposito ruolo ad esaurimento, nel quale immettere un determinato personale, aveva lo scopo di evitare l'assorbimento di questo nell'organico dell'ente di destinazione, impedendo cosi' possibili alterazioni delle posizioni degli originari dipendenti; e proprio in relazione alla diversita' degli enti di originaria appartenenza nonche' dei relativi compiti e della collocazione all'interno dell'ente successore, non appare irrazionale una disciplina diversa per categorie di personale non omogenee. Le parti private hanno presentato memorie fuori termini. Con memoria di udienza del 10 febbraio 1988, la Regione siciliana ha ribadito la infondatezza della questione sotto il profilo che, con la legge sopravvenuta (n. 42 del 1977), il legislatore regionale ha fatto legittimo uso del suo potere di emanare norme di natura interpretativa di precedenti disposizioni normative e non ha, invece, legiferato in materia sottratta alla propria competenza ovvero limitata dall'obbligo dell'osservanza dei principi della legislazione dello Stato. Quanto alla lamentata violazione dell'art. 3 Cost., ha precisato che la diversita' di trattamento tra i dipendenti originari dell'E.S.P.I. e quelli provenienti dai centri disciolti non risulta affatto ingiustificata, ma si spiega con la obiettiva considerazione che diversi sono gli enti di originaria competenza, diversa la collocazione del personale all'interno dell'ente subentrato ai centri e diversi i compiti cui il personale e' assegnato. Considerato in diritto 1. - Il Pretore di Palermo, con due distinte ordinanze, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione siciliana 18 giugno 1977, n. 42 ("Norme interpretative dell'art. 13 della legge regionale 8 marzo 1971, n. 5, riguardante il personale gia' dipendente da centri sperimentali"), il quale dispone che il primo comma dell'art. 13 della legge regionale 8 marzo 1971, n. 5, deve essere interpretato nel senso che il rapporto di lavoro del personale dei soppressi centri sperimentali per l'industria della cellulosa e delle fibre tessili di Palermo, per l'industria della pesca e dei prodotti del mare di Messina e per l'industria delle conserve alimentari e dei derivati agrumari di Palermo, immesso in un ruolo ad esaurimento dell'E.S.P.I., in relazione alla qualifica, al trattamento economico ed alla anzianita' di servizio, continua ad essere regolato dai contratti collettivi di lavoro in vigore nei rispettivi centri sperimentali per le varie categorie di dipendenti. Osserva il giudice a quo, che l'art. 14 dello Statuto della regione siciliana attribuisce fra l'altro alla potesta' legislativa regionale esclusiva: la materia dell'industria e commercio, "salva la disciplina dei rapporti privati" (lett. d); l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali (lett. p); lo stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della regione (lett. q) e che l'art. 17 stabilisce che la Regione, in sede di potesta' legislativa concorrente, puo' emanare, per altre materie ivi elencate, leggi "entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, disponendo in particolare alla lett. f), che, in tema di legislazione sociale: rapporti di lavoro e previdenza sociale, debbano essere osservati "i limiti minimi stabiliti dalle leggi dello Stato". La legge impugnata, invece, stabilendo quali contratti collettivi siano applicabili ai dipendenti dei disciolti centri passati all'E.S.P.I., ente pubblico economico, avrebbe regolato il trattamento economico dei medesimi, esorbitando dal citato art. 14 dello Statuto che non consente alla Regione di legiferare sul trattamento economico dei dipendenti degli enti pubblici e, in ogni caso, violando "i limiti e gli interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato" e cioe' gli artt. 2067 e seg. c.c., che rimettono alle associazioni professionali dei soggetti del rapporto di lavoro la regolamentazione del medesimo. Secondo le ordinanze di rinvio la norma denunciata contrasterebbe altresi' con l'art. 3 Cost., perche' creerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento economico fra gli originari dipendenti dell'E.S.P.I. e quelli in questo confluiti dai disciolti centri. 2. - Previa riunione dei due giudizi, in quanto le due ordinanze sollevano la medesima questione, va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilita' del ricorso per irrilevanza, sollevata dalla Regione costituita in giudizio. Difatti l'asserita litispendenza, relativa al giudizio pendente dinanzi al giudice a quo, e l'asserita questione di difetto temporaneo di giurisdizione di questi, involgono indagini che non spettano al giudice della legittimita' delle leggi, ma al giudice rimettente, il quale, peraltro, ha sul punto esaurientemente motivato circa la propria giurisdizione. 3. - Nel merito va rilevato, in primo luogo, che e' inconferente il richiamo all'art. 17 dello Statuto regionale, perche' la materia disciplinata dalla norma censurata non attiene, come si assume, alla legislazione sociale, in quanto volta ad interpretare - come risulta dal titolo della legge - una precedente normativa di organizzazione, compresa nella legislazione esclusiva prevista dall'art. 14 dello Statuto e non soggetta, quindi, "ai limiti" indicati dall'art. 17 dello Statuto stesso, cui fa impropriamente riferimento l'ordinanza di rimessione. Quanto all'art. 14 dello Statuto, non sussiste il denunciato contrasto, essendo palese che la materia oggetto della norma impugnata riguarda l'ordinamento degli uffici e degli enti (lett. p), art. 14 cit.) e lo stato giuridico ed economico degli impiegati della regione (lett. q), art. 14 cit.), in quanto sia i Centri disciolti che l'E.S.P.I. sono figure soggettive pubbliche istituite dalla regione. Ebbene, se non viene posta in discussione la potesta' della Regione di sciogliere uffici e sopprimere enti, facendone confluire il personale in un ente di propria istituzione - come avvenuto con la legge regionale n. 5 del 1971, interpretata con quella n. 42 del 1977, oggetto dell'incidente di costituzionalita' - non si vede come la Regione stessa non possa, in base alla medesima potesta' esclusiva, disciplinare il trattamento economico dei dipendenti. Appare percio' del tutto naturale che la Regione, che puo' istituire o estinguere uffici ed enti, determinando addirittura, in questa seconda ipotesi, la cessazione del rapporto di impiego dei dipendenti, possa, nell'esercizio della stessa potesta' esclusiva, disciplinare il contenuto di quel rapporto, che altrimenti non si vede da quale legge dovrebbe essere regolato. 4. - E' invece fondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. Difatti la norma denunciata non puo' sottrarsi alla censura di irragionevolezza per l'ingiustificata disparita' di trattamento che determina, una volta che il personale dei disciolti centri e' stato immesso nell'E.S.P.I., ed una volta che, con la norma che a suo tempo dispose tale immissione (art. 13 legge n. 5 del 1971), e, a salvaguardia delle rispettive posizioni delle due categorie di personale (quello preesistente e quello confluito), e' stato previsto che quello che veniva immesso nell'E.S.P.I. dovesse essere collocato in un ruolo ad esaurimento, come spesso avviene quando si disciplina la confluenza di personale in un Ente preesistente. Basta considerare che, con la norma predetta, definita interpretativa, si e' disposto, peraltro dopo ben sei anni dalla immissione nell'E.S.P.I, che il personale allora confluito in questo ente dovesse continuare a considerarsi disciplinato dai contratti collettivi che regolavano il relativo rapporto di impiego con i soppressi centri. Una norma del genere, come e' stato esattamente posto in evidenza nell'ordinanza di rinvio, determina una ingiustificata discriminazione fra dipendenti che, a parte la collocazione in due ruoli differenti - per motivi che non riguardano il contenuto del rapporto, ma la salvaguardia delle posizioni di carriera - sono destinati a svolgere tutti le funzioni proprie del medesimo ente, onde, senza plausibile ragione, a prestazioni lavorative di medesima natura, corrisponderebbe un trattamento economico diversificato.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi indicati in epigrafe, dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione siciliana 18 giugno 1977, n. 42 ("Norme interpretative dell'art. 13 della legge regionale 8 marzo 1971, n. 5, riguardante il personale gia' dipendente da centri sperimentali"). Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 31 marzo 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0493