N. 447 SENTENZA 25 marzo - 14 aprile 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.  Regioni a
 statuto ordinario - Toscana - Diritti di credito di modico valore -
 Abbandono con deliberazione della giunta regionale - Non fondatezza.
 (Legge reg. Toscana 21 febbraio 1978-26 aprile 1978).  (Cost., artt.
 3, 25, secondo comma, 97 e 117)
(GU n.17 del 27-4-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE,  avv.  Mauro
 FERRI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Toscana approvata il 21 febbraio 1978  e  riapprovata  il  26  aprile
 1978, avente per oggetto: "Abbandono dei diritti di credito di modico
 valore", promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri  notificato  il 17 maggio 1978, depositato in Cancelleria il
 23 maggio successivo ed iscritto al n. 13 del Registro ricorsi 1978;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio  1988  il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il ricorrente;
                            Ritenuto in fatto
    Con ricorso in data 13 maggio 1978 il Presidente del Consiglio dei
 ministri proponeva questione di legittimita'  costituzionale  in  via
 principale  nei  confronti di legge della Regione Toscana concernente
 l'abbandono dei diritti di credito di modico valore, approvata il  21
 febbraio  1978  e riapprovata, in seguito a rinvio governativo, il 26
 aprile del medesimo anno. La legge impugnata, che consta di  un  solo
 articolo,  consente l'abbandono da parte della Regione dei diritti di
 credito di importo non superiore alle lire 2.500,  mediante  delibere
 cumulative  adottate  dalla  Giunta regionale. Secondo il ricorrente,
 questa normativa, motivata da esigenze di per se'  non  irragionevoli
 di economicita' (consentendo l'abbandono di crediti il cui importo e'
 superato dal costo di esazione), contrasterebbe con il  principio  di
 eguaglianza,  in  quanto risulterebbe, senza giustificazione, diversa
 dalla normativa  statale  sull'annullamento  dei  crediti  di  modico
 valore;   violerebbe  il  principio  di  inderogabilita'  delle  pene
 pecuniarie, parificando agli effetti del possibile abbandono tutti  i
 crediti  regionali,  senza  distinguere  in  base  alla  loro natura;
 violerebbe inoltre il rigoroso  principio  di  legalita'  di  cui  al
 secondo  comma dell'art. 25 della Costituzione, riferibile anche alle
 sanzioni amministrative, non prevedendo rigorosi criteri di esercizio
 del   potere  di  abbandonare  crediti  anche  per  pene  pecuniarie;
 violerebbe, per questo motivo, anche il principio di imparzialita'  e
 di  eguaglianza fra cittadini; violerebbe infine il principio di buon
 andamento,  non  tenendo  conto  della  specifica  ed  irrinunciabile
 funzione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
    La Regione non si e' costituita.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  il  ricorso  di cui in epigrafe il Governo impugna una
 legge della Regione Toscana riapprovata il 26 aprile 1978  (Abbandono
 dei diritti di credito di modico valore), che prevede la possibilita'
 per la Giunta regionale di abbandonare, con deliberazione cumulativa,
 crediti  di importo non superiore a lire 2.500. Secondo il ricorrente
 la normativa impugnata sarebbe in violazione:
      del  principio  di  eguaglianza,  in  quanto  si  tratterebbe di
 normativa  ingiustificatamente  difforme  da   quella   dello   Stato
 sull'annullamento dei propri crediti;
      del  principio  di legalita' delle pene (art. 25, comma secondo,
 Cost.), applicabile anche alla  fattispecie,  principio  rispetto  al
 quale    risulterebbe    incompatibile    il   potere   assolutamente
 discrezionale, ivi previsto, di abbandono del credito;
      del  principio  di  buon andamento dell'amministrazione (art. 97
 Cost.), in quanto si sarebbe trascurato di considerare il rilievo che
 assume  il  carattere  sanzionatorio  dei  crediti  collegati  a pena
 pecuniaria;
      del   principio   di  imparzialita'  (art.  97  Cost.),  perche'
 difetterebbe l'indicazione dei criteri in  osservanza  dei  quali  la
 Giunta regionale dovrebbe deliberare l'abbandono del credito;
      del  principio  fondamentale  della  legislazione dello Stato di
 irrinunziabilita' delle pretese collegate all'esercizio di un  potere
 sanzionatorio (art. 117 Cost.).
    Le questioni non sono fondate.
    2.   -  Non  sussiste  la  pretesa  violazione  del  principio  di
 eguaglianza. Il riconoscimento stesso,  infatti,  di  una  competenza
 legislativa  delle  Regioni  in date materie comporta l'eventualita',
 legittima alla stregua del sistema costituzionale, di una  disciplina
 regionale  delle  stesse  materie divergente da quella nazionale, nei
 limiti, come e' ovvio, segnati dall'art. 117 della  Costituzione  per
 le  Regioni  a  Statuto  ordinario  e  dagli  Statuti speciali per le
 Regioni ad autonomia differenziata.
    3.  -  La normativa statale in materia di annullamento dei crediti
 di modico valore (l. 1› luglio 1955, n. 553) prevede la facolta', che
 compete  al  Ministro  e  agli  Intendenti  di  Finanza  (art. 1), di
 annullare i crediti di valore non superiore a lire 500, quando  siano
 di  dubbia  e  difficile esazione. E' escluso l'annullamento dei soli
 crediti derivanti dalle sanzioni penali della  multa  e  dell'ammenda
 (art.  4), oltreche' di quelli d'imposta, per i quali rimangono ferme
 le relative norme di riscossione. Possono, inoltre, essere  annullati
 i   crediti   di   importo   superiore,  quando  siano  assolutamente
 inesigibili e previo parere favorevole dell'Avvocatura erariale  (ora
 dello  Stato)  quando  il loro importo superi le lire 1.200.000 e del
 Consiglio di Stato, quando superi le lire  9.600.000  (art.  265  del
 r.d.  23  maggio  1924,  n.  827, "Regolamento per l'esecuzione della
 legge  sull'amministrazione  del  patrimonio  e  sulla   contabilita'
 generale  dello Stato", come modificato con d.P.R. 30 giugno 1972, n.
 422).
    Norme particolari sono in vigore per l'annullamento dei debiti dei
 sottufficiali e dei  militari  di  truppa  che  abbiano  lasciato  il
 servizio senza diritto ad alcun assegno a carico dello Stato (r.d. 10
 febbraio 1927, n. 443; d.lgs. 21 aprile 1948, n. 715) e per i crediti
 di  dubbia  e  difficile esazione dell'Amministrazione delle Ferrovie
 dello Stato (d.P.R. 27 marzo 1952, n. 534).
    Si  puo'  escludere,  in  base  a  queste norme, l'esistenza di un
 principio della legislazione dello Stato di  non  annullabilita'  dei
 crediti  relativi  a sanzioni amministrative; un principio del genere
 sussiste solo per i crediti relativi  a  sanzioni  penali  (multa  ed
 ammenda)  ai  sensi  dell'art.  4, l. n. 553 del 1955; e del resto le
 sanzioni amministrative,  a  differenza  da  quelle  penali,  non  si
 pongono  come  strumento di difesa dei valori essenziali del sistema,
 come tali non misurabili sul terreno della convenienza economica,  ma
 vengono  a costituire un momento ed un mezzo per la cura dei concreti
 interessi pubblici affidati all'amministrazione.
    4.  - Quanto ora detto conduce ad escludere la riferibilita' della
 riserva  di  legge,  prevista  dall'art.  25,  comma  secondo,  della
 Costituzione per le sanzioni penali, alle sanzioni amministrative.
    Non  puo'  peraltro disconoscersi che anche rispetto alle sanzioni
 amministrative  ricorre  l'esigenza  della  prefissione  ex  lege  di
 rigorosi criteri di esercizio del potere relativo all'applicazione (o
 alla non  applicazione)  di  esse,  e  cio'  in  riferimento  sia  al
 princi'pio   di   imparzialita'   (art.   97   della   Costituzione),
 espressamente invocato dal  ricorrente,  sia  al  princi'pio  di  cui
 all'art.  23  Cost.,  implicitamente  invocato  con  il denunziare la
 mancata previsione,  ad  opera  della  legge  regionale,  di  criteri
 siffatti.
    Ma  e'  innegabile che la normativa impugnata fornisce sufficienti
 indicazioni anche ai fini ora indicati. Il limite quantitativo  assai
 modico e' gia', sotto questo profilo, una garanzia, ma, oltre a cio',
 la medesima ragion d'essere della norma, che  e'  quella  di  evitare
 all'amministrazione  costi  non  proporzionati  ai  ricavi,  contiene
 l'univoco riferimento a una valutazione delle  possibili  difficolta'
 di esazione, come criterio per deliberare l'abbandono del credito.
    Ne'  puo'  ritenersi violato il princi'pio di buon andamento (art.
 97 Cost.) per la  mancata  considerazione  della  specifica  funzione
 della   sanzione  amministrativa.  La  deterrenza  di  una  sanzione,
 infatti,  non  e'  l'unico  modo  con  il  quale   puo'   assicurarsi
 l'efficienza  di  un comando amministrativo: comunque tale deterrenza
 e' male invocata per le sanzioni di modico valore  ed  e'  inadeguata
 allo  scopo  nei  casi  di difficile esigibilita' del credito, vale a
 dire di verificata incapacita' del debitore di adempiere la  relativa
 obbligazione  o  addirittura  di  inettitudine  del suo patrimonio ad
 essere utilmente aggredito in executivis.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale
 della legge della Regione Toscana approvata il  21  febbraio  1978  e
 riapprovata  il  26  aprile 1978 (Abbandono dei diritti di credito di
 modico valore), sollevate, in riferimento agli  artt.  3,  25,  comma
 secondo,  97  e  117 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri
 con il ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 14 aprile 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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