N. 960 SENTENZA 26 settembre - 6 ottobre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Macinazione e panificazione - Autorizzazione di nuovi impianti -
 Limiti alla liberta' di impresa - Inesatta individuazione del thema
 decidendi - Inammissibilita'.  (Legge 31 luglio 1956, n. 1002, art.
 2).  (Cost., artt. 3, 41 e 97)
(GU n.41 del 12-10-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe
    BORZELLINO,  dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge
 31 luglio 1956, n. 1002 ("Nuove norme sulla panificazione"), promosso
 con ordinanza emessa il 24 febbraio 1987 dal Tribunale amministrativo
 regionale della Sicilia, sezione  di  Catania,  sui  ricorsi  riuniti
 proposti  da  Castrogiovanni  Domenica  ed  altri contro la Camera di
 Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura ed altro, iscritta al
 n.  639  del  registro  ordinanze  1987  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 47,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1987;
    Visti   gli   atti  di  costituzione  della  Federazione  Italiana
 Panificatori e Pasticceri di Castrogiovanni Domenica ed altri e della
 Cooperativa   Agricola   "Valle  del  Dittaino",  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore
 Gabriele Pescatore;
    Uditi  gli  avvocati  Maurizio  Salari e Walter Prosperetti per la
 Federazione Italiana Panificatori e Pasticceri e  per  Castrogiovanni
 Domenica   ed  altri  e  Michele  Ali'  e  Emilio  Romagnoli  per  la
 Cooperativa Agricola "Valle del Dittaino" e  l'Avvocato  dello  Stato
 Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  provvedimento  in  data  29  aprile 1985, la Camera di
 commercio,  industria  ed  agricoltura   di   Enna   concedeva   alla
 cooperativa    agricola   "Valle   del   Dittaino"   l'autorizzazione
 all'impianto di un nuovo panificio, con una potenzialita'  produttiva
 giornaliera di 180 quintali.
    Avverso  tale  delibera alcuni panificatori della zona ricorrevano
 al Tribunale amministrativo regionale  per  la  Sicilia,  sezione  di
 Catania,  deducendo  una serie di vizi della decisione per eccesso di
 potere.
    Nel  corso del giudizio il Tribunale amministrativo regionale, con
 ordinanza  in  data  24  febbraio  1987,   sollevava   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 2 della legge 31 luglio 1956,
 n. 1002  ("Nuove  norme  sulla  panificazione"),  che  disciplina  il
 rilascio dell'autorizzazione all'impianto di nuovi panifici.
    Osserva il giudice a quo che l'autorizzazione prevista dall'art. 2
 puo' essere  rilasciata  previo  accertamento  dell'opportunita'  del
 nuovo panificio in relazione a tre elementi o parametri: densita' dei
 panifici esistenti, volume della produzione nella  localita'  ove  e'
 stata chiesta l'autorizzazione e fabbisogno della popolazione locale.
    Risulta  quindi evidente che una valutazione alla stregua del dato
 letterale della norma consentirebbe di impiantare nuovi panifici solo
 salvaguardando   l'equilibrio  fra  il  fabbisogno  di  pane  in  una
 determinata localita' e la capacita' produttiva degli impianti.
    La tesi, prospettata dalla difesa dei ricorrenti e sostenuta anche
 da autorevole giurisprudenza, si spiegherebbe in parte  con  esigenze
 di   controllo   di   un   prodotto   tuttora   di  grande  rilevanza
 nell'alimentazione degli italiani.
    Al  tempo  stesso  la  legge  tenderebbe  a  tutelare i produttori
 esistenti, in maniera da  evitare  che  l'irruzione  sul  mercato  di
 ulteriori  o  di  grandi  produttori  (come  nella  specie) determini
 l'eliminazione di taluno di essi, specie i piu' deboli.
    Rileva,  peraltro, il Tribunale amministrativo regionale che nella
 giurisprudenza e nella prassi amministrativa si e' acceduto a  moduli
 interpretativi  e  applicativi  in  parte piu' avanzati, facendo leva
 sull'art. 11 della legge, il quale consente di  trasportare  il  pane
 liberamente  da  un  comune  all'altro,  a  condizione che impianti e
 attrezzature siano in regola con la legge.
    L'orientamento  sembrerebbe  avallare  la  tesi  prospettata dalla
 difesa della cooperativa controinteressata e anche  dalla  Camera  di
 commercio  di Enna, con lo sganciamento dell'autorizzazione ex art. 2
 dal concetto di localita' (o di popolazione).
    Esisterebbero  quindi  due  categorie  di  panifici: quelli la cui
 produzione viene commercializzata esclusivamente nella localita'  ove
 gli  stessi hanno sede e quelli che, disponendo di impianti adeguati,
 possono destinare il loro prodotto fuori dalla localita' medesima.
    Tale    interpretazione   peraltro   -   prosegue   il   Tribunale
 amministrativo regionale - non  puo'  essere  condivisa,  perche'  il
 contrasto  tra il dato testuale dell'art. 2 e dell'art. 11 non appare
 superabile (come pure e' stato fatto piu' di  una  volta  in  diverse
 pronunce   giurisprudenziali)  con  acrobazie  ermeneutiche:  le  due
 disposizioni sono inconciliabili.
    Nel   quadro  di  tale  difficolta'  interpretativa  il  Tribunale
 amministrativo   regionale   solleva   questione   di    legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  della  legge  n.  1002  del  1956,  per
 contrasto  con  gli   artt.   3,   41   e   97   della   Costituzione
 (particolarmente con l'ultimo articolo menzionato).
    Il  contrasto  con l'art. 3 sembra sussistere ove si consideri che
 l'art. 2 assimila, irragionevolmente e contraddittoriamente,  ipotesi
 che  lo  stesso  legislatore  (con  l'art.  11)  ha  tenuto distinte:
 commercializzazione del pane limitatamente alla localita' ove ha sede
 il panificio e vendita anche (o solo) fuori di detta localita'.
    Il  contrasto con l'art. 41 sussiste sotto il profilo che la norma
 pone limiti alla liberta' d'impresa, in tempi di  libera  concorrenza
 non   solo   nell'ambito   del  territorio  nazionale  ma  in  quello
 comunitario europeo.
    Il  contrasto  con  l'art.  97,  infine,  sussiste in relazione al
 principio di buona amministrazione e dell'ottimale utilizzazione  dei
 pubblici  uffici  ivi  enunciato.  In  particolare,  appare incongrua
 l'attribuzione della competenza a fornire il parere ex  art.  2  e  a
 rilasciare  la  conseguente  autorizzazione  per  nuovi  impianti  di
 panificazione rivolti a  produrre  per  l'esportazione  (fuori  della
 provincia  ove  questi  sorgono  e  persino  all'estero)  ad organi a
 dimensione e competenza solo provinciali, anziche' -  rispettivamente
 - regionali o statali.
    2.  -  L'ordinanza  e'  stata ritualmente comunicata, notificata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  47,  prima
 serie speciale, dell'11 novembre 1987.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  dall'Avvocato  generale  dello  Stato,  il  quale   ha
 concluso  per  l'infondatezza  della  questione sotto tutti i profili
 considerati.
    4.  -  Si sono costituiti i signori Castrogiovanni Domenica, Patti
 Angelo  e  Giunta   Giuseppe,   ricorrenti   dinanzi   al   Tribunale
 amministrativo    regionale,   nonche'   l'Associazione   Provinciale
 panificatori  di  Enna,  intervenuta  ad  adiuvandum   nello   stesso
 giudizio;   essi  hanno  presentato  un'ampia  memoria,  nella  quale
 concludono per l'inammissibilita'  e,  comunque,  per  l'infondatezza
 delle questioni di costituzionalita'.
    5.  - Si e' costituita anche la Federazione italiana panificatori,
 panificatori-pasticcieri ed affini, chiedendo che la questione  venga
 dichiarata inammissibile e comunque infondata.
    6.  -  Si  e' costituita infine la Cooperativa agricola "Valle del
 Dittaino",  la  quale  ha  posto,  soprattutto,  in  rilievo  che  la
 Commissione deve tenere conto non soltanto della capacita' produttiva
 dei panifici esistenti ma anche di  ogni  elemento  che  riguardi  la
 possibilita' di sbocchi fuori zona.
    Comunque,  l'art. 2 impugnato, qualora dovesse essere interpretato
 nel  senso  proposto  dai  panificatori   ricorrenti   al   Tribunale
 amministrativo regionale, sarebbe illegittimo, per le ragioni esposte
 nell'ordinanza di rinvio.
    La parte conclude quindi per l'interpretazione della legge secondo
 quanto  esposto,  con  pronuncia  conseguenziale,   ovvero   per   la
 dichiarazione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3,
 della legge n. 1002 del 1956.
                         Considerato in diritto
    1. - Il Tribunale Amministrativo regionale per la Sicilia, sezione
 di  Catania,  solleva  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  2  della legge 31 luglio 1956, n. 1002 ("Nuove norme sulla
 panificazione"), nella parte  in  cui  prevede  che  l'autorizzazione
 all'esercizio di tale attivita' venga data dalla Camera di commercio,
 industria  ed  agricoltura  in  considerazione  della  densita'   dei
 panifici  esistenti, del volume della produzione nella localita' dove
 e' stata chiesta l'autorizzazione e del fabbisogno della  popolazione
 locale.
    La  norma  contrasterebbe:  a)  con  l'art.  3 della Costituzione,
 perche' risultano assimilate e sottoposte alla medesima disciplina le
 distinte ipotesi della destinazione della produzione di pane soltanto
 alla localita' della sede del panificio e della destinazione anche (o
 soltanto)   fuori   di  detta  localita';  b)  con  l'art.  41  della
 Costituzione,  perche'  vengono   frapposti   limiti   eccessivi   ed
 ingiustificati alla liberta' di impresa, in tempi in cui si riconosce
 essenziale la libera concorrenza nell'ambito nazionale e  comunitario
 europeo;  c)  con l'art. 97 della Costituzione, perche' la competenza
 ad autorizzare la produzione per ambiti diversi da quello  locale  ed
 anche  per l'esportazione viene incongruamente attribuita ad organi a
 dimensione provinciale, anziche' rispettivamente regionale e statale.
    2.  -  Le  argomentazioni  con  cui il giudice a quo giustifica il
 richiamo ai tre  parametri  costituzionali  invocati  rendono  palese
 l'incertezza   interpretativa   che   domina  l'intera  ordinanza  di
 rimessione.
    Il  Tribunale  amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di
 Catania, avvia la propria  analisi  affermando  che  l'autorizzazione
 all'esercizio    della    panificazione   viene   rilasciata   previo
 accertamento della opportunita' del nuovo panificio  in  relazione  a
 tre   elementi:   densita'   dei  panifici  esistenti,  volume  della
 produzione nella localita' ove e' stata richiesta l'autorizzazione  e
 fabbisogno   della   popolazione   locale.   Il  dato  letterale  non
 consentirebbe  altre  interpretazioni  e  la  disciplina   troverebbe
 giustificazione   per  un  verso  nell'intento  di  salvaguardare  la
 distribuzione dei singoli esercizi sul territorio, per l'altro  nella
 volonta'  di  proteggere  i produttori gia' esistenti dalla irruzione
 sul mercato di nuovi e grandi produttori.
    Ad   avviso   del   Tribunale   amministrativo   regionale  questa
 interpretazione, pur  essendo  fondata  su  ineccepibili  riferimenti
 testuali, e' tuttavia criticabile perche' conduce ad una applicazione
 della legge caratterizzata da un "esasperato  localismo"  e  tende  a
 conservare   un   equilibrio  statico,  contrastando  quindi  con  il
 dinamismo economico della  societa'  odierna,  fondato  sulla  libera
 competizione delle imprese.
    Rileva  inoltre  il  giudice  a  quo che nella giurisprudenza come
 nella prassi amministrativa ricorre un'altra interpretazione, fondata
 sul  richiamo  anche  all'art.  11  della legge impugnata. Tale norma
 prevede il trasporto del pane da un comune  all'altro,  a  condizione
 che  impianti  e  attrezzature  siano  conformi  alla legge. La norma
 consentirebbe   di   ritenere   ammissibile   il    rilascio    della
 autorizzazione  per  la  produzione  di  pane  destinato  a localita'
 diverse da quella della sede del panificio  e  quindi  anche  per  la
 distribuzione nell'ambito nazionale o addirittura per l'esportazione.
    Neanche  tale  interpretazione  sarebbe  peraltro condivisibile: a
 giudizio  del  Tribunale  amministrativo   regionale   vi   osterebbe
 anzitutto  il  contrasto  tra  il  dato testuale dell'art. 2 e quello
 dell'art. 11, contrasto non superabile con "acrobazie  ermeneutiche".
 In   secondo   luogo,   essa   incorrerebbe  in  ostacoli  logici  od
 organizzativi relativamente all'organo competente a fornire il parere
 e  a rilasciare l'autorizzazione ex art. 2, giacche' alla Commissione
 prevista nel medesimo articolo e alla stessa Camera di  commercio,  i
 cui ambiti di competenza sono limitati alla provincia, in questo caso
 spetterebbero invece decisioni destinate ad evere effetto  in  ambito
 ultralocale.
    3.  -  Le  contrapposte  valutazioni interpretative, riportate nei
 loro passaggi essenziali, non conducono nell'ordinanza di  rimessione
 ad  una  scelta precisa nella ricostruzione del dato normativo. Anzi,
 proprio con riferimento alle censure cui puo' dar luogo sia l'uno che
 l'altro  orientamento  ermeneutico, il giudice a quo conclude che non
 resterebbe altra soluzione se non quella di  sollevare  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge n. 1002 del 1956.
    La  duplicita'  di  valutazioni  trova puntuale corrispondenza nei
 profili di costituzionalita' sottoposti al giudizio della  Corte.  Il
 richiamo  all'art.  3  della  Costituzione,  fondato  sul rilievo che
 risulterebbero  nella  norma   irrazionalmente   assimilate   ipotesi
 distinte, e quello all'art. 41, invocato perche' verrebbero frapposti
 eccessivi ed ingiustificati limiti alla liberta'  di  impresa,  hanno
 come   presupposto   l'interpretazione  secondo  la  quale  la  legge
 consentirebbe di considerare  soltanto  le  esigenze  locali.  A  sua
 volta,  il richiamo all'art. 97, che sarebbe violato perche' organi a
 competenza  limitata   all'ambito   provinciale   possono   concedere
 autorizzazioni   operanti   con   riferimento  a  piu'  vasti  ambiti
 territoriali, trova invece fondamento  nell'interpretazione  per  cui
 l'autorizzazione   puo'   essere  concessa  anche  in  considerazione
 dell'avvio  del  prodotto  verso  l'intero  territorio  nazionale   o
 addirittura all'esportazione.
   Orbene,  sin  dalla  sentenza  19  ottobre 1982 n. 169, la Corte ha
 indicato  come  indefettibile  presupposto  di  ammissibilita'  delle
 questioni di legittimita' sollevate l'esatta individuazione del thema
 decidendi,  giungendo  quindi  alla  conclusione   di   non   potersi
 pronunciare  nel  merito  in  presenza  di una lettura interpretativa
 antinomica delle disposizioni impugnate,  tale  da  rendere  ancipite
 l'ordinanza e quindi irrisolvibile la duplicita' del giudizio.
    Da  allora  la  Corte ha costantemente prescritto che il giudice a
 quo provveda non soltanto  all'indicazione  normativa  necessaria  ad
 ancorare  il  giudizio  ad  un oggetto determinato (sent. 12 dicembre
 1985,  n.  350)  ma  anche  all'esatta  ricostruzione  del  contenuto
 normativo  della disposizione impugnata, dovendosi pervenire, in caso
 di incertezze o ambivalenze  interpretative,  alla  dichiarazione  di
 inammissibilita' della questione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2 della legge 31 luglio 1956, n. 1002 ("Nuove  norme  sulla
 panificazione"),  sollevata con l'ordinanza 24 febbraio 1987 (r.o. n.
 639 del 1987), del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia,
 Sezione  di  Catania,  in  riferimento  agli  artt.  3, 41 e 97 della
 Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta il 26 settembre 1988.
                          Il presidente: SAJA
                        Il redattore: PESCATORE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 6 ottobre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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