N. 700 SENTENZA 9 - 23 giugno 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Previdenza e assistenza - Lavoratore iscritto all'assicurazione
 obbligatoria I.V.S. e beneficiario di pensione di invalidita'
 I.N.P.S. - Opzione per la continuazione del rapporto di lavoro fino
 al sessantacinquesimo anno di eta' ai fini pensionistici Esclusione -
 Non fondatezza.  (D.-L. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, primo
 comma, U.P., convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio
 1982, n.  54).  (Cost., artt. 3, primo e secondo comma, e 38)
(GU n.26 del 29-6-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, primo comma,
 ultima parte, del d.l. 22 dicembre  1981,  n.  791  (Disposizioni  in
 materia  previdenziale),  convertito,  con modificazioni, in legge 26
 febbraio 1982, n. 54, promosso con ordinanza emessa il 16 luglio 1984
 dal  Pretore  di  Frosinone  nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Proietti Milvio e la Societa' Elicotteri Meridionali, iscritta al  n.
 1101   del  registro  ordinanze  1984  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 42 bis dell'anno 1985;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 20 aprile 1988 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza in data 16 luglio 1984, il Pretore di Frosinone
 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo  comma,  e
 38,  secondo  comma,  Cost., questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6, primo comma, u.p., del d.l. 22 dicembre  1981,  n.  791,
 convertito,  con  modificazioni, nella legge 26 febbraio 1982, n. 54,
 nella   parte   in   cui   esclude   che   il   lavoratore   iscritto
 all'assicurazione  obbligatoria  I.V.S.  che gia' goda di pensione di
 invalidita' a carico dell'INPS, possa optare per la continuazione del
 rapporto  di lavoro fino al sessantacinquesimo anno di eta' o fino al
 raggiungimento dell'anzianita' contributiva massima,  ai  fini  della
 liquidazione della pensione di vecchiaia.
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  norma  in  oggetto  viola i
 menzionati  parametri  costituzionali  in  quanto:  a)  discrimina  i
 lavoratori  in  relazione  a  condizioni soggettive (invalidita'); b)
 tende ad escludere dal mercato del  lavoro  soggetti  non  pienamente
 idonei,  omettendo, rispetto a costoro, di rimuovere gli ostacoli che
 si frappongono allo sviluppo della  personalita'  umana;  c)  sebbene
 funzione della pensione di invalidita' sia quella della prevenzione e
 della cura dello stato invalidante, irragionevolmente la stessa norma
 attribuisce  rilievo al godimento di tale pensione a tutt'altri fini,
 considerandola, cioe', come condizione  preclusiva  per  l'incremento
 dell'anzianita' contributiva utile per la liquidazione della pensione
 di vecchiaia.
    2.  - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per
 il tramite dell'Avvocatura dello Stato,  la  quale  ha  concluso  nel
 senso dell'infondatezza della questione, rilevando che oggettivamente
 la posizione dell'invalido e' diversa da quella del non invalido  che
 non  abbia  ancora raggiunto la massima anzianita' contributiva e che
 la norma impugnata tende ad equilibrare  la  posizione  di  chi  gia'
 percepisce una pensione e quella di chi ancora non abbia raggiunto il
 requisito  contributivo  massimo  per  percepire   la   pensione   di
 vecchiaia.
                         Considerato in diritto
    1. - Il Pretore dubita della legittimita' costituzionale dell'art.
 6, primo comma, u.p., del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791,  convertito,
 con  modificazioni,  nella legge 26 febbraio 1982, n. 54, che, tra le
 varie misure predisposte in materia  previdenziale,  ha  previsto,  a
 favore    degli    iscritti    all'assicurazione   obbligatoria   per
 l'invalidita',  la  vecchiaia  e  i  superstiti   e   alle   gestioni
 sostitutive,  esclusive  ed  esonerative,  i  quali non raggiungevano
 l'anzianita'  contributiva  massima  utile  a  seconda  dei   singoli
 ordinamenti, la possibilita' dell'opzione a continuare la prestazione
 della loro opera fino al perfezionamento  di  tale  requisito  o  per
 incrementare  la  propria  anzianita'  contributiva  o, comunque, non
 oltre il compimento del sessantacinquesimo anno di eta', nella  parte
 in  cui  ha  escluso  coloro  che  avevano  ottenuto  o  richiesto la
 liquidazione, tra le altre,  anche  della  pensione  di  invalidita',
 secondo l'interpretazione dello stesso giudice remittente.
    Risulterebbero  violati  gli artt. 3, primo e secondo comma, e 38,
 secondo comma, Cost. perche': a) i lavoratori sarebbero  discriminati
 in relazione a condizioni personali (l'invalidita') e dal mercato del
 lavoro si escluderebbero soggetti non pienamente validi;  b)  non  si
 rimuoverebbero  alcuni  degli  ostacoli  che  si frappongono al pieno
 sviluppo della persona umana e all'effettiva partecipazione di  tutti
 i  lavoratori  all'organizzazione  politica,  economica e sociale del
 Paese; c) il godimento della pensione di invalidita' avrebbe  rilievo
 di    condizione    preclusiva   per   l'incremento   dell'anzianita'
 contributiva utile per il conseguimento della pensione di  vecchiaia,
 mentre ha funzione di prevenzione e cura dello stato invalidante.
    2. - La censura non e' fondata.
    La   norma   denunciata  ha  come  precipua  finalita'  quella  di
 alleggerire la difficile situazione finanziaria dell'INPS. Invero, la
 protrazione  dell'attivita'  lavorativa  importa la continuazione del
 versamento   dei   contributi   previdenziali,   la    posticipazione
 dell'erogazione  dei  trattamenti  di  fine  rapporto  e,  quindi, un
 aumento di attivo costituito in modo prevalente dai contributi e  una
 diminuzione del passivo, costituito prevalentemente dal pagamento dei
 trattamenti previdenziali e, in ispecie, della pensione di vecchiaia.
    Finalita'   solo   indiretta  e'  l'attribuzione  di  benefici  ai
 lavoratori che eventualmente incrementano  le  retribuzioni  con  gli
 eventuali  aumenti  salariali intervenuti e le pensioni con l'aumento
 dell'anzianita' contributiva e della relativa contribuzione.
    Le  prevalenti  finalita'  socio-economiche  hanno  temperato  gli
 aspetti negativi della stessa norma  e,  cioe',  la  contrazione  dei
 posti di lavoro conseguenti al mantenimento degli "anziani" nei posti
 di lavoro ed hanno reso  piu'  difficile  l'occupazione,  specie  dei
 giovani,  dei  quali  e' stata ritardata l'aspirazione a realizzarsi,
 allo  sviluppo  della  propria  personalita'  e   la   partecipazione
 all'organizzazione economica e sociale del Paese.
    L'esclusione  dei  lavoratori  che  hanno  ottenuto  o hanno fatto
 richiesta di ottenere una pensione, e' un mezzo di attenuazione degli
 effetti  negativi  della  norma  e  realizza  un certo equilibrio dei
 diversi interessi, tutti meritevoli di tutela.
    La  protrazione  dell'eta'  pensionabile  ha,  comunque, carattere
 eccezionale e temporaneo  in  attesa  della  riforma  organica  delle
 pensioni che il legislatore deve effettuare.
    E,   del   resto,  la  ratio  ispiratrice  della  norma  in  esame
 costituisce anche il fondamento di altre disposizioni che escludono i
 pensionati dal diritto alla protrazione del loro rapporto di lavoro o
 da quello al conseguimento di ulteriori benefici previdenziali e  che
 sono  state  riconosciute  legittime da questa Corte (sent. n. 176/86
 che  ha  sancito  il  diritto   alla   continuazione   dell'attivita'
 lavorativa  per  i lavoratori ultrasessantacinquenni che non godevano
 di nessuna pensione; sent. n.  436/88 che ha ritenuto illegittima  la
 norma  che  vietava  la  proposizione  della  domanda per ottenere la
 pensione di inabilita' o l'assegno  di  invalidita'  per  coloro  che
 avevano  superato  il  sessantacinquesimo  anno  di  eta'  senza  che
 avessero altra pensione e fino a che non l'avessero conseguita).
    In  sostanza,  il  godimento  di  una  pensione  puo'  fondare una
 ragionevole giustificazione della cessazione del rapporto di lavoro o
 del  diniego  di  altri  trattamenti previdenziali, senza che risulti
 violato l'art. 38, secondo comma, Cost..
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6, primo comma, u.p., del d.l. 22  dicembre  1981,  n.  791
 (Disposizioni    in    materia    previdenziale),   convertito,   con
 modificazioni, in legge  26  febbraio  1982,  n.  54,  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 38, secondo comma,
 Cost., dal Pretore di Frosinone con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 23 giugno 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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