N. 512 SENTENZA 21 aprile - 5 maggio 1988

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.  Regione
 Valle d'Aosta - Acquisti di beni immobili, deliberati dalla regione e
 accettazioni di lasciti o donazioni Autorizzazione - Spettanza allo
 Stato
(GU n.19 del 11-5-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  promosso  con  ricorso  della  Regione  Valle  d'Aosta
 notificato il 7 luglio 1979, depositato in Cancelleria il  27  luglio
 successivo  ed  iscritto  al  n.  23  del  registro ricorsi 1979, per
 conflitto di attribuzione  sorto  a  seguito  della  Circolare  della
 Presidenza  del  Consiglio dei ministri - Ufficio Regioni, in data 27
 aprile 1979, Rep. n. 200/3054/R 2.33.4, avente per oggetto: "Acquisti
 di beni immobili - Accettazione di lasciti e donazioni da parte delle
 Regioni";
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi  l'avv.  Gustavo  Romanelli  per  la Regione Valle d'Aosta e
 l'Avvocato  dello  Stato  Giorgio  Azzariti  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    Con  atto  notificato  il  7 luglio 1979 la Regione Autonoma Valle
 d'Aosta ha proposto ricorso per conflitto di attribuzioni  contro  la
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri, impugnando la circolare di
 detta Presidenza - Ufficio Regioni in data 27 aprile  1979,  rep.  n.
 200/3054/R2.33.4,  con  la  quale  il  governo centrale comunicava di
 ritenere che "in occasione di acquisti di immobili (che  non  vengano
 effettuati  attraverso  atti  legislativi)  ovvero di accettazioni di
 lasciti o di donazioni,  anche  le  Regioni  dovranno  promuovere  le
 procedure  previste  dalla  legge 5 giugno 1850 n. 1037, dall'art. 17
 del codice civile e dagli artt. 5 e 7 delle norme di  attuazione  del
 codice civile".
    La  circolare e' stata emanata in seguito a un parere formulato in
 data 19 maggio 1978 dalla  prima  sezione  del  Consiglio  di  Stato,
 interpellato  dalla  Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo avere
 raccolto sul punto pareri contrastanti del Ministero  dell'interno  e
 del  Ministero  di grazia e giustizia. Nel citato parere il Consiglio
 di Stato ha ritenuto che l'autorizzazione governativa  agli  acquisti
 e'  "un  istituto a carattere generale applicabile a tutte le persone
 giuridiche,  sia  pubbliche  che  private,  e  fondato   su   ragioni
 essenziali   di   ordine   pubblico  derivanti  dalla  necessita'  di
 esercitare una permanente vigilanza e  un  controllo  sistematico  in
 relazione    all'eventualita',    potenzialmente    dannosa,    della
 costituzione di manomorte".
    La  circolare  e'  ritenuta  dalla  ricorrente  "gravemente lesiva
 dell'autonomia  regionale,  e  in  modo  particolare   dell'autonomia
 spettante alle Regioni a statuto speciale" per due motivi.
    Col  primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1, 2, 3, 4
 e 43 dello statuto speciale della Valle d'Aosta, anche  in  relazione
 all'art.  15  del  d.P.R.  24 luglio 1977 n. 616. Si sostiene che gli
 acquisti immobiliari delle Regioni devono essere  assoggettati  a  un
 regime  analogo  a  quello degli acquisti dello Stato, per i quali lo
 Stato stesso  valuta  l'opportunita'  in  relazione  all'esigenza  di
 impedire  "l'eventualita', potenzialmente dannosa, della costituzione
 di manomorte". In questo senso si trae  argomento  dall'art.  15  del
 d.P.R.  n.  616  del  1977  che  ha trasferito alle regioni a statuto
 ordinario  l'esercizio  delle  funzioni  amministrative   concernenti
 l'acquisto  di  immobili  e  l'accettazione di lasciti e donazioni da
 parte degli  enti  amministrativi  dipendenti  dalla  regione,  e  ha
 delegato  le  medesime  funzioni  riguardo  alle  persone  giuridiche
 private:   "Se   le   Regioni   hanno   competenza    ad    assentire
 l'autorizzazione  degli  acquisti  immobiliari  di  enti  locali e di
 persone giuridiche private, appare incongruo - secondo la  ricorrente
 -  e  privo  di  razionalita'  che  si  neghi ad esse la competenza a
 valutare l'opportunita' dei propri acquisti immobiliari".
    Col  secondo  motivo  si  deduce ulteriormente la violazione degli
 artt. 2, 3 e 4 dello statuto regionale, nonche' degli artt. 5 e 6.
    Sarebbero  lese  in  particolare  la competenza regionale relativa
 all'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti  dalla  Regione,
 attribuita   dall'art.   2   lett.   a),   "incidendo   la   prevista
 autorizzazione sul potere di autoorganizzazione della Regione", e  la
 competenza  di  cui  all'art. 3 lett. c) in materia di espropriazione
 per pubblica utilita' per opere non a carico dello Stato, considerato
 che  "l'espropriazione  conduce inevitabilmente alla realizzazione di
 un acquisto immobiliare".
    Si   aggiunge  che,  avendo  la  circolare  impugnata  escluso  il
 requisito   dell'autorizzazione   governativa   per   gli    acquisti
 immobiliari  mediante  leggi  regionali,  questa  riserva  in  favore
 dell'autonomia della Regione configura in pari tempo  una  violazione
 ulteriore  dello  statuto  speciale,  e  precisamente dell'art. 4 dal
 quale  risulta   il   principio   di   coincidenza   tra   competenza
 amministrativa e competenza legislativa.
    Infine,  un  indice  contrario  all'assoggettamento degli acquisti
 immobiliari della Regione ad autorizzazione governativa e'  ravvisato
 dalla  ricorrente  anche  negli  artt.  5  e  6  dello  statuto,  che
 trasferiscono  alla  Regione   rispettivamente   i   beni   demaniali
 (eccettuata  una categoria) e i beni patrimoniali dello Stato situati
 nel territorio della Regione stessa.
    2.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   dello   Stato,
 chiedendo il rigetto del ricorso.
    Secondo l'Avvocatura il parere del Consiglio di Stato, al quale si
 e' uniformata la circolare  impugnata,  costituisce  applicazione  di
 principi piu' volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, e
 precisamente dalle sentenze n. 139 del 1972, n. 62 del 1973 e n.  140
 del  1977.  L'istituto  dell'autorizzazione "risponde all'esigenza di
 tutelare pubblici interessi facenti  capo  allo  Stato  e  all'intera
 collettivita'  nazionale",  e cio' giustifica il mantenimento di tale
 requisito anche nei confronti delle Regioni, senza  che  possa  dirsi
 violata  la particolare autonomia politica ad esse costituzionalmente
 garantita.
    In    particolare    non    basta   a   escludere   il   requisito
 dell'autorizzazione governativa  la  generica  previsione  statutaria
 relativa  all'"ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla
 Regione", essendo le attribuzioni regionali di cui all'art.  2  lett.
 a) limitate alle autorizzazioni aventi un contenuto di controllo e di
 tutela degli interessi del singolo ente; e quanto  all'art.  3  lett.
 c),  che  attribuisce alla regione potesta' legislativa in materia di
 "espropriazione per pubblica utilita' per opere non  a  carico  dello
 Stato",  integrata  dalle  funzioni  amministrative  corrispondenti a
 norma dell'art. 5, si  tratta  di  una  "deroga  precisa  e  speciale
 rispetto  alla regola generale che prescrive l'autorizzazione per gli
 acquisti immobiliari anche delle regioni".
    Infine,  sempre ad avviso dell'Avvocatura, non v'e' contraddizione
 tra l'assoggettamento anche degli acquisti immobiliari delle  regioni
 all'autorizzazione  governativa  e  la possibilita' di escludere tale
 requisito deliberando l'acquisto mediante legge regionale. In  questo
 secondo  caso interviene pur sempre un controllo governativo a tutela
 dell'interesse   della   collettivita'   generale    attraverso    il
 procedimento previsto dall'art. 127 Cost.
                         Considerato in diritto
    1. - Occorre precisare preliminarmente che l'assoggettamento delle
 regioni al requisito dell'autorizzazione governativa per gli acquisti
 di immobili a titolo oneroso e per l'accettazione di liberalita' puo'
 fondarsi soltanto sulla legge 5  giugno  1850  n.  1036  (c.d.  legge
 Siccardi),  applicabile  a tutti i "corpi morali", ossia come precisa
 l'art. 1 del regolamento di esecuzione approvato con r.d.  26  giugno
 1864  n.  1817,  a "qualunque istituzione". Non sono applicabili alle
 regioni ne' la legge 21 giugno  1896  n.  218  e  il  regolamento  di
 esecuzione  approvato  con r.d. 26 luglio 1896 n. 361, che riguardano
 le province, i comuni e le istituzioni pubbliche di beneficenza,  ne'
 l'art.  17  cod.  civ.  e  l'art. 5 delle disposizioni di attuazione,
 concernenti le sole persone giuridiche private (arg. ex art. 11  cod.
 civ.).
    Pertanto,     nei     confronti     delle    regioni    l'istituto
 dell'autorizzazione  agli  acquisti  -   ritenuto   applicabile   dal
 Consiglio  di  Stato  nel  parere  in  data 19 maggio 1978, cui si e'
 conformata l'impugnata circolare della Presidenza del  Consiglio  dei
 Ministri  -  non  implica  la  funzione  tutoria  di  controllo della
 convenienza  dell'acquisto   e   della   disponibilita'   dei   mezzi
 occorrenti,  che  per gli altri enti pubblici e le persone giuridiche
 private l'art. 2 n. 5 del r.d. n. 361 del  1896  e,  rispettivamente,
 l'art. 5 disp. att. cod. civ. hanno aggiunto e quasi sovrapposto alla
 funzione originaria, identificata dalla sentenza n. 62  del  1973  di
 questa   Corte   nell'"esigenza  fondamentale  e  sempre  attuale  di
 contenere  nei  limiti  del  necessario  gli  acquisti   patrimoniali
 destinati  a  mero  scopo  di  investimento  e di reddito". In questi
 termini il requisito dell'autorizzazione governativa  e'  compatibile
 con  l'autonomia  riconosciuta  alle  regioni  dall'art. 115 Cost., e
 anche con l'autonomia riconosciuta alla  Valle  d'Aosta  dall'art.  1
 dello  statuto  speciale.  L'autonomia delle regioni, che, pur avendo
 carattere politico, "non e' da  confondere  con  la  sovranita'"  (C.
 cost.   n.   143  del  1968),  e'  limitata  alla  valutazione  e  al
 perseguimento degli interessi specifici della regione.
    Invece  l'autorizzazione  agli acquisti, secondo la configurazione
 della legge Siccardi, e' ordinata alla tutela di un  interesse  della
 collettivita'   generale,  della  quale  e'  esponente  lo  Stato,  e
 precisamente dell'interesse a "ridurre  nella  misura  dello  stretto
 indispensabile  i  mezzi  patrimoniali  destinati  ad  attivita'  non
 produttive, affinche' la maggiore quantita' possibile  delle  risorse
 economiche  del  paese  possa concorrere ad aumentare la produzione e
 quindi la ricchezza nazionale". Alla stregua di  questa  ratio  legis
 appare infondata la pretesa della Regione ricorrente che gli acquisti
 immobiliari delle regioni siano "assoggettati a un regime  analogo  a
 quello  dei  beni  statali,  per  i  quali  lo  Stato  stesso  valuta
 l'opportunita' dell'acquisto in relazione all'esigenza di evitare  la
 costituzione   di   manomorte".  D'altra  parte  non  e'  esatto  che
 l'alternativa  sia  l'assoggettamento  delle  regioni  "a  un  regime
 analogo  a  quello  degli enti locali": come si e' gia' sottolineato,
 nei  confronti  delle  regioni  rimane  estranea   all'autorizzazione
 l'ulteriore  funzione  tutoria  che  essa svolge nei rapporti con gli
 altri  enti,  cioe'  la  funzione   di   un   sindacato   governativo
 sull'opportunita'  dell'acquisto  dal  punto  di vista dell'interesse
 dell'ente, e di tutela degli eredi  legittimi  del  testatore  o  del
 donante.
    Cade  di  conseguenza  anche l'argomento che la ricorrente ritiene
 offerto dall'art. 15 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, nel senso  che
 "se  le  regioni  hanno competenza ad assentire agli acquisti di enti
 locali e di persone giuridiche private, appare incongruo e  privo  di
 razionalita'   che  si  neghi  ad  esse  la  competenza  di  valutare
 l'opportunita'  dei  propri  acquisti  immobiliari".   Anzitutto   il
 trasferimento  delle  funzioni  amministrative  previsto  dalla norma
 citata riguarda soltanto gli "enti  pubblici  locali  operanti  nelle
 materie  di cui al presente decreto", restando esclusi in primo luogo
 le province e i comuni, i cui acquisti continuano ad essere  soggetti
 all'autorizzazione governativa. Secondariamente, tra l'autorizzazione
 agli acquisti immobiliari degli enti locali e  l'autorizzazione  agli
 acquisti  della regione non vi e' simmetria, perche' per quest'ultima
 il controllo non si estende all'opportunita' dell'acquisto.
    2.  -  Non  sussistono  nemmeno  le altre violazioni dello statuto
 regionale lamentate dalla Valle d'Aosta.
    Non  e'  violato  l'art.  2 lett. a), che attribuisce alla Regione
 potesta' legislativa (esclusiva) in  materia  di  "ordinamento  degli
 uffici  e  degli  enti  dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed
 economico del personale". Come ha osservato  la  sentenza  di  questa
 Corte  n.  140  del  1977,  richiamata  dall'Avvocatura  dello Stato,
 generiche previsioni statutarie  di  questo  tipo  "da  un  lato  non
 valgono  e  dall'altro  non  bastano  a  definire la sorte del potere
 autorizzativo in esame".
    Non  e'  violato  l'art.  3 lett. c), che attribuisce alla Regione
 potesta' legislativa (concorrente) in materia di "espropriazione  per
 pubblica  utilita'  per  opere non a carico dello Stato". E' vero che
 "l'espropriazione conduce inevitabilmente alla  realizzazione  di  un
 acquisto   immobiliare",   ma   cio'  significa  soltanto  che,  alla
 condizione indicata, la norma statutaria estende, in via eccezionale,
 agli   acquisti  immobiliari  mediante  espropriazione  per  pubblica
 utilita' l'esonero dalla necessita'  dell'autorizzazione  governativa
 previsto  dall'art. 5, primo comma, del r.d. n. 1817 del 1864 per gli
 acquisti a seguito di procedimenti di esecuzione forzata immobiliare.
    Altrettanto inconsistente e' la pretesa violazione degli artt. 5 e
 6  dello  statuto  regionale.  Il  trasferimento  al  demanio  o   al
 patrimonio  della Regione dei beni del demanio o del patrimonio dello
 Stato, disposto dalla legge costituzionale n. 4 del 1948, non esclude
 che  atti  successivi  di  acquisto di beni immobili, destinati a far
 parte  del  demanio  o  del  patrimonio  regionali,  siano   soggetti
 all'autorizzazione  governativa  richiesta  per  tutte  le  pubbliche
 istituzioni dalla legge n. 1037 del 1850.
    3.  -  Non sussiste, infine, la lamentata violazione del principio
 di coincidenza tra competenza amministrativa e competenza legislativa
 della  Regione,  risultante  dall'art.  4 dello statuto speciale. Con
 questo  principio  contrasterebbe,   secondo   la   ricorrente,   "la
 possibilita'  di  evitare  la richiesta di autorizzazione governativa
 attraverso l'emanazione di una legge regionale",  riconosciuta  dalla
 circolare     impugnata,    la    quale    limita    la    necessita'
 dell'autorizzazione governativa agli acquisti delle regioni "che  non
 vengano effettuati attraverso atti legislativi".
    Il detto principio non e' richiamato a proposito. L'autorizzazione
 governativa di cui si  discute  non  si  sovrappone  alla  competenza
 amministrativa  della  Regione  in  una  materia  inclusa  nella  sua
 competenza   legislativa,   bensi'   si   aggiunge   alla    delibera
 dell'amministrazione  regionale  come  modalita'  del procedimento di
 formazione dell'atto negoziale col quale la Regione acquista un  bene
 immobile o accetta un lascito o una donazione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che spetta allo Stato il potere di autorizzare le regioni,
 e in particolare la Regione Autonoma  Valle  d'Aosta,  ad  acquistare
 beni  immobili  e ad accettare lasciti o donazioni, quando l'acquisto
 sia deliberato con atto amministrativo della regione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 5 maggio 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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