N. 887 SENTENZA 7 - 26 luglio 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Frode - Frodi nel settore degli olii minerali - Omessa denunzia di un deposito - Accertamento del reato - Sanzione commisurata ai prodotti trovati nel deposito - Non fondatezza nei sensi di cui in motivazione. (D.-L. 5 maggio 1957, n. 271, art. 13, primo comma, convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474). (Cost., art. 3)(GU n.31 del 3-8-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.13, primo comma, del D.L. 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474 (Conversione in legge, con modicazioni, del D.L. 5 maggio 1957 n. 271), promosso con ordinanza emessa il 12 novembre 1987 dal Tribunale di Catania nel procedimento penale a carico di Ferrara Carmelo, iscritta al n. 864 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di Consiglio del 6 luglio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 12 novembre 1987, il Tribunale di Catania, chiamato a giudicare di un caso di esercizio abusivo di deposito di oli minerali, sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art.13, primo comma, del d.l. 5 maggio 1957, n. 271, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Osservava al riguardo che la norma impugnata, nel prevedere e punire il reato di omessa denunzia di un deposito di oli minerali, fa riferimento (per quanto riguarda la sanzione) all'imposta relativa ai "prodotti trovati nel deposito". A tale espressione, secondo il giudice a quo, non potrebbe essere attribuito altro significato se non quello di aver riguardo ai prodotti rinvenuti all'atto di accertamento e non a quelli in precedenza introdotti ma non trovati. Senonche' in questo modo la norma verrebbe a far dipendere la sanzione non dalla gravita' del fatto ma dalla circostanza meramente casuale dell'accidentale presenza di una maggiore o minore quantita' di prodotto al momento dell'accertamento, con palese violazione del principio d'eguaglianza. 2. - L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. L'Avvocatura dello Stato, intervenuta per il Presidente del Consiglio dei Ministri, ha chiesto gradatamente che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile, venendosi in sostanza a chiedere una decisione manipolativa additiva che modifichi il criterio adottato dal legislatore, ovvero non fondata in considerazione della costante giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui l'art.13 del d.l. n. 271 del 1957 si riferisce a tutti i prodotti immessi nel deposito e non solo a quelli esistenti al momento dell'accertamento del reato. Considerato in diritto Come ricorda l'Avvocatura dello Stato, la giurisprudenza della Corte di Cassazione afferma in maniera costante che l'espressione "prodotti trovati nel deposito", contenuta nel denunziato art.13 d.l. n. 271 del 1957, si riferisce a tutti i prodotti ivi immessi e non soltanto a quelli esistenti al momento dell'accertamento del reato. A simile risultato interpretativo si perviene considerando, da un lato, che il reato di omessa denunzia di deposito ha natura permanente con conseguente punibilita' di tutta la condotta mantenuta nel corso della situazione illecita e, dall'altro, che l'accertamento (il "trovare") puo' essere espletato anche attraverso riscontri contabili e non solo con la misurazione delle giacenze. Ulteriore argomento atto a coonestare questo indirizzo consolidato lo offre lo stesso Tribunale di Catania, quando mostra le conseguenze assurde e palesemente contrastanti con il principio d'eguaglianza cui da' luogo un'interpretazione basata sul puro dato letterale impiegato nell'art.13. In tal modo la coincidenza del diritto vivente con l'interpretazione della norma conforme a Costituzione, conduce questa Corte ad una decisione interpretativa di rigetto.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.13, primo comma, del d.l. 5 maggio 1957 n. 271, convertito in l. 2 luglio 1957, n. 474 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.l. 5 maggio 1957 n. 271, concernente disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), promossa dal Tribunale di Catania, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Cosi' deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: GALLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 26 luglio 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1270