N. 822 SENTENZA 4 - 14 luglio 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  Pensioni
 - Passaggio a nuovo regime pensionistico - Lavoratori prossimi alla
 pensione, o gia' pensionati, al momento della sua entrata in vigore -
 Liquidazione della pensione - Mantenimento in vigore dei criteri
 dettati dall'art. 26, terzo comma, della legge 3 giugno 1975, n. 160
 - Omessa previsione - Illegittimita' costituzionale parziale.  (Legge
 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, ottavo comma).  (Cost., art. 3)
(GU n.29 del 20-7-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Gabriele  PESCATORE,  prof.  Francesco Paolo CASAVOLA, prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
 MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e
 norme  in materia pensionistica), promosso con ordinanza emessa il 15
 novembre 1986 dal Pretore di Pisa nel  procedimento  civile  vertente
 tra Kinsky Vaclav Norberto e I.N.P.S., iscritta al n. 32 del registro
 ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1987;
    Visti  gli  atti  di costituzione dell'I.N.P.S. e di Kinsky Vaclav
 Norberto nonche' l'atto di intervento del  Presidente  del  Consiglio
 dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore
 Francesco Greco;
    Uditi l'avv. Paolo Pafanti-Pellettier per Kinsky Vaclav Norberto e
 l'avv. Fabrizio Ausenda per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Mario
 Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso al Pretore di Pisa, Kinsky V. Norberto chiedeva
 la condanna dell'I.N.P.S. alla liquidazione in proprio favore di  una
 pensione di vecchiaia commisurata alla 30a classe di retribuzione.
    A sostegno della pretesa, il ricorrente deduceva che, dopo ventuno
 anni di impiego con contribuzione obbligatoria  I.N.P.S.,  nel  1973,
 per   gravi   motivi   familiari,   egli  aveva  dovuto  interrompere
 l'attivita'  lavorativa,  ed  era  stato  ammesso  alla  prosecuzione
 volontaria della contribuzione in 30a classe con decorrenza 1› luglio
 1973.
    Tale  prosecuzione  era  durata  sino  al  31 ottobre 1977: dal 1›
 novembre 1977 al 31 dicembre 1980 il ricorrente era  stato  parte  di
 altro  rapporto  di  lavoro, con relativa contribuzione obbligatoria.
 Quindi, dal  1›  gennaio  1981  era  stato  nuovamente  ammesso  alla
 prosecuzione volontaria in 10a classe fino all'ottobre 1983.
    Al  compimento  del  sessantesimo  anno  di eta', in data 21 marzo
 1984, il Kinsky aveva  chiesto  la  liquidazione  della  pensione  di
 vecchiaia  commisurata  alla  30a classe di contribuzione, secondo il
 principio stabilito dall'art. 26, terzo comma, della legge  3  giugno
 1975,  n.  160,  alla  stregua  del  quale, ai fini del computo della
 pensione, avrebbe dovuto essere considerato il migliore  triennio  di
 contribuzione nell'ultimo decennio. Invece, la pensione gli era stata
 corrisposta sulla base della 10a classe di contribuzione, e cio' alla
 luce  della modifica legislativa introdotta, medio tempore, dall'art.
 3, ottavo comma, della legge  29  maggio  1982,  n.  297,  che  aveva
 sostituito  il  principio  dianzi  ricordato  con quello delle ultime
 duecentosessanta settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza
 del pensionamento.
    Strumentalmente  all'accoglimento del ricorso, il Kinsky sollevava
 eccezione di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt.  3
 e  36  Cost.  della  norma teste' citata, nella parte in cui essa non
 prevede, nella fase transitoria dal  vecchio  al  nuovo  regime,  che
 venga  fatta  salva  la  posizione giuridica del lavoratore il quale,
 alla data di entrata in vigore della legge n. 297/1982,  si  trovasse
 ad avere gia' maturato, nell'ultimo decennio prima del pensionamento,
 il triennio di migliore contribuzione I.N.P.S. ai sensi dell'art. 26,
 terzo comma, della legge 3 giugno 1975, n. 160.
    Il  Pretore  di  Pisa  ha  ritenuto la questione rilevante ai fini
 della decisione del  giudizio  e  non  manifestamente  infondata,  e,
 pertanto,  con  ordinanza del 15 novembre 1986, ha rimesso gli atti a
 questa Corte.
    Il   giudice   a   quo,   riferendosi   ai   menzionati  parametri
 costituzionali, critica la mancanza di  una  norma  transitoria  che,
 facendo  salvi  i  piu'  favorevoli  criteri  di  liquidazione  della
 pensione,  sui  quali  l'assicurato  poteva  aver   fatto   legittimo
 affidamento in base alla previgente normativa del 1975, eviti "palesi
 irrazionalita' e disparita' di trattamento".
    Osserva  il  Pretore  di  Pisa  che, nel caso concreto che ha dato
 luogo all'ordinanza di rimessione, all'epoca della  seconda  fase  di
 prosecuzione  volontaria della contribuzione da parte del ricorrente,
 la legge gli consentiva la prosecuzione stessa in una classe modesta,
 in  quanto,  in  sede  di  liquidazione della pensione, sarebba stata
 rilevante la contribuzione elevata del triennio gia' perfezionato, e,
 pertanto,  un  ulteriore  versamento  in una classe superiore sarebbe
 stato del tutto superfluo. Invece, mutato il regime  al  momento  del
 pensionamento    del   ricorrente,   era   diventata   inopinatamente
 determinante per la quantificazione  della  pensione  proprio  quella
 contribuzione volontaria nella classe piu' bassa.
    2.   -  Nel  giudizio  si  sono  costituiti  la  parte  privata  e
 l'I.N.P.S., ed ha, inoltre, spiegato  intervento  il  Presidente  del
 Consiglio  dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello
 Stato.
    3. - La parte privata ha insistito, sia nell'atto di costituzione,
 sia nella memoria conclusionale, per la dichiarazione  di  fondatezza
 della  questione,  rilevando,  tra l'altro, che la norma censurata ha
 inciso   negativamente   su    diritti    quesiti    dell'assicurato,
 peggiorandone   in  misura  notevole  ed  in  maniera  definitiva  la
 posizione previdenziale, cio' che sarebbe, a suo avviso, precluso dai
 precetti   costituzionali   in  materia,  anche  secondo  i  principi
 enunciati da questa Corte con la sentenza n. 349 del 1985.
    4.  -  Di  opposto  tenore  e'  la  difesa dell'I.N.P.S., la quale
 osserva che la modificazione normativa introdotta con la disposizione
 censurata   va   valutata   nel   contesto   globale  dell'evoluzione
 dell'ordinamento previdenziale, nel  cui  ambito  ragionevolmente  si
 giustifica  tenendo  presente  da un lato l'intento di collegare piu'
 immediatamente la misura del trattamento  pensionistico  alle  ultime
 contribuzioni,  al  fine  di sopperire alle esigenze di finanziamento
 del sistema previdenziale  e  secondo  il  criterio  di  solidarieta'
 sociale  cui  il  sistema  stesso  e'  improntato;  dall'altro lato i
 miglioramenti  di  trattamento  che  gradualmente  si   sono   venuti
 verificando (es. indicizzazione del tetto pensionistico, perequazione
 automatica delle pensioni etc...).
    5.  -  L'Avvocatura  dello  Stato  ha eccepito la inammissibilita'
 della questione sollevata,  alla  stregua  del  rilievo  secondo  cui
 nell'ordinanza di rimessione non sarebbero esposti in modo compiuto i
 motivi di contrasto della norma censurata con gli artt. 3 e 36  della
 Costituzione.
    Nel  merito,  la difesa dell'autorita' intervenuta ha concluso per
 la infondatezza della questione.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il pretore di Pisa dubita della legittimita' costituzionale
 dell'art. 3 della legge 29 maggio 1982, n. 297, nella  parte  in  cui
 non  fa  salva  la  posizione giuridica del lavoratore il quale, alla
 data di entrata in vigore della medesima legge, si trovasse ad  avere
 gia'  maturato,  nell'ultimo  decennio  prima  del  pensionamento, il
 triennio di migliore retribuzione I.N.P.S., ai  sensi  dell'art.  26,
 terzo  comma,  della legge 3 giugno 1975, n. 160, in riferimento agli
 artt. 3 Cost., per la evidente irrazionalita', e 36 Cost., perche'  a
 detto  lavoratore  viene  attribuita  una  pensione in misura di gran
 lunga inferiore  a  quella  cui  avrebbe  avuto  diritto  secondo  la
 precedente legge.
    2.  -  Va,  anzitutto,  rigettata  l'eccezione di inammissibilita'
 sollevata dall'Avvocatura sul rilievo  dell'omessa  o,  quanto  meno,
 insufficiente  motivazione  del contrasto della norma censurata con i
 sopra ricordati parametri costituzionali. Dal contesto dell'ordinanza
 di  rimessione  si evince, invece, l'esistenza di una motivazione del
 tutto sufficiente al riguardo.
    3. - La questione e' fondata.
    Questa  Corte  ha  gia'  affermato (sent. n. 349 del 1985) che nel
 nostro   sistema   costituzionale   il   legislatore   puo'   emanare
 disposizioni   che  modifichino  sfavorevolmente  la  disciplina  dei
 rapporti di durata, anche  se  il  loro  oggetto  sia  costituito  da
 diritti  soggettivi perfetti, salvo, quando si tratti di disposizioni
 retroattive, il limite costituzionale vigente per la  materia  penale
 (art.  25,  secondo comma, Cost.). Dette disposizioni, pero', al pari
 di qualsiasi precetto  legislativo,  non  possono  trasmodare  in  un
 regolamento  irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni
 sostanziali poste in essere da  leggi  precedenti,  frustrando  cosi'
 anche  l'affidamento  del  cittadino  nella  sicurezza  pubblica  che
 costituisce elemento fondamentale ed indispensabile  dello  Stato  di
 diritto (v. sentt. nn. 36 del 1985 e 210 del 1971).
    Anche  se deve ritenersi ammissibile un intervento legislativo che
 modifichi  l'ordinamento  pubblicistico  delle  pensioni,  non  puo',
 pero',    ammettersi   che   detto   intervento   sia   assolutamente
 discrezionale.
    In  particolare,  non  puo'  dirsi  consentita  una  modificazione
 legislativa che, intervenendo o in una fase avanzata del rapporto  di
 lavoro  oppure  quando  gia'  sia  subentrato lo stato di quiescenza,
 peggiorasse, senza una inderogabile esigenza, in misura  notevole  ed
 in  maniera  definitiva,  un  trattamento pensionistico in precedenza
 spettante,  con  la  conseguente  irrimediabile  vanificazione  delle
 aspettative  legittimamente  nutrite  dal  lavoratore  per  il  tempo
 successivo alla cessazione della propria attivita' lavorativa.
    Nella  fattispecie  il trattamento pensionistico che, in base alla
 precedente   legge,   sarebbe   spettato   al   ricorrente,   si   e'
 irrimediabilmente ridotto di quasi due terzi.
    L'operata  riduzione  e'  tanto  piu'  grave  in  quanto lo stesso
 Istituto previdenziale  ha  provveduto  a  determinare  la  quota  di
 contribuzione   volontaria,   dovuta   per   legge   interamente  dal
 lavoratore,  necessaria  per  raggiungere  l'anzianita'  contributiva
 richiesta  dalla  legge allora in vigore per conseguire il diritto al
 trattamento pensionistico.
    La  quota  di  contribuzione  volontaria postula la sussistenza di
 tassativi  ed  inderogabili  requisiti  di  legge  supportati   dalla
 prescritta  anzianita' assicurativa e contributiva ed e' ragguagliata
 nella misura alla retribuzione settimanale ed alla correlativa classe
 contributiva assegnata dall'I.N.P.S. in relazione all'entita' di tale
 retribuzione,  percepita  prima   della   cessazione   dell'attivita'
 lavorativa.  In  conseguenza  dell'eventuale  versamento di una somma
 inferiore, il periodo  assicurativo  si  contrae  automaticamente  in
 proporzione.
    L'inderogabile   esigenza   giustificatrice  della  riduzione  del
 trattamento pensionistico ormai prossimo a  maturazione,  secondo  la
 legge  precedente  alla  modificazione,  non  puo'  concretarsi nelle
 ragioni che hanno determinato la riforma legislativa.
    Il  precedente  trattamento  pensionistico era, infatti, calcolato
 sulla base retributiva collocata, nella  fattispecie,  in  epoca  non
 lontana dalla decorrenza della pensione.
    Per  effetto  della  legge  di modifica si e' inserita, invece, la
 valutazione  dell'apporto  contributivo  oggettivamente  dovuto   nel
 sistema  a  ripartizione,  nel  quale  i contributi assicurativi sono
 percentualmente  commisurati  alle  retribuzioni  collegate  con   le
 variazioni  dell'indice  del costo della vita, sicche' il trattamento
 di pensione liquidato ai lavoratori che maturano il relativo  diritto
 dopo  l'entrata  in vigore di detta legge, per effetto della maggiore
 contribuzione versata, e' certamente piu' congruo. Cio' non  avviene,
 invece, per coloro che, pur avendo versato la contribuzione dovuta in
 base alla legge precedente, dovessero seguire il nuovo sistema.
    Sono di ordine secondario le altre ragioni, quali il conseguimento
 di un gettito fiscale per coprire gli oneri  dei  trattamenti  dovuti
 anche  alle  categorie  con  contribuzione  bassa o nulla, secondo il
 principio solidaristico,  nonche'  l'avvenuta  elevazione  del  tetto
 pensionabile,  l'adeguamento periodico delle pensioni e l'aumento dei
 trattamenti minimi, in una con le necessita'  di  contenimento  della
 spesa   previdenziale:   ragioni   non   idonee   a  giustificare  la
 decurtazione della pensione in danno di  quei  lavoratori  che  hanno
 versato  contributi  a  loro  carico,  per l'intero o in parte, nella
 legittima aspettativa  di  conseguire  un  trattamento  pensionistico
 adeguato.  Valgono  per  costoro  il  principio  della garanzia della
 sicurezza sociale, che e' anch'esso di  ordine  costituzionale  (art.
 38),  oltre  che  le  innegabili  ragioni  di  giustizia sociale e di
 equita'  per  cui  non  possono  effettuarsi  riforme  o   conseguire
 risultati  a danno di categorie di lavoratori in genere ed in ispecie
 di quelli che sono prossimi alla pensione o sono gia' in pensione.
    Pertanto,  la  questione  e' fondata nei suddetti sensi, rimanendo
 assorbito il profilo della violazione dell'art. 36 Cost.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, ottavo comma,
 della legge 29 maggio 1982, n. 297  (Disciplina  del  trattamento  di
 fine  rapporto  e norme in materia pensionistica), nella parte in cui
 non prevede, per i lavoratori prossimi alla pensione al momento della
 sua  entrata in vigore, o gia' pensionati, il mantenimento in vigore,
 ai fini della liquidazione della pensione stessa, dei criteri dettati
 dall'art. 26, terzo comma, della legge 3 giugno 1975, n. 160.
    Cosi'  deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 14 luglio 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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