N. 615 SENTENZA 8 - 10 giugno 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Ordinamento giudiziario - Ricezione dell'impugnazione nel processo penale - Incombenza non consentita al segretario giudiziario in assenza del cancelliere competente - Tassativita' delle attribuzioni - Non fondatezza. (Legge 12 luglio 1975, n. 311, art. 2). Cost., artt. 3 e 24, primo e secondo comma)(GU n.24 del 15-6-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311 (Specificazione delle attribuzioni della carriera direttiva, di concetto ed esecutiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1984 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Paolucci Ercole, iscritta al n. 884 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1986; Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso; Ritenuto in fatto 1. - Paolucci Ercole si appellava contro la sentenza con cui il Pretore di Lanciano l'aveva condannato per lesioni colpose. La dichiarazione di appello, presentata durante le ore di ufficio dell'ultimo giorno utile nella cancelleria del Pretore, veniva ricevuta dal segretario, data l'assenza di qualsiasi cancelliere in servizio presso quella Pretura. Nel motivare successivamente l'appello, il Paolucci si soffermava preliminarmente sull'ammissibilita' del gravame: sia perche' le "norme che precisano le funzioni del personale giudiziario della carriera di concetto" dovrebbero intendersi "come abilitanti il segretario giudiziario a ricevere una dichiarazione di impugnazione, dato che lo riconoscono capace di assistere al processo", sia perche' l'appellante dovrebbe comunque essere posto in grado di utilizzare, fra gli "strumenti consentiti dall'articolo 198 del codice di procedura penale, quello da lui ritenuto piu' conveniente". Sempre in via preliminare, ma subordinatamente, eccepiva, in riferimento agli artt. 3, 23, 24 e 25 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311, e dell'art. 198 del codice di procedura penale, "per la parte in cui non consentono al cittadino-imputato di proporre, senza affrontare la minima spesa, dichiarazione di impugnazione presso la cancelleria del giudice, quando per carenze degli organici manchi chi e' preposto a ricevere la dichiarazione stessa". Il Tribunale di Lanciano disattendeva le argomentazioni addotte dall'appellante in ordine all'ammissibilita' del gravame, insistendo, in particolare, sull'obbligo dell'imputato di utilizzare uno degli altri mezzi consentiti dall'art. 198 del codice di procedura penale per presentare la dichiarazione di impugnazione. Riteneva, poi, manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale proposta dalla difesa. 2. - Ricorreva per cassazione l'imputato, formulando sostanzialmente le medesime doglianze prospettate nell'atto di appello e riproponendo la questione di legittimita' costituzionale disattesa dal Tribunale. La Corte di cassazione, investita del ricorso, ha, con ordinanza del 9 novembre 1984, denunciato, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311, "nella parte in cui non consente al segretario giudiziario di sostituire il cancelliere mancante o assente nel compimento di atti non rinviabili, e particolarmente nella ricezione della dichiarazione di impugnazione nel processo penale". Dopo aver richiamato le ragioni che hanno condotto il legislatore a mettere a disposizione del soggetto legittimato "strumenti" diversi per effettuare la dichiarazione di impugnazione, il giudice a quo rileva come tali "alternative" siano state predisposte nell'interesse esclusivo della parte interessata, cosicche' "l'impugnante non e' tenuto ad utilizzare uno strumento subordinato quando il primo non sia obiettivamente agevole": egli e', infatti, "semplicemente abilitato a scegliere alternativamente quello che ritiene piu' conveniente, senza doverne dare alcuna giustificazione. Tutti sono percio' ugualmente e contemporaneamente a sua disposizione, ma nessuno e' da ritenersi imposto a preferenza di un altro, sia pure in situazioni contingenti". Non a caso, del resto, l'art. 198, primo comma, del codice di procedura penale si esprime "nella classica forma imperativa", tanto da lasciare intendere che il cancelliere, come non puo' rifiutarsi di ricevere la dichiarazione, cosi' non puo' "essere esonerato da tale funzione". All'impugnante, quindi, non e' in alcun modo opponibile l'inidoneita' dell'ufficio a ricevere la dichiarazione: "deficienze di organici, contingenze organizzative o altre difficolta' analoghe non possono essere poste a suo carico". Tutto cio' sul presupposto che, ai sensi dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311, il segretario non sia abilitato a ricevere la dichiarazione di impugnazione, che dovrebbe, quindi, essere necessariamente ricevuta dal cancelliere, in quanto unico soggetto legittimato all'autenticazione degli atti e, nel caso di specie, all'autenticazione della dichiarazione dell'impugnante. Donde la conseguenza che colui il quale intenda impugnare il provvedimento di un giudice presso cui non vi sia un cancelliere in servizio non solo verrebbe vulnerato nel diritto di azione e difesa, ma subirebbe anche violazione del principio di eguaglianza "rispetto ad altri cittadini che sono giudicati da uffici cui e' addetto stabilmente il cancelliere". Stante la tassativita' dell'indicazione delle rispettive attribuzioni del personale direttivo (cancellieri) e del personale di concetto (segretari), la legge 12 luglio 1975, n. 311 - prosegue l'ordinanza di rimessione - non puo' essere interpretata "estensivamente" ad opera del giudice: ma, poiche' essa determina violazione degli indicati precetti costituzionali, solo la Corte costituzionale potrebbe interpretare la norma denunciata nel senso che "il personale della carriera di concetto e' autorizzato ad esercitare le attribuzioni del cancelliere mancante o assente per il compimento di speciali atti urgenti, e particolarmente di quelli soggetti a termini perentori, la cui scadenza farebbe decadere il titolare del diritto dalla possibilita' di esercitarlo", e cio' in corrispondenza a quanto stabilito dall'art. 1, ultimo comma, della legge n. 311 del 1975 ("il personale della carriera direttiva... ne esercita le attribuzioni, fino a quando non possa provvedersi diversamente"). Del resto - conclude il giudice a quo - l'attribuzione "sia pure in via eccezionale" delle anzidette funzioni al segretario non puo' ritenersi estranea alla sua "professionalita'", non foss'altro perche' nel verbale di udienza, atto pubblico facente piena prova fino a querela di falso, egli attesta quanto avviene al dibattimento. L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16, prima serie speciale, del 23 aprile 1986. Nel giudizio non si e' costituita la parte privata ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri. Considerato in diritto 1. - Ad avviso della Corte di cassazione, l'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311 "nella parte in cui non consente al segretario giudiziario di sostituire il cancelliere mancante o assente nel compimento di atti non rinviabili, e particolarmente nella ricezione della dichiarazione di impugnazione nel processo penale", contrasterebbe con gli artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, potendo "creare impedimenti all'esercizio dei diritti di agire e di difendersi in giudizio (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) e determinare diseguaglianza di trattamento (art. 3, secondo comma, Cost.)"; 2. - Tenuto conto della rilevanza, l'oggetto della questione deve intendersi circoscritto alla norma che non consente al segretario giudiziario (rectius, ai segretari addetti alle cancellerie giudiziarie) di "sostituire" il cancelliere mancante od assente "nella ricezione della dichiarazione di impugnazione nel processo penale". Il dubbio di legittimita' risulta, infatti, sollevato con riguardo ad un caso in cui - recatosi l'imputato nella cancelleria di una pretura durante le ore d'ufficio dell'ultimo giorno utile per appellare una sentenza di quel pretore e consegnata la relativa dichiarazione al segretario, data l'assenza "di qualsiasi cancelliere in servizio presso la Pretura" stessa - l'impugnazione proposta e' stata ritenuta inammissibile dal giudice di appello proprio perche' ricevuta da un segretario. L'argomentazione a tal fine addotta e' sintetizzabile nei seguenti termini: "nella impossibilita' di proporre la dichiarazione al cancelliere", che, a norma dell'art. 198, primo (nonche' terzo) comma, del codice di procedura penale, e' l'unico funzionario legittimato a ricevere la dichiarazione di impugnazione, l'"imputato avrebbe dovuto utilizzare un altro dei mezzi consentiti" dal medesimo articolo e, piu' specificamente, la trasmissione della dichiarazione scritta per raccomandata o per telegramma. 3. - Chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dall'imputato contro la declaratoria di inammissibilita' dell'appello, la Corte di cassazione prende le mosse dalle eccezioni di legittimita' costituzionale avanzate, sotto vari profili (artt. 3, 23, 24 e 25 della Costituzione), dalla difesa dell'imputato sia nei confronti dell'art. 198 del codice di procedura penale sia nei confronti dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311 "per la parte in cui non consentono all'imputato di proporre dichiarazione di impugnazione presso la cancelleria del giudice, quando per carenza degli organici manchi chi e' preposto a ricevere la dichiarazione stessa", accantonando, pero', subito ogni richiamo agli artt. 23 e 25 della Costituzione. Escluso, altresi', che "si possa dubitare della conformita'" ai princi'pi di cui agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma "dell'art. 198 del codice di procedura penale, che correttamente attribuisce al cancelliere la funzione di ricevere la dichiarazione di impugnazione", la Corte di cassazione fa, invece, propri i dubbi sulla conformita' a tali princi'pi dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311. E cio' perche' - a differenza dell'art. 1 della stessa legge, che, intitolato alle attribuzioni del personale della carriera direttiva, detta un apposito comma, il quarto ed ultimo, per assicurare i servizi "in caso di mancanza o di assenza del personale di concetto", demandando l'esercizio delle relative attribuzioni al personale direttivo "sino alla definitiva revisione dei ruoli organici" - l'art. 2, intitolato alle attribuzioni del personale della carriera di concetto, non autorizza in alcuna delle sue parti questo personale ad esercitare le attribuzioni del personale direttivo mancante o assente, nemmeno quelle relative all'autenticazione degli atti soggetti a termine perentorio. Con la conseguenza che, in caso di mancanza o di assenza del cancelliere, il titolare del diritto di compiere uno di tali atti viene privato della possibilita' di esercitarlo. 4. - Premesso che la legge 12 luglio 1975, n. 311 "e' tassativa nell'indicazione delle attribuzioni del personale direttivo (cancellieri) e di concetto (segretari) degli uffici giudiziari", il giudice a quo esclude che l'art. 2 possa "essere interpretato estensivamente ad opera del giudice": salvo a soggiungere che un'interpretazione estensiva "nel senso che il personale della carriera di concetto e' autorizzato ad esercitare le attribuzioni del cancelliere mancante o assente per il compimento degli atti soggetti a termini perentori", potrebbe "dare soltanto la Corte costituzionale", tenendo conto anche del fatto che si tratta di una "funzione" non estranea alla "professionalita'" del segretario "considerato che gia' nel verbale dell'udienza formale egli attesta in un atto pubblico facente fede sino a querela di falso - sia pure insieme al giudice - quanto avviene nel dibattimento". Ma, a parte ogni rilievo sui limiti entro i quali questa Corte e' in grado di sovrapporre una sua interpretazione a quella che l'organo chiamato ad assicurare l'uniforme interpretazione della legge indica come la sola praticabile nella specie, il contrasto fra il dettato dell'art. 1 ed il dettato dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311, e' talmente vistoso da precludere che al silenzio del secondo possa venire attribuito un significato equivalente all'espressa, e per giunta eccezionale, previsione racchiusa nel comma finale del primo. 5. - Tuttavia - pur dovendosi riconoscere che l'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311, non legittima il segretario a sostituire il cancelliere mancante o assente nella ricezione della dichiarazione di impugnazione nel processo penale e pur dovendosi, al tempo stesso, ammettere che il diritto di proporre impugnazione subirebbe un non giustificabile pregiudizio qualora, in presenza del segretario, ma in mancanza o in assenza del cancelliere, la persona legittimata ad esercitare quel diritto si trovasse nell'impossibilita' di farlo validamente - la questione non e' fondata. E' stata la stessa Corte di cassazione, dapprima con una sentenza delle Sezioni penali unite, pronunciata (27 aprile 1985) e depositata (27 giugno 1985) quando ancora l'ordinanza in esame non era pervenuta a questa Corte, e poi con un'analoga pronuncia di una Sezione penale singola (la VI, 27 novembre 1986), a chiarire - ponendo fine ad un contrasto giurisprudenziale sorto in seguito al d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, cui risalgono, da un lato, l'inquadramento dei cancellieri nella carriera direttiva ordinaria dello Stato e, dall'altro, il conferimento della qualifica di segretario ai funzionari della carriera di concetto - che l'esercizio, ad opera di un segretario, di incombenze riservate al personale della carriera direttiva integra semplicemente un'irregolarita' interna all'ufficio di cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza. In quanto tale, cioe' in quanto mera irregolarita' interna, la circostanza che la dichiarazione di impugnazione sia ricevuta dal segretario non puo' rendere invalido l'atto posto in essere da un soggetto processuale estraneo, per definizione, a quell'ufficio, cosi' addivenendosi, grazie all'interpretazione fatta propria dalle Sezioni unite, ad una conclusione perfettamente in linea con l'esigenza che le carenze organizzative degli uffici non producano effetti irreparabili a danno delle parti. 6. - Tutto cio' non significa che le irregolarita' debbano essere tollerate e, tanto meno, che debbano essere consentite. All'ordinamento il compito di ovviarvi, prevenendole adeguatamente. La stessa soluzione prevista dall'ultimo comma dell'art. 1 della legge 12 luglio 1975, n. 311, riveste carattere di provvisorieta', essendone stata prestabilita la vigenza "sino alla definitiva revisione degli organici": una revisione ormai non piu' differibile, trattandosi di dare finalmente piena attuazione al riordinamento delle carriere disposto dal d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077. Molto opportunamente, del resto, il progetto preliminare del codice di procedura penale, trasmesso in data 29 gennaio 1988 dal Governo alle Camere, risolve il problema della presentazione dell'impugnazione (art. 575, primo comma), richiedendo che l'atto di impugnazione sia presentato "nella cancelleria" del giudice da cui e' stato emesso il provvedimento impugnato e demandando al "segretario" il compito di apporvi le indicazioni e la sottoscrizione necessarie.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 12 luglio 1975, n. 311 (Specificazione delle attribuzioni della carriera direttiva, di concetto ed esecutiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione, con ordinanza del 9 novembre 1984. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: CONSO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 10 giugno 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0916