N. 726 SENTENZA 20 - 30 giugno 1988

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.  Regione
 Sardegna - Impiego pubblico regionale - Congiunti delle vittime del
 dovere - Ruolo unico regionale - Assunzione straordinaria -
 Illegittimita' costituzionale.  (Legge regione Sardegna 4 febbraio-15
 maggio 1986).  (Cost., artt. 51, primo comma, e 97, terzo comma)
(GU n.27 del 6-7-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Sardegna 4 febbraio 1986, riapprovata il 15 maggio 1986,  avente  per
 oggetto:  "Assunzione  straordinaria  nel  ruolo  unico regionale dei
 congiunti delle vittime del dovere in  applicazione  della  legge  13
 agosto  1980,  n.  466",  promosso  con  ricorso  del  Presidente del
 Consiglio dei Ministri, notificato il 3 giugno  1986,  depositato  in
 cancelleria l'11 successivo ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi
 1986;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sardegna;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1988  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e
 l'Avvocato Sergio Panunzio per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  notificato il 3 giugno 1986 e depositato l'11
 successivo, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha promosso questione di
 legittimita' costituzionale della  legge  regionale  della  Sardegna,
 approvata il 4 febbraio 1986 e riapprovata il 15 maggio 1986, recante
 norme in tema di "Assunzione straordinaria nel ruolo unico  regionale
 dei congiunti delle vittime del dovere in applicazione della legge 13
 agosto 1980 n. 466". Questa legge e' impugnata per contrasto con  gli
 artt.  3,  lett.  a)  e  5,  lett.  d)  dello Statuto speciale per la
 Sardegna, nonche' con gli artt. 51, primo comma e  97,  terzo  comma,
 Cost.,  anche  in  riferimento agli artt. 1 e 20 della legge 29 marzo
 1983, n. 93 ed alle leggi statali in tema di assunzioni obbligatorie.
    A giudizio dell'Avvocatura dello Stato, la normativa impugnata e',
 innanzitutto, diretta a dare attuazione alla legge statale 13  agosto
 1980  n.  466, intitolata "Speciali elargizioni a favore di categorie
 di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di  azioni
 terroristiche",  la  quale,  all'art.  12,  riconosce  un "diritto di
 assunzione  al  coniuge  superstite"  ed  ai  figli  dei  "  soggetti
 appartenenti  alle  categorie di cui agli articoli 3, 4, 5 e 11 della
 presente legge", rinviando, per la relativa  disciplina,  alle  leggi
 nn.  482  del  1968  e  285  del  1977.  Ma,  dopo aver "autorizzato"
 l'amministrazione regionale "ad applicare la  disposizione  contenuta
 nell'articolo  12  della  legge  13  agosto  1980,  n.  466,  ai fini
 dell'assunzione, nel ruolo unico, dei soggetti indicati nel  medesimo
 articolo"  (art.  1,  comma  1),  la  legge impugnata dispone che "La
 presente legge si applica nei confronti di  un  solo  componente  del
 nucleo  familiare dei deceduti o degli invalidi, ai sensi della legge
 13 agosto 1980, n. 466, in conseguenza degli incendi verificatisi nel
 territorio  della  Sardegna  dalla  data  di  entrata in vigore della
 predetta legge" (art. 1, comma 2).
   Secondo   l'Avvocatura,  la  legge  regionale,  oltre  a  risultare
 "equivoca",  laddove  richiama  il  predetto  art.  12  soltanto   in
 riferimento  all'istituto  del  diritto  di  assunzione,  e  oltre ad
 apparire "limitativa" di questo stesso diritto, in quanto circoscrive
 "soggetti"   ed   "eventi"   in  relazione  all'applicabilita'  delle
 previsioni della legge statale, eccederebbe comunque  l'ambito  della
 competenza regionale. Per l'Avvocatura, infatti, le assunzioni cui ha
 riguardo la legge  statale  n.  466  del  1980,  specie  quando  esse
 conseguano  ad  eventi  relativi  a  servizi "di ordine pubblico o di
 soccorso" o di lotta al terrorismo, rientrerebbero  nella  competenza
 statale,   mentre   alla   Regione   Sardegna  residuerebbe  soltanto
 l'emanazione di  "norme  di  integrazione  ed  attuazione",  in  base
 all'art.  5  St.  Sa. Ne', sempre ad avviso dell'Avvocatura, potrebbe
 addursi in senso contrario il rilievo che la  Regione  ha  competenza
 legislativa  esclusiva  in materia di "ordinamento degli uffici della
 Regione e stato giuridico del personale"  (art.  3,  lett.  a,  dello
 Statuto  sardo), poiche' la disciplina delle assunzioni obbligatorie,
 collocandosi "a monte"  dello  stato  giuridico  del  personale,  non
 rientrerebbe nella suddetta materia.
    Tuttavia,  nel  caso  che  questa  fosse  l'ipotesi,  l'Avvocatura
 prospetta il contrasto  della  legge  impugnata  con  il  limite  dei
 "princi'pi dell'ordinamento giuridico dello Stato", di cui all'art. 3
 dello Statuto sardo. A suo avviso,  infatti,  poiche'  le  assunzioni
 obbligatorie  presso  pubbliche amministrazioni comportano una deroga
 al principio dello "accesso mediante concorso" ed "in  condizioni  di
 eguaglianza"  di  cui  agli artt. 51, primo comma, e 97, terzo comma,
 Cost., la disciplina statale che le  prevede  avrebbe  un  valore  di
 enunciazione  dei "principi generali dell'ordinamento giuridico dello
 Stato"  e  non  potrebbe,  percio',  essere  derogata   dalla   legge
 impugnata, come invece avviene in concreto.
    2.  -  Con  atto  di  costituzione  del  30 giugno 1986 la Regione
 Sardegna ha resistito al ricorso, eccependone  l'inammissibilita'  e,
 comunque, l'infondatezza.
    Secondo  la  resistente, la legge impugnata non fa che richiamarsi
 alla legge statale n. 466 del 1980, integrandone  la  disciplina  con
 una  disposizione  attinente  ad  esigenze  peculiari  della Regione.
 Quest'ultima, anzi, appare alla resistente del tutto in linea  con  i
 poteri   spettanti  alla  Regione  in  materia,  tanto  piu'  che  le
 assunzioni  ivi  previste,  rientrando  nella  fase  costitutiva  del
 rapporto  di pubblico impiego regionale, rappresenterebbero uno degli
 oggetti della competenza legislativa primaria spettante alla  Regione
 in base all'art. 3, lett. a), dello Statuto.
    3.  -  In prossimita' dell'udienza la Regione Sardegna ha prodotto
 una memoria in cui si ribadiscono e  si  illustrano  ulteriormente  i
 motivi  esposti  nell'atto  di costituzione, deducendo in particolare
 l'inammissibilita'  del  ricorso  statale  a  causa   della   mancata
 corrispondenza  tra  i motivi del rinvio governativo e i motivi della
 successiva impugnazione avanti la Corte. Secondo la Regione, infatti,
 mentre  nell'atto  di rinvio si contesta soltanto la violazione degli
 artt.  51  e  97  Cost.,  nel  ricorso,  invece,  tra  i  motivi   di
 impugnazione  e'  incluso  anche  il  contrasto  con  il  limite  dei
 "principi  dell'ordinamento"  (art.  3  St.  Sa.)  e  con  le   norme
 attributive  della  competenza  normativa  di attuazione-integrazione
 (art. 5, lett. d, St. Sa.).
    4.  -  Nell'udienza  pubblica  del  9 febbraio 1988 le parti hanno
 insitito per le rispettive conclusioni.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  il  presente  giudizio  di legittimita' costituzionale
 questa Corte e' chiamata a decidere sulla questione se l'art. 1 della
 legge  regionale della Sardegna, dal titolo "Assunzione straordinaria
 nel ruolo unico regionale dei congiunti delle vittime del  dovere  in
 applicazione  della  legge 13 agosto 1980, n. 466", riapprovata il 15
 maggio 1986, sia contrastante con i limiti immanenti alla  competenza
 attuativa-integrativa  (art.  5  St.  Sa.),  nonche'  con  i principi
 enunciati dagli artt. 51, primo comma,  e  97,  terzo  comma,  Cost.,
 anche  in riferimento alla loro attuazione nella legislazione statale
 (in particolare negli artt. 1 e 20 della legge 29 marzo 1983, n. 93),
 rispetto alla quale si concreterebbe la distinta violazione dell'art.
 3 St. Sa. sotto il profilo del limite dei principi  dell'ordinamento.
    Prima  di  entrare  nel  merito  della questione, occorre tuttavia
 esaminare l'eccezione  d'inammissibilita'  del  ricorso,  prospettata
 nella  memoria  difensiva  della  Regione  Sardegna sulla base di una
 pretesa difformita' tra motivi del rinvio e quelli del ricorso e,  in
 particolare,  sulla base dell'asserita mancanza nel rinvio stesso dei
 profili relativi alla pretesa lesione degli artt. 3 e 5 dello Statuto
 Sardo.
    2. - L'eccezione di inammissibilita' del ricorso e' infondata.
    E'  costante  giurisprudenza  di questa Corte (cfr., da ultimo, le
 sentt.  nn.  217,  289  e  525  del  1987)  che  il  principio  della
 corrispondenza sostanziale tra motivi del rinvio e motivi del ricorso
 si intende rispettato anche quando i primi siano  formulati  in  modo
 sintetico e sommario, sempreche' la regione sia stata ragionevolmente
 messa in grado di rendersi conto della  consistenza  delle  obiezioni
 rivoltele  in  sede di rinvio e che queste coincidano sostanzialmente
 con quelle piu'  ampiamente  trattate  nel  ricorso.  Ebbene  ad  una
 attenta considerazione dell'atto di rinvio, appare chiaro che, pur se
 non vi si rinviene alcuna menzione espressa riguardo agli artt. 3 e 5
 St.  Sa., vi si rintracciano tuttavia non equivoche indicazioni circa
 la  sostanziale  prospettazione  della  pretesa  violazione  di  quei
 parametri, sotto gli aspetti precedentemente ricordati.
    Per  quanto  riguarda  il  profilo  della  lesione  del limite dei
 "principi dell'ordinamento giuridico statale",  occorre  sottolineare
 che  l'espresso  riferimento alla violazione del principio di accesso
 all'impiego pubblico regionale comporta tanto la prospettazione di un
 contrasto  con  disposizioni della Costituzione, quanto quella di una
 lesione di un principio dell'ordinamento  configurabile  come  limite
 alla  competenza  legislativa regionale. Non si puo' negare, infatti,
 che il principio invocato, mentre ha la  sua  garanzia  piu'  elevata
 negli  artt.  51  e 97 Cost., trova nondimeno il suo svolgimento e la
 sua  articolazione  normativa  nella  legislazione  statale   e,   in
 particolare,  nella  legge  quadro  sul  pubblico impiego e in quelle
 sulle assunzioni obbligatorie. Sicche', se pure  nell'ambito  di  una
 valutazione  affatto  preliminare,  come  quella richiesta in sede di
 ammissibilita', appare  ragionevole  dedurre  dall'espressa  menzione
 della   lesione   del  principio  di  accesso  nell'impiego  pubblico
 regionale sia la pretesa violazione di norme della Costituzione,  sia
 la  lesione  di un principio generale posto come limite all'esercizio
 della competenza legislativa regionale.
    Anche  se  in  forma  estremamente  succinta,  egualmente presente
 nell'atto di rinvio appare la censura relativa all'art.  5  St.  Sa.,
 che attribuisce alla Regione la competenza attuativa-integrativa. E',
 infatti, difficile negare che il Governo, nel contestare testualmente
 che  "estendendo  benefici  a  soggetti  non  contemplati dalla legge
 (statale) n. 466/1980, limitandoli, peraltro, a  un  solo  componente
 del  nucleo  familiare,  la  legge  (regionale) in esame eccede dalla
 competenza  attribuita  alla  Regione  dallo  Statuto",  non  potesse
 riferirsi    ad    altro    che    alla    potesta'    regionale   di
 attuazione-integrazione delle leggi statali, prevista, per l'appunto,
 dall'art.  5  dello Statuto della Sardegna. Chiaro e', infatti, nelle
 parole dell'atto di rinvio ora riportate  -  cosi'  come  nel  titolo
 della    legge    rinviata    -   il   riferimento   al   legame   di
 attuazione-integrazione dell'atto legislativo esaminato con la  legge
 statale n. 466 del 1980, relativa alle vittime del dovere o di azioni
 terroristiche. In  questo  contesto,  pertanto,  la  mancanza  di  un
 espresso riferiemnto all'art. 5 St. Sa. e alla particolare competenza
 ivi  prevista  non  puo'  essere  ragionevolmente  considerata   come
 pregiudizievole rispetto a un sufficiente grado di comprensione della
 censura implicata.
    3. - Poiche' il ricorso del Presidente del Consiglio prospetta una
 varieta' di censure, alcune  delle  quali  sono  riferite  a  pretese
 violazioni  della  competenza  regionale  di  attuazione-integrazione
 (art. 5 St. Sa.) e altre  sono  collegate  ad  asserite  lesioni  dei
 limiti statutariamente imposti alla competenza legislativa esclusiva,
 vantata dalla Regione in materia di ordinamento degli  uffici  e  del
 personale,   nell'ambito   dell'esame   del  merito  delle  questioni
 sollevate si pone il  problema  pregiudiziale  relativo  al  corretto
 inquadramento della legge impugnata nell'uno o nell'altro dei tipi di
 competenza legislativa assegnati alla Regione.
    La disciplina sostanziale posta dalla legge impugnata e' contenuta
 solamente nell'art. 1 della legge stessa, che si divide in due commi.
 Il  primo,  il  quale  "autorizza" l'amministrazione regionale a dare
 applicazione all'art. 12 della legge 13 agosto 1980, n. 466, contiene
 una  disposizione che, oltre a ripetere il titolo della legge stessa,
 e' del tutto inutile e, persino, curiosa, in quanto la legge  statale
 appena  menzionata,  per  effetto del rinvio materiale alle leggi nn.
 482 del 1968 e 285 del 1985 compiuto dal predetto art.  12,  obbliga,
 gia'  di per se', tutte le amministrazioni pubbliche, compresa quella
 regionale, a dare attuazione al "diritto di assunzione" ivi  previsto
 a  favore dei congiunti delle "vittime del dovere". Il secondo comma,
 invece, giustifica in qualche modo l'inusuale contenuto del primo, in
 quanto,  nel  precisare  che l'art. 12 della legge statale n. 466 del
 1980 si applica pure ai congiunti delle "vittime del dovere" decedute
 o  rese  invalide  in  relazione ad attivita' di soccorso prestate in
 occasione degli incendi verificatisi nel territorio  della  Sardegna,
 circoscrive  la sfera dei benificiari del "diritto di assunzione" ivi
 previsto a un solo componente del nucleo familiare, in contrasto  con
 il  predetto art. 12, che lo attribuisce tanto al coniuge superstite,
 quanto a ciascuno dei figli.
    Dalla  descrizione  ora  compiuta  risulta  evidente  che la legge
 impugnata si presenta, tanto nel titolo quanto nell'articolato,  come
 atto   di  esercizio  della  competenza  di  attuazione-integrazione.
 Tuttavia, in base al criterio costantemente seguito da  questa  Corte
 (v.  sentt.  nn.  611  del  1987; 107 del 1987; 151 del 1986; 219 del
 1984), per il quale, ai fini della definizione del tipo o del  valore
 di  un  atto normativo, l'inequivoca determinazione della correlativa
 norma  di  competenza  prevale   senz'altro   sull'autoqualificazione
 espressa  nell'atto  stesso, va sicuramente escluso, contrariamente a
 quanto suppone il ricorrente, che si versi in una  delle  ipotesi  di
 esercizio della competenza di attuazione-integrazione.
    A  differenza  del  conferimento  della  potesta'  attuativa  alle
 regioni  di  diritto  comune,  che  l'art.  117  u.c.   Cost.   opera
 senz'alcuna predeterminazione delle materie oggetto della correlativa
 funzione, l'attribuzione della competenza di  attuazione-integrazione
 alla  Regione  Sardegna  (come,  del  resto,  alle  altre  regioni ad
 autonomia  differenziata)  e'  compiuta  dall'art.  5  St.  Sa.   con
 esclusivo riguardo delle materie tassativamente indicate nello stesso
 articolo,  secondo  un  meccanismo  identico   a   quello   applicato
 nell'attribuzione  delle  altre  competenze  legislative  (esclusiva,
 concorrente). Cio' significa che nel caso di specie,  ai  fini  della
 corretta  riconduzione  della  legge  impugnata al tipo di competenza
 esercitata, occorre identificare la precisa materia  cui  deve  esser
 propriamente   riferito   l'oggetto   della   disciplina  legislativa
 impugnata.
   Sotto   tale   profilo,   va  sicuramente  escluso  che  assunzioni
 nell'amministrazione regionale rientrino in  qualcuna  delle  materie
 che    l'art.    5    St.    Sa.    attribuisce    alla    competenza
 attuativa-integrativa, compresa quella definita in base alla clausola
 aperta  contenuta  nella lett. d) dello stesso articolo, per la quale
 la predetta competenza puo' esercitarsi "nelle altre materie previste
 da  leggi  dello  Stato". Tanto cio' appare vero che, non solo non si
 rinviene nel diritto positivo alcuna legge  che  abbia  operato  tale
 devoluzione, ma persino la legge n. 466 del 1980, rispetto alla quale
 quella impugnata si  definisce  come  legge  di  "applicazione",  non
 lascia  alcuno  spiraglio  per  ipotizzare  che lo Stato abbia inteso
 demandare  alle  regioni  l'attuazione   e/o   l'integrazione   della
 disciplina ivi prevista.
    Al contrario, anche in base a precedenti pronunzie di questa Corte
 (v. sentt. nn. 563 del 1988 e 101 del 1986), che hanno ricondotto  la
 disciplina  dell'accesso nell'impiego pubblico regionale alla materia
 dell'ordinamento degli uffici, si deve ammettere  che  la  disciplina
 della  assunzione,  in  quanto  attiene  alla  fase  costitutiva  del
 rapporto di servizio che lega persone fisiche a determinati uffici  o
 enti  della  Regione (rapporto d'impiego pubblico regionale), rientra
 nella materia "ordinamento degli uffici e degli  enti  amministrativi
 della  Regione  e  stato  giuridico  ed economico del personale", che
 l'art. 3, lett.  a,  St.  Sa.  assegna  alla  competenza  legislativa
 esclusiva della Sardegna.
    4.  -  Nel  merito,  dunque,  vanno  esaminate soltanto le censure
 prospettate dal Presidente del Consiglio dei Ministri in  riferimento
 alla  violazione  del limite dei "princi'pi generali dell'ordinamento
 giuridico dello Stato" (art. 3, St. sa.)  e  degli  artt.  51,  primo
 comma,  e  97,  terzo comma, Cost., laddove stabiliscono il principio
 dell'accesso nel pubblico impiego  in  condizioni  di  eguaglianza  e
 mediante   concorso,  secondo  le  modalita'  e  salvo  le  eccezioni
 stabilite dalla legge.
    Sebbene  il  primo  dei profili di legittimita' costituzionale ora
 ricordati sia il piu'  argomentato  da  parte  dell'Avvocatura  dello
 Stato, nondimeno esso non puo' essere condiviso.
    Secondo  la  prospettazione  del  ricorrente,  dal  momento che la
 previsione di ipotesi  di  assunzione  obbligatoria  costituisce  una
 deroga,  peraltro  autorizzata  dalla  stessa  Costituzione (art. 97,
 terzo comma), al principio costituzionale  dell'accesso  al  pubblico
 impiego  in  condizioni  di eguaglianza (art. 51) e mediante concorso
 (art. 97), la legislazione statale che  la  prevede  avrebbe  percio'
 stesso  carattere  enunciativo  di  un  insieme  di norme costituenti
 "principi dell'ordinamento giuridico dello Stato". Di modo  che,  ove
 la  legge  impugnata si ponesse in contrasto con la normativa statale
 vigente in  materia  -  come  la  stessa  Avvocatura  assume  che  si
 verifichi in riferimento agli artt. 1 e 20 della legge 29 marzo 1983,
 n.  93  -,  essa  dovrebbe  esser  dichiarata  incostituzionale   per
 violazione    del    limite   statutario   dei   "principi   generali
 dell'ordinamento giuridico".
    A   parte  ogni  considerazione  sulla  possibilita'  di  desumere
 "principi generali" da una singola  materia,  sta  di  fatto  che  la
 prospettazione   ora   considerata   comporta,   nel   suo  passaggio
 conclusivo, un'errata  interpretazione  delle  invocate  disposizioni
 della legge quadro sul pubblico impiego. Secondo l'Avvocatura, l'art.
 20, terzo comma, di tale legge,  allorche'  dispone  che  i  casi  di
 assunzione  obbligatoria  di  appartenenti a categorie protette siano
 tassativamente indicati dalla legge, si riferisce soltanto alla legge
 statale,  stabilendo  cosi'  una  preclusione per la legge regionale,
 alla quale resterebbe  soltanto  una  potesta'  di  attuazione  e  di
 adattamento  delle ipotesi previste alla particolare situazione della
 regione considerata. In realta', cosi' non e', poiche' il  menzionato
 art.  20  va  interpretato  in  connessione con l'art. 2, n. 3, della
 stessa legge, il quale riconosce  come  rientrante  nelle  competenze
 legislative  regionali la disciplina, nell'ambito della propria sfera
 di autonomia, dei "procedimenti di costituzione (...) del rapporto di
 pubblico  impiego".  Alla luce di questa norma, infatti, il ricordato
 art. 20, terzo comma, della stessa legge va interpretato come diretto
 a   demandare   la  tassativa  indicazione  dei  casi  di  assunzione
 obbligatoria tanto alla legge  statale  quanto  a  quella  regionale,
 beninteso  nell'ambito  delle  relative  sfere  di  competenza  e nel
 rispetto dei limiti costituzionali e statutari.
    In  altre  parole,  la disposizione di legge che si assume violata
 (art. 20, terzo comma, l. n. 93 del 1983) e che, in forza dell'art. 1
 della  stessa  legge,  dovrebbe costituire, secondo il ricorrente, un
 limite di principio vo'lto a precludere anche alle regioni dotate  al
 riguardo di competenza legislativa esclusiva qualsiasi disciplina che
 non si risolva in attuazione delle leggi statali, contiene in realta'
 una  norma  contraria,  che  non esclude nella materia considerata lo
 spazio di autonomia  normativa  variamente  spettante  alle  regioni.
 Stando  cosi'  le  cose,  appare vano invocare gli artt. 1 e 20 della
 legge quadro sul pubblico  impiego  o,  in  genere,  la  legislazione
 statale  sulle  assunzioni  obbligatorie  come  disposizioni  da  cui
 dedurre   principi   preclusivi   dell'esercizio   della   competenza
 legislativa  esclusiva,  prevista dall'art. 3, lett. a, dello Statuto
 sardo.
    5.  -  Il  ricorso dello Stato, va, invece, accolto per il profilo
 relativo  alla  violazione  del  limite  costituzionale.   La   legge
 impugnata,  infatti,  nel disciplinare il "diritto di assunzione" nel
 ruolo unico regionale delle particolari categorie  ivi  previste,  in
 collegamento  con l'art. 12 della legge statale n. 466 del 1980 sulle
 "vittime del dovere", viola gli artt. 51, primo comma,  e  97,  terzo
 comma,  Cost.,  in  quanto  prevede  nuove  limitazioni  che appaiono
 ingiustificate  rispetto  al  principio   dell'accesso   nell'impiego
 pubblico in condizioni di eguaglianza.
    Stabilendo  che  il  coniuge  superstite  e  i  figli dei soggetti
 appartenenti alle categorie elencate in altri articoli  della  stessa
 legge hanno singolarmente "diritto ad essere assunti", con precedenza
 su  ogni  altra  categoria,  presso  le  amministrazioni   pubbliche,
 comprese  quelle  regionali,  l'art.  12  della legge n. 466 del 1980
 prevede una deroga eccezionale al principio dell'accesso nell'impiego
 pubblico  in condizioni di eguaglianza e mediante concorso, la quale,
 oltreche' formalmente autorizzata dall'art. 97, terzo  comma,  Cost.,
 appare  sotanzialmente  giustificata  da  un  "dovere inderogabile di
 solidarieta'"  verso  i  congiunti  delle   "vittime   del   dovere",
 rientrante  fra  quelli  di  cui  la  Repubblica, a norma dell'art. 2
 Cost., richiede l'adempimento.
    Di  fronte  a  tale  disciplina  statale,  sorretta da un evidente
 interesse primario d'importanza nazionale, le  regioni  non  soltanto
 sono  tenute  a  predisporre  le garanzie e le modalita' perche' quel
 "diritto" diventi effettivo, ma hanno anche il potere  di  stabilire,
 nei   limiti   delle   competenze  vantate  in  materia,  un'autonoma
 legislazione diretta a  fornire  garanzie  "suppletive"  agli  stessi
 soggetti (v. sent. n. 217 del 1988) oppure forme di tutela analoghe o
 similari a favore di altre categorie  meritevoli  di  protezione,  in
 dipendenza  di  fenomeni peculiari al proprio ambito regionale o che,
 comunque, si manifestano al  loro  interno  in  modo  particolarmente
 intenso  ovvero  con  espressioni altrettanto peculiari. Cio' che, in
 ogni caso, non possono  fare  e'  prevedere  eccezioni  al  principio
 dell'accesso  nell'impiego  pubblico che non siano correlate a valori
 fondamentali o che siano tali da produrre  effetti  irragionevolmente
 discriminatori.  Tanto  piu' cio' gli e' vietato quando, interferendo
 sulla disciplina statale, restringono o  limitano  il  godimento  dei
 diritti  ivi  previsti,  la  cui tutela abbia un'indiscussa rilevanza
 costituzionale.
    Proprio  quest'ultima, tuttavia, e' l'ipotesi che ricorre nel caso
 di specie e che induce, pertanto,  a  considerare  costituzionalmente
 illegittima la legge impugnata.
    L'art.  12  della  legge  statale  n.  466  del 1980, cui la legge
 oggetto del presente giudizio intende dare applicazione, al  fine  di
 determinare  le  categorie  di  soggetti  ai  cui familiari dev'esser
 garantito lo speciale "diritto di  assunzione"  ivi  contemplato,  fa
 espresso  riferimento  ai  soggetti previsti negli artt. 3, 4, 5 e 11
 della stessa  legge.  Fra  questi,  oltre  a  varie  altre  categorie
 (ufficiali  e agenti di polizia, magistrati, militari, vigili urbani,
 etc.), sono ricompresi anche i  vigili  del  fuoco  deceduti  o  resi
 invalidi  per  diretto  effetto  di  ferite  o  lesioni  riportate in
 conseguenza  di  eventi   connessi   all'espletamento   di   funzioni
 d'istituto  e  dipendenti  da  rischi  specificamente  attinenti allo
 svolgimento di attivita' di  soccorso  (art.  3),  nonche'  qualsiasi
 persona  che, legalmente richiesta, presti assistenza agli ufficiali,
 agenti o autorita' preposte alle predette funzioni o attivita'  (art.
 4).  E  non  si  puo'  dubitare  che  fra queste ultime rientrino non
 soltanto le persone il cui aiuto sia richiesto mentre  le  operazioni
 di  soccorso  sono  in atto, ma anche le persone raccolte in corpi di
 volontari  preventivamente  istituiti  da  un'autorita'  al  fine  di
 prestare  il  loro  aiuto  in  tutti  i  casi indicati dalla predetta
 autorita'.
    Appare,   dunque,   chiaro   che  l'anzidetto  art.  12,  ove  sia
 correttamente  interpretato,  e'  sicuramente  applicabile  anche  ai
 congiunti  delle  "vittime  del  dovere"  decedute o rese invalide in
 relazione ad attivita' di soccorso prestate, nei limiti ricordati, in
 occasione  di  incendi  che  si  verifichino  in  qualsiasi parte del
 territorio nazionale; e  che,  in  particolare,  lo  stesso  articolo
 conferisce  singolarmente,  tanto  al  coniuge  superstite  quanto  a
 ciascun figlio, un "diritto di assunzione", con  precedenza  su  ogni
 altra categoria, presso le amministrazioni pubbliche, comprese quelle
 regionali.
    Al  contrario,  la  legge  regionale impugnata, mentre rinvia alla
 legge statale n. 466 del 1980 per ogni altro aspetto della disciplina
 (come  la  definizione  di  "vittima  del  dovere",  la  qualifica di
 invalido, etc.), precisa  che  l'art.  12  della  predetta  legge  si
 applica anche ai congiunti delle "vittime del dovere" decedute o rese
 invalide in occasione degli incendi verificatesi nel territorio della
 Sardegna,  circoscrivendo, tuttavia, per tale ipotesi, il "diritto di
 assunzione" ivi previsto a un solo componente del  nucleo  familiare.
 Nel  far  cio',  la  legge  impugnata,  mentre  non estende affatto a
 categorie  non   previste   il   "diritto"   di   cui   all'art.   12
 (contrariamente  a  quanto suppone l'Avvocatura dello Stato), formula
 piuttosto  una  norma  restrittiva   rispetto   alla   corrispondente
 disciplina  statale,  producendo  cosi',  per  l'ipotesi considerata,
 un'ingiustificata situazione di diseguaglianza tra  gli  appartenenti
 alla  stessa  categoria protetta a seconda che si abbia riguardo agli
 incendi accaduti nel territorio della Sardegna o quelli  verificatisi
 nella restante parte del territorio nazionale.
    E  poiche'  il  contenuto normativo dell'intera legge impugnata si
 risolve nell'innovazione appena descritta, non resta  che  dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'atto legislativo impugnato per
 violazione dell'art. 51, comma primo, e 97, comma  terzo,  Cost.,  in
 quanto    produttivo    di    un'ingiustificata    e    irragionevole
 discriminazione nel  godimento  di  un  "diritto"  costituzionalmente
 rilevante.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della  legge  regionale
 della Sardegna, approvata il 4 febbraio  1986  e  riapprovata  il  15
 maggio  1986,  recante  il titolo "Assunzione straordinaria nel ruolo
 unico  regionale  dei  congiunti  delle   vittime   del   dovere   in
 applicazione  della  legge  13  agosto  1980, n. 466", per violazione
 degli artt. 51, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1988
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 30 giugno 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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