N. 511 SENTENZA 21 aprile - 5 maggio 1988
Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione. Regione Friuli-Venezia Giulia - Usi civici - Legittimazione delle occupazioni di terreni di uso civico - Competenza all'approvazione - Non spettanza allo Stato - Annullamento dell'atto ministeriale impugnato(GU n.19 del 11-5-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI.
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia notificato il 7 luglio 1980, depositato in Cancelleria il 15 luglio successivo ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 1980, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della lettera n. 117407 - Pos. B/ /14-7-84/6 in data 18 aprile 1980 del Ministero per l'Agricoltura e le Foreste, nella parte in cui non viene riconosciuto alla Regione il potere di approvare le ordinanze del Commissario degli usi civici relativamente a legittimazione di occupazioni abusive di terreni di uso civico. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri; Uditi l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. Il Ministero dell'Agricoltura e Foreste, venuto a conoscenza, su segnalazione del Commissario agli usi civici di Trieste, che una ordinanza commissariale di legittimazione dell'occupazione di terreni di uso civico era stata approvata dal Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia con decreto 21 febbraio 1977, chiedeva il parere del Consiglio di Stato in ordine alla perma nenza del potere del Presidente della Repubblica di approvare, ai sensi dell'art. 10, ultimo comma, della legge 16 giugno 1927, n. 1766, le legittimazioni in questione. Intervenuto - in senso favorevole alla competenza statale - il parere del Consiglio di Stato in data 6 febbraio 1980 (sezione seconda, n. 197/79), il Ministero invitava il Commissario agli usi civici "agli ulteriori adempimenti di competenza" con lettera del 18 aprile 1980, trasmessa dal Commissario al Presidente della Giunta regionale in data 7 maggio 1980. La Regione ha sollevato, quindi, con ricorso notificato il 7 luglio 1980, conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato, deducendo che la menzionata lettera e' invasiva della sfera di competenza ad essa riservata dall'art. 4, n. 4, dello Statuto speciale di autonomia - secondo il quale la materia degli usi civici rientra nella potesta' legislativa esclusiva o primaria della regione -, e dall'art. 1 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, in base al quale tutte le funzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in tale materia sono trasferite all'amministrazione regionale. Contestando le argomentazioni svolte dal Consiglio di Stato nel citato parere, la ricorrente sostiene che l'espressione "organi centrali e periferici dello Stato" e' comprensiva del Capo dello Stato, anche perche' l'approvazione delle ordinanze commissariali in questione costituisce atto amministrativo di controllo e non atto di speciale prerogativa presidenziale, come risulterebbe anche dal fatto che l'art. 66 del d.P.R. n. 616/1977, quanto alle regioni ordinarie, ha condizionato detta approvazione all'intesa con la regione interessata. Inoltre, prosegue la ricorrente, e' priva di fondamento la tesi, contenuta nel parere, secondo cui lo stretto collegamento sistematico che esisterebbe tra le norme che regolano la nomina dei Commissari regionali e quelle che prevedono l'esercizio del potere di legittimazione e il controllo dell'esercizio stesso "non interferisce sulla potesta' legislativa regionale, ma impedisce, fino a quando questa non sia stata esercitata, soluzioni contingenti e parziali": tale affermazione non tiene conto, conclude la ricorrente, del rigoroso parallelismo fra competenze legislative e competenze amministrative regionali, per cui il riconoscimento alla regione del potere di eliminare o di novare, in sede legislativa, una certa attribuzione amministrativa si traduce nel correlativo riconoscimento che detta attribuzione gia' appartiene alla competenza amministrativa regionale. 2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi in giudizio, conclude per il rigetto del ricorso. Richiamato il parere del Consiglio di Stato, l'Avvocatura rileva che l'atto di approvazione del Presidente della Repubblica non si inserisce nel procedimento amministrativo che si svolge dinanzi al Commissario e che si conclude con l'ordinanza che dispone la legittimazione, ma costituisce espressione di un potere di controllo su quel procedimento e su quell'atto. L'approvazione in questione, poi, prosegue l'Avvocatura, non rientra neppure esclusivamente nella materia degli usi civici, in quanto essa e' condizione di efficacia dell'ordinanza di legittimazione e gli effetti di questa consistono nella trasformazione della proprieta' demaniale in allodio, cioe' in proprieta' individuale: sotto quest'ultimo aspetto l'atto eccede certamente la competenza regionale, data la riserva di legge ex art. 42, secondo comma, Cost. in materia di disciplina della proprieta'. Cio' sarebbe confermato anche dagli artt. 66, penultimo comma, e 71, lett. i, del d.P.R. n. 616/1977, i quali, sia pur dettati per le regioni a statuto ordinario, nel ribadire il potere del Presidente della Repubblica di emanare l'atto in esame (che ha gli effetti indicati sul regime di proprieta'), dimostrano che nell'intendimento del legislatore delegato trattasi di competenza che non rientra esclusivamente nella materia dell'agricoltura e foreste, comprensiva di quella degli usi civici. 3. La ricorrente Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato memoria aggiuntiva, insistendo per l'accoglimento del ricorso. Premesso che gli "usi civici" sono attribuiti alla Regione Friuli-Venezia Giulia a titolo di competenza primaria come materia a se' stante e non, come previsto per le regioni a statuto ordinario, quale submateria dell'agricoltura e foreste, la ricorrente rileva che essa ben potrebbe dettare una nuova disciplina della materia stessa (nel rispetto, ovviamente, dei limiti di cui all'art. 4 dello Statuto) anche in contrasto con i principi fondamentali delle leggi statali che la regolano; e, pertanto, se, come e' pacifico, la regione puo' innovare anche radicalmente la disciplina degli usi civici, non si puo' poi affermare che il potere di approvazione (che la regione potrebbe in teoria anche eliminare) sia rimasto allo Stato. E', cioe', erronea la tesi dello Stato secondo cui non basterebbe il generico trasferimento alle regioni delle competenze amministrative statali relative a un certo settore a spogliare gli organi statali di quelle competenze, ma occorrerebbe invece che la regione legiferi diversamente cosi' da attribuirle agli organi regionali, mediante una novazione legislativa regionale della corrispondente legge statale. Inoltre, se si condiziona la permanenza del potere di approvazione del Presidente della Repubblica alla sola circostanza che la regione non legiferi diversamente, bisogna riconoscere che tale potere, eliminabile ad libitum dal legislatore regionale, ha ben poco di quella "regia prerogativa" che ne avrebbe impedito il passaggio alla regione. Il fatto, poi, che alle regioni a statuto ordinario e' stato assegnato un livello di partecipazione nel procedimento di legittimazione mediante la "intesa" in sede di approvazione, giustifica pienamente che la Regione Friuli-Venezia Giulia, in quanto regione ad autonomia speciale, dotata in materia di competenza primaria, vi provveda in via esclusiva. Considerato in diritto 1. - La questione che la Corte, nel presente giudizio, e' chiamata a decidere consiste nello stabilire se la competenza ad approvare le legittimazioni di occupazioni abusive di terreni di uso civico (artt. 9 e 10 della legge 16 giugno 1927, n. 1766) spetti, per quanto concerne il territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia, allo Stato, mediante decreto del Presidente della Repubblica, ovvero alla regione stessa. La ricorrente, infatti, ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in relazione alla lettera del Ministero dell'Agricoltura e Foreste del 18 aprile 1980 (diretta al Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici e da questo trasmessa al Presidente della Giunta regionale), con la quale, sulla base del parere - richiesto dalla stessa Amministrazione - espresso dal Consiglio di Stato in data 6 febbraio 1980, veniva rivendicata allo Stato la competenza in questione. Ad avviso della ricorrente, invece, essa spetta alla regione sulla base dell'art. 4, n. 4, dello Statuto speciale di autonomia (l. cost. 31 gennaio 1963, n. 1), che attribuisce alla potesta' legislativa esclusiva della regione la materia "usi civici", nonche' dell'art. 1 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116 (contenente norme di attuazione dello statuto speciale in varie materie), secondo cui le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia, fra l'altro, di usi civici, sono esercitate nel territorio della regione dall'amministrazione regionale. 2. - Il ricorso e' fondato. Il citato art. 9 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 prevede che, qualora sulle terre di uso civico siano avvenute occupazioni, queste, ove concorrano determinate condizioni, possono essere legittimate; a cio' provvedono i commissari regionali per la liquidazione degli usi civici e le ordinanze di legittimazione da essi emanate devono essere "sottoposte all'approvazione sovrana", ai sensi dell'ultimo comma del successivo art. 10. Va, innanzitutto, rilevato che all'atto di approvazione non puo' certamente piu' attribuirsi la natura di atto di "prerogativa regia", come sostenuto in passato da alcuni autori, che lo consideravano assimilabile al rescriptum gratiae: la successiva elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ha portato al superamento di tale concezione, come riconosce la stessa Avvocatura dello Stato nell'atto di costituzione. Del resto, una simile teoria e' assolutamente inconciliabile con l'art. 66, settimo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, il quale, con riferimento alle regioni a statuto ordinario, stabilisce che l'approvazione in questione e' effettuata con decreto del Presidente della Repubblica "d'intesa" con la regione interessata: la necessita' dell'intesa con la regione esclude, infatti, evidentemente, che possa parlarsi di atto di "prerogativa sovrana". Cio' posto, e' tuttora oggetto di dibattito il problema se al provvedimento in esame debba attribuirsi natura di atto costitutivo, che conclude il procedimento di legittimazione, ovvero quella (che sembra prevalere nella giurisprudenza piu' recente del Consiglio di Stato) di atto di controllo, mera condizione di efficacia dell'ordinanza commissariale di legittimazione. Ma la soluzione di tale problema non e' determinante ai fini del presente giudizio. Quale che sia, infatti, la natura giuridica (di amministrazione attiva o di controllo) dell'atto di approvazione, va ritenuto che la competenza ad emanarlo spetti, per il territorio della regione ricorrente, all'amministrazione regionale. Invero, da un lato l'art. 4, n. 4, dello statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia attribuisce alla potesta' legislativa primaria della regione la materia "usi civici", considerata, va sottolineato, quale materia a se stante e non quale sub-materia dell'"agricoltura e foreste", come avviene per le regioni a statuto ordinario; dall'altro, le attribuzioni nella stessa materia degli "organi centrali e periferici dello Stato" sono state trasferite alla regione, ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 1116 del 1965, e, una volta escluso, come sopra detto, che l'atto di approvazione delle legittimazioni costituisca atto di "prerogativa regia", non puo' non ritenersi che esso, quale che sia poi la sua specifica funzione, rientri nell'ampia dizione di cui alla norma citata. La soluzione cui si e' giunti riceve, poi, ulteriore conferma dalla considerazione che, se alle regioni a statuto ordinario e' riconosciuta - ai sensi dell'art. 66 del d.P.R. n. 616 del 1977 - la partecipazione al provvedimento di approvazione mediante la procedura dell'"intesa", appare pienamente legittimo attribuire alla regione ricorrente, sulla base delle richiamate norme parametro, la piena competenza ad adottare l'atto in questione, tenendo conto, da un lato, che ad essa non potrebbe comunque riservarsi un trattamento deteriore di quello attribuito alle regioni a statuto ordinario (cfr. sentt. nn. 216 e 304/85), e, dall'altro, che essa gode, come s'e' visto, rispetto a queste ultime, nella materia de qua, di un ben piu' ampio grado di competenza. 3. - Occorre a questo punto dar conto di due obiezioni sollevate dall'Avvocatura dello Stato. La prima (peraltro solo indirettamente proposta mediante il generico rinvio al parere del Consiglio di Stato del 6 febbraio 1980, in cui e' espressamente enunciata) consiste nel sostenere che il permanere della competenza statale ad emanare l'atto in discussione deriverebbe dal mancato esercizio, fino a questo momento, nella materia de qua della potesta' legislativa riconosciuta alla ricorrente dallo statuto speciale. La tesi non puo' essere condivisa. E' ben vero che, ai sensi dell'art. 64 dello statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia, nelle materie di competenza legislativa della regione continuano ad applicarsi le leggi statali fino a quando la regione non legiferi a sua volta (principio, del resto, ovvio, in quanto teso ad evitare vuoti legislativi); ma cio' non toglie che la legge statale, ove la regione non ritenga di dover a quella sostituire una propria diversa disciplina, vada si' applicata, ma trasferendo agli organi regionali le attribuzioni dalla legge statale conferite ad organi centrali dello Stato, secondo il dettato del citato art. 1 del d.P.R. n. 1965, nel quale, come s'e' detto, va ricompreso il provvedimento in discussione. In secondo luogo, l'Avvocatura dello Stato obietta che l'approvazione delle legittimazioni non rientrerebbe esclusivamente nella materia degli usi civici, ma toccherebbe anche la materia del diritto di proprieta', producendo l'effetto della trasformazione del demanio in allodio, cioe' in proprieta' individuale: ne conseguirebbe che l'atto eccederebbe, comunque, la competenza della ricorrente. Anche questa tesi non puo' essere accolta. Il procedimento di legittimazione dell'occupazione di terre gravate da uso civico ha, infatti, pacificamente natura amministrativa: pertanto, analogamente a quanto affermato nella sentenza n. 70 del 1970 (con la quale la Corte dichiaro' che spetta alla Regione Friuli-Venezia Giulia il potere di riconoscere persone giuridiche private nella materia delle istituzioni sportive, di cui all'art. 4, n. 14, dello statuto regionale), va ritenuto che nel caso in esame si tratta non di dettare una disciplina interna in materia di rapporti privati, ma di esercitare, mediante un'attivita' strettamente amministrativa, una competenza chiaramente indicata nello statuto speciale di autonomia. Peraltro va sottolineato che anche nel caso di cui alla citata pronuncia del 1970 l'atto di cui lo Stato rivendicava la competenza era costituito da un decreto del Capo dello Stato. 4. - In conclusione, in accoglimento del ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, va dichiarato che non spetta allo Stato il potere di approvare le legittimazioni di occupazioni di terre di uso civico comprese nel territorio della regione stessa, con conseguente annullamento dell'atto impugnato.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara che non spetta allo Stato il potere di approvare le legittimazioni di occupazioni di terre di uso civico comprese nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia; annulla, di conseguenza, la lettera del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste n. 117407 del 18 aprile 1980 diretta al Commissariato regionale degli usi civici con sede in Trieste. Cosi' deciso, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: FERRI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 5 maggio 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0728