N. 436 ORDINANZA 25 marzo - 14 aprile 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Previdenza e assistenza sociale - Lavoratori iscritti
 all'assicurazione I.V.S. - Trattamenti di invalidita' Esclusione dopo
 il compimento dell'eta' pensionabile Illegittimita' costituzionale.
 (Legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3).  (Cost., artt. 3 e 38,
 secondo comma).  Previdenza e assistenza sociale - Lavoratori
 iscritti all'assicurazione I.V.S. - Trattamenti di invalidita' -
 Inammissibilita'.  (Legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3).  (Cost.,
 art. 38)
 Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 12 giugno 1984,
 n. 222 (Revisione della disciplina della invalidita' pensionabile).
 Per altre statuizioni della sentenza vedi sez. VII›
(GU n.16 del 20-4-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 12
 giugno 1984, n. 222 ("Revisione della  disciplina  della  invalidita'
 pensionabile")  promossi  con ordinanze emesse il 28 ottobre 1985 dal
 Pretore di Campobasso, il 25 ottobre 1985 dal Pretore di Pavia, il  4
 febbraio 1986 dal Pretore di Salerno, il 21 febbraio 1986 dal Pretore
 di Lecce, il 13 marzo 1986 dal Tribunale di Rimini,  il  27  febbraio
 1986 dal Pretore di Ancona, il 26 giugno 1986 dal Tribunale di Pavia,
 il 23 giugno 1986 dal Pretore di  Milano,  il  14  ottobre  1986  dal
 Pretore di Genova, il 5 novembre 1986 dal Tribunale di Pistoia, il 16
 gennaio 1987 dal Pretore di Bologna, il 28 gennaio 1987  dal  Pretore
 di  Torino,  il  17  dicembre  1986  dal  Tribunale  di Pistoia (n. 2
 ordinanze), il 4  febbraio  1987  dal  Pretore  di  Brindisi,  il  20
 settembre 1986 dal Pretore di Frosinone, il 13 marzo 1987 dal Pretore
 di Pavia, il 7 gennaio e il 4 febbraio 1987 dal Tribunale di Pistoia,
 il  10  marzo  1987 dal Pretore di Genova e il 13 marzo e il 6 aprile
 1987 dal Pretore di Torino, rispettivamente iscritte ai nn. 853 e 905
 del  registro  ordinanze 1985, nn. 271, 288, 357, 415, 603, 689 e 834
 del registro ordinanze 1986 e nn. 3, 84, 107,  113,  114,  155,  181,
 230,  238,  239,  248,  265  e  266  del  registro  ordinanze  1987 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 16, 22,  36,
 35, 38, 43, 51 e 57 dell'anno 1986 e nn. 7, 8, 14, 15, 20, 22, 26, 27
 e 29 dell'anno 1987;
    Visti  gli  atti  di  costituzione di Cuomo Maria, Altieri Italia,
 Agu' Maria, Tomaino Angela,  Gramignazzo  Giorgina,  Samaroli  Adele,
 Papini  Asmara  e  dell'I.N.P.S.  nonche'  gli atti di intervento del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10  novembre  1987  il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Uditi  gli  avvocati  Salvatore  Cabibbo per Gramignazzo Giorgina,
 Franco Agostini per Samaroli Adele e Papini Asmara  e  Luigi  Maresca
 per  l'I.N.P.S.  e  l'Avvocato  dello  Stato  Luigi  Siconalfi per il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                            Ritenuto in fatto
    1.  -  In ventidue procedimenti promossi da lavoratori iscritti al
 regime dell'assicurazione generale obbligatoria, al fine di  ottenere
 l'accertamento  del  proprio  diritto  alla  pensione di inabilita' o
 all'assegno di invalidita', diversi giudici ordinari hanno  sollevato
 la  questione  di  legittimita'  costituzionale della norma contenuta
 nell'art. 3  della  legge  12  giugno  1984,  n.  222  che  vieta  la
 liquidazione  dei  predetti  trattamenti  a  coloro che presentino la
 relativa   domanda   successivamente    al    compimento    dell'eta'
 pensionabile.
    Poiche'   le   pretese  azionate  davanti  ai  giudici  remittenti
 concernevano per l'appunto domande che l'istituto assicuratore  aveva
 respinto   in  ragione  del  suddetto  divieto,  la  rilevanza  della
 questione, nella maggior parte dei casi,  e'  ritenuta  in  re  ipsa,
 senza alcun riferimento all'applicabilita' temporale del nuovo regime
 introdotto dalla legge n. 222 del 1984  alle  fattispecie  in  esame.
 Tale  aspetto, in relazione al momento di presentazione della domanda
 o del sorgere dello stato invalidante, viene invece considerato nelle
 ordinanze  dei  Pretori  di  Pavia (r.o. n. 905 del 1985 e n. 230 del
 1987), di Milano (r.o. n. 689 del 1986) e di Torino (r.o. n. 107  del
 1987),   mentre,  nessuna  motivazione  sulla  rilevanza  o  concreta
 indicazione dell'oggetto del giudizio offre l'ordinanza del Tribunale
 di Rimini in data 13 marzo 1986 (r.o. n. 357 del 1986).
    La  norma  impugnata  e'  censurata  con  esclusivo  riferimento o
 all'art. 3 (Pretore di Campobasso ord. 28 ottobre  1985  n.  835  del
 1985),  o all'art. 38 della Costituzione (Pretore di Pavia 25 ottobre
 1985 r.o. n. 905 del 1985 e 13 marzo  1987  r.o.  n.  230  del  1987,
 Tribunale  di Rimini 13 marzo 1986 r.o. n. 357 del 1986, Tribunale di
 Pavia 26 giugno 1986 r.o. n. 603  del  1986,  Pretore  di  Milano  23
 giugno  1986  r.o. n. 689 del 1986, Pretore di Genova 14 ottobre 1986
 r.o. n. 834 del 1986, Pretore di Frosinone 20 settembre 1986  n.  181
 del   1987),   ovvero   per   violazione   di  entrambi  i  parametri
 costituzionali (Pretore di Salerno 4 febbraio 1986 r.o.  n.  271  del
 1986,  Pretore  di  Lecce  21  febbraio  1986  r.o.  n. 288 del 1986,
 Tribunale di Pistoia 5 novembre 1986 r.o. n. 3 del 1987, 17  dicembre
 1986  r.o.  n. 113 del 1987 e n. 114 del 1987, 7 gennaio 1987 r.o. n.
 238 del 1987 e 4 febbraio 1987 r.o.  n.  239  del  1987,  Pretore  di
 Bologna  16  gennaio  1987, r.o. n. 84 del 1987, Pretore di Torino 28
 gennaio 1987 r.o. n. 107 del 1987, 13 marzo 1987 r.o. n. 265 del 1987
 e  6 aprile 1987 r.o. n. 266 del 1987, Pretore di Brindisi 4 febbraio
 1987 r.o. n. 155 del 1987, Pretore di Genova 10 marzo  1987  r.o.  n.
 248  del  1987),  oltre  che dell'art. 53 Cost. (Pretore di Ancona 27
 febbraio 1986 r.o. n. 415 del 1986).
    2.  -  L'esclusione  della  copertura  del rischio di inabilita' o
 invalidita' dopo il compimento dell'eta' pensionabile determinerebbe,
 ad  avviso  dei  giudici  remittenti,  una  lesione  del principio di
 eguaglianza per l'ingiustificata disparita'  di  trattamento  che  si
 verrebbe a creare, fra categorie di soggetti che, avendo entrambe e a
 prescindere dal fattore dell'eta', il diritto di lavorare e l'obbligo
 di   versare   i  relativi  contributi,  si  trovano  nella  medesima
 condizione  e  sono  tuttavia  discriminate  in  relazione  al   mero
 raggiungimento di una determinata eta'.
    Tale discriminazione non potrebbe poi giustificarsi neanche con la
 eventuale previsione di una garanzia per il  lavoratore  invalido  di
 fruire   comunque  di  altri  redditi  o  trattamenti  previdenziali,
 (pensione di vecchiaia o pensione sociale), aspetto questo del  tutto
 ignorato dalla disposizione impugnata.
    Un'ulteriore ed irrazionale disparita' di trattamento fra soggetti
 che, per invalidita' e requisiti contributivi,  versano  in  identica
 situazione,  si  determinerebbe anche in relazione al diverso momento
 in cui puo' insorgere lo stato  invalidante  o  viene  presentata  la
 relativa  domanda,  nonche'  in riferimento al diverso limite di eta'
 pensionabile stabilito per i lavoratori dipendenti (55 e 60  anni)  e
 per  i lavoratori autonomi (65 anni), ovvero alla diversa consistenza
 della  posizione  contributiva  che  gli  iscritti  ad  una  medesima
 gestione maturano nel tempo.
    3.  -  La  disposizione denunciata, inoltre, ad avviso dei giudici
 remittenti violerebbe anche  il  secondo  comma  dell'art.  38  della
 Costituzione privando il lavoratore invalido della relativa tutela e,
 addirittura, di ogni altra tutela previdenziale nell'ipotesi  in  cui
 non  abbia  ancora  maturato  il diritto alla pensione di vecchiaia o
 alla pensione sociale.
    Le  argomentazioni  poste  a  sostegno della questione, variamente
 prospettata possono cosi' sintetizzarsi:
       a)  la  norma  censurata  non  realizza affatto il principio di
 gradualita' nell'attuazione della tutela previdenziale, ed infatti il
 requisito   negativo   che  essa  prescrive  non  e'  collegato  alla
 maturazione del diritto alla  pensione  di  vecchiaia  ma  bensi'  al
 raggiungimento  dell'eta'  pensionabile.  D'altra  parte,  lo  stesso
 legislatore, all'art. 1, decimo comma, della legge n. 222  del  1984,
 ha espressamente stabilito che al compimento dell'eta' prescritta per
 il diritto a pensione  di  vecchiaia,  l'assegno  di  invalidita'  si
 trasforma in pensione di vecchiaia soltanto in presenza dei necessari
 requisiti di assicurazione e contribuzione;
      b)   nella  fattispecie  sottoposta  all'esame  della  Corte  si
 realizza invece una vera e propria  ipotesi  di  mancata  tutela  del
 lavoratore invalido che nulla ha a che vedere con la discrezionalita'
 di cui il legislatore gode nella determinazione  delle  modalita'  di
 attuazione del sistema previdenziale;
      c)  gli  unici limiti che la Costituzione consente di porre alla
 tutela assicurativa sono quelli attinenti  alla  specifica  posizione
 del  lavoratore  e  consistenti  in una apprezzabile durata della sua
 attivita' (requisiti contributivi) e nella sussistenza  del  rapporto
 assicurativo  al  momento  in  cui  si verifica l'evento protetto; il
 mancato raggiungimento dell'eta' pensionabile costituisce pertanto un
 limite non omogeneo alla tutela costituzionale;
       d)  l'esclusione  della  tutela  previdenziale  posta in essere
 dalla  norma  denunciata  risulta  ancor  piu'  incongruente  se   si
 considera  che,  da un lato, il diritto al lavoro non incontra limiti
 in ragione  dell'eta'  e,  che,  dall'altro,  il  nostro  ordinamento
 prescrive  l'obbligo  contributivo  prescindendo  da ogni riferimento
 all'eta' del lavoratore (artt. 27 l. 4 aprile 1952, n. 218 e 1 d.P.R.
 27 aprile 1957, n. 818);
      e)  la  norma  denunciata  infine  costringerebbe a continuare a
 lavorare,  o  ad  impegnare  improbabili  risorse   finanziarie   per
 effettuare  versamenti  volontari, una categoria di soggetti che, per
 eta' e condizioni di salute, non ha piu'  una  consistente  capacita'
 lavorativa.
    4.  -  La  negazione dell'assegno di invalidita' all'assicurato in
 eta'  pensionabile,  che  non  ha  maturato  il  diritto   ad   altri
 trattamenti  previdenziali,  violerebbe,  ad  avviso  del  Pretore di
 Ancona, (r.o. n. 415 del 1986), anche l'art. 53 Cost., in  quanto  la
 non  utilizzazione  della  contribuzione obbligatoriamente versata si
 risolverebbe in un prelievo fiscale attuato senza  alcun  riferimento
 alla capacita' contributiva.
    5.  -  In tutti i giudizi conseguenti alle ordinanze di rimessione
 si  e'  costituito  l'I.N.P.S..  E'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri, per il tramite dell'Avvocatura dello Stato,
 fatta eccezione per i giudizi introdotti con le ordinanze dei Pretori
 di Brindisi (r.o. 155/87), di Frosinone (r.o. 181/87), di Pavia (r.o.
 230/87), di Torino (r.o. 266/87) e dei  Tribunali  di  Pistoia  (r.o.
 239/87)  e  Rimini  (r.o.  356/86).  Infine  nei giudizi promossi dai
 Pretori di Salerno (r.o. 271/86), di Lecce (r.o. 288/86),  di  Ancona
 (r.o. 415/86), di Bologna (r.o. 84/87), di Torino (r.o. 265 e 266/87)
 e dal Tribunale di Pistoia (r.o. 239/87) si sono costituite le  parti
 attrici dei procedimenti a quibus.
    6.  -  Nei  vari  atti  depositati dalla difesa di quest'ultime si
 ribadiscono sostanzialmente  le  argomentazioni  svolte  dai  giudici
 remittenti, sottolineandone l'una o l'altra.
    Soltanto  in  relazione  al  giudizio  promosso  dal  Tribunale di
 Pistoia con ordinanza del 4 febbraio 1987 (r.o. 239/87), si prospetta
 la  probabile  irrilevanza  della questione sollevata sul presupposto
 che la parte attrice avesse presentato domanda in via  amministrativa
 in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge 222 del 1984. In
 tal  caso,  infatti,  la  norma   impugnata,   non   avendo   effetto
 retroattivo, non risulterebbe applicabile.
    Nel  merito,  si  insiste  sui  profili discriminatori della norma
 censurata  nei  rapporti  tra  soggetti  che,  pur  trovandosi  nella
 medesima   situazione  di  invalidita'  e  di  contribuzioni,  vedono
 riconosciuto il loro diritto al trattamento pensionistico soltanto in
 ragione di un elemento di natura meramente temporale.
    7.  -  Nei suoi atti difensivi l'Istituto assicuratore ha eccepito
 l'irrilevanza delle questioni sotto i seguenti profili:
      a)  in  relazione  a  quasi  tutti  i giudizi promossi dinanzi a
 questa Corte, per il mancato accertamento preliminare, da  parte  del
 giudice  a  quo,  dell'esistenza  dei requisiti di assicurazione e di
 contribuzione ovvero dello stato  di  invalidita'  o  di  entrambi  i
 presupposti;
      b)  per  i  giudizi conseguenti alle ordinanze di rimessione dei
 Pretori di Pavia (r.o. 905/85 e 230/87), di Milano (r.o. 689/86) e di
 Torino  (r.o.  265  e  266/87), nonche' dei Tribunali di Rimini (r.o.
 357/86), di Pavia (r.o. 603/86)  e  di  Pistoia  (r.o.  3/87,  238  e
 239/87),  in  dipendenza  della erronea ritenuta applicabilita' della
 norma impugnata anche alle domande in via  amministrativa  presentate
 prima  dell'entrata  in  vigore della legge n. 222 del 1984. Viene in
 proposito, menzionata una recente giurisprudenza della Cassazione che
 escluderebbe la predetta applicabilita';
    Deduce  poi  nel  merito che dal principio, pacifico in dottrina e
 giurisprudenza,  della  unitarieta'  e  complessita'   del   rapporto
 assicurativo     obbligatorio,     discenderebbe     il    corollario
 dell'alternativita' delle prestazioni pensionistiche. Essendo infatti
 l'assicurazione   obbligatoria   unica  per  i  due  distinti  eventi
 dell'invalidita'   e   della    vecchiaia,    l'avverarsi    dell'uno
 precluderebbe  il diritto al conseguimento della prestazione relativa
 al verificarsi dell'altro.
    Poiche',   peraltro,   la   pensione  di  vecchiaia  (prevista  al
 compimento di una certa eta' che il legislatore ha  collegato  ad  un
 apprezzabile  decadimento  fisico  tale  da non consentire un normale
 guadagno) coprirebbe anche il  rischio  di  invalidita'  verificatosi
 dopo  l'eta'  pensionabile,  le  prestazioni  collegate allo stato di
 bisogno derivante dalla diminuita capacita'  di  lavoro  resterebbero
 precluse dal raggiungimento di tale limite.
    La  tesi esposta troverebbe conferma anche nell'art. 1, 10› comma,
 e 2, legge 222/84, che rispettivamente  prevedono  la  trasformazione
 dell'assegno  di invalidita' in pensione di vecchiaia, e, con criteri
 mutuati  da  quest'ultima,  la  quantificazione  della  pensione   di
 inabilita'.
    L'ente  previdenziale  ritiene infine che la temporanea carenza di
 tutela per un soggetto che, pur avendo versato  un  certo  numero  di
 contributi,  non  riesca  a perfezionare i requisiti per il diritto a
 prestazioni previdenziali e debba cosi' attendere un periodo  piu'  o
 meno  lungo per il conseguimento delle prestazioni medesime, versando
 ulteriori contributi che consentano il perfezionamento dei  requisiti
 di   legge,   costituisca   un  fenomeno  connaturale  all'uso  della
 discrezionalita'    legislativa    nell'attuazione    della    tutela
 previdenziale.
    8. - L'Avvocatura dello Stato, in relazione al giudizio introdotto
 dal Pretore di Campobasso con ordinanza del  28  ottobre  1985  (r.o.
 853/85),   eccepisce   la   possibile   irrilevanza  della  questione
 sollevata. Ed infatti, non precisando il giudice a quo a qual  titolo
 la ricorrente ultrasessantenne gia' godrebbe di un'adeguata posizione
 assicurativa, ben potrebbe la stessa consistere in  una  pensione  di
 vecchiaia,   rendendo  cosi'  giustificabile,  in  virtu'  di  quanto
 prescrive il 10› comma dell'art. 1 della  legge  222/84,  il  mancato
 riconoscimento dell'assegno di invalidita'.
    Nel  merito degli altri giudizi, l'Avvocatura osserva che la ratio
 della  norma   sospettata   di   incostituzionalita'   va   rinvenuta
 nell'esigenza  di  contrastare  un fenomeno di dilatazione e di abuso
 delle pensioni di invalidita'. La  disciplina  anteriore  alla  legge
 222/84  consentiva  infatti  ad  un soggetto in eta' pensionabile, ma
 privo dei requisiti di anzianita' contributiva per il  riconoscimento
 della   pensione   di   vecchiaia,   di  fruire  del  trattamento  di
 invalidita', al di fuori delle finalita' originarie dell'istituto.
    La prefissione di un termine oltre il quale non si ha piu' diritto
 al trattamento di invalidita' risulterebbe  invece  coerente  con  la
 esigenza  di  tutelare  il  lavoratore  "di  fronte  ad eventi che lo
 colpiscono  nel  lasso  di  tempo  in  cui  e'   da   ritenersi   sia
 effettivamente  e  concretamente presente sul mercato del lavoro", il
 che costituisce la ratio specifica dell'istituto.
    L'Avvocatura   nega  infine  la  possibilita'  di  una  violazione
 dell'art. 53 Cost., esulando dalla materia previdenziale ogni aspetto
 impositivo.
                         Considerato in diritto
    1.   -   Con   ventidue  ordinanze  emesse  da  diverse  autorita'
 giudiziarie   e'   stata   sollevata   questione   di    legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3  della  legge  12 giugno 1984 n. 222, il
 quale stabilisce che  l'assegno  di  invalidita'  e  la  pensione  di
 inabilita', previsti dalla legge stessa, non possano essere liquidati
 agli   iscritti   nell'assicurazione   generale   obbligatoria    per
 l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti
 e nelle gestioni speciali dei  lavoratori  autonomi,  che  presentino
 domanda successivamente al compimento dell'eta' pensionabile.
    In  una  delle  ordinanze  si  sostiene  che  la  norma  impugnata
 violerebbe l'art. 3 Cost., in altre  l'art.  38,  secondo  comma,  in
 altre  ancora  entrambi  i  parametri  costituzionali predetti, ed in
 altra, infine, l'art. 53 Cost.
    1.2  -  In  riferimento  all'art. 3 Cost., si sostiene nelle varie
 ordinanze di rimessione, con argomentazioni sostanzialmente analoghe,
 che si creerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento fra due
 categorie di soggetti, che sarebbero discriminate in ragione del mero
 raggiungimento  dell'eta'  pensionabile,  laddove  entrambe  hanno il
 diritto di lavorare e l'obbligo di versare i contributi.
    Tale  discriminazione  sarebbe  ancora  piu'  evidente, si rileva,
 quando il lavoratore, pur avendo raggiunto l'eta'  pensionabile,  non
 goda  di altri redditi ne' di altri trattamenti previdenziali come la
 pensione di vecchiaia o quella sociale.
    Ulteriore  ingiustificata  disparita' viene ravvisata in relazione
 sia al diverso momento in cui puo' insorgere lo stato  invalidante  o
 viene  presentata  la relativa domanda, sia al diverso limite di eta'
 pensionabile stabilito fra i lavoratori  dipendenti  e  i  lavoratori
 autonomi,  sia  alla diversa consistenza della posizione contributiva
 che gli iscritti ad una medesima gestione maturano nel tempo.
    In  riferimento  all'art. 38 Cost., secondo comma, si sostiene che
 la norma denunciata priverebbe il lavoratore invalido della  relativa
 tutela   e,   addirittura,   di   ogni  altra  tutela  previdenziale,
 nell'ipotesi in  cui  non  abbia  ancora  maturato  il  diritto  alla
 pensione di vecchiaia o quella sociale.
    Per  quel  che  riguarda  infine l'art. 53 Cost., si rileva che la
 mancata utilizzazione della contribuzione  obbligatoriamente  versata
 si  risolverebbe,  per  chi  non  abbia  maturato  altri  trattamenti
 previdenziali, in un prelievo fiscale attuato senza alcun riferimento
 alla capacita' contributiva.
    2.  -  Previa riunione per connessione di tutti i giudizi promossi
 con le ordinanze in epigrafe, deve essere in  primo  luogo  disattesa
 l'eccezione  di  inammissibilita' sollevata dall'INPS che, costituita
 in tutti i giudizi  conseguenti  alle  ordinanze  di  rimessione,  ha
 dedotto, in relazione alla maggior parte di esse, l'irrilevanza della
 questione, per essere mancato, da parte  dei  giudici  a  quibus,  il
 preliminare   accertamento   circa   l'esistenza   dei  requisiti  di
 assicurazione e di contribuzione, ovvero dello stato di invalidita' o
 di entrambi i presupposti.
    In  proposito  e'  sufficiente  osservare  che, nell'ordine logico
 delle questioni da affrontare da parte  del  giudice,  adito  per  il
 riconoscimento  del  diritto  al  trattamento  di  invalidita', e' da
 ritenersi senz'altro prioritaria quella che concerne il possesso  del
 requisito  dell'eta',  cioe'  di  un  requisito di carattere generale
 direttamente rilevabile, la  cui  mancanza  preclude  ogni  ulteriore
 accertamento  circa  il  possesso  degli altri requisiti da valutarsi
 invece, caso per caso, in base a ben piu' complessa indagine.
    3.  -  E'  invece  manifesta  l'inammissibilita'  della  questione
 sollevata dal Tribunale di Rimini (reg. ord. n.  357  del  1986),  in
 quanto  l'ordinanza di rimessione non e' motivata ne' sul punto della
 rilevanza ne'  su  quella  della  non  manifesta  infondatezza,  come
 prescrive l'art. 23 della legge 11 marzo 1957, n. 87.
    4.   -   Fondata   e'  poi  l'eccezione  di  inammissibilita'  per
 irrilevanza, dedotta dall'INPS, in relazione ad alcune  ordinanze  di
 rimessione,  nonche'  da  una  delle altre parti private costituite -
 relativamente alla ordinanza che la concerne -  nell'assunto  che  la
 norma  denunciata  non si applicherebbe nell'ipotesi di presentazione
 della domanda in  via  amministrativa  prima  della  sua  entrata  in
 vigore.
    Al  riguardo  va rilevato che, nel senso della inapplicabilita' di
 tale disposizione,  relativamente  alle  domande  presentate  in  via
 amministrativa  anteriormente  al  1› luglio 1984, data di entrata in
 vigore della legge, e' la giurisprudenza della Cassazione (v.  sent.,
 Sez.  Lav.,  n. 5486 del 22 giugno 1987 e n. 6219 del 15 luglio 1987)
 e, quindi, la  posizione  dei  lavoratori  che  si  trovino  in  tale
 condizione e' regolata dalla normativa precedente.
    Ne  consegue  l'inammissibilita', per irrilevanza della questione,
 in  quanto  risulta  dagli   atti   che   ricorre   tale   evenienza,
 relativamente ai giudizi sollevati con le ordinanze nn. 905 del 1985,
 603  e  689  del  1986,  3,  238,  265  e  266  del  1987,   adottate
 rispettivamente  dal  Pretore  di  Pavia, dal Tribunale di Pavia, dal
 Pretore di Milano, dal Tribunale di Pistoia e dal Pretore di  Torino.
    5.  -  La  questione, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. ed
 all'art. 38, comma secondo, Cost., e' fondata.
    Al  fine  della  soluzione  della  questione  prospettata, occorre
 premettere che la legge n. 222 del 1984 ha completamente innovato  al
 sistema precedente in tema di trattamenti previdenziali connessi alla
 invalidita',   dei   lavoratori   iscritti   all'Assicurazione    per
 l'invalidita'  di  vecchiaia,  e  superstiti  (I.V.S.) dell'I.N.P.S.,
 disciplinando nell'art. 1 l'assegno  di  invalidita',  connesso  alla
 diminuita  capacita'  lavorativa, e nell'art. 2 un nuovo trattamento,
 la pensione di inabilita', connesso al grado di assoluta incapacita'.
    Entrambi  gli  articoli richiamati, nel disciplinare gli anzidetti
 istituti,  si  occupano  delle  ipotesi   di   incompatibilita'   dei
 trattamenti    anzidetti   con   altri   trattamenti   previdenziali,
 coordinandoli  fra  loro  e   prevedendo   in   particolare,   quanto
 all'assegno  di invalidita' (art. 1, comma decimo, della legge n. 222
 del 1984), la sua incumulabilita' con la pensione  di  vecchiaia,  in
 quanto  si  stabilisce  che,  al momento del raggiungimento dell'eta'
 pensionabile, tale assegno si trasforma in pensione di vecchiaia e si
 precisa  altresi'  che  gli anni in cui il lavoratore abbia goduto di
 tale assegno  sono  computabili  ai  fini  della  costituzione  della
 posizione assicurativa.
    Naturalmente  rimangono  anche  in  vigore  le  norme che regolano
 l'incumulabilita' della pensione sociale.
    Cosi'  individuata,  negli  artt. 1 e 2 della legge in parola, che
 non formano oggetto  dell'incidente  sollevato,  la  fonte  normativa
 relativa  al  coordinamento fra trattamenti di invalidita' e pensione
 di vecchiaia, cui percio' esclusivamente si deve far riferimento  per
 determinare  il  regime  della  incumulabilita' fra tali trattamenti,
 risulta  agevole  la  soluzione  della  questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3  della stessa legge, il quale vieta che,
 dopo il raggiungimento dell'eta' pensionabile,  il  lavoratore  possa
 chiedere il riconoscimento dei trattamenti di invalidita'.
    Orbene,  la  norma  denunciata  non  puo'  sottrarsi  alle censure
 prospettate, perche' come  e'  stato  ben  messo  in  evidenza  nelle
 ordinanze  di  rimessione,  nella ipotesi in cui al raggiungimento di
 tale eta', il lavoratore non abbia ancora  i  requisiti  contributivi
 per conseguire la pensione di vecchiaia - non venendo percio' in tale
 ipotesi in evidenza alcun profilo di incumulabilita',  mancandone  il
 presupposto  -  il  divieto che tale norma pone lo priverebbe di ogni
 tutela previdenziale e  cio'  in  palese  contrasto  con  l'art.  38,
 secondo comma, Cost.
    6.  -  La dichiarazione di illegittimita' costituzionale nei sensi
 anzidetti  consente  l'assorbimento  delle  questioni  sollevate   in
 riferimento ad altri parametri costituzionali.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
 12  giugno  1984,  n.  222,  ("Revisione   della   disciplina   della
 invalidita' pensionabile");
      dichiara   la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 12  giugno  1984,
 n.  222, sollevata, in riferimento all'art. 38 Cost. dal Tribunale di
 Rimini con ordinanza n. 357 del 1986;
      dichiara    inammissibile    la    questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 3  della  legge  12  giugno  1984,  n.  222,
 sollevata, in riferimento all'art. 38 Cost., dal Pretore di Pavia con
 ordinanza n. 905 del 1985, dal Tribunale di Pavia  con  ordinanza  n.
 603  del  1986,  dal Pretore di Milano con ordinanza n. 689 del 1986,
 dal Tribunale di Pistoia con ordinanze
   nn.  3, 238 e 239 del 1987, dal Pretore di Torino con ordinanze nn.
 265 e 266 del 1987.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CAIANIELLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 14 aprile 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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