N. 1002 SENTENZA 12 - 27 ottobre 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Caccia - Provincia autonoma di Trento - Calendario venatorio 1985-1986 - Inclusione di specie protette - Lesione della potesta' legislativa esclusiva - Richiamo ai limiti stabiliti dallo statuto - Non fondatezza. (Legge 27 dicembre 1977, n. 968, artt. 1, 2 e 11). (Statuto spec. T.-A.A., art. 8, nn. 15 e 16; Cost., art. 116)(GU n.44 del 2-11-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 11 della l. 27 dicembre 1977, n. 968 "Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia" promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1987 dal Consiglio di Stato - Sez. VI giurisdizionale sul ricorso proposto dalla Associazione Italiana per il World Wildlife Fund - Fondo Mondiale per la natura- contro il Comitato provinciale della caccia di Trento e nei confronti della Associazione cacciatori della Provincia di Trento, iscritta al n. 720 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale dell'anno 1987; Visti gli atti di costituzione del Comitato provinciale della caccia di Trento e dell'Associazione cacciatori della Provincia di Trento nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore Enzo Cheli; Uditi l'avv. Valerio Onida per il Comitato provinciale della caccia di Trento e l'avv. Angelo Clarizia per l'Associazione cacciatori della Provincia di Trento e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri. RITENUTO IN FATTO 1.- Nel corso del procedimento promosso dall'Associazione Italiana per il World Wildlife Fund - Fondo mondiale per la natura - contro il Comitato provinciale della caccia di Trento e nei confronti dell'Associazione cacciatori della Provincia di Trento per ottenere l'annullamento, previa sospensione, del decreto del Presidente del Comitato provinciale della caccia di Trento n. 24 del 5 agosto 1985, con il quale era stato approvato il calendario venatorio 1985-1986 per la provincia di Trento, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione sesta), con ordinanza in data 18 giugno 1987 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2 dicembre 1977), sollevava questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 11 della legge 27 dicembre 1977 n. 968 (Legge quadro sulla caccia) in relazione all'art. 8 nn. 15 e 16 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige ed all'art. 116 della Costituzione, sotto il profilo della violazione della potesta' legislativa esclusiva della Provincia di Trento. Nell'ordinanza di rinvio si ricorda che il W.W.F. aveva rilevato come nel calendario venatorio 1985-1986 per la provincia di Trento fossero incluse fra le specie cacciabili la faina, la martora, il tasso, il francolino e la marmotta, specie rigorosamente protette in tutto il territorio nazionale in quanto non comprese nell'elenco di cui all'art. 11 della legge quadro sulla caccia e non previste in deroga nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 4 giugno 1982. Tale inclusione avrebbe, pertanto, determinato la violazione dei principi generali posti dagli artt. 1 e 2 della legge 968/1977, di precise direttive della Comunita' Economica Europea recepite nel nostro ordinamento, nonche' della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 sulla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente. Tanto premesso, il giudice rimettente, dopo aver ricordato che l'impugnato calendario venatorio era stato approvato in esecuzione della legge provinciale 9 dicembre 1978 n. 56, recante "Disposizioni transitorie in materia di protezione della fauna e disciplina della caccia", sottolinea come il W.W.F. avesse censurato lo stesso calendario ritenendolo adottato in violazione di principi generali espressi nella legge quadro sulla caccia, alla cui osservanza sarebbe tenuta anche la legislazione esclusiva della Provincia: con la conseguenza che le questioni prospettate verrebbero a implicare "un problema di contrasto tra testi normativi", (cioe' tra la legge quadro statale e la legge provinciale), tale da incidere sull'esercizio da parte del legislatore provinciale della propria potesta' esclusiva in tema di caccia. In particolare, secondo il collegio rimettente, il contrasto sul valore di "principio dell'ordinamento giuridico" da riconoscere, come sostiene l'Associazione ricorrente, all'art. 1 della legge n. 968 del 1977 (secondo cui la selvaggina costituisce patrimonio indisponibile dello Stato) si rifletterebbe sul valore da attribuire all'art. 16 dello Statuto speciale in relazione all'art.116 della Costituzione, mentre, per quanto concerne l'asserita violazione dell'art. 11 della legge n. 968 del 1977, dove si determinano le specie cacciabili, in tanto la legislazione esclusiva provinciale potrebbe essere limitata in quanto tale norma dovesse ritenersi rispondente "ad esigenze di carattere unitario", in presenza delle quali la legge statale potrebbe vincolare la Provincia autonoma anche nelle materie di sua competenza esclusiva. Alla luce di tali argomentazioni il giudice a quo ritiene le questioni prospettate non manifestamente infondate e tali da determinare la soluzione dei punti del ricorso proposto dal W.W.F. 2.- Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti il Comitato provinciale della caccia di Trento e l'Associazione cacciatori della Provincia di Trento, mentre ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Il Comitato provinciale della caccia rileva nell'ordinanza di rimessione un vizio relativo alla ricostruzione del rapporto tra fonti, vizio che consisterebbe nel ritenere che il rapporto tra legge statale precedente e legge provinciale successiva emanata in materia di potesta' esclusiva, vada impostato e risolto in termini di efficacia e vigenza della prima, anziche' in termini di efficacia ed eventualmente di incostituzionalita' della seconda. In particolare, ad avviso del Comitato, il Consiglio di Stato sarebbe incorso in una errata identificazione della disciplina applicabile al giudizio, disciplina che andrebbe individuata non nella legge-quadro sulla caccia, bensi' nella legge della Provincia di Trento 9 dicembre 1978 n. 56: dall'aberratio ictus dell'ordinanza di rimessione deriverebbe, pertanto, l'inammissibilita' per difetto di rilevanza della questione proposta. Passando al merito della questione, il Comitato rileva come le norme della legge statale impugnate possano essere interpretate in modo da risultare compatibili con lo Statuto di autonomia: una corretta lettura dell'art. 1 della legge n. 968/1977 dovrebbe, infatti, condurre ad interpretare il termine "patrimonio indisponibile dello Stato" non nel senso rigorosamente civilistico, fatto proprio dall'art. 826 cod. civ., di appartenenza del bene allo Stato-persona, bensi' nel senso atecnico di riferimento di tale bene allo Stato come collettivita'. In sostanza, cio' che rileverebbe nell'art. 1 sarebbe la precisazione che la fauna selvatica e' tutelata nell'interesse della collettivita' nazionale e tale qualificazione - lungi dall'essere equivalente all'"interesse nazionale", inteso come limite alla potesta' legislativa esclusiva - starebbe a significare, da un lato, che il termine "patrimonio indisponibile" non puo' essere assunto nel senso fatto proprio dall'art. 826 cod.civ., e dall'altro, che il centro di riferimento dell'interesse - indubbiamente generale, prima ancora che pubblico - alla tutela della fauna selvatica e' non lo Stato-persona, bensi' lo Stato collettivita', in tutte le sue diverse articolazioni. In subordine il Comitato provinciale prospetta un'interpretazione dell'art. 1 della legge quadro, in forza della quale l'imputazione della fauna selvatica alla persona giuridica dello Stato non implicherebbe comunque il divieto o la limitazione del potere di regolamentazione affidato alla Provincia sull'esercizio della caccia con i limiti derivanti dal solo art. 4 dello statuto. Il Comitato contesta altresi' che nell'art. 11 possa individuarsi l'espressione di un principio generale dell'ordinamento, giacche' osterebbero a tale configurazione sia il carattere dettagliato e concreto della disposizione, sia il fatto che il suo contenuto puo' essere modificato, ai sensi dell'ultimo comma, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: in base a tali presupposti - e tenendo anche conto della disciplina posta negli artt. 5, ultimo comma, e 7 della legge n. 968/1977 - andrebbe pertanto esclusa l'applicabilita' dell'art. 11 della stessa legge agli enti di autonomia speciale. Il Comitato provinciale per la caccia di Trento conclude, pertanto, chiedendo alla Corte "una pronuncia che salvaguardi, attraverso le statuizioni piu' opportune, la competenza legislativa esclusiva della Provincia di Trento in materia di caccia, nonche' l'efficacia e la legittimita' costituzionale della legislazione provinciale nella stessa materia". 3.- Dal canto suo l'Associazione cacciatori della Provincia di Trento contesta che le norme impugnate possano considerarsi una grande riforma economico-sociale o espressione di principi generali dell'ordinamento. Secondo l'Associazione, le norme suddette non sarebbero destinate ad operare nelle Province autonome, le quali esercitano la loro potesta' legislativa in materia di caccia solo nei limiti dei rispettivi statuti, mentre la tassativita' dell'elencazione delle specie cacciabili non costituirebbe norma di principio attinente direttamente all'interesse nazionale, ma esclusivamente norma di dettaglio nel cui ambito non sarebbe ipotizzabile l'uso del limite degli interessi in funzione restrittiva delle materie regionali. Infine, secondo l'Associazione, la disposizione dell'art. 1 della legge n. 968 del 1977, che qualifica la fauna selvatica italiana come patrimonio indisponibile dello Stato, sarebbe da considerare solo come un principio di carattere programmatico o di natura "morale". Si chiede pertanto alla Corte di dichiarare inammissibili e comunque infondate tutte le prospettate questioni di incostituzionalita'. 4.- Nel suo atto di intervento il Presidente del Consiglio dei ministri afferma la legittimita' costituzionale delle disposizioni della legge n. 968/1977 denunciate dall'ordinanza di rinvio, anche in rapporto alla loro applicazione nel territorio delle Province Autonome di Trento e Bolzano. In primo luogo - secondo la Presidenza - l'art. 1 della legge n. 968/1977 si riferirebbe espressamente alla fauna selvatica italiana e cio' sarebbe sufficiente a fugare ogni dubbio interpretativo sulla appartenenza allo Stato, a titolo di patrimonio indisponibile, anche della fauna selvatica ospitata dai territori provinciali. La medesima conclusione varrebbe anche per gli articoli 2 e 11, che trovano il loro fondamento nella norma contenuta nell'art. 1 della citata legge n. 968/1977. Occorre poi osservare - aggiunge la Presidenza - che le dedotte questioni muovono dalla premessa che tutto quanto attiene alla regolazione giuridica della fauna selvatica appartenga alla materia della caccia: al contrario la fauna selvatica costituirebbe di per se', prima ancora che per espresso riconoscimento legislativo, una risorsa ambientale capace di soddisfare una varieta' di bisogni della collettivita' sociale tra i quali figura anche, ma non in posizione esclusiva, l'uso venatorio. Da tale premessa si deduce che appartiene alla competenza statale, fuori della materia della caccia e della pesca, legiferare sulla destinazione all'uso venatorio delle specie selvatiche (cioe' stabilire i limiti esterni di detto uso) "operando poi su questa premessa ed in questa cornice la competenza provinciale a regolare l'attivita' venatoria sulle specie cacciabili". Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, la legittimita' delle norme denunciate risulterebbe pur sempre dal fatto che il loro contenuto interdittivo, anche nel territorio delle Province autonome, si presenta necessario ai fini dell'osservanza di obblighi internazionali e comunitari che impongono all'Italia di proteggere le specie non comprese nell'elenco delle specie cacciabili. Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede pertanto che la dedotta questione sia dichiarata non fondata. 5.- In prossimita' dell'udienza di discussione sia il Comitato provinciale della caccia di Trento che l'Associazione cacciatori della Provincia di Trento hanno presentato memorie, dove si replica alle argomentazioni dell'Avvocatura dello Stato e si ribadiscono le tesi enunciate nei rispettivi atti di costituzione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.- Con l'ordinanza di cui e' causa la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha proposto questione di legittimita' costituzionale nei confronti degli artt. 1, 2 e 11 della legge 27 dicembre 1977 n. 968, recante "Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia", avendo ritenuto le norme stesse lesive della potesta' legislativa esclusiva della Provincia autonoma di Trento in tema di caccia. La questione e' stata sollevata nel corso del giudizio proposto dall'Associazione italiana per il W.W.F. nei confronti del calendario venatorio della Provincia di Trento 1985-86, cui si contesta la violazione dei principi espressi dagli artt. 1, 2 e 11 della legge n. 968 del 1977, suscettibili di vincolare, ad avviso dell'Associazione ricorrente, anche la legislazione esclusiva della Provincia autonoma. 2.- Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza prospettata dal Comitato provinciale della caccia di Trento, secondo cui le norme applicabili nel processo a quo dovrebbero essere individuate nella sola legge provinciale n. 56 del 1978 (recante "Disposizioni transitorie in materia di protezione della fauna e disciplina della caccia"), e non nella legge quadro statale n. 968 del 1977. L'ordinanza di rimessione sarebbe, pertanto, viziata per aberratio ictus, stante l'errata identificazione della disciplina rilevante ai fini della decisione. Tale eccezione non merita accoglimento. Se e' vero, infatti, che il calendario venatorio in contestazione dinanzi al giudice amministrativo e' stato emanato in attuazione diretta della legge provinciale n. 56 del 1978, e' anche vero che l'ordinanza di rimessione ha congruamente motivato in ordine alla possibilita' di applicare, ai fini della decisione della controversia, i principi espressi dalle norme impugnate, in quanto suscettibili di vincolare - o come "principi dell'ordinamento giuridico" o come norme rispondenti "ad esigenze di carattere unitario" - anche l'esercizio della potesta' legislativa esclusiva della Provincia, subordinata al rispetto dei limiti posti dall'art. 4 dello Statuto speciale. Il giudice a quo, prima di affrontare il profilo relativo al contrasto (ed al possibile coordinamento) tra le norme contenute nella legge provinciale n. 56 del 1978 e quelle espresse dalla legge quadro statale n. 968 del 1977, si e', dunque, correttamente posto, come questione pregiudiziale, il problema della validita' di una delle due normative in conflitto, assumendo come oggetto di verifica la normativa statale: tale scelta appare giustificata non solo in relazione alla possibilita', valutata nell'ordinanza, di affermare la prevalenza a certe condizioni della disciplina statale sulla legge provinciale, ma anche in relazione al fatto che nelle norme impugnate, espresse dalla legge n. 968, la ricorrente aveva individuato, secondo il petitum, i parametri per la valutazione della legittimita' dell'atto amministrativo (calendario venatorio) oggetto di contestazione. Sussistono, pertanto, i requisiti idonei a giustificare la rilevanza della questione. 3.- Nel merito la questione non appare fondata. La legge 27 dicembre 1977 n. 968, comunemente qualificata come "legge quadro" sulla caccia, ha posto - secondo quanto viene enunciato nel suo stesso titolo - i "principi generali" suscettibili di vincolare, ai sensi dell'art.117 Cost., l'esercizio delle funzioni legislative in materia di caccia delle Regioni ordinarie. Tale legge, peraltro - in relazione agli aspetti innovativi dei suoi contenuti, nonche' ai suoi scopi ed alle sue motivazioni politico-sociali, riferite ad un settore che ha assunto nel corso del tempo sempre maggiori implicazioni di ordine economico e sociale, quale quello relativo alla protezione della fauna selvatica ed all'esercizio della caccia - viene anche a caratterizzarsi, secondo gli orientamenti ripetutamente espressi da questa Corte (cfr. sentt. nn. 219 del 1984; 151 del 1986; 99 del 1987), come legge di riforma economico-sociale, suscettibile di condizionare, attraverso le norme fondamentali che in essa e' dato identificare, la legislazione esclusiva delle Regioni e delle Province a speciale autonomia. Rilevano a tal fine, in particolare, le norme formulate negli artt. 1, 2, 8 e 10 della legge stessa che, attraverso il superamento dei principi in tema di caccia gia' posti dal T.U. 5 giugno 1939 n.1016, hanno affermato - con espressioni tecniche ben determinate - l'appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato; l'affievolimento del tradizionale "diritto di caccia", attualmente subordinato all'interesse prevalente della conservazione del patrimonio faunistico e della protezione dell'ambiente agrario; l'imposizione di un regime di caccia controllata per tutto il territorio nazionale. Tali norme - per la loro natura e rilevanza nonche' per il carattere unitario degli interessi alle stesse sottesi - si presentano tali da vincolare non solo la legislazione concorrente delle Regioni ordinarie, ma anche la legislazione esclusiva delle Regioni e delle Province a speciale autonomia. Questa soluzione sembra, d'altro canto, valere anche per quanto concerne l'art. 11 della stessa legge, concernente l'elenco delle specie cacciabili, ove la norma espressa in tale articolo venga correttamente intesa non tanto come norma di dettaglio, quanto come norma di necessaria integrazione, indispensabile per dare contenuto e sostanza ai principi espressi negli artt. 1 e 2 della legge n. 968, cioe' per definire l'esatta nozione di "fauna selvatica" e, attraverso di essa, l'oggetto specifico della tutela. L'art. 11 della legge quadro, ai fini che qui interessano, assume pertanto rilievo in relazione al fatto di aver individuato attraverso l'elencazione delle specie cacciabili come eccezioni al generale divieto di caccia per qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica italiana - l'oggetto minimo inderogabile della protezione che lo Stato, anche in adempimento di obblighi assunti in sede internazionale e comunitaria, ha ritenuto di dover offrire al proprio patrimonio faunistico, nella consapevolezza che "flora e fauna selvatica costituiscono un patrimonio naturale di valore estetico, scientifico, culturale, ricreativo, economico e intrinseco che va preservato e trasmesso alle generazioni future", dato "il ruolo fondamentale della flora e della fauna selvatiche per il mantenimento degli equilibri biologici" (v. in proposito la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 e ratificata con legge 5 agosto 1981 n. 503, nonche' la Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica, adottata a Berna il 23 giugno 1979 e ratificata con legge 25 gennaio 1983 n. 42). In questa prospettiva, tanto l'individuazione dei contenuti minimi della sfera sottoposta a protezione (specie non cacciabili) quanto l'elencazione delle possibili eccezioni (specie cacciabili), non possono non investire un interesse unitario proprio della comunita' nazionale - secondo quanto espressamente indicato nello stesso art. 1 della legge n. 968 -, la cui valutazione e la cui salvaguardia restano in primo luogo affidati allo Stato ed ai poteri dell'amministrazione centrale. Questo non conduce, d'altro canto, a escludere la possibilita' per le Regioni di apportare, con propri atti, variazioni all'elenco delle specie cacciabili di cui all'art. 11 della legge n. 968 (cosi' come risulta, del resto, esplicitamente previsto dall'art. 12, primo comma, della stessa legge), in considerazione sia delle specifiche caratteristiche ambientali, stagionali o climatiche, sia delle esigenze particolari connesse alla protezione della fauna locale: ma tali variazioni - dato il carattere inderogabile del nucleo minimo di tutela identificato attraverso la legge statale ed i successivi atti governativi - in ogni caso, anche per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome dotate di competenza esclusiva, non potranno operare altro che nel senso di un rafforzamento del fine protezionistico affermato dalle norme fondamentali della legge n. 968. Regioni speciali e Province autonome potranno, pertanto, attraverso la propria legislazione sulla materia, prevedere la possibilita' di modificare l'elenco delle specie cacciabili di cui all'art. 11 della legge quadro statale, ma soltanto al fine di limitare e non di ampliare il numero delle eccezioni al divieto generale di caccia espresso dal primo comma dello stesso articolo. Tale conclusione sembra, d'altro canto, convalidata anche dalla lettura degli artt. 5 e 7 della legge n. 968. L'art. 5, ultimo comma, nel rinviare alle competenze esclusive delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome si preoccupa, infatti, di richiamare "i limiti stabiliti dai rispettivi statuti", mentre l'art. 7, nel delineare la zona delle Alpi come "zona faunistica a se' stante" - i cui confini vengono determinati dalle Regioni ordinarie mediante intesa con le Regioni speciali e le Province autonome - sottolinea in modo particolare il fine di protezione della "caratteristica fauna" presente in tale area territoriale. 4.- Le osservazioni che precedono conducono a escludere che le norme della l. 27 dicembre 1977 n. 968, oggetto della presente impugnativa, in quanto suscettibili di operare come limiti riconducibili all'art. 4 dello Statuto speciale, siano lesive della competenza legislativa esclusiva della Provincia di Trento in materia di caccia.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, nei confronti degli artt. 1, 2 e 11 della legge 27 dicembre 1977 n. 968, recante "Principi' generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia", con riferimento agli artt. 8 nn. 15 e 16 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige e 116 della Costituzione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: CHELI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 27 ottobre 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1642