N. 850 ORDINANZA 5 - 21 luglio 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Previdenza e assistenza - Diritto al trattamento di quiescenza
 Perdita per intervenuta prescrizione - Esclusione - Violazione dei
 limiti imposti dalla legge delega - Manifesta infondatezza.  (D.P.R.
 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 5).  (Cost., artt. 3 e 76)
(GU n.30 del 27-7-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5 del d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme  sul
 trattamento  di  quiescenza  dei  dipendenti  civili e militari dello
 Stato), in relazione agli artt.  6,  ultimo  comma,  della  legge  28
 ottobre  1970,  n. 775 (Modifiche ed integrazioni alla legge 18 marzo
 1968, n. 249), e 99 del d.P.R.  23 dicembre 1978, n. 915 (T.U.  delle
 norme  in  materia  di  pensioni  di  guerra), promosso con ordinanza
 emessa  il  3  giugno  1982  dalla  Corte  dei  Conti   -   Sez.   IV
 giurisdizionale  -  sul  ricorso  proposto  da  Panicali Bonaventura,
 iscritta al n. 1067 del registro ordinanze 1984  e  pubblicata  nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25- bis dell'anno 1985;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  23 marzo 1988 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  la  Corte dei Conti, con ordinanza in data 3 giugno
 1982, ha  sollevato,  con  riferimento  agli  artt.  3  e  76  Cost.,
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 5 del d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui esclude che il diritto  al
 trattamento  di quiescenza, diretto o di riversibilita', si perda per
 prescrizione, in relazione all'art. 6 della legge 28 ottobre 1970, n.
 775  (Modifiche ed integrazioni alla legge-delega al Governo 19 marzo
 1968, n. 249, per il riordinamento dell'amministrazione dello  Stato,
 per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere
 e delle retribuzioni dei dipendenti statali),  nonche'  in  relazione
 all'art.  99  del  d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle
 norme in materia di pensioni di guerra);
      che,  ad avviso del giudice a quo, la norma censurata eccede dai
 limiti imposti dalla legge di delega n.  775/1970,  il  cui  art.  6,
 secondo   comma,   non   sembrerebbe  consentire  l'introduzione  del
 principio dell'imprescrittibilita' del diritto  a  pensione,  per  le
 difficolta'   a   cui   darebbe   luogo,   a   distanza   di   tempo,
 l'identificazione dei presupposti richiesti per far luogo al relativo
 trattamento;  difficolta'  in  contrasto  con  i  criteri  posti  dal
 legislatore  delegante  al  fine  di  conseguire  una  sollecita   ed
 economica azione amministrativa;
      che,  inoltre, alla stessa norma il giudice remittente imputa il
 fatto di dettare una disciplina  irrazionalmente  diversa  da  quella
 prevista  dall'art.  99  del  d.P.R. n. 915 del 1978, che, in tema di
 pensioni di guerra, sancisce, invece,  che  il  relativo  diritto  si
 prescrive  nel  termine  di cinque anni dall'effettiva cessazione del
 servizio di guerra o, per i civili, dal verificarsi degli eventi;
    Considerato  che  la  legge  delega  18  marzo  1968, n. 249, e la
 successiva in data 28 ottobre 1970, n. 775, contenente  modifiche  ed
 integrazioni  della  prima,  demandavano al Governo la disciplina dei
 procedimenti amministrativi nei  vari  settori  per  soddisfare  alle
 specifiche  esigenze,  attraverso la semplificazione e lo snellimento
 delle  procedure,  onde  rendere  sollecita  ed  economica   l'azione
 amministrativa,   eliminando   tutti   quei   pareri,   controlli  ed
 adempimenti non necessari per una adeguata valutazione  del  pubblico
 interesse e di quelli dei singoli;
      che,  in  conseguenza, al legislatore delegato veniva attribuito
 il potere di apportare alle disposizioni in vigore  le  modifiche  ed
 integrazioni  necessarie per il loro coordinamento ed ammodernamento,
 ai fini di una migliore accessibilita' e comprensibilita' delle norme
 medesime  (art.  4, legge n. 249 del 1968, e 6 della legge n. 775 del
 1970);
      che   il  susseguente  testo  unico  n.  1092  del  1973  appare
 coerentemente improntato al conseguimento di tali finalita' oltre che
 rispondente,  in punto di imprescrittibilita' del diritto a pensione,
 ai  principi  accolti  nella  precedente  legislazione,  i  quali  si
 impongono, anch'essi, al legislatore delegato (v. sent. n. 28/1970);
      che,   invero,   non   soltanto   la  precedente  normativa  sul
 trattamento di quiescenza dei dipendenti statali  (T.U.  21  febbraio
 1895  n.  70;  legge  15  febbraio  1958  n.  46)  non dettava alcuna
 disposizione che prevedesse la perdita del  diritto  a  pensione  per
 effetto  della  prescrizione,  mentre altre ne conteneva, concernenti
 tale perdita per altre cause ovvero la prescrizione di singoli  ratei
 della pensione stessa;
      che,  del  resto,  il  principio  dell'imprescrittibilita' della
 pensione risponde anche al concetto  che  questa  si  pone  anche  in
 funzione  dell'interesse  pubblico alla sicurezza sociale, con chiara
 destinazione permanente ad un interesse pubblico;
      che  la  disposizione  di  cui all'art. 5 del d.P.R. n. 1092 del
 1973 si pone, pertanto, non solo in aderenza ad  una  normativa  gia'
 accolta  nella  precedente legislazione, ma si ispira, altresi', agli
 stessi concetti elaborati nel  tempo  in  ordine  alla  funzione  del
 trattamento pensionistico (v. ad es. legge 22 dicembre 1962, n. 1646,
 in tema di  trattamento  di  quiescenza  dei  dipendenti  degli  enti
 locali),  ricollegato  al pubblico interesse in vista della sicurezza
 sociale, sicche' essa, col sancire l'imprescrittibilita' del  diritto
 al trattamento di quiescenza, non eccede dai limiti posti dalla legge
 delegante,  sibbene  in  ottemperanza  dei  principi  e  dei  criteri
 direttivi ivi specificati, intende superare ogni eventuale incertezza
 residua circa la disciplina  in  materia,  realizzando  in  tal  modo
 l'auspicata sollecitudine ed economicita' dell'azione amministrativa;
      che,  infine,  alla stregua della giurisprudenza di questa Corte
 (v. sent. n. 125 del 1985) non e' istituibile un utile raffronto  fra
 l'ordinamento  delle  pensioni  ordinarie  e quello delle pensioni di
 guerra;
      che,   pertanto,  l'esaminata  questione  appare  manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e
 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
 Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 5 del  d.P.R.  29  dicembre  1973,  n.  1092
 (Approvazione   del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di
 quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato),  sollevata,
 in  riferimento  agli  artt.  3 e 76 Cost., dalla Corte dei Conti con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 21 luglio 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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