N. 701 SENTENZA 9 - 23 giugno 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  Legge
 penale - Notai - Inabilitazione all'esercizio della professione
 notarile a seguito di precedente emissione di mandato di cattura -
 Concessione della liberta' provvisoria ed efficacia della sanzione
 interdittiva - Mancanza di condanna definitiva - Difetto di
 motivazione sulla rilevanza della questione - Inammissibilita'.
 (Legge 16 febbraio 1913, n. 89, art. 139, n. 1).  (Cost., art. 27,
 secondo comma)
(GU n.26 del 29-6-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.139, n.1, della
 legge  16  febbraio  1913,  n.  89  (Legge  notarile),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  3 luglio 1987 dal Giudice Istruttore presso il
 Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Bellelli Elvira
 ed  altri, iscritta al n.717 del registro ordinanze 1987 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 prima  ss.  dell'anno
 1987;
    Visti gli atti di costituzione di Bellelli Elvira ed altri nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore
 Ettore Gallo;
    Uditi  l'avv.  Marco  Zanotti  per  Bellelli  Elvira  ed  altri  e
 l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Giudice  Istruttore  presso  il  Tribunale di Roma, con
 ordinanza  3  luglio  1987,  sollevava  questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.139  n.1  della  l.  16  febbraio 1913 n. 89
 (legge notarile), con riferimento all'art.27, secondo comma, Cost.
    Riferiva  il  giudice nell'ordinanza che, avendo emesso mandato di
 cattura nei confronti di tre  persone  esercenti  la  professione  di
 notaio, imputate di corruzione continuata per atti contrari ai doveri
 d'ufficio,  falsita'  ideologica  in  atti  pubblici,   aggravata   e
 continuata,  e  associazione per delinquere, aveva altresi' disposto,
 quale  obbligatoria  conseguenza  ex  lege,  prevista   dalla   norma
 impugnata, l'inabilitazione all'esercizio della professione notarile.
 Successivamente, pero', aveva  concesso  agli  imputati  la  liberta'
 provvisoria.
    A  quel punto, la difesa aveva chiesto la revoca del provvedimento
 di inabilitazione sostenendo che, a seguito della  concessione  della
 liberta'  provvisoria,  il  mandato di cattura doveva ritenersi ormai
 inoperante. Ma il  giudice  istruttore,  assumendo,  invece,  che  il
 mandato   di   cattura,  nonostante  la  concessione  del  beneficio,
 conservava la sua validita' giuridica come titolo costituito  fino  a
 quando  non  fosse  revocato  per  cause varie, oppure sostituito con
 mandato di comparizione ex art. 260,  secondo  comma,  cod.proc.pen.,
 respingeva l'istanza.
    Contestualmente,   pero',   riconoscendo   che   il  principio  di
 presunzione di non colpevolezza dell'imputato, di  cui  all'art.  27,
 secondo  comma,  Cost. potrebbe effettivamente comportare un sospetto
 d'illegittimita' costituzionale nei confronti della norma  impugnata,
 che  impone  obbligatoriamente  una sanzione interdittiva, riferibile
 soltanto alla condanna definitiva, sollevava d'ufficio  la  questione
 di cui sopra, sospendendo il procedimento in riferimento ad essa.
    2.  -  Si  costituivano,  nel  giudizio innanzi a questa Corte, le
 parti private, rappresentate e difese dal prof. avv. Nicola Mazzacuva
 e dall'avvocato Marco Zanotti, ambo del foro di Bologna.
    Le   difese,   associandosi  all'argomento  espresso  dal  Giudice
 nell'ordinanza, mettono a confronto la giurisprudenza contraria delle
 Sezioni  Unite civili della Corte di Cassazione con quella favorevole
 del Consiglio di Stato, osservando  che,  in  definitiva,  le  stesse
 Sezioni   Unite   hanno   finito  per  riconoscere  la  validita'  di
 quest'ultima,  limitatamente,  pero',  alla  posizione  del  pubblico
 impiegato: e cio' perche' l'attivita' di questi e' di regola soggetta
 al  controllo  gerarchico,  diretto  ed  immediato,  del   superiore.
 Osservano,  pero',  le difese che il punto non e' questo, ma soltanto
 quello di decidere  se  la  concessione  della  liberta'  provvisoria
 equivalga  o  non  a revoca del mandato di cattura. Se la risposta e'
 negativa, il  pubblico  impiegato  non  puo'  godere  di  trattamento
 privilegiato  ma,  se e' positiva, non e' possibile, senza violare la
 legge  ordinaria  e  la  stessa  Costituzione   (art.   3),   negarne
 applicazione  ai  professionisti.  E cio' a prescindere dal fatto che
 poi, anche per questi ultimi, e' previsto il controllo  degli  Organi
 disciplinari  anche prima della ripresa dell'attivita' professionale,
 data la possibilita' di  irrogare  una  misura  sospensiva  cautelare
 facoltativa.
    D'altra  parte,  la  contraria  opinione non tiene alcun conto del
 novum legislativo in materia di pene accessorie, ex art.140 novellato
 cod.    pen.,    che   ha   abolito   ogni   vincolante   automatismo
 nell'applicazione provvisoria di pene accessorie.
    3.  - E' pure intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, che
 ritiene   irrilevante,   o  quanto  meno  inammissibile,  e  comunque
 infondata la sollevata questione.
    Irrilevante  perche' sulla questione il Giudice Istruttore avrebbe
 potuto e dovuto soltanto pronunziare una sentenza di incompetenza:  e
 cio'  in  quanto,  a'  sensi  dell'art.  263 del r.d. 9 ottobre 1914,
 n.1326, che e' il regolamento di esecuzione  della  cosidetta  "legge
 notarile" impugnata, soltanto il Tribunale civile puo' deliberare con
 sentenza sull'istanza di riammissione all'esercizio della professione
 notarile,  sentito il parere del Consiglio dell'ordine e del P.M.: il
 Giudice Istruttore era, percio', incompetente  e  il  giudizio  della
 Corte non potrebbe avere alcuna rilevanza sull'ulteriore corso.
    Ad ogni modo, la questione sarebbe inammissibile anche sotto altro
 profilo, in quanto, avendo l'ordinanza del Giudice Istruttore  natura
 di  sentenza,  sia pure pronunziata da giudice incompetente, egli non
 avrebbe piu' alcun potere di revocarla,  potendo  l'ordinanza  essere
 soltanto  gravata di appello. Essendo, quindi, il giudizio davanti al
 Giudice  Istruttore  ormai  concluso,  la  sollevata   questione   e'
 irrilevante.
    In ogni caso, sulla rilevanza manca qualsiasi motivazione.
   Infine,   la   questione   sarebbe   comunque   infondata,  perche'
 l'inabilitazione all'esercizio della professione notarile non e'  una
 sanzione  penale  accessoria ma un provvedimento cautelare, e percio'
 non varrebbero le considerazioni svolte ex adverso. Sarebbe, infatti,
 perfettamente  razionale  che, in presenza di indizi di colpevolezza,
 il legislatore si sia preoccupato di garantire la  collettivita'  dai
 rischi connessi alla continuazione, da parte dell'indiziato, di cosi'
 delicata funzione.
    In  prossimita'  dell'udienza,  la  difesa  di  parte  privata  ha
 depositato una lunga memoria, dove sono stati discussi  ampiamente  i
 profili sostanziali e processuali della questione.
                         Considerato in diritto
    1.  - La proposta questione e' inammissibile per un duplice ordine
 di motivi. Innanzitutto perche' il giudice rimettente non dedica  una
 sola  parola  della  motivazione  alla  rilevanza  della questione in
 ordine al giudizio a lui sottoposto. Ben e' vero che egli  ordina  la
 sospensione  del  procedimento  in corso limitatamente alla sollevata
 questione, cosi' sottintendendo che il procedimento stesso, sul punto
 investito  dalla  questione, sarebbe poi dovuto continuare innanzi ad
 esso Giudice Istruttore sulla base di  quanto  questa  Corte  avrebbe
 deciso.  Non  dice  e  non  spiega,  pero',  l'ordinanza in qual modo
 potrebbe quel giudizio continuare  e  quali  ulteriori  provvedimenti
 potrebbe  il giudice adottare in ordine al gia' assunto provvedimento
 di inabilitazione dei tre notai all'esercizio delle funzioni, ex art.
 139 n. 1 l. 16 febbraio 1913 n.  89.
    In  secondo  luogo,  perche',  in realta', e' evidente che nessuna
 prosecuzione del giudizio concernente la disposta  inabilitazione  si
 sarebbe piu' potuta verificare innanzi al Giudice rimettente. Questi,
 infatti, da una parte, si era gia' spogliato del  giudizio  emettendo
 il     provvedimento    di    rigetto    dell'istanza    di    revoca
 dell'inabilitazione (cui peraltro non era competente) e,  dall'altra,
 e'  escluso  che,  quand'anche la questione fosse stata accolta, egli
 avrebbe poi potuto revocare l'abnorme ordinanza con cui  ha  disposto
 dato  che,  secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, essa
 ha  sostanziale  valore  di   sentenza,   essendo   questo   l'esatto
 provvedimento che si sarebbe dovuto adottare.
    E'  il Tribunale civile, a' sensi dell'art. 263 del Regolamento di
 esecuzione della legge impugnata approvato con r.d.  9  ottobre  1914
 n.1326,  il  solo  competente a decidere sull'istanza di riammissione
 all'esercizio della professione notarile, previo parere  del  P.M.  e
 del Consiglio dell'ordine.
    2.  -  La difesa di parte privata, che nelle memorie non aveva mai
 preso in  considerazione  la  questione  di  rilevanza,  ha  invocato
 all'udienza  la  giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la Corte
 deve comunque pronunziarsi sulla questione dedotta anche se frattanto
 la  vicenda  processuale si e' estinta o si e' composta. Senonche' la
 richiamata  giurisprudenza  si  riferisce  alle  ipotesi  in  cui  la
 questione  dedotta, benche' successivamente estintosi il procedimento
 nel quale incidentalmente era sorta, era nata pero', viva e vitale in
 quanto  sicuramente  rilevante  nel momento in cui veniva sollevata e
 gli atti venivano trasmessi a questa Corte:  si  trattava,  in  altri
 termini, d'irrilevanza sopravvenuta.
    Nella  specie, invece, la questione nasceva gia' morta, perche' la
 sua irrilevanza era originaria, avendo il giudice gia'  emanato,  sul
 punto  costituzionalmente  sospetto,  un  provvedimento sul quale non
 sarebbe piu' potuto ritornare.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.139 n.1 della l. 16 febbraio 1913 n.  89  (legge  notarile),
 sollevata  dal  Giudice  Istruttore  presso  il Tribunale di Roma con
 ordinanza 3 luglio 1987.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  in camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 23 giugno 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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