N. 497 SENTENZA 21 - 27 aprile 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Previdenza e assistenza sociale - Disoccupazione involontaria -
 Indennita' ordinaria - Misura - Mancata previsione di un meccanismo
 di adeguamento del suo valore monetario Illegittimita' costituzionale
 parziale.  (D.-L. 2 marzo 1974, n. 30, art. 13, convertito in legge
 16 aprile 1974, n. 114).  (Cost., art. 38, secondo comma)
(GU n.18 del 4-5-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  13  del
 decreto-legge 2 marzo 1974, n.  30,  convertito,  con  modificazioni,
 nella  legge  16  aprile  1974, n. 114 (Norme per il miglioramento di
 alcuni trattamenti  previdenziali  ed  assistenziali),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  18  aprile  1985  dal  Pretore  di Bologna nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Marconi  Alberto  e  l'I.N.P.S.,
 iscritta  al  n.  419  del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 287- bis dell'anno 1985;
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'I.N.P.S.  nonche'  l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  1988  il  Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Uditi  l'avv.  Giuseppe Li Marzi per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello
 Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  Il  Pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 18 aprile 1985
 (R.O. n.  419/1985)  nel  procedimento  di  ingiunzione  promosso  da
 Alberto  Marconi  nei confronti dell'I.N.P.S., ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3  e  38
 della  Costituzione,  dell'art.  13  del  d.-l.  2 marzo 1974, n. 30,
 convertito, con modificazioni, nella legge 16 aprile  1974,  n.  114,
 recante   "Norme   per   il   miglioramento   di  alcuni  trattamenti
 previdenziali ed assistenziali", che fissa in lire 800 al  giorno  la
 misura  dell'indennita'  di  disoccupazione  "ordinaria",  in  quanto
 stabilita per la generalita' dei lavoratori, salvo quanto disposto da
 leggi speciali per categorie determinate.
    Ad  avviso  del  giudice  a quo, in presenza di identici requisiti
 oggettivi e soggettivi - la cessazione di un  rapporto  di  lavoro  e
 l'involontarieta'  dello  stato  di  disoccupazione  - il legislatore
 emanava  "due  norme  diversificate",  concedendo  un  ingiustificato
 trattamento  privilegiato  ai  lavoratori  dell'industria  rispetto a
 quelli del commercio: mentre ai primi, infatti,  la  norma  censurata
 assicura,  come  detto, la somma di lire 800 al giorno, ai lavoratori
 dipendenti da imprese industriali diverse da quelle  edili  le  leggi
 n.1115  del  1968  e 23 aprile 1981, n. 155, riconoscono, a titolo di
 indennita'  di  disoccupazione  involontaria,  somme  di  gran  lunga
 superiori,  legate  alla  retribuzione precedentemente goduta, con un
 tetto di lire 600.000 mensili.
    Alberto   Marconi,   infatti,  gia'  dipendente,  in  qualita'  di
 impiegato,  dell'impresa  commerciale  "Rodinaud  Italia"  di  Milano
 presso  la  filiale  di  Bologna  e quindi licenziato a seguito della
 cessione  della  filiale,  aveva  richiesto  al  Pretore  di  Bologna
 l'emissione  di  un  decreto  ingiuntivo, nei confronti dell'Istituto
 Nazionale della Previdenza Sociale, per il pagamento della  somma  di
 lire   3.931.920  oltre  accessori,  esponendo  di  essere  privo  di
 occupazione - percepiva al riguardo la somma di lire 800 al giorno ai
 sensi  dell'art.  13  del  d.-l.  2  marzo  1974,  n. 30 - e di dover
 provvedere al mantenimento della famiglia.
    2.   Osserva  l'autorita'  remittente  che  la  disoccupazione,  a
 differenza di altri eventi (la malattia, la vecchiaia, la  morte)  in
 funzione dei quali operano altri istituti di natura previdenziale, e'
 legata non gia' a fattori biologici, ma alle condizioni  del  mercato
 del lavoro.
    Nel  sistema di tutela apprestato dal legislatore, l'interesse del
 lavoratore disoccupato non rileva per se stesso, ma in  relazione  al
 tipo  di scelta imprenditoriale che ha determinato la disoccupazione,
 a vicende tipiche dell'impresa ufficialmente accertate dalla p. a.  o
 ad   esigenze   specifiche  di  determinati  settori  produttivi.  La
 distinzione tra fattispecie di disoccupazione, pur  in  presenza  del
 medesimo  "tipo"  economico,  dipende,  sul  piano  giuridico,  dalle
 caratteristiche del regime protettivo previsto dalla legge.
    La disciplina dei trattamenti "speciali" di disoccupazione, per la
 tutela di dipendenti delle imprese industriali, delle imprese edili e
 dei  lavoratori  subordinati  dell'agricoltura  con contratto a tempo
 determinato, discostandosi dalla disciplina ordinaria, che garantisce
 un  trattamento  economico commisurato al minimo vitale, adotta, come
 criterio   di   commisurazione   delle   prestazioni,   il    reddito
 precedentemente  goduto,  pervendendo  ad una piu' stretta attuazione
 del precetto costituzionale dell'adeguatezza delle prestazioni.
    Si   introduce   cosi',   ad   avviso   del  giudice  a  quo,  una
 discriminazione determinata  unicamente  dal  settore  produttivo  di
 originaria appartenenza del lavoratore senza che, peraltro, ad alcuni
 trattamenti previdenziali corrisponda un onere contributivo  maggiore
 di quello richiesto per le generalita' dei soggetti protetti.
    La disposizione impugnata si pone quindi in contrasto:
      con  l'art.  2  della  Costituzione  che sancisce solennemente e
 tutela i diritti individuali e sociali dell'uomo;
      con  l'art.  3 Cost., in quanto, in presenza di eguali requisiti
 oggettivi  e  soggettivi,  non  appare  giustificato  il  trattamento
 privilegiato  concesso  dal  legislatore ai lavoratori dell'industria
 rispetto a quelli del commercio;
      con  l'art. 38 Cost., che dispone siano assicurati ai lavoratori
 "mezzi  adeguati  alle  loro  esigenze  di   vita   in   caso   di...
 disoccupazione  involontaria",  in quanto "la eccessiva esiguita' del
 trattamento  erogato  dimostra  che  la  norma...  ha  privato...  il
 ricorrente  di mezzi adeguati alle sue esigenze di vita, e la vigente
 disciplina comporta  sicuramente  l'attribuzione  di  un  trattamento
 insufficiente a garantire la sua liberta' del bisogno".
    La  questione  - secondo il giudice a quo - e' rilevante in quanto
 il Marconi dimostrava documentalmente il pregresso rapporto di lavoro
 ed  il  suo  stato  di  disoccupazione;  e' indubitabile che sussista
 l'interesse   del   ricorrente    a    sollevare    l'eccezione    di
 costituzionalita'  nel  giudizio  instaurato  per  l'emissione  di un
 decreto ingiuntivo, in quanto l'art. 24 Cost. riconosce il diritto  a
 far valere le proprie pretese in giudizio.
    L'ordinanza veniva notificata all'I.N.P.S.
    3.  Si e' costituito l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
 contestando la fondatezza della questione.
    Preliminarmente  ha  eccepito la insussistenza del "giudizio", che
 rende ammissibile il giudizio incidentale di  costituzionalita',  per
 difetto  dei  presupposti  e  delle  condizioni di ammissibilita' del
 procedimento monitorio, in quanto Alberto  Marconi,  avendo  ricevuto
 tempestivamente  dall'I.N.P.S.  la  somma di lire 146.400 a titolo di
 indennita' ordinaria di disoccupazione, non  era  "creditore  di  una
 somma liquida di denaro".
    Contesta  che  il  regime ordinario e quello speciale disciplinino
 situazioni identiche,  in  quanto  i  due  elementi  di  fatto  -  la
 cessazione   del   rapporto   di  lavoro  e  l'involontarieta'  della
 disoccupazione - vanno integrati con le cause che  hanno  determinato
 detta  cessazione  e con le ragioni che hanno spinto il legislatore a
 regolare diversamente la  materia.  Esse  risiedono  nella  rilevanza
 collettiva  degli interessi dei lavoratori in quanto, nei trattamenti
 speciali,  la  disoccupazione  non  e'  determinata  da  eventi   che
 riguardano  il singolo lavoratore, ma da fatti, come il licenziamento
 collettivo, espressamente e tassativamente previsti dalla legge.
    Alla  base  di tale disciplina, diretta a contemperare l'interesse
 collettivo al mantenimento in attivita' delle imprese industriali  in
 difficolta'   con   la  tutela  dei  lavoratori  minacciati  da  tali
 difficolta', sono quindi ragioni di politica industriale: adeguare il
 personale  alle  ridotte esigenze della produzione mantenendo i costi
 competitivi.
    Neppure   e'  esatto,  osserva  l'I.N.P.S.,  che  a  fronte  delle
 prestazioni vi siano contributi eguali, in quanto le  leggi  speciali
 per  l'industria  e  l'edilizia pongono a carico dell'imprenditore un
 ulteriore, specifico onere.
    In   ordine  alla  "inadeguatezza"  della  misura  dell'indennita'
 giornaliera di disoccupazione, rileva che  tale  prestazione  non  va
 considerata isolatamente ma come una delle componenti dell'"intero ed
 articolato  sistema  di  previdenze  esistenti  nei   confronti   del
 lavoratore   disoccupato"  che  comprende,  altresi',  una  serie  di
 prestazioni accessorie e  l'attribuzione  di  taluni  "vantaggi":  il
 diritto  agli assegni familiari, le maggiorazioni dell'indennita' nei
 particolari casi di calamita' naturali,  l'assegno  speciale  per  la
 ricorrenza  natalizia, l'attribuzione di una tutela preferenziale per
 il collocamento  e,  di  particolare  rilievo,  l'accreditamento  dei
 contributi figurativi.
    4.  E'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 deducendo  che  il  princi'pio  di  eguaglianza  non  e'  violato con
 l'emanazione  di  norme  differenziate  in  relazione  a   situazioni
 obbiettivamente diverse.
    Il   trattamento   speciale   di   disoccupazione,   previsto  per
 l'industria dall'art. 8,  legge  5  novembre  1968,  n.  1115,  trova
 giustificazione nell'esigenza, sorta nello scorcio degli anni '60 "di
 agevolare il processo di recupero  di  competitivita'  dell'industria
 italiana,   attraverso   intensi   processi   di  ristrutturazione  e
 riconversione,  concedendo  particolari  benefici   alla   manodopera
 esuberante licenziata".
    Per   i   settori  dell'edilizia  e  dell'agricoltura,  ove  viene
 prevalentemente impiegata "manodopera fluttuante",  occorreva  invece
 "garantire  ed agevolare le frequenti risoluzioni del rapporto che si
 verificano nel corso di brevi periodi di tempo".
    Contesta  infine  che  vi  sia  per  i  vari  settori  equivalenza
 contributiva, come affermato dal Pretore di Bologna.
                         Considerato in diritto
    1.  L'ordinanza  del Pretore di Bologna in epigrafe pone in dubbio
 la legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3  e  38
 Cost.,   dell'art.   13  del  decreto-legge  2  marzo  1974,  n.  30,
 convertito, con modificazioni, nella legge 16  aprile  1974,  n.  114
 (Norme  per  il  miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed
 assistenziali), nella parte in  cui  fissa  in  lire  800  al  giorno
 l'indennita' "ordinaria" di disoccupazione.
    2.   Va   anzitutto   disattesa  l'eccezione  di  inammissibilita'
 sollevata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)  in
 relazione  a  cio',  che, mancando i presupposti per la esperibilita'
 del procedimento  monitorio,  nel  corso  del  quale  il  Pretore  ha
 sollevato in via incidentale le questioni suindicate (esistenza di un
 credito di somma determinata), sarebbe inesistente lo stesso giudizio
 a  quo. Infatti, a prescindere dalla considerazione che la domanda di
 ingiunzione  aveva  ad  oggetto  una  somma  determinata  (in  quanto
 l'istante  chiedeva  un  importo pari alla differenza tra l'ammontare
 dell'indennita' speciale di disoccupazione e  la  somma  percepita  a
 titolo  di indennita' ordinaria, sicche' l'esistenza o no del diritto
 sarebbe stata questione  di  merito),  in  ogni  caso  la  denunciata
 mancanza non avrebbe comportato l'inesistenza del giudizio a quo.
    Alla  decisione del merito non e' di ostacolo neppure l'emanazione
 del d.-l. 21 marzo 1988, n. 86, con il quale e' stata introdotta  una
 nuova  regolamentazione della materia, disponendosi fra l'altro (art.
 7, comma primo) che, a decorrere dalla data di entrata in vigore  del
 decreto  stesso,  l'importo  dell'indennita' e' fissato in una misura
 percentuale della retribuzione. La nuova  regolamentazione,  infatti,
 non  e'  retroattiva,  e quindi non e' applicabile all'area temporale
 cui si riferisce il giudizio a quo.
    3.  Secondo  l'ordinanza di rimessione la norma denunciata si pone
 in contrasto, oltre che con l'art. 2 Cost., con:
      a)   l'art.   3  Cost.,  in  quanto  opera  una  discriminazione
 sfavorevole per i lavoratori in generale - in presenza  delle  stesse
 condizioni  oggettive  e  soggettive:  la  cessazione del rapporto di
 lavoro e la involontarieta' dello stato di disoccupazione -  rispetto
 ai  lavoratori  dell'industria  (l.  5  novembre 1968, n. 1115, l. 24
 febbraio 1980, n. 33), dell'edilizia  e  dei  settori  affini  (l.  6
 agosto  1975,  n.  427,  cit.  legge  n.  33  del 1980) ed, in parte,
 dell'agricoltura (l. 8 agosto 1972, n. 457, l. 16 febbraio  1977,  n.
 37),  per  i quali l'indennita' di disoccupazione - disciplinata come
 indennita'  "speciale"  -,  e'  sensibilmente  piu'  elevata  ed   e'
 commisurata al reddito precedentemente goduto dal lavoratore;
      b)  con l'art. 38 Cost., in quanto non assicura ai lavoratori in
 generale mezzi adeguati  alle  loro  esigenze  di  vita  in  caso  di
 disoccupazione involontaria.
    4. Sotto il primo profilo la questione non e' fondata.
    Vige - e' vero - una particolare disciplina dell'indennita' per la
 disoccupazione  involontaria  dovuta  ai  lavoratori  dell'industria.
 L'indennita',  corrisposta  per un periodo successivo alla cessazione
 del rapporto di lavoro, e', infatti,  pari  all'80  per  cento  della
 retribuzione  ordinaria  percepita nell'ultimo mese di lavoro, con un
 tetto di lire 600.000 mensili, che viene peraltro  di  anno  in  anno
 rivalutato in relazione all'80 per cento dell'aumento dell'indennita'
 di  contingenza  dei  lavoratori   dipendenti   maturata,   nell'anno
 precedente, con effetto dal primo gennaio di ogni anno (cfr. legge n.
 33 del 1980).
    Deve  anche  riconoscersi  che  il  descritto  trattamento e' piu'
 favorevole  rispetto  a  quello  previsto  per  la  generalita'   dei
 lavoratori dalla norma impugnata.
    Tuttavia  e'  noto  che l'attribuzione dell'indennita' speciale ai
 lavoratori  dell'industria  rientra  in  un  insieme  di  misure  del
 legislatore  dirette  a sollevare il settore produttivo in argomento,
 in  ragione  dell'importanza   ad   esso   attribuita   nell'economia
 nazionale,  dalle  conseguenze  dei fenomeni di crisi, cui il settore
 medesimo era particolarmente esposto.
    Ed  altrettanto  deve ritenersi dell'analogo trattamento riservato
 ai  lavoratori  agricoli  a  tempo  determinato   e   ai   lavoratori
 dell'edilizia  e  di  settori  affini  (cfr. leggi sopra richiamate),
 trattamento di favore connesso al carattere delle lavorazioni  svolte
 in tali settori, contrassegnate da periodi di inattivita' legati, per
 l'agricoltura,  al  ciclo  stagionale   e,   per   l'edilizia,   alla
 discontinuita' della produzione di opere.
    Si   e'  in  presenza,  dunque,  di  interventi  che,  per  essere
 giustificati dalla considerazione di  date  situazioni  occupazionali
 nel  quadro  di  valutazioni  di  politica economica generale, non si
 prestano quali termini per un'utile comparazione ai sensi dell'art. 3
 Cost.
    5. Sotto il secondo profilo la questione e' invece fondata.
    La  norma  impugnata  mira  a  dare  attuazione all'art. 38, comma
 secondo, Cost., il quale riconosce ai lavoratori il diritto sociale a
 che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
 vita in caso di  disoccupazione  involontaria.  La  protezione  cosi'
 garantita ai lavoratori postula requisiti di effettivita', tanto piu'
 che essa si  collega  alla  tutela  dei  diritti  fondamentali  della
 persona sancita dall'art. 2 Cost.
    Ora   non   puo'  ritenersi  rispondente  ai  richiamati  precetti
 costituzionali una  norma  che,  come  quella  impugnata,  mentre  fa
 consistere  nella  corresponsione di una somma di danaro (indennita')
 quell'apprestamento di mezzi adeguati alle esigenze di vita che e' il
 contenuto   della   protezione   costituzionale   in  argomento,  non
 stabilisca, di fronte al fenomeno in atto della notevole  diminuzione
 del  potere  di  acquisto  della  moneta,  un  meccanismo  diretto ad
 assicurare anche in prospettiva  temporale  l'adeguatezza  nei  sensi
 suindicati dell'indennita' e quindi del trattamento di disoccupazione
 involontaria.
    Non vi e' dubbio, d'altra parte, che, come e' del resto confermato
 dalla  adozione   della   nuova   regolamentazione   suindicata,   il
 trattamento   stabilito  con  la  norma  impugnata  sia  da  ritenere
 inadeguato, quanto meno a  causa  dell'incidenza  -  non  considerata
 dalla norma impugnata - della svalutazione monetaria sull'indennita',
 che di esso costituisce, in quanto modo prescelto dalla legge per  la
 realizzazione  della  garanzia  costituzionale,  il nucleo essenziale
 (non  rileva  la  concorrenza,  opposta  dall'INPS,  di  "prestazioni
 accessorie" alcune delle quali neppure previste in modo esclusivo per
 l'ipotesi   di   disoccupazione   involontaria,   come   l'assistenza
 sanitaria,  l'accreditamento della contribuzione figurativa). Di cio'
 questa Corte deve trarre le conseguenze,  nell'esercizio  dei  propri
 poteri,   dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  della  norma
 impugnata stessa (cfr. per valutazioni analoghe, la sentenza  n.  560
 del 1987).
    Compete   quindi   al   legislatore   l'adeguamento   dell'importo
 dell'indennita'  come  determinato  dalla  norma  che   si   dichiara
 costituzionalmente illegittima.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   illegittimita'   costituzionale  dell'art.  13  del
 decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30  (Norme  per  il  miglioramento  di
 alcuni  trattamenti  previdenziali ed assistenziali), convertito, con
 modificazioni, nella legge 16 aprile 1974, n. 114, per  la  parte  in
 cui non prevede un meccanismo di adeguamento del valore monetario ivi
 indicato.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 27 aprile 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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