N. 1002 SENTENZA 12 - 27 ottobre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  Caccia -
 Provincia autonoma di Trento - Calendario venatorio 1985-1986 -
 Inclusione di specie protette - Lesione della potesta' legislativa
 esclusiva - Richiamo ai limiti stabiliti dallo statuto - Non
 fondatezza.  (Legge 27 dicembre 1977, n. 968, artt. 1, 2 e 11).
 (Statuto spec. T.-A.A., art. 8, nn. 15 e 16; Cost., art. 116)
(GU n.44 del 2-11-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 1, 2 e 11
 della l. 27 dicembre 1977, n. 968 "Principi generali  e  disposizioni
 per  la  protezione  e  la  tutela  della fauna e la disciplina della
 caccia" promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1987 dal Consiglio
 di  Stato  -  Sez.  VI  giurisdizionale  sul  ricorso  proposto dalla
 Associazione Italiana per il World Wildlife Fund - Fondo Mondiale per
 la  natura-  contro  il Comitato provinciale della caccia di Trento e
 nei  confronti  della  Associazione  cacciatori  della  Provincia  di
 Trento,  iscritta  al n. 720 del registro ordinanze 1987 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale
 dell'anno 1987;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  del Comitato provinciale della
 caccia di Trento e dell'Associazione cacciatori  della  Provincia  di
 Trento  nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi  l'avv.  Valerio  Onida  per  il  Comitato provinciale della
 caccia  di  Trento  e  l'avv.  Angelo  Clarizia  per   l'Associazione
 cacciatori  della  Provincia  di Trento e l'Avvocato dello Stato Pier
 Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           RITENUTO IN FATTO
    1.- Nel corso del procedimento promosso dall'Associazione Italiana
 per il World Wildlife Fund - Fondo mondiale per la natura - contro il
 Comitato   provinciale   della  caccia  di  Trento  e  nei  confronti
 dell'Associazione cacciatori della Provincia di Trento  per  ottenere
 l'annullamento,  previa  sospensione,  del decreto del Presidente del
 Comitato provinciale della caccia di Trento n. 24 del 5 agosto  1985,
 con  il  quale  era stato approvato il calendario venatorio 1985-1986
 per  la  provincia  di  Trento,  il  Consiglio  di  Stato   in   sede
 giurisdizionale (Sezione sesta), con ordinanza in data 18 giugno 1987
 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  51  del  2  dicembre  1977),
 sollevava questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e
 11 della legge 27 dicembre 1977 n. 968 (Legge quadro sulla caccia) in
 relazione  all'art.  8  nn.  15  e  16  dello  Statuto  speciale  del
 Trentino-Alto Adige ed all'art.  116  della  Costituzione,  sotto  il
 profilo  della  violazione della potesta' legislativa esclusiva della
 Provincia di Trento.
    Nell'ordinanza  di  rinvio si ricorda che il W.W.F. aveva rilevato
 come nel calendario venatorio 1985-1986 per la  provincia  di  Trento
 fossero  incluse  fra  le  specie cacciabili la faina, la martora, il
 tasso, il francolino e la marmotta, specie rigorosamente protette  in
 tutto  il  territorio nazionale in quanto non comprese nell'elenco di
 cui all'art. 11 della legge quadro sulla caccia  e  non  previste  in
 deroga  nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data
 4 giugno 1982. Tale  inclusione  avrebbe,  pertanto,  determinato  la
 violazione  dei principi generali posti dagli artt. 1 e 2 della legge
 968/1977, di precise  direttive  della  Comunita'  Economica  Europea
 recepite  nel  nostro ordinamento, nonche' della Convenzione di Berna
 del 19 settembre 1979 sulla  conservazione  della  vita  selvatica  e
 dell'ambiente.
    Tanto  premesso,  il  giudice  rimettente, dopo aver ricordato che
 l'impugnato calendario venatorio era stato  approvato  in  esecuzione
 della  legge provinciale 9 dicembre 1978 n. 56, recante "Disposizioni
 transitorie in materia di protezione della fauna e  disciplina  della
 caccia",  sottolinea  come  il  W.W.F.  avesse  censurato  lo  stesso
 calendario ritenendolo adottato in violazione  di  principi  generali
 espressi nella legge quadro sulla caccia, alla cui osservanza sarebbe
 tenuta anche  la  legislazione  esclusiva  della  Provincia:  con  la
 conseguenza  che  le questioni prospettate verrebbero a implicare "un
 problema di contrasto tra  testi  normativi",  (cioe'  tra  la  legge
 quadro   statale   e   la   legge   provinciale),  tale  da  incidere
 sull'esercizio da parte del  legislatore  provinciale  della  propria
 potesta'  esclusiva  in  tema  di  caccia. In particolare, secondo il
 collegio  rimettente,  il  contrasto   sul   valore   di   "principio
 dell'ordinamento    giuridico"    da   riconoscere,   come   sostiene
 l'Associazione ricorrente, all'art. 1 della legge  n.  968  del  1977
 (secondo cui la selvaggina costituisce patrimonio indisponibile dello
 Stato) si rifletterebbe sul valore da attribuire  all'art.  16  dello
 Statuto speciale in relazione all'art.116 della Costituzione, mentre,
 per quanto concerne l'asserita violazione dell'art. 11 della legge n.
 968  del  1977, dove si determinano le specie cacciabili, in tanto la
 legislazione esclusiva provinciale potrebbe essere limitata in quanto
 tale  norma  dovesse  ritenersi rispondente "ad esigenze di carattere
 unitario",  in  presenza  delle  quali  la  legge  statale   potrebbe
 vincolare la Provincia autonoma anche nelle materie di sua competenza
 esclusiva.
    Alla  luce  di  tali  argomentazioni  il  giudice a quo ritiene le
 questioni  prospettate  non  manifestamente  infondate  e   tali   da
 determinare la soluzione dei punti del ricorso proposto dal W.W.F.
    2.- Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti il Comitato
 provinciale della caccia di Trento e l'Associazione cacciatori  della
 Provincia  di Trento, mentre ha spiegato intervento il Presidente del
 Consiglio dei ministri.
    Il  Comitato  provinciale  della  caccia  rileva nell'ordinanza di
 rimessione un vizio relativo  alla  ricostruzione  del  rapporto  tra
 fonti, vizio che consisterebbe nel ritenere che il rapporto tra legge
 statale precedente e legge provinciale successiva emanata in  materia
 di  potesta'  esclusiva,  vada  impostato  e  risolto  in  termini di
 efficacia e vigenza della prima, anziche' in termini di efficacia  ed
 eventualmente  di  incostituzionalita' della seconda. In particolare,
 ad avviso del Comitato, il Consiglio di Stato sarebbe incorso in  una
 errata  identificazione  della  disciplina  applicabile  al giudizio,
 disciplina che andrebbe  individuata  non  nella  legge-quadro  sulla
 caccia,  bensi' nella legge della Provincia di Trento 9 dicembre 1978
 n. 56: dall'aberratio ictus dell'ordinanza di rimessione deriverebbe,
 pertanto, l'inammissibilita' per difetto di rilevanza della questione
 proposta.
    Passando  al  merito  della  questione, il Comitato rileva come le
 norme della legge statale impugnate possano  essere  interpretate  in
 modo  da  risultare  compatibili  con  lo  Statuto  di autonomia: una
 corretta lettura  dell'art.  1  della  legge  n.  968/1977  dovrebbe,
 infatti,    condurre   ad   interpretare   il   termine   "patrimonio
 indisponibile dello Stato" non nel senso  rigorosamente  civilistico,
 fatto  proprio dall'art. 826 cod. civ., di appartenenza del bene allo
 Stato-persona, bensi' nel senso atecnico di riferimento di tale  bene
 allo  Stato  come  collettivita'.  In  sostanza, cio' che rileverebbe
 nell'art. 1  sarebbe  la  precisazione  che  la  fauna  selvatica  e'
 tutelata   nell'interesse   della   collettivita'  nazionale  e  tale
 qualificazione  -  lungi   dall'essere   equivalente   all'"interesse
 nazionale",  inteso come limite alla potesta' legislativa esclusiva -
 starebbe a significare,  da  un  lato,  che  il  termine  "patrimonio
 indisponibile"  non  puo'  essere  assunto  nel  senso  fatto proprio
 dall'art. 826 cod.civ., e dall'altro, che il  centro  di  riferimento
 dell'interesse  - indubbiamente generale, prima ancora che pubblico -
 alla tutela della fauna selvatica e' non lo Stato-persona, bensi'  lo
 Stato  collettivita',  in  tutte  le  sue  diverse articolazioni.  In
 subordine  il  Comitato  provinciale   prospetta   un'interpretazione
 dell'art.  1  della  legge quadro, in forza della quale l'imputazione
 della  fauna  selvatica  alla  persona  giuridica  dello  Stato   non
 implicherebbe  comunque  il  divieto  o  la limitazione del potere di
 regolamentazione affidato alla Provincia sull'esercizio della  caccia
 con  i  limiti  derivanti  dal solo art. 4 dello statuto. Il Comitato
 contesta altresi' che nell'art. 11 possa  individuarsi  l'espressione
 di  un  principio  generale  dell'ordinamento, giacche' osterebbero a
 tale configurazione sia il carattere  dettagliato  e  concreto  della
 disposizione,   sia  il  fatto  che  il  suo  contenuto  puo'  essere
 modificato, ai sensi dell'ultimo comma, con  decreto  del  Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri: in base a tali presupposti - e tenendo
 anche conto della disciplina posta negli artt. 5, ultimo comma,  e  7
 della  legge n. 968/1977 - andrebbe pertanto esclusa l'applicabilita'
 dell'art. 11 della stessa legge agli enti di autonomia speciale.
    Il   Comitato  provinciale  per  la  caccia  di  Trento  conclude,
 pertanto,  chiedendo  alla  Corte  "una  pronuncia  che  salvaguardi,
 attraverso  le  statuizioni piu' opportune, la competenza legislativa
 esclusiva della Provincia di Trento in  materia  di  caccia,  nonche'
 l'efficacia  e  la  legittimita'  costituzionale  della  legislazione
 provinciale nella stessa materia".
    3.-  Dal  canto  suo  l'Associazione cacciatori della Provincia di
 Trento contesta che  le  norme  impugnate  possano  considerarsi  una
 grande  riforma  economico-sociale o espressione di principi generali
 dell'ordinamento.
    Secondo  l'Associazione, le norme suddette non sarebbero destinate
 ad operare nelle Province  autonome,  le  quali  esercitano  la  loro
 potesta'  legislativa  in  materia  di  caccia  solo  nei  limiti dei
 rispettivi statuti, mentre  la  tassativita'  dell'elencazione  delle
 specie  cacciabili  non  costituirebbe  norma  di principio attinente
 direttamente all'interesse  nazionale,  ma  esclusivamente  norma  di
 dettaglio  nel  cui  ambito non sarebbe ipotizzabile l'uso del limite
 degli interessi in  funzione  restrittiva  delle  materie  regionali.
 Infine,  secondo  l'Associazione,  la  disposizione dell'art. 1 della
 legge n. 968 del 1977, che qualifica la fauna selvatica italiana come
 patrimonio  indisponibile  dello  Stato,  sarebbe da considerare solo
 come un principio di carattere programmatico o di natura "morale".
    Si  chiede  pertanto  alla  Corte  di  dichiarare  inammissibili e
 comunque   infondate    tutte    le    prospettate    questioni    di
 incostituzionalita'.
    4.-  Nel  suo  atto  di intervento il Presidente del Consiglio dei
 ministri afferma la legittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
 della legge n. 968/1977 denunciate dall'ordinanza di rinvio, anche in
 rapporto  alla  loro  applicazione  nel  territorio  delle   Province
 Autonome di Trento e Bolzano.
    In  primo  luogo - secondo la Presidenza - l'art. 1 della legge n.
 968/1977 si riferirebbe espressamente alla fauna selvatica italiana e
 cio'  sarebbe  sufficiente  a fugare ogni dubbio interpretativo sulla
 appartenenza allo Stato, a titolo di patrimonio indisponibile,  anche
 della fauna selvatica ospitata dai territori provinciali. La medesima
 conclusione varrebbe anche per gli articoli 2 e 11,  che  trovano  il
 loro  fondamento nella norma contenuta nell'art. 1 della citata legge
 n. 968/1977. Occorre poi osservare - aggiunge la Presidenza - che  le
 dedotte  questioni  muovono  dalla  premessa che tutto quanto attiene
 alla regolazione giuridica  della  fauna  selvatica  appartenga  alla
 materia  della  caccia: al contrario la fauna selvatica costituirebbe
 di per se', prima ancora che per espresso riconoscimento legislativo,
 una  risorsa  ambientale capace di soddisfare una varieta' di bisogni
 della collettivita' sociale tra i  quali  figura  anche,  ma  non  in
 posizione  esclusiva, l'uso venatorio. Da tale premessa si deduce che
 appartiene alla competenza statale, fuori della materia della  caccia
 e  della pesca, legiferare sulla destinazione all'uso venatorio delle
 specie selvatiche (cioe' stabilire i limiti  esterni  di  detto  uso)
 "operando  poi  su questa premessa ed in questa cornice la competenza
 provinciale   a   regolare   l'attivita'   venatoria   sulle   specie
 cacciabili".
    Ma,  anche  a  prescindere  da  queste  considerazioni  di  ordine
 generale, la legittimita' delle  norme  denunciate  risulterebbe  pur
 sempre  dal  fatto  che  il  loro  contenuto  interdittivo, anche nel
 territorio delle Province autonome, si presenta  necessario  ai  fini
 dell'osservanza di obblighi internazionali e comunitari che impongono
 all'Italia di proteggere le specie  non  comprese  nell'elenco  delle
 specie cacciabili.
    Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri chiede pertanto che la
 dedotta questione sia dichiarata non fondata.
    5.-  In  prossimita'  dell'udienza  di discussione sia il Comitato
 provinciale della caccia  di  Trento  che  l'Associazione  cacciatori
 della  Provincia  di Trento hanno presentato memorie, dove si replica
 alle argomentazioni dell'Avvocatura dello Stato e si  ribadiscono  le
 tesi enunciate nei rispettivi atti di costituzione.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    1.- Con l'ordinanza di cui e' causa la Sesta Sezione del Consiglio
 di Stato ha proposto questione  di  legittimita'  costituzionale  nei
 confronti  degli artt. 1, 2 e 11 della legge 27 dicembre 1977 n. 968,
 recante "Principi generali e disposizioni  per  la  protezione  e  la
 tutela  della fauna e la disciplina della caccia", avendo ritenuto le
 norme  stesse  lesive  della  potesta'  legislativa  esclusiva  della
 Provincia autonoma di Trento in tema di caccia. La questione e' stata
 sollevata nel corso del giudizio proposto dall'Associazione  italiana
 per  il W.W.F. nei confronti del calendario venatorio della Provincia
 di Trento  1985-86,  cui  si  contesta  la  violazione  dei  principi
 espressi  dagli  artt.  1,  2  e  11  della  legge  n.  968 del 1977,
 suscettibili di vincolare, ad  avviso  dell'Associazione  ricorrente,
 anche la legislazione esclusiva della Provincia autonoma.
    2.-  Va  preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilita'
 della questione per difetto di  rilevanza  prospettata  dal  Comitato
 provinciale  della caccia di Trento, secondo cui le norme applicabili
 nel processo a quo dovrebbero essere  individuate  nella  sola  legge
 provinciale  n.  56  del  1978  (recante "Disposizioni transitorie in
 materia di protezione della fauna e disciplina della caccia"), e  non
 nella legge quadro statale n. 968 del 1977. L'ordinanza di rimessione
 sarebbe, pertanto,  viziata  per  aberratio  ictus,  stante  l'errata
 identificazione della disciplina rilevante ai fini della decisione.
    Tale eccezione non merita accoglimento.
    Se  e' vero, infatti, che il calendario venatorio in contestazione
 dinanzi al giudice amministrativo  e'  stato  emanato  in  attuazione
 diretta  della  legge  provinciale  n. 56 del 1978, e' anche vero che
 l'ordinanza di rimessione ha congruamente  motivato  in  ordine  alla
 possibilita'   di   applicare,   ai   fini   della   decisione  della
 controversia, i principi espressi dalle norme  impugnate,  in  quanto
 suscettibili   di  vincolare  -  o  come  "principi  dell'ordinamento
 giuridico"  o  come  norme  rispondenti  "ad  esigenze  di  carattere
 unitario"  -  anche  l'esercizio della potesta' legislativa esclusiva
 della Provincia, subordinata al rispetto dei limiti posti dall'art. 4
 dello  Statuto  speciale.  Il  giudice  a quo, prima di affrontare il
 profilo relativo al contrasto (ed al possibile coordinamento) tra  le
 norme  contenute  nella  legge  provinciale  n.  56 del 1978 e quelle
 espresse dalla legge quadro statale n. 968 del 1977, si  e',  dunque,
 correttamente  posto, come questione pregiudiziale, il problema della
 validita' di una delle due normative  in  conflitto,  assumendo  come
 oggetto   di  verifica  la  normativa  statale:  tale  scelta  appare
 giustificata  non  solo  in  relazione  alla  possibilita',  valutata
 nell'ordinanza,  di  affermare la prevalenza a certe condizioni della
 disciplina statale sulla legge provinciale, ma anche in relazione  al
 fatto  che  nelle  norme  impugnate,  espresse dalla legge n. 968, la
 ricorrente aveva individuato, secondo il petitum, i parametri per  la
 valutazione  della  legittimita' dell'atto amministrativo (calendario
 venatorio) oggetto di contestazione.
    Sussistono,   pertanto,  i  requisiti  idonei  a  giustificare  la
 rilevanza della questione.
    3.- Nel merito la questione non appare fondata.
    La  legge  27  dicembre  1977 n. 968, comunemente qualificata come
 "legge  quadro"  sulla  caccia,  ha  posto  -  secondo  quanto  viene
 enunciato  nel suo stesso titolo - i "principi generali" suscettibili
 di vincolare, ai sensi dell'art.117 Cost., l'esercizio delle funzioni
 legislative in materia di caccia delle Regioni ordinarie. Tale legge,
 peraltro - in relazione agli aspetti innovativi dei  suoi  contenuti,
 nonche'  ai  suoi  scopi  ed  alle  sue motivazioni politico-sociali,
 riferite ad un settore che ha assunto  nel  corso  del  tempo  sempre
 maggiori  implicazioni  di  ordine  economico e sociale, quale quello
 relativo alla protezione della fauna selvatica ed all'esercizio della
 caccia  -  viene  anche  a  caratterizzarsi, secondo gli orientamenti
 ripetutamente espressi da questa Corte (cfr. sentt. nn. 219 del 1984;
 151  del 1986; 99 del 1987), come legge di riforma economico-sociale,
 suscettibile di condizionare, attraverso le norme fondamentali che in
 essa  e' dato identificare, la legislazione esclusiva delle Regioni e
 delle  Province  a  speciale  autonomia.  Rilevano  a  tal  fine,  in
 particolare,  le norme formulate negli artt. 1, 2, 8 e 10 della legge
 stessa che, attraverso il superamento dei principi in tema di  caccia
 gia'  posti  dal  T.U.  5  giugno  1939 n.1016, hanno affermato - con
 espressioni tecniche ben determinate  -  l'appartenenza  della  fauna
 selvatica  al  patrimonio indisponibile dello Stato; l'affievolimento
 del  tradizionale  "diritto  di  caccia",   attualmente   subordinato
 all'interesse   prevalente   della   conservazione   del   patrimonio
 faunistico e della protezione dell'ambiente agrario; l'imposizione di
 un  regime  di  caccia controllata per tutto il territorio nazionale.
 Tali norme - per la loro natura e rilevanza nonche' per il  carattere
 unitario  degli interessi alle stesse sottesi - si presentano tali da
 vincolare  non  solo  la  legislazione  concorrente   delle   Regioni
 ordinarie,  ma  anche la legislazione esclusiva delle Regioni e delle
 Province a speciale autonomia.
    Questa  soluzione  sembra,  d'altro canto, valere anche per quanto
 concerne l'art. 11 della stessa  legge,  concernente  l'elenco  delle
 specie  cacciabili,  ove  la  norma  espressa  in tale articolo venga
 correttamente intesa non tanto come norma di dettaglio,  quanto  come
 norma di necessaria integrazione, indispensabile per dare contenuto e
 sostanza ai principi espressi negli artt. 1 e 2 della legge  n.  968,
 cioe'   per   definire  l'esatta  nozione  di  "fauna  selvatica"  e,
 attraverso di essa, l'oggetto specifico della tutela.
    L'art.  11 della legge quadro, ai fini che qui interessano, assume
 pertanto rilievo in relazione al fatto di aver individuato attraverso
 l'elencazione  delle  specie  cacciabili  come  eccezioni al generale
 divieto di  caccia  per  qualsiasi  specie  di  mammiferi  e  uccelli
 appartenenti   alla  fauna  selvatica  italiana  -  l'oggetto  minimo
 inderogabile della protezione che lo Stato, anche in  adempimento  di
 obblighi assunti in sede internazionale e comunitaria, ha ritenuto di
 dover offrire al proprio patrimonio faunistico, nella  consapevolezza
 che  "flora e fauna selvatica costituiscono un patrimonio naturale di
 valore estetico,  scientifico,  culturale,  ricreativo,  economico  e
 intrinseco  che  va  preservato e trasmesso alle generazioni future",
 dato "il ruolo fondamentale della flora e della fauna selvatiche  per
 il  mantenimento  degli  equilibri  biologici"  (v.  in  proposito la
 Convenzione  relativa  alla  conservazione  della  vita  selvatica  e
 dell'ambiente  naturale  in  Europa, adottata a Berna il 19 settembre
 1979 e ratificata  con  legge  5  agosto  1981  n.  503,  nonche'  la
 Convenzione  sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti
 alla fauna selvatica, adottata a Berna il 23 giugno 1979 e ratificata
 con legge 25 gennaio 1983 n. 42).
    In questa prospettiva, tanto l'individuazione dei contenuti minimi
 della sfera sottoposta a protezione (specie  non  cacciabili)  quanto
 l'elencazione  delle  possibili  eccezioni  (specie  cacciabili), non
 possono non investire un interesse unitario proprio  della  comunita'
 nazionale - secondo quanto espressamente indicato nello stesso art. 1
 della legge n. 968 -,  la  cui  valutazione  e  la  cui  salvaguardia
 restano   in   primo   luogo   affidati   allo  Stato  ed  ai  poteri
 dell'amministrazione centrale.
    Questo non conduce, d'altro canto, a escludere la possibilita' per
 le Regioni di apportare, con propri atti, variazioni all'elenco delle
 specie  cacciabili  di cui all'art. 11 della legge n. 968 (cosi' come
 risulta, del  resto,  esplicitamente  previsto  dall'art.  12,  primo
 comma,  della  stessa  legge), in considerazione sia delle specifiche
 caratteristiche  ambientali,  stagionali  o  climatiche,  sia   delle
 esigenze  particolari connesse alla protezione della fauna locale: ma
 tali variazioni - dato il carattere inderogabile del nucleo minimo di
 tutela  identificato attraverso la legge statale ed i successivi atti
 governativi - in ogni caso, anche per le Regioni a statuto speciale e
 per le Province autonome dotate di competenza esclusiva, non potranno
 operare  altro  che  nel  senso  di   un   rafforzamento   del   fine
 protezionistico  affermato  dalle  norme  fondamentali della legge n.
 968.  Regioni  speciali  e  Province  autonome  potranno,   pertanto,
 attraverso  la  propria  legislazione  sulla  materia,  prevedere  la
 possibilita' di modificare l'elenco delle specie  cacciabili  di  cui
 all'art.  11  della  legge  quadro  statale,  ma  soltanto al fine di
 limitare e non di ampliare  il  numero  delle  eccezioni  al  divieto
 generale di caccia espresso dal primo comma dello stesso articolo.
    Tale  conclusione  sembra,  d'altro canto, convalidata anche dalla
 lettura degli artt. 5 e 7 della legge n. 968. L'art. 5, ultimo comma,
 nel  rinviare  alle  competenze  esclusive  delle  Regioni  a statuto
 speciale  e  delle  Province  autonome  si  preoccupa,  infatti,   di
 richiamare "i limiti stabiliti dai rispettivi statuti", mentre l'art.
 7, nel delineare la zona delle  Alpi  come  "zona  faunistica  a  se'
 stante"  -  i cui confini vengono determinati dalle Regioni ordinarie
 mediante intesa con le Regioni speciali  e  le  Province  autonome  -
 sottolinea   in   modo   particolare  il  fine  di  protezione  della
 "caratteristica fauna" presente in tale area territoriale.
    4.-  Le  osservazioni  che  precedono conducono a escludere che le
 norme della l. 27  dicembre  1977  n.  968,  oggetto  della  presente
 impugnativa,   in   quanto   suscettibili   di  operare  come  limiti
 riconducibili all'art. 4 dello Statuto speciale, siano  lesive  della
 competenza legislativa esclusiva della Provincia di Trento in materia
 di caccia.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe,  nei  confronti  degli
 artt.  1,  2  e  11  della  legge  27  dicembre  1977 n. 968, recante
 "Principi' generali e disposizioni per  la  protezione  e  la  tutela
 della fauna e la disciplina della caccia", con riferimento agli artt.
 8 nn. 15 e 16 dello Statuto speciale del Trentino-Alto  Adige  e  116
 della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CHELI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 27 ottobre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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