N. 697 SENTENZA 9 - 23 giugno 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro - Retribuzione - Effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione - Computo - Normativa posta dagli accordi interconfederali dai contratti del settore dell'industria - Nullita' delle clausole contrattuali difformi Non fondatezza. (D.-L. 1 febbraio 1977, n. 12, artt. 2, primo comma, e 4, convertito nella legge 31 marzo 1977, n. 91). (Cost., art. 39, ultimo comma)(GU n.26 del 29-6-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 4 del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12 (Norme per l'applicazione dell'indennita' di contingenza), convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, concernente norme per l'applicazione dell'indennita' di contingenza), promossi con ordinanze emesse il 20 febbraio 1981, il 21 aprile e il 24 giugno 1982 dal Pretore di Roma nei procedimenti civili vertenti tra Del Pin Italo e Rinaldi Roberto Mario e la S.p.A. American Express Company e tra Mura Luigi e la S.p.A. Alitalia, iscritte al n. 297 del registro ordinanze 1981 e ai nn. 486 e 918 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 255 dell'anno 1981, n. 351 dell'anno 1982 e n. 149 dell'anno 1983; Visti gli atti di costituzione di Del Pin Italo, della S.p.A. American Express Company e della S.p.A. Alitalia nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 19 aprile 1988 il Giudice relatore Francesco Greco; Uditi l'avv. Luciano Ventura per Del Pin Italo e l'Avvocato dello Stato Enzo Ciardulli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto Il Pretore di Roma, con ordinanza emessa in data 20 febbraio 1981, nel corso del giudizio promosso da Del Pin Italo nei confronti della American Express Company S.p.A. per ottenere il pagamento delle differenze retributive non corrisposte a seguito del congelamento dalla indennita' di contingenza sulla quattordicesima, quindicesima e sedicesima mensilita', ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 39 Cost., la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 4 del d.l. n. 12 del 1977, convertito con l. n. 91 del 1977, nella parte in cui prescrivono che gli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione non possono essere computati, a pena di nullita' di ogni diversa clausola contrattuale, in difformita' dalla normativa prevalente posta dai contratti del settore dell'industria per i corrispondenti elementi contributivi, e limitatamente a tali elementi. Il giudice a quo osserva che le disposizioni impugnate, operando un rinvio formale ad accordi indeterminati nella esistenza e nel contenuto, hanno attribuito efficacia erga omnes a tali accordi in violazione dell'art. 39 Cost.. Si e' costituito nel presente giudizio il Del Pin rilevando come l'interpretazione delle disposizioni impugnate, offerta dal Pretore di Roma nell'ordinanza di rimessione, non puo' essere condivisa in quanto eccessivamente rigorosa ed in sostanza estensiva; la questione sarebbe, quindi, irrilevante. Lo stesso Del Pin osserva, peraltro, che se le disposizioni dovessero essere interpretate nel senso prospettato dal giudice a quo, la questione dovrebbe essere ritenuta fondata. Si e' costituita, altresi', la American Express Company S.p.A. la quale, rilevando che il Pretore di Roma ha interpretato le disposizioni impugnate nel senso prospettato nella memoria di costituzione, ha chiesto che la questione venga dichiarata non fondata in quanto gia' ritenuta infondata con sent. n. 141 del 1980. Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri rilevando che la questione deve ritenersi sostanzialmente gia' risolta dalla sentenza predetta. La stessa questione e' stata ancora sollevata dal medesimo giudice con altre due ordinanze emesse rispettivamente in data 21 aprile 1982 (R.O. n. 486/82) ed il 24 giugno 1982 (R.O. n. 918/82). Considerato in diritto 1. - I tre giudizi possono essere riuniti e decisi con una unica sentenza in quanto prospettano la stessa questione. 2. - Il Pretore di Roma, con le tre ordinanze di remissione, dubita della legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 4 del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, conv. in legge 31 marzo 1977, n. 91, nella parte in cui prescrive che gli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione non possono essere computati, a pena di nullita' di ogni clausola contrattuale contrastante, in difformita' della normativa prevalente posta dagli accordi interconfederali o dai contratti del settore dell'industria per i corrispondenti elementi retributivi e limitatamente a tali elementi. Risulterebbe violato l'art. 39, u.p., della Costituzione in quanto, operando un rinvio formale ad accordi indeterminati nell'esistenza e nel contenuto avrebbe attribuito ad essi efficacia erga omnes. 3. - Le censure non sono fondate. Il d.l. n. 12 del 1977, convertito nella legge 31 marzo 1977, n. 91, e' stato emanato sull'accordo Governo-Sindacati nell'intento di contenere il costo del lavoro e di frenare gli effetti dannosi della svalutazione monetaria al fine di superare la crisi delle aziende. Ha disciplinato, tra l'altro, gli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione su qualsiasi elemento della retribuzione. Si e' ritenuto che il punto di equilibrio dei contrapposti interessi poteva equamente rinvenirsi nella previsione in materia contenuta negli accordi interconfederali e nei contratti del settore dell'industria, presi, pertanto, a modello, sancendosi, inoltre, la nullita' delle clausole difformi dei contratti vigenti negli altri settori. Le ragioni che hanno ispirato la legge e gli effetti da realizzare, cioe' l'eliminazione delle scale mobili anomale, il blocco delle indicizzazioni degli elementi della retribuzione, la perequazione e la riconduzione ad uniformita' delle varie previsioni contrattuali, differenti per i diversi settori, fanno disattendere la interpretazione prospettata dai ricorrenti secondo cui la voluta, ampia e generale, considerazione degli "elementi della retribuzione" consentirebbe l'inclusione in essi anche delle altre mensilita' aggiuntive (quattordicesima, quindicesima ecc...) previste dai contratti collettivi oltre la tredicesima, che e' la sola riconosciuta negli accordi del settore dell'industria. Anche l'indirizzo giurisprudenziale sul punto e' nel senso che la contingenza maturata dal 1 febbraio 1977 non puo' essere computata ai fini del calcolo delle mensilita' aggiuntive oltre la tredicesima; cio' perche' la disciplina interconfederale e di categoria prevalente nel settore industriale, alla data di emanazione del d.l. n. 12 del 1977 prevedeva solo la tredicesima, generalmente disciplinata, e non le altre mensilita' aggiuntive. 3.1 - Sulla dedotta violazione dell'art. 39 Cost. questa Corte (sentt. nn. 142/80 e 34/85) ha gia' ritenuto, e non si ha motivo di mutare orientamento, che tale norma esprime i due principi della liberta' sindacale e dell'autonomia collettiva. Garantisce, cioe', ai cittadini la liberta' di organizzarsi in sindacati e ai sindacati la liberta' di agire nell'interesse dei lavoratori. E demanda ai sindacati la regolamentazione dei conflitti di interessi che sorgono tra le contrapposte categorie mediante contratti collettivi con efficacia erga omnes, se stipulati con una determinata procedura e da soggetti aventi determinati requisiti che, cioe', siano stati registrati e, conseguentemente, abbiano conseguito la personalita' giuridica. Attualmente mancano sindacati abilitati a stipulare contratti collettivi con efficacia erga omnes perche' il secondo principio non ha avuto ancora attuazione. E in tale situazione di inattuazione del precetto costituzionale non e' ipotizzabile un conflitto tra l'attivita' sindacale e l'attivita' legislativa. Allo stato non vi e' alcuna riserva legislativa e contrattuale a favore dei sindacati. Tuttavia il legislatore non puo' comprimere la liberta' di azione dei sindacati che certamente comprende anche l'autonomia negoziale, cioe' il potere di stipulare contratti anche se aventi natura privatistica ed efficacia nei confronti degli iscritti. Ma tra Governo e sindacati possono intervenire accordi su determinate materie e detti accordi possono costituire, poi, il contenuto di leggi, come e' avvenuto nella specie, sicche' questi ultimi operano, cosi', in concreto, per la realizzazione di fini che sono anche politici e socio-economici. Comunque, resta affidata allo Stato la cura e la tutela di interessi generali e che sono state attuate a mezzo di leggi le quali possono anche importare deroghe al contenuto di accordi e contratti collettivi. E perche' si tratta di apprezzamenti politici discrezionali, non vi e' materia di sindacato in giudizi di costituzionalita', tanto piu' se la cura, la regolamentazione e la realizzazione dei detti interessi e' effettuata in attuazione di precetti costituzionali. Il che e' avvenuto con la legge in esame il cui intento perequativo e il fine di porre rimedi alle disparita' esistenti tra settori e settori della vita economica, in ordine alla scala mobile e agli elementi indicizzabili della retribuzione, costituisce attuazione dell'art. 3 Cost. L'avvenuta scelta, per la realizzazione di dette finalita', come modello, della contrattazione vigente nel settore dell'industria e' corretta e certamente non significa estensione, con efficacia erga omnes, dei contratti stipulati in un settore ad altri settori e sovrapposizione alle clausole contenute nei contratti in questi vigenti. E' la legge che ha operato e ha sancito, tra l'altro, la nullita' delle clausole contrattuali difformi. Tuttavia, le norme in esame, delle quali e' certo il carattere della eccezionalita' e della temporaneita', per l'avvenuta attuazione delle finalita' che le hanno ispirate ed anche per l'avvenuto miglioramento della situazione economica del Paese con il superamento della crisi delle aziende, hanno perduto di attualita' e il loro mantenimento in vigore, con gli effetti restrittivi in ordine all'autonomia negoziale e ai sacrifici imposti ai lavoratori, potrebbe non trovare adeguata giustificazione in riferimento a parametri costituzionali diversi da quello assunto in via esclusiva, dal giudice remittente. Comunque, allo stato, la questione non e' fondata.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i ricorsi, dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 4 del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12 (Norme per l'applicazione dell'indennita' di contingenza), convertito nella legge 31 marzo 1977, n. 91 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, concernente norme per l'applicazione dell'indennita' di contingenza), sollevata, in riferimento all'art. 39, u.c., Cost., dal Pretore di Roma con le ordinanze in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: GRECO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 23 giugno 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1018