N. 925 SENTENZA 8 - 28 luglio 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reato in genere - Reati contro la religione - Bestemmia Vigenza del principio della religione cattolica come sola religione dello Stato - Speciale tutela penale - Nuova disciplina concordataria - Mancata innovazione sostanziale della questione - Infondatezza. (Cod. pen. art. 724, primo comma). (Cost., artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 25, secondo comma)(GU n.31 del 3-8-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 724 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 26 novembre 1985 dal Pretore di Trento nel procedimento penale a carico di Deiana Attilio, iscritta al n. 41 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1986; 2) ordinanza emessa il 4 aprile 1986 dal Pretore di Sestri Ponente nel procedimento penale a carico di Camberini Franco, iscritta al n. 369 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1986; 3) ordinanza emessa il 29 aprile 1986 dal Pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Bonino Emma, iscritta al n. 545 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1986; 4) ordinanza emessa il 17 giugno 1986 dal Pretore di La Spezia nel procedimento penale a carico di Vezzoli Giovanni, iscritta al n. 686 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57, prima serie speciale, dell'anno 1986; 5) ordinanza emessa il 25 maggio 1987 dal Pretore di Monfalcone nel procedimento penale a carico di Danieli Gianni Luca, iscritta al n. 698 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1987. Udito nella camera di consiglio del 20 aprile 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso. Ritenuto in fatto 1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Deiana Attilio, il Pretore di Trento, con ordinanza del 26 novembre 1985, ha denunciato, in riferimento agli artt. 3, 7 e 8 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 724, primo comma, del codice penale, che punisce con l'ammenda da lire ventimila a seicentomila chiunque pubblicamente bestemmia contro la Divinita' o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato. Il giudice a quo prende le mosse dall'Accordo di modificazioni del Concordato lateranense intervenuto fra la Repubblica italiana e la Santa Sede il 18 febbraio 1984 e recepito nel nostro ordinamento attraverso la legge di ratifica ed esecuzione 25 marzo 1985, n. 121: il punto 1 del Protocollo addizionale - con lo stabilire che "Si considera non piu' in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato" - e l'art. 13 del nuovo Concordato - con lo stabilire che le disposizioni del Concordato non riprodotte nell'Accordo sono abrogate - hanno determinato la caducazione del concetto di religione cattolica come sola religione dello Stato (art. 1 del Trattato concluso fra la Santa Sede e l'Italia l'11 febbraio 1929; art. 1 dello Statuto del Regno), cosi' da contrassegnare l'intervento dello Stato italiano in tema di religione (v. anche il Preambolo dell'Accordo) come una scelta di vera e propria "neutralita'". Tale scelta, il mutare dei costumi, il crescente secolarismo e la tendenza del mondo cattolico a rinunciare a privilegi legislativi imporrebbero, quindi, una "rilettura" dell'art. 724 del codice penale tale da consentire alla Corte il riesame delle sue precedenti decisioni di non fondatezza (sentenze n. 79 del 1958 e n. 14 del 1973). I parametri costituzionali invocati dal giudice a quo risulterebbero violati nel senso che, se l'art. 724 del codice penale tutelasse soltanto "il libero esercizio della religione cattolica e il sentimento religioso dei cattolici", verrebbe operata un'ingiustificata discriminazione fra i cittadini e fra le religioni, privando "il cittadino professante diversa religione, di analoga difesa del suo sentimento religioso e privilegiando cosi' il libero esercizio di un solo culto", con violazione, oltre che dell'art. 8, primo comma ("in quanto eguale liberta' ed eguale protezione non sono garantite dalla vigente legislazione penale" alle altre religioni), dell'art. 3 della Costituzione (il quale "non consente al legislatore discriminazioni in relazione alla religione professata e dunque una differenziata considerazione del sentimento religioso"). Sarebbe vulnerato anche l'art.7 della Costituzione "che vuole i rapporti tra Stato e Chiesa regolati dai patti lateranensi" (v. artt.1 e 13 dell'Accordo e punto 1 del Protocollo addizionale), "disattesi nello spirito e nella lettera dal privilegio della protezione penale delle offese recate contro la religione di Stato". L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 22, prima serie speciale, del 21 maggio 1986. Nel giudizio non e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri ne' vi e' stata costituzione della parte privata. 2. - Nel corso del giudizio penale a carico di Camberini Franco, imputato, fra l'altro, del reato di bestemmia, il Pretore di Sestri Ponente, con ordinanza del 4 aprile 1986, ha denunciato, in riferimento agli artt. 2, 3, 8 e 19 della Costituzione, l'art. 724 del codice penale. Addotte argomentazioni analoghe a quelle del Pretore di Trento circa il rilievo del punto 1 del Protocollo addizionale e confutata - anche sulla base della piu' recente giurisprudenza della Corte di cassazione - la tesi di alcuni giudici di merito, che dalla novazione concordataria hanno fatto derivare l'immediata abrogazione della norma censurata, il giudice a quo sostiene che, alla stregua del nuovo assetto, sarebbero venuti meno i presupposti in base ai quali la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le precedenti questioni di legittimita' dell'art.724 del codice penale. Una norma che, apprestando per la sola religione cattolica una speciale tutela penale, comporterebbe "lesione dei princi'pi costituzionali di uguaglianza e di liberta' dei cittadini", quali si desumono dagli invocati precetti costituzionali, la cui osservanza sarebbe, invece, assicurata o garantendo "ogni religione in eguale misura dagli attacchi e dalle offese alle rispettive credenze, o nel senso di eliminare dal codice penale quelle fattispecie volte unicamente a sanzionare i comportamenti offensivi nei riguardi della sola religione cattolica". Infatti, mentre, per un verso, nessuna norma costituzionale conferisce alla religione cattolica una piu' intensa protezione rispetto alle altre confessioni religiose, per un altro verso, la maggiore diffusione di tale religione non puo' giustificare violazioni o deroghe a quelle norme costituzionali che intendono garantire l'effettiva liberta' ed eguaglianza dei singoli e delle formazioni sociali in cui i singoli hanno il diritto di esplicare liberamente la loro personalita'": anzi,in tema di "liberta'", utilizzare il criterio della "maggioranza del gruppo prevalente" costituisce l'argomento "piu' denso di pericoli". Infine, e' ormai comunemente riconosciuto che lo Stato italiano, evitando di assumere la difesa di una religione, ha perso ogni connotato di confessionalita', dichiarandosi, invece, indifferente rispetto alle scelte dei consociati, liberi di professare o no un credo religioso: cio' comporta l'incompatibilita' con la Costituzione di ogni norma che imponga trattamenti differenziati di fronte a comportamenti di identica rilevanza. A confortare la tesi dell'illegittimita' dell'art. 724 del codice penale e' intervenuta la recente modifica dei Patti lateranensi, la quale, pur riconoscendo la peculiarita' della religione cattolica, ha regolato ex novo i rapporti fra lo Stato e la Santa Sede, "stabilendo in sostanza che tutte le religioni e i valori religiosi in genere devono essere ugualmente rispettati": donde l'impossibilita' "di riservare la tutela penale alla sola religione cattolica e la necessita' di ampliare tale tutela a tutte le confessioni religiose". In conclusione, non essendosi ancora il legislatore conformato alle sollecitazioni espresse dalla Corte con la sentenza n. 14 del 1973, provvedendo ad "estendere la tutela penale contro le offese del sentimento religioso di individui appartenenti a confessioni diverse da quella cattolica", la dedotta discriminazione non potrebbe essere rimossa se non attraverso la pronuncia d'illegittimita' costituzionale dell'art. 724, primo comma, del codice penale. L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38, prima serie speciale, del 1 agosto 1986. Nel giudizio non e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri ne' si e' costituita la parte privata. 3. - Nel corso del procedimento penale a carico di Bonino Emma, il Pretore di Roma, con ordinanza del 29 aprile 1986, ha denunciato, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 724, primo comma, del codice penale. Rileva il giudice a quo che, mentre, alla stregua dell'art.1 del Concordato del 1929, la norma incriminatrice della bestemmia si armonizzava puntualmente con il sistema dei rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica (infatti, "era possibile affermare l'eguaglianza" tra religione di Stato e religione cattolica), una volta venuto meno tale sistema a seguito dell'abrogazione, contenuta nella recente modifica del Concordato, del principio della religione cattolica come "religione di Stato", non sarebbe piu' possibile individuare in astratto quale sia la "religione di Stato"; con la conseguenza che la fattispecie prevista dall'art. 724 c.p., sussistendo incertezza circa il significato di un suo elemento costitutivo, "non puo' ritenersi, attualmente, sufficientemente determinata". Avendo assunto l'espressione "religione di Stato", fin dal suo ingresso nel sistema normativo, un preciso significato tecnico- giuridico, l'eliminazione di essa dall'attuale assetto avrebbe, percio', privato di ogni determinatezza la fattispecie criminosa descritta dalla norma denunciata, con violazione dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, "non potendosi predeterminare quali siano i comportamenti riconducibili" al precetto dell'art. 724, primo comma, del codice penale. "In via del tutto subordinata, nel caso si dovesse ritenere che l'espressione "religione di Stato" sia stata fin dall'origine usata per individuare atecnicamente la religione cattolica", cosi' che l'intervenuta abrogazione del princi'pio della religione cattolica come "religione di Stato" nulla avrebbe innovato nella previsione dell'art. 724 del codice penale, il giudice a quo ha denunciato, sempre in relazione alle innovazioni normative intervenute a disciplinare i rapporti fra lo Stato e la Chiesa, violazione del princi'pio di eguaglianza: incriminando la bestemmia si sarebbe, infatti, attuata un'ingiustificata discriminazione fra soggetti con riguardo alla religione professata. L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 49, prima serie speciale, del 15 ottobre 1986. Nemmeno in questo giudizio vi e' stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e costituzione della parte privata. 4. - Nel procedimento penale a carico di Vezzoli Giovanni, il Pretore di La Spezia, facendo proprie le "motivazioni contenute nella memoria" presentata dalla difesa dell'imputato, ha, con ordinanza del 17 giugno 1986, sollevato, in riferimento all'art. 7 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 724 del codice penale. La detta memoria, richiamando la nuova disciplina concordataria, osserva come il venir meno dell'"unicita' della religione di Stato" comporti "che, se anche il legislatore vorra' tutelare il comune e variamente manifestantesi sentimento religioso, proprio di ogni popolo, dovra' mettere a punto una nuova norma che preveda espressamente l'offesa a tutte le religioni professate nel Paese". L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 57, prima serie speciale, del 3 dicembre 1986. Nel giudizio non si e' costituita la parte privata ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. 5. - Al termine del dibattimento a carico di Danieli Gianni Luca, imputato, fra l'altro, del reato di bestemmia, il Pretore di Monfalcone, con ordinanza del 25 maggio 1987, ha denunciato, in riferimento agli artt. 3, 7 e 8 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 724 del codice penale, formulando censure sostanzialmente analoghe a quelle addotte dal Pretore di Trento. L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 49, prima serie speciale, del 25 novembre 1987. Nemmeno in tale giudizio si e' costituita la parte privata ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato in diritto 1. - Le cinque ordinanze in epigrafe sollevano questioni di legittimita' costituzionale in tutto o in parte coincidenti: i relativi giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. 2. - Oggetto di censura e' sempre l'art. 724 del codice penale, con particolare riguardo al suo primo comma ("Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinita' o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato, e' punito con l'ammenda da lire ventimila a seicentomila"), come l'ordinanza del Pretore di Roma sottolinea nel dispositivo e le altre lasciano evincere dalla motivazione, conformemente, del resto, all'addebito di volta in volta contestato nei procedimenti a quibus. In ciascuno di essi l'imputazione ha, infatti, per oggetto il reato di bestemmia, senza che venga mai considerata la fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 724 (manifestazioni oltraggiose verso i defunti). 3. - Numerosi sono, invece, i parametri costituzionali invocati, talora isolatamente, piu' spesso in varia combinazione: cosi' il Pretore di La Spezia si richiama all'art. 7; il Pretore di Roma all'art. 25, secondo comma, e, in subordine, all'art. 3; i Pretori di Trento e Monfalcone agli artt. 3, 7 e 8; il Pretore di Sestri Ponente agli artt. 2, 3, 8 e 19, con espressa esclusione dell'art. 21, che la difesa dell'imputato aveva pur coinvolto nell'eccezione di legittimita' da essa prospettata. 4. - Come puntualmente ricordato dal Pretore di Sestri Ponente e dal Pretore di Monfalcone, gia' in altre due occasioni questa Corte e' stata chiamata ad occuparsi della legittimita' costituzionale dell'art. 724, primo comma, del codice penale, sempre concludendo per la non fondatezza delle questioni rispettivamente proposte: la prima volta (v. la sentenza n. 79 del 1958) in riferimento agli artt. 7 e 8, la seconda (v. la sentenza n. 14 del 1973) in riferimento agli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione. 5. - Nel rimettere in discussione la legittimita' costituzionale della norma che incrimina la bestemmia, le attuali ordinanze muovono tutte dall'innovazione insita nel punto 1 del Protocollo addizionale all'Accordo di modificazioni al Concordato lateranense del 1929, Accordo firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e recepito nel nostro ordinamento attraverso la legge di ratifica ed esecuzione 25 marzo 1985, n. 121. Si tratta del punto in cui la Santa Sede e la Repubblica italiana dichiarano di considerare "non piu' in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato", svuotando cosi' di ogni contenuto l'art. 1 del Trattato del 1929, alla cui stregua l'Italia riconosceva e riaffermava "il principio consacrato nell'art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana e' la sola religione dello Stato". 6. - L'incidenza di un cosi' importante mutamento sulla configurazione del reato di bestemmia non viene valutata allo stesso modo dai giudici a quibus, pur concordi nel respingere, analogamente a quanto emerge dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, la tesi secondo cui, come vorrebbero altri giudici di merito, ci si troverebbe addirittura di fronte all'abrogazione di tutte le norme facenti richiamo alla "religione dello Stato". Mentre, infatti, i Pretori di Trento, di Sestri Ponente, di La Spezia e di Monfalcone esprimono l'avviso che, ai fini dell'art. 724, primo comma, del codice penale, per "religione dello Stato" deve continuare ad intendersi la religione cattolica, il Pretore di Roma sostiene in via principale che il venir meno del "principio della religione cattolica come religione di Stato" non consentirebbe piu' di "individuare in astratto quale sia la "religione di Stato", per cui la fattispecie di cui all'art.724 c.p., essendo incerto il significato di un suo elemento costitutivo, non puo' ritenersi, attualmente, sufficientemente determinata", donde l'ipotizzata violazione dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione. 7. - La carica di novita', che, non solo a causa del parametro invocato, una questione cosi' impostata presenta rispetto a tutte le altre, appare evidente. Cio' anche perche', con il loro aderire all'ottica interpretativa che ravvisa nell'art. 724, primo comma, del codice penale un persistente, sottinteso, richiamo alla religione cattolica, le questioni proposte dai Pretori di Trento, di Sestri Ponente, di La Spezia e di Monfalcone (come quella proposta in via subordinata dal Pretore di Roma) - se si eccettua il riferimento all'art. 2 della Costituzione, che, peraltro, il Pretore di Sestri Ponente strettamente collega con l'art. 3, all'unico scopo di sottolineare come "i cittadini" non possano essere assoggettati a discriminazioni religiose, non soltanto singolarmente, ma neppure "nelle formazioni sociali ove si svolge la loro personalita'" - aggiungono ben poco agli argomenti gia' disattesi con le sentenze n. 79 del 1958 e n. 14 del 1973, fatta salva, ovviamente, la necessita' di valutare l'incidenza del punto 1 del Protocollo addizionale del 1984. Muovendo, invece, dall'opposto convincimento che non sia piu' possibile continuare ad intendere la religione cattolica come entita' sottostante alla nozione di "religione dello Stato", la questione sollevata in via principale dal Pretore di Roma viene a rivestire connotati del tutto inediti. 8. - L'"insufficiente determinatezza" - che, in seguito all'abrogazione dell'art. 1 del Trattato lateranense, caratterizzerebbe il precetto dell'art. 724, primo comma, del codice penale, cosi' da renderlo illegittimo, ai sensi dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione - deriverebbe dal fatto che, non essendo "piu' possibile, sulla base del nuovo sistema normativo, individuare in astratto quale sia la "'religione dello Stato'", sarebbe divenuto "incerto il significato" dell'elemento costitutivo contrassegnato, appunto, dall'espressione "religione dello Stato", "che delimita l'ambito di applicazione della norma". L'espressione, "di origine politica" e "non usuale al linguaggio comune", e' "un'espressione tecnica, il cui significato va desunto solo ed esclusivamente dal sistema normativo". Non potendosi piu' desumere "tale significato" dal sistema normativo vigente, data "l'abrogazione del principio della religione cattolica come religione di Stato, la fattispecie risulterebbe attualmente indeterminata, non potendosi predeterminare quali siano i comportamenti riconducibili ad essa". 9. - La questione non e' fondata. A differenza di quanto mostra di ritenere il Pretore di Roma, l'innegabile venir meno del significato originario dell'espressione "religione dello Stato" non esclude che, entro il contesto dell'art. 724 del codice penale, essa ne abbia acquistato uno diverso, ma sempre sufficientemente determinabile, quello, appunto, riconosciutole, in conformita' ad analoghe prese di posizione della Corte di cassazione, dagli altri giudici a quibus: cioe', il significato di "religione cattolica", in quanto gia' religione dello Stato, qualificazione il cui superamento risulta formalmente sancito con l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1985, n.121, che, con il ratificare e rendere esecutivi l'Accordo di modificazioni al Concordato lateranense ed il relativo Protocollo addizionale, ha dato operativita' nel nostro ordinamento alla dichiarazione contenuta nel punto 1 di quel Protocollo. 10. - Da cio' consegue che, anche per quanto riguarda le altre questioni riproposte dai giudici a quibus, l'incidenza del punto 1 del Protocollo addizionale, da essi assunto a decisivo elemento di novita', non risulta cosi' determinante da modificare nella sostanza i termini delle questioni stesse e, quindi, le risposte di non fondatezza gia' fornite da questa Corte nelle precedenti occasioni. Ne' con la sentenza n.79 del 1958 ne' con la sentenza n.14 del 1973 si era, infatti, posto l'accento sul fatto che la lettera dell'art.724, primo comma, del codice penale da' rilievo ad "una qualificazione formale della religione cattolica", bensi' si era messa in risalto la circostanza che la norma riguarda piu' propriamente la religione cattolica in quanto mera confessione religiosa diffusa nel Paese, tant'e' vero che l'infondatezza delle questioni allora sollevate era stata motivata con argomenti imperniati sull'"antica ininterrotta tradizione del popolo italiano" (v. pure la sentenza n.125 del 1957), sull'ampiezza e sull'intensita' delle "reazioni sociali naturalmente suscitate dalle offese dirette" a quella religione. D'altro canto, "la limitazione della previsione legislativa alle offese contro la religione cattolica" non puo' continuare a giustificarsi con l'appartenenza ad essa della "quasi totalita'" dei cittadini italiani (v. la sentenza n. 79 del 1958) e nemmeno con l'esigenza di tutelare il sentimento religioso della "maggior parte della popolazione italiana" (v. la sentenza n.14 del 1973): non tanto vi si oppongono ragioni di ordine statistico (comunque sia, la religione cattolica resta la piu' seguita in Italia), quanto ragioni di ordine normativo. Il superamento della contrapposizione fra la religione cattolica, "sola religione dello Stato", e gli altri culti "ammessi", sancito dal punto 1 del Protocollo del 1984, renderebbe, infatti, ormai inaccettabile ogni tipo di discriminazione che si basasse soltanto sul maggiore o minore numero degli appartenenti alle varie confessioni religiose. Cio' non toglie che la perdurante limitazione insita nel dettato dell'art. 724, primo comma, del codice penale possa trovare tuttora un qualche fondamento nella constatazione, sociologicamente rilevante, che il tipo di comportamento vietato dalla norma impugnata concerne un fenomeno di malcostume divenuto da gran tempo cattiva abitudine per molti, anche se al legislatore incombe l'obbligo di addivenire ad una revisione della fattispecie, cosi' da ovviare alla disparita' di disciplina con le altre religioni.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE a) Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 724, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma con ordinanza del 29 aprile 1986; b) Dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 724, primo comma, del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 7, 8 e 19 della Costituzione, dal Pretore di Trento con ordinanza del 26 novembre 1985, dal Pretore di Sestri Ponente con ordinanza del 4 aprile 1986, dal Pretore di Roma con ordinanza del 29 aprile 1986, dal Pretore di La Spezia con ordinanza del 17 giugno 1986 e dal Pretore di Monfalcone con ordinanza del 25 maggio 1987. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1988 Il Presidente: SAJA Il redattore: CONSO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 28 luglio 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1308