N. 968 SENTENZA 10 - 13 ottobre 1988

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.  Lavoro -
 Regione Friuli-Venezia Giulia - Assunzione di personale  presso le
 camere di commercio della regione - Potere di autorizzazione in
 deroga al divieto di cui all'art. 6 della legge 28 febbraio 1986, n.
 41 - Non spettanza allo Stato Annullamento parziale dell'atto
 impugnato.  (D.P.C.M. 19 settembre 1986)
(GU n.42 del 19-10-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della regione Friuli-Venezia Giulia
 notificato il 21  gennaio  1987,  depositato  in  Cancelleria  il  28
 gennaio successivo ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 1987, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito del d.l. 19 settembre  1986
 del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, nella parte in cui il
 potere di deroga ex art. 6, diciassettesimo  comma,  della  legge  28
 febbraio  1986,  n.  41  e'  stato esercitato anche per assunzione di
 personale presso la Camera di Commercio del Friuli-Venezia Giulia;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore
 Mauro Ferri;
    Uditi  l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia e
 l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  regione Friuli-Venezia Giulia ha sollevato conflitto di
 attribuzione in ordine al decreto 19 settembre  1986  del  Presidente
 del  Consiglio  dei ministri (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
 22 novembre 1986 n. 272), nella parte in cui il potere di  deroga  ex
 art. 6, 17› comma, della l. 28 febbraio 1986 n. 41 (Legge finanziaria
 1986), e' stato esercitato anche per l'assunzione di personale presso
 le Camere di commercio del Friuli-Venezia Giulia.
    Sostiene  la  Regione ricorrente che, essendo ad essa riconosciuta
 competenza legislativa primaria (art. 4 n. 2,  n.  6  e  n.  7  dello
 Statuto  speciale) in ciascuna delle quattro materie in cui le Camere
 di  commercio  sono  chiamate  ad  operare   (commercio,   industria,
 agricoltura  e  artigianato),  le  Camere  sono  da considerarsi enti
 dipendenti dalla Regione, cui e' pertanto riservata la competenza sul
 relativo ordinamento.
    Conseguentemente  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri, con il quale  viene  esercitato  il  potere  di  deroga  al
 divieto  di  assunzione di personale nelle pubbliche amministrazioni,
 ex art. 6, 17› comma, della legge finanziaria 1986, anche per  quanto
 concerne  l'assunzione  di  personale  delle  Camere di commercio del
 Friuli-Venezia Giulia, sarebbe invasivo di un potere  riservato  alla
 Regione stessa.
    2.  -  La  competenza  regionale  in  materia di ordinamento delle
 Camere di commercio,  sostiene  ancora  la  ricorrente,  risulterebbe
 altresi' per altra via, e cioe' dalla lettura coordinata dell'art. 12
 con gli artt. da 8 a 10 del d.P.R. n. 1116 del 26 agosto 1965  (Norme
 di  attuazione  dello  Statuto  speciale della Regione Friuli-Venezia
 Giulia in materia di agricoltura e foreste,  industria  e  commercio,
 turismo,  ecc.),  oltre  che  dall'art.  20  del d.P.R. n. 902 del 25
 novembre 1975 (Adeguamento ed integrazione delle norme di  attuazione
 dello  statuto  speciale  della  Regione  Friuli - Venezia Giulia), e
 sarebbe gia' stata piu' volte riconosciuta  dalla  giurisprudenza  di
 questa Corte (sentt. nn. 82 del 1970 e 65 del 1982).
    3.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri  rappresentato   dall'Avvocatura   Generale   dello   Stato,
 concludendo  per  l'inammissibilita',  e comunque per l'infondatezza,
 del ricorso regionale.
    Rammenta  in  primo  luogo  l'Avvocatura  che  questa  Corte nella
 sentenza n. 65 del  1982,  pur  dichiarando  non  fondata  un'analoga
 questione  di  legittimita'  costituzionale sollevata, all'epoca, dal
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  in  ordine  ad  una  legge
 regionale  in  materia,  avvertiva  che  il  rigetto  del ricorso del
 Presidente del Consiglio avveniva:  "alla  stregua  della  disciplina
 legislativa statale, attualmente in vigore"; cio' in quanto non aveva
 avuto  un  seguito  compiuto  la   preannunciata   nuova   disciplina
 legislativa  sulla  costituzione,  sul  personale e sul funzionamento
 delle Camere, ne' era stato  adempiuto  l'ulteriore  impegno  di  una
 legge  di riforma dell'ordinamento camerale assunto dall'art. 64 cpv.
 del d.P.R. n. 616 del 1977.
    Cio'  premesso,  la  difesa  del  Governo sostiene che tale lacuna
 sarebbe stata successivamente colmata dal legislatore  in  quanto  la
 legge  quadro n. 93 del 29 marzo 1983 ha disciplinato in via generale
 tutta la materia del pubblico impiego, compreso  il  personale  delle
 Camere   di   commercio,   espressamente   indicato,  ai  fini  della
 contrattazione collettiva di cui all'art. 5 della legge, in  uno  dei
 comparti ivi previsti (d.P.R. 5 marzo 1986 n. 68, art. 4).
    Essendo  quindi venuta meno detta lacuna normativa, legittimamente
 il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe esercitato il potere
 di deroga in questione.
    Detta  facolta',  inoltre,  non  potrebbe  in  nessun  caso essere
 attribuita alla competenza regionale  poiche'  non  involge  soltanto
 l'ordinamento  del  personale  degli  enti,  ma le superiori esigenze
 dell'economia nazionale,  considerata  nel  suo  complesso  unitario,
 giacche'  il  divieto di assunzione di personale disposto dalla legge
 finanziaria del 1986, ed il correlativo potere di  deroga,  mirano  a
 salvaguardare  l'equilibrio  economico nell'intero ambito della spesa
 pubblica.
    La  difesa  del  Governo  eccepisce  infine l'inammissibilita' del
 ricorso in quanto, essendo  stato  il  divieto  posto  da  una  legge
 statale,  e  per  motivi  di  carattere  generalissimo concernenti le
 superiori esigenze  dell'economia  nazionale,  anche  il  correlativo
 potere  di  deroga  rientra  nella  stessa attribuzione, cosicche' la
 questione del riparto tra competenze del Governo (comma 17› dell'art.
 6 della legge finanziaria 1986) e competenze della Regione (comma 19›
 dello stesso articolo) non riguarda attribuzioni  costituzionali,  ma
 costituisce solo un problema di ripartizione interna di un potere che
 deve essere esercitato in funzione di esigenze ed interessi  relativi
 all'intera economia nazionale.
    4.   -   In  prossimita'  dell'udienza  la  difesa  della  regione
 Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria  integrativa  con  la
 quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
    In  particolare,  in  relazione  all'eccezione di inammissibilita'
 sollevata  dall'Avvocatura  dello  Stato,  la  Regione  ne   sostiene
 l'infondatezza  alla  luce  delle sentenze nn. 307 del 1983 e 245 del
 1984 le cui motivazioni varrebbero a dimostrare  l'ammissibilita'  di
 questioni  del  genere,  poco  importando  se  esse  investano  norme
 legislative o provvedimenti amministrativi  dello  Stato.  Ad  avviso
 della  Regione  e'  solo  sufficiente, a questi fini, il fatto che la
 struttura degli enti o degli apparati di cui si controverte rientrino
 nella  competenza  regionale  costituzionalmente  garantita, la quale
 abbraccia ad un  tempo  le  corrispondenti  potesta'  legislative  ed
 amministrative;   mentre   le   "superiori   esigenze   dell'economia
 nazionale", cui si richiama l'Avvocatura dello Stato,  rileverebbero,
 se mai, per giustificare il divieto di assunzione di nuovo personale,
 in se' considerato (come appunto ha stabilito la sentenza n. 245  del
 1984),  ma non certo per escludere che le Regioni abbiano interesse a
 ricorrere per quanto riguarda la competenza ad attivare  le  relative
 deroghe.
    Infine,  dopo  aver ulteriormente illustrato i motivi del ricorso,
 la Regione ha precisato in linea di fatto:
      che  le deroghe concesse con il Decreto impugnato non sono state
 utilizzate ne' per assunzioni a termine, ne' per assunzioni in  ruolo
 (e cio' per motivi estranei all'oggetto del presente giudizio);
      che, negli ultimi due anni (1987 e 1988) le richieste di deroghe
 sono state rivolte direttamente dagli enti camerali alla Regione e le
 stesse sono state concesse de plano dalla Giunta regionale.
                         Considerato in diritto
    1.  - Oggetto del conflitto sollevato dalla Regione Friuli-Venezia
 Giulia nei confronti del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  e'
 l'esercizio del potere di deroga al divieto generale di assunzione di
 personale per l'anno 1986 (L. 28 febbraio 1986 n. 41 art. 6 commi 10,
 17  e  19) per quanto riguarda le Camere di Commercio esistenti nella
 Regione.
    2.   -  Deve  essere  in  primo  luogo  esaminata  l'eccezione  di
 inammissibilita' proposta dall'Avvocatura dello Stato: essa asserisce
 che  il  suindicato  esercizio  del  potere  di  deroga  non tocca le
 attribuzioni  statutarie  della   Regione   ricorrente,   costituendo
 soltanto: "un problema di ripartizione interna di un potere che e', e
 deve essere, esercitato su di  un  piano  nazionale  per  esigenze  e
 interessi relativi all'intera economia nazionale".
    L'assunto  e' palesemente erroneo. La Regione lamenta un'invasione
 da parte dello Stato di proprie attribuzioni esclusive che  sarebbero
 previste  dall'art.  4  n.  1, 2, 6 e 7 dello Statuto speciale. Tanto
 basta   a   legittimare   il   conflitto   secondo   la   consolidata
 giurisprudenza di questa Corte, che del resto si e' anche pronunciata
 in termini con la sentenza n. 307 del 1983.
    3.  -  Nel  merito  le censure della Regione Friuli-Venezia Giulia
 sono fondate.
    In  forza delle invocate norme statutarie integrate dalle norme di
 attuazione, e precisamente dagli artt. 8 e 9  del  d.P.R.  26  agosto
 1965  n.  1116  e  dall'art.  20  del d.P.R. 25 novembre 1975 n. 902,
 appare certa la competenza della Regione in  ordine  alle  Camere  di
 Commercio  esistenti  nel  suo  territorio, competenza esplicitamente
 affermata, fra le altre, dalla sentenza n.  65  del  1982  di  questa
 Corte.  Ne' ha pregio la tesi dell'Avvocatura dello Stato, secondo la
 quale, poiche' tale sentenza fu emessa "alla stregua della disciplina
 legislativa  statale  attualmente  in  vigore",  i  principi  in essa
 contenuti non potrebbero trovare applicazione, in  quanto  la  lacuna
 legislativa  sull'ordinamento  delle  Camere  di  Commercio,  cui  la
 sentenza stessa si richiama, sarebbe stata colmata dalla legge quadro
 sul pubblico impiego (L. 29 marzo 1983 n. 93), che comprende anche il
 personale delle Camere di Commercio (art. 26).
    Non  e'  chi non veda come tale legge generalissima, che regola in
 modo omogeneo la disciplina del pubblico impiego, nulla abbia  a  che
 fare  con  quella  "legge  di riforma dell'ordinamento camerale e del
 relativo finanziamento" preannunciata dall'art. 64 cpv. del d.P.R. n.
 616  del  1977, e fino ad oggi non emanata, cui la citata sentenza n.
 65/82 fa riferimento.
    4.  -  Fermo restando che, "siano o meno dipendenti dalla Regione,
 anche le Camere di Commercio rientrano nella competenza ordinamentale
 del  Friuli-Venezia  Giulia" (v. sent. 246 del 1985), ne consegue che
 il potere di deroga al blocco delle assunzioni  disposto  per  l'anno
 1986  dall'art.  6  comma 10 della legge n. 41 del 1986 doveva essere
 esercitato dalla Giunta Regionale ai sensi del comma 19 dello  stesso
 articolo anziche' dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
    Giovera'  ricordare che la previsione della competenza regionale a
 derogare al blocco delle assunzioni per  gli  enti  dipendenti  dalle
 regioni  e  per le unita' sanitarie locali, contenuta in quest'ultima
 norma, si e' uniformata alle sentenze di questa  Corte  (n.  307  del
 1983  e  n.  245  del  1984)  che avevano dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale della precedente normativa che attribuiva  allo  Stato
 il potere di deroga anche per questi enti.
    Analogamente,  in  ossequio  alla  sentenza  n.  246  del 1985, il
 Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  del  10  settembre
 1986  ha  escluso le Camere di commercio della regione Friuli-Venezia
 Giulia,  in  quanto  "enti   dipendenti   dalla   suddetta   regione"
 dall'applicazione  delle disposizioni recate dall'art. 25 della legge
 468 del 1978 (normalizzazione dei conti degli enti pubblici).
    5.  -  Il  ricorso  deve  pertanto  essere  accolto, e ne consegue
 l'annullamento in parte qua del decreto impugnato.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  che  non  spettava  allo  Stato  il potere di autorizzare
 l'assunzione di personale in deroga al  divieto  di  cui  all'art.  6
 della  l.  28  febbraio  1986  n. 41 per le Camere di Commercio della
 Regione Friuli-Venezia Giulia;
    Annulla  conseguentemente,  nelle  parti  concernenti  le suddette
 Camere di Commercio, il decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri del 19 settembre 1986 di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 ottobre 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 13 ottobre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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