N. 499 SENTENZA 21 - 27 aprile 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  Regioni
 a statuto ordinario - Pimonte - Giacimenti di cava o torbiera non
 ancora previsti o disciplinati dagli strumenti urbanistici -
 Imposizione ai comuni dell'adozione della relativa variante - Non
 fondatezza.  (Legge regione Piemonte 22 novembre 1978, n. 69, art. 3,
 ultimo comma).  (Cost., art. 128)
(GU n.19 del 11-5-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, ultimo comma,
 della  legge  della  Regione  Piemonte  22  novembre  1978,   n.   69
 ("Coltivazione  di  cave  e  torbiere"),  promossi  con  le  seguenti
 ordinanze:
    1)   ordinanza   emessa   il   4   dicembre   1979  dal  Tribunale
 amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso  proposto  dalla
 s.a.s.  Immobiliare  Lemie contro il Comune di Torino, iscritta al n.
 458 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 222 dell'anno 1980;
    2)  n.  3  ordinanze  emesse  il  24  settembre 1980 dal Tribunale
 amministrativo regionale per il Piemonte sui ricorsi  proposti  dalla
 s.r.l.  Fornace  Laterizi  Valentia  contro  il  Comune  di  Valenza,
 iscritte ai nn. 1, 2 e 183 del registro ordinanze 1981  e  pubblicate
 nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 83, 77 e 179 dell'anno
 1981;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  del  Comune  di Torino e della
 Regione Piemonte;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1988  il  Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Uditi  l'avv.  Franco  Salvucci  per  il Comune di Torino e l'avv.
 Alberto Predieri per la Regione Piemonte;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  emessa in data 4 dicembre 1979 il Tribunale
 amministrativo regionale per il Piemonte ha sollevato, in riferimento
 all'art.   128   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art.  3,  ultimo  comma,  della  legge  regionale
 Piemonte 22 novembre 1978, n. 69, nella parte in cui impone ai comuni
 che vengano a conoscere l'esistenza di giacimenti di cava o torbiera,
 non ancora previsti o disciplinati dai vigenti strumenti urbanistici,
 di adottare, a fini di  salvaguardia  della  risorsa  estrattiva,  la
 relativa  variante  secondo  la  procedura prevista dal secondo comma
 dello stesso articolo.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  era  stato  adito da una
 societa' immobiliare per ottenere  l'annullamento  dell'ordinanza  in
 data 23 agosto 1979, con la quale il sindaco di Torino aveva disposto
 l'occupazione  d'urgenza  di  alcuni  immobili  di  proprieta'  della
 societa'  stessa,  sui  quali  sarebbe  stata  in esercizio, all'atto
 dell'entrata in vigore della legge n. 69 del 1978, una cava.
   La  tutela  e  l'uso  del  suolo  - osserva il giudice a quo - sono
 affidati  dal  legislatore  nazionale  e  da  quello  regionale  alla
 concorrente  competenza dei comuni e della regione, che vi provvedono
 cooperando alla elaborazione dei piani regolatori generali.
    L'art.  128  della  Costituzione  -  da  parte sua - garantisce le
 autonomie comunali nell'ambito dei principi fissati da leggi generali
 della   Repubblica.   Sarebbe  pertanto  ragionevole  dubitare  della
 legittimita' costituzionale di norme regionali  che  sottraessero  ai
 comuni  il  potere  di  darsi  una  normativa  urbanistica  a livello
 amministrativo.
    E'  naturale  -  prosegue  l'ordinanza  -  che sarebbe fuori della
 realta' ipotizzare una assoluta illimitatezza dei poteri comunali  in
 materia  urbanistica  e  vedere,  in  ogni  loro condizionamento, una
 violazione delle autonomie locali. Pero'  qualsiasi  compressione  di
 posizioni   soggettive   costituzionalmente  garantite  deve  trovare
 giustificazione e limiti nel principio di ragionevolezza.
    Nel  caso in esame si pone da un lato il "diritto" del comune alla
 tutela ed all'uso  del  suolo  comunale  nei  limiti  e  nelle  forme
 stabiliti  dalla legislazione statale e regionale; dall'altro lato il
 diritto-dovere dei proprietari di sfruttare le cave  e  le  torbiere,
 secondo   quanto  disposto  dalla  legge  regionale  n.  69/1978.  Il
 potenziale contrasto e' stato risolto dal legislatore piemontese  con
 una assoluta ed indiscriminata subordinazione dell'uso del suolo allo
 sfruttamento dei giacimenti. Il che e' avvenuto imponendo  ai  comuni
 di adeguare sempre ed in ogni caso il loro strumento urbanistico alle
 suddette esigenze di sfruttamento.
    Appare lesivo dell'autonomia comunale non gia' il fatto in se' che
 l'autorita' locale sia tenuta a tutelare anche le risorse estrattive,
 ma  piuttosto  il fatto che questa tutela debba avvenire sempre ed in
 ogni caso, indipendentemente dalla  comparazione  con  gli  interessi
 urbanistici  comunali  - o con altri interessi generali - da farsi in
 forme e modi che non e' compito dell'ordine giudiziario  individuare.
    2.  -  L'ordinanza  e'  stata ritualmente comunicata, notificata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 222 dell'anno 1980.
    3.  -  Nel giudizio si e' costituito il Comune di Torino il quale,
 senza svolgere argomenti, chiede che la Corte dichiari illegittima la
 norma impugnata.
    E'  altresi'  intervenuta  la  Regione  Piemonte, che conclude per
 l'infondatezza della questione.
    Il congegno procedimentale previsto dalla legge Piemonte n. 69 del
 1978  -  si   osserva   nell'intervento   -   e'   imperniato   sulla
 autorizzazione regionale delegata ai comuni a norma dell'art. 4 della
 legge stessa, sulla quale il comune si pronuncia a norma dell'art. 7.
    Questa   autorizzazione   e'  il  risultato  di  una  ponderazione
 effettuata dal comune,  con  l'ausilio  eventuale  della  commissione
 tecnico  consultiva,  e  solo  dal comune (quindi la normativa non e'
 sospettabile di lesione dell'autonomia comunale), tenendo  conto  dei
 vari  interessi  affidati  alla cura preminente del comune stesso, in
 tema  di  produzione,  economia,  tutela  della   salute,   ambiente,
 paesaggio, condizioni idrogeologiche (art. 7 lett. e).
    4.  -  Con tre ordinanze in data 24 settembre 1980, pronunciate in
 tre   distinti   procedimenti   promossi   per   l'annullamento    di
 deliberazioni   del  consiglio  comunale  di  Valenza  con  cui  zone
 interessate ad attivita' estrattive erano state incluse nel piano  di
 edilizia  popolare,  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per il
 Piemonte  ha   sollevato   di   nuovo   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3,  ultimo  comma, della legge 22 novembre
 1978, n. 69, formulandola in termini e sostenendola con argomenti  in
 tutto identici a quelli dell'ordinanza 4 dicembre 1979.
    Le  ordinanze  sono  state  ritualmente  comunicate,  notificate e
 pubblicate nelle Gazzette ufficiali della Repubblica nn. 77, 83 e 179
 dell'anno 1981.
    5.  - In uno dei tre procedimenti (R.O. n. 2/81) e' intervenuta la
 Regione Piemonte, sostenendo la legittimita'  della  norma  impugnata
 con  gli  argomenti gia' svolti in relazione all'ordinanza 4 dicembre
 1979.
                         Considerato in diritto
    6.  -  I  giudizi  possono  riunirsi,  perche'  hanno  ad  oggetto
 questioni identiche e possono essere decisi con unica decisione.
    7. - Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con le
 ordinanze   indicate   in   epigrafe,   dubita   della   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3, ultimo comma, della legge della Regione
 Piemonte 22 novembre 1978, n. 69 ("Coltivazione di cave e torbiere"),
 nella  parte  in  cui  impone  ai  Comuni  che  vengono  a  conoscere
 l'esistenza di giacimenti di cava o torbiera, non ancora  previsti  o
 disciplinati  dagli  strumenti  urbanistici,  di adottare, ai fini di
 salvaguardia della risorsa estrattiva, la relativa variante.
    Si  realizzerebbe, con questa norma, una imposizione all'autorita'
 comunale, intesa a modificare gli  strumenti  urbanistici  ogni  qual
 volta  le  previsioni  di essi siano di pregiudizio allo sfruttamento
 delle risorse estrattive di  nuova  identificazione.  Si  violerebbe,
 cosi',   l'art.   128   Cost.  che  garantisce  l'autonomia  comunale
 nell'ambito  dei  princi'pi  fissati  dalle  leggi   generali   della
 Repubblica,  autonomia  che  trova una delle sue esplicazioni tipiche
 nell'adozione degli anzidetti strumenti urbanistici. Non si  afferma,
 peraltro,  nelle  ordinanze,  che  siffatta  autonomia  concreti  una
 potesta' esclusiva in materia, ma si  profila,  alla  stregua  di  un
 consolidato   insegnamento   di   questa  Corte,  l'esigenza  di  una
 cooperazione ponderativa dei diversi interessi che -  anche  se  puo'
 limitare  i poteri comunali - deve obbedire in ogni caso al principio
 di ragionevolezza.
    8.  - Osserva la Corte che, valutata alla stregua di questi esatti
 princi'pi, la norma censurata appare  immune  dal  dedotto  vizio  di
 costituzionalita'.
    E'  da  premettere  che,  a  norma dell'art. 117 Cost., la materia
 delle cave e torbiere e quella urbanistica appartengono alla potesta'
 legislativa  concorrente  della Regione; si e' in presenza di materie
 omogenee, dal punto di vista del tipo della disciplina regolatrice, e
 idonee,   per   il   loro  contenuto,  a  procedimenti  di  reciproca
 integrazione.  Questo  rilievo  consente  di   porre   nella   giusta
 prospettiva  un  precetto  qualificante  della  legge  regionale  del
 Piemonte n.  69  del  1978,  il  cui  art.  3,  ultimo  comma,  viene
 sospettato di illegittimita' dalle ordinanze di rimessione.
    Si  tratta  dell'art.  2  che  prevede la predisposizione ad opera
 della Regione di un piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di
 cave  e  di  torbiere,  le cui indicazioni e previsioni, inserite nei
 piani territoriali, con l'osservanza delle procedure  previste  dalla
 legge  regionale  19  agosto  1977,  n.  43 e dall'art. 4 della legge
 regionale 5 dicembre 1977,  n.  56  ("Tutela  dell'uso  del  suolo"),
 concorrono  a  disciplinare  la  materia  insieme  con  la  specifica
 normativa regionale relativa al settore estrattivo.
    Si   realizza,   cosi',  per  espressa  disposizione  della  legge
 regionale  censurata,  un  efficace   coordinamento   tra   i   piani
 territoriali  e il piano di sfruttamento delle cave e delle torbiere.
    Inoltre,  l'art. 1, secondo comma, della legge n. 69, sottoponendo
 ad autorizzazione regionale l'attivita' di coltivazione delle cave  e
 delle  torbiere,  ne  delega  il  rilascio  al  Comune (art. 4, primo
 comma). Disciplinando, poi, il procedimento,  che  si  avvia  con  la
 domanda   di  autorizzazione,  l'art.  7  della  legge  dispone  che,
 provvedendo su questa, il comune deve tener conto  non  soltanto  dei
 profili specificamente inerenti all'attivita' estrattiva, ma anche di
 quelli concernenti la tutela della salubrita' della zona circostante,
 l'ambiente  ed  il  paesaggio (lett. c), nonche' gli altri preminenti
 interessi generali (lett. e).
    Tale  coordinamento  delle  esigenze  estrattive  con  quelle  del
 governo del territorio e' ribadito in  linea  generale  dallo  stesso
 art.  3  della  legge  regionale  n.  69,  che,  come  si  e'  visto,
 nell'ultimo comma prescrive, a fini  di  salvaguardia  della  risorsa
 estrattiva,    l'obbligatorieta'    dell'adozione    della   variante
 urbanistica.
    9.   -  Le  descritte  attivita'  di  coordinamento  corrispondono
 all'indirizzo normativo generale relativo alla proiezione  dei  piani
 regolatori al di fuori dello stretto assetto edilizio (e, dunque, con
 possibilita'  di  riferimento  alle  cave).  Con   la   ridefinizione
 dell'"oggetto"  dell'urbanistica si e' consolidato il principio della
 confluenza nell'assetto del territorio di molteplici e  diversificati
 interessi  (anche  storici,  ambientali,  paesaggistici), affidati ad
 istanze statali e regionali (cfr. soprattutto art. 1 legge  6  agosto
 1967,  n. 765; art. 7, n. 5 legge 19 novembre 1968, n.  1187; artt. 1
 e 17 legge 28 gennaio 1977, n. 10; artt. 80 e 81  d.P.R.   24  luglio
 1977,  n.  616;  artt.  10,  ultimo  comma, e 29 primo comma legge 28
 febbraio 1985, n. 47).
    In  verita'  questo  processo  era  stato  accolto  e,  per taluni
 aspetti, anticipato dalla  legislazione  regionale  (nella  quale  si
 inscrive la legge piemontese n. 69 impugnata), che aveva direttamente
 o indirettamente annoverato tra le funzioni dei piani urbanistici  la
 tutela  ambientale, paesaggistica e storica del territorio in genere.
 Ad essa si accompagno' la  svolta  giurisprudenziale,  segnata  dalla
 netta  presa  di  posizione del Consiglio di Stato (Ad. plen. 9 marzo
 1982, n. 3).
    Il  giudice  amministrativo  sanci' la legittimita' del divieto di
 coltivazione delle cave, contenuto in un piano  regolatore  generale,
 anche  per  il periodo anteriore all'entrata in vigore della legge n.
 10 e del d.P.R. n. 616 del 1977 -  che  incisero  sull'individuazione
 del  concetto  di urbanistica -, in quanto tale divieto fosse fondato
 sulla indicazione di  ragioni  specifiche  e  particolarmente  gravi,
 connesse alla salvaguardia dell'ambiente.
    E'  fuori  dell'ambito  del  presente  giudizio  stabilire  se  le
 anzidette  prescrizioni   normative   e   giurisprudenziali   debbano
 intendersi  come  inclusive  dei  beni storico-ambientali nei profili
 della disciplina del territorio a fini edilizi ovvero come oggetto di
 nuovi specifici limiti devoluti ai piani urbanistici.
    Conclusione sicura e', in ogni caso, che la convergenza in materia
 di territorio di rilevanti  e  diversificati  interessi,  affidati  a
 specifiche   competenze,   giustificano   l'ampliarsi  della  istanza
 partecipativa  o  di  intesa  o  di  leale  collaborazione  o,   piu'
 semplicemente,  di coordinamento. Tale istanza richiede, accanto alla
 presenza della Regione, quella dello Stato  e  di  enti  e  comunita'
 minori  in  funzione  della  tutela degli interessi, di cui essi sono
 portatori (cfr. Corte cost. 27 giugno 1986, n. 151; 25 febbraio 1988,
 n. 221; 29 dicembre 1982, n. 239; 14 luglio 1976, n. 175).
    10.  -  La  legge regionale n. 69 del 1978 si ispira chiaramente a
 questa esigenza collaborativa; essa non  soltanto  appare  rispettosa
 dell'autonomia  del  comune,  nelle  materie di competenza propria di
 questo, ma ne consente interventi efficaci anche in materia di  cave.
    Il primo comma dell'art. 3 cit. introduce, infatti, una disciplina
 transitoria  (operante  fino  all'entrata   in   vigore   dei   piani
 territoriali),  riconoscendo  a  questi  strumenti il valore di fonte
 regolatrice anche in materia estrattiva.
    I  momenti  di  questo  regime transitorio sono indicati, poi, dal
 secondo e terzo comma dell'art. 3,  che  inseriscono  il  Comune  nel
 procedimento  di adozione della variante connessa ai nuovi giacimenti
 di cava o torbiera.
    Nei  comuni  dotati  di  piano  regolatore  generale,  qualora  la
 destinazione  dell'area  sia  difforme  dalla  attivita'  estrattiva,
 l'autorizzazione  rilasciata  per  tale attivita' costituisce atto di
 avvio del procedimento di variante.
    E  qui il collegamento del regime estrattivo con la pianificazione
 comunale e' reso evidente dalla disciplina in caso di non conformita'
 dell'attivita' di escavazione alla destinazione del piano regolatore.
 Questa  circostanza  costituisce  la  ragione  giustificativa   della
 variante, e, rispetto ad essa, l'autorizzazione estrattiva - delegata
 al comune, in base all'art. 4 della legge n. 69, in ossequio al terzo
 comma   dell'art.  118  Cost.  -  costituisce  "atto  di  avvio"  del
 procedimento di variazione. In tal guisa, l'inizio  del  procedimento
 di  modifica  del  piano  regolatore  viene  a connettersi ad un atto
 proprio dell'autorita' comunale.
    Nei  comuni  carenti  di  piano  regolatore  generale,  il sindaco
 provvede a norma dell'art. 55 della legge regionale 5 dicembre  1977,
 n.  56,  al  di  fuori  delle  perimetrazioni,  salva  l'esistenza di
 specifici divieti previsti  per  l'attivita'  estrattiva.  Il  rinvio
 all'art.  55  della  legge  n.  56  ("Tutela e uso del suolo") salda,
 ancora  una  volta,  in  una  visione  unitaria   le   attivita'   di
 pianificazione  territoriale  con quella estrattiva. Da tale norma il
 sindaco  viene  inoltre  legittimato  a  rilasciare  la   concessione
 estrattiva  "all'avente  titolo  munito  dell'autorizzazione prevista
 dalla  legge  regionale":  autorizzazione  che,  come  si  e'  visto,
 compete, per delega, al sindaco stesso.
    Si  attua,  cosi', un armonico confluire delle diverse competenze,
 caratterizzato da un'accentuazione  di  quella  comunale,  che  viene
 pienamente  legittimata ad operare anche nel settore estrattivo ed e'
 quindi in condizione (con il rilascio dell'atto di autorizzazione) di
 assicurare    in   concreto   la   ponderazione   tra   le   esigenze
 dell'escavazione e quelle urbanistiche.
    Concludendo,  la  disciplina  della  legge  n.  69  del  1978  non
 determina una sovrapposizione della Regione all'autonomia del comune,
 ne'  appone  ad essa vincoli lesivi; di conseguenza, l'art. 3, ultimo
 comma, di tale legge non vulnera l'art. 128 della Costituzione.
    Appare   pertinente,  infine,  ricordare  -  in  riferimento  alle
 suindicate incombenze che la  legge  affida  al  sindaco  in  materia
 estrattiva  -  che  questa  Corte  ha  precisato  essere  non  lesiva
 dell'autonomia del  comune  la  legge  regionale  che,  nel  delegare
 determinate funzioni amministrative al comune stesso, individui quale
 fra  gli  organi  comunali  debba  esercitarle  senza   alterare   la
 titolarita' della organizzazione (sent. 20 ottobre 1983, n. 319).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti   i   giudizi,   dichiara  non  fondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3, ultimo  comma,  della  legge
 della Regione Piemonte 22 novembre 1978, n. 69 ("Coltivazione di cave
 e  torbiere"),  in  riferimento  all'art.  128  della   Costituzione,
 sollevata  dal Tribunale amministrativo regionale del Piemonte con le
 ordinanze 4 dicembre 1979 (R.O. n. 458 del 1980) e 24 settembre  1980
 (R.O. nn. 1, 2 e 183 del 1981).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: PESCATORE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 27 aprile 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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