N. 1013 SENTENZA 26 ottobre - 3 novembre 1988
Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione. Miniere, cave e torbiere - Autorizzazione a scavi ravvicinati a cielo aperto - Competenza al rilascio - Spettanza alla regione Veneto - Annullamento parziale degli atti impugnati(GU n.45 del 9-11-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi promossi con ricorsi della Regione Veneto notificati il 23 maggio 1983, depositati in cancelleria l'11 giugno 1983 ed iscritti ai nn. 20 e 21 del registro ricorsi 1983, per conflitti di attribuzione sorti a seguito delle ordinanze della Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale veneta nn. 3319 e 3318, pervenute alla Regione il 24 marzo 1983; della circolare del Ministero dell'interno n. 10.12655/12982 del 7 luglio 1980; della circolare del Ministero dell'industria n. 380984 dell'11 novembre 1981 a firma del Direttore Generale delle Miniere; Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi gli Avvocati Feliciano Benvenuti e Guido Viola per la Regione Veneto; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato e depositato nei termini, la Regione Veneto ha promosso conflitto di attribuzione avverso l'atto della Commissione di controllo sull'amministrazione regionale veneta n. 3319 del 17 marzo 1983, recante l'annullamento, per incompetenza, del decreto del Presidente della Giunta n. 393 del 1 marzo 1983, contenente l'autorizzazione alla ditta Fornaci Laterizi S.p.A. a condurre scavi ravvicinati ex artt. 104 e 105 del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128. Unitamente al citato atto vengono impugnate le circolari del Ministero dell'interno n. 10.12655/12982 del 7 luglio 1980 e del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato n. 380984 dell'11 novembre 1981, da quello richiamate, nonche' ogni altro atto annesso, antecedente o conseguente. La ricorrente ritiene che tali provvedimenti abbiano invaso la sua sfera di attribuzioni prevista dagli artt. 117 e 118 Cost., in rapporto alle funzioni assegnate alla Regione dagli artt. 4 e 62, terzo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Essa chiede, pertanto, che venga dichiarata la competenza regionale a rilasciare l'autorizzazione di cui ai citati artt. 104 e 105 e, di conseguenza, siano annullati gli atti invasivi. Le funzioni trasferite alla Regione dal citato art. 62, terzo comma, fra le quali sono esplicitamente contemplate quelle in tema di "vigilanza sull'applicazione delle norme di polizia delle cave e delle torbiere di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128", comprenderebbero, infatti, l'autorizzazione a condurre scavi a cielo aperto a distanze minori di quelle stabilite dall'art. 104 del d.P.R. n. 128 del 1959, autorizzazione che l'art. 105 dello stesso decreto presidenziale affidava alla competenza prefettizia. Al contrario, sostiene ancora la ricorrente, la rivendicazione di competenza compiuta dagli organi statali con gli atti impugnati non troverebbe supporto nel disposto dell'art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977, nella parte in cui esso riserva allo Stato le funzioni concernenti la pubblica sicurezza. Il concetto di polizia di pubblica sicurezza, come si deduce anche dai lavori della c.d. Commissione Giannini, non potrebbe, infatti, confondersi con quello di polizia in generale, attenendo quest'ultimo genericamente a tutte le regolazioni e le conseguenti potesta' di autorizzazione e di vigilanza intese a prevenire i danni che l'attivita' di volta in volta considerata puo' arrecare alla salute, all'incolumita', alla fede e alla sicurezza pubbliche. Del resto, precisa la ricorrente, anche la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 7 del 1982) e quella amministrativa (T.A.R. Veneto 21 marzo 1980, n. 181) avrebbero dato per scontato il trasferimento dal Prefetto alle Regioni del potere di provvedere ex artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959. D'altro canto, la ricorrente fa presente che, successivamente all'emanazione del d.P.R. n. 616 del 1977, la nota n. 359332 del 27 dicembre 1977, emessa dal Ministero dell'industria, ha chiarito che "tutti i rapporti precedentemente intrattenuti con detto Ministero e con il Prefetto in materia di cave e torbiere debbono in avvenire far capo alle Regioni", e che la Regione Veneto ha gia' provveduto su numerose domande di autorizzazione ex artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959, mediante atti che hanno sempre superato il controllo statale. Cosi' come, in data successiva a quella dell'atto impugnato, non hanno trovato ostacolo nel medesimo controllo la legge regionale 21 marzo 1983, n. 15, che all'art. 1 ha attribuito alla Giunta la competenza ad assumere i provvedimenti di cui al d.P.R. n. 128 del 1959, e la delibera giuntale n. 2019 del 19 aprile 1983, divenuta esecutiva il 3 maggio 1983, la quale, in esecuzione dell'art. 2, secondo comma, della citata legge della Regione Veneto n. 15 del 1983, ha delegato al Dirigente del Dipartimento Industria, cave e acque l'emanazione degli atti con rilevanza esterna spettanti, ai sensi del d.P.R. n. 128 del 1959, al Prefetto e all'Ingegnere capo del Distretto minerario. 2. - Con ulteriore ricorso del 23 maggio 1983, notificato e depositato nei termini, la Regione Veneto ha promosso conflitto di attribuzione avverso l'atto della Commissione di controllo sull'amministrazione regionale n. 3318 del 17 marzo 1983, recante l'annullamento, per incompetenza, del decreto n. 392, emanato dal Presidente della Giunta in data 1 marzo 1983 e contenente l'autorizzazione a condurre scavi ravvicinati ex artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959. L'impugnativa riguarda, altresi', le gia' citate circolari dei Ministeri dell'interno e dell'industria, rispettivamente, n. 10.12655/12982 del 7 luglio 1980 e n. 380984 dell'11 novembre 1981, nonche' ogni altro atto connesso. Premesso che nell'atto impugnato l'annullamento del decreto del Presidente della Giunta viene di nuovo motivato in relazione al disposto dell'art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977, la ricorrente avanza le stesse richieste contenute nel precedente ricorso, svolgendo un identico ordine di considerazioni. 3. - In ambedue i giudizi non si e' costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri. 4. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica la Regione Veneto ha presentato due memorie di identico contenuto, concernenti ambedue i ricorsi, nelle quali vengono ribadite le argomentazioni gia' svolte negli atti introduttivi. Considerato in diritto 1. - Con i ricorsi per conflitto di attribuzione indicati in epigrafe viene posta a questa Corte la questione se l'autorizzazione a compiere scavi ravvicinati, a norma degli artt. 104 e 105 del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, sia di spettanza dello Stato, in quanto funzione attinente alla pubblica sicurezza e, pertanto, ad esso riservata in base all'art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ovvero rientri fra le attribuzioni delle regioni, quale competenza trasferita alle stesse a norma degli artt. 9 e 62, terzo comma, del medesimo d.P.R. n. 616 del 1977, in attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione. In relazione a tali conflitti di attribuzione, sollevati da due ricorsi di analogo contenuto presentati dalla Regione Veneto, si pone altresi', per entrambi i giudizi, la questione relativa all'annullamento: a) delle circolari del Ministro dell'interno n. 10.12655/12982 del 7 luglio 1980 e del Ministro dell'industria, commercio e artigianato n. 380984 dell'11 novembre 1981, nelle parti in cui affermano la competenza statale ad adottare la predetta autorizzazione; b) delle decisioni della Commissione regionale di controllo sull'amministrazione della Regione Veneto nn. 3318 e 3319 del 17 marzo 1983, le quali hanno annullato i decreti del Presidente della Giunta veneta che concedevano le predette autorizzazioni, ritenendoli viziati per carenza di potere delle regioni. Poiche' tutti e due i ricorsi riferiti in narrativa pongono la medesima questione e chiedono l'annullamento, in parte, degli stessi atti e, in parte, di atti aventi analogo carattere e tenore, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza. 2. - Come questa Corte ha affermato anche con specifico riferimento alla materia delle "cave e torbiere" (sentt. nn. 77 del 1987, 218 del 1988), il riparto di competenze fra Stato e regioni in relazione alle funzioni di polizia e' stato operato sulla base della distinzione tra poteri attinenti alla pubblica sicurezza e poteri concernenti la polizia amministrativa, in ipotesi la polizia delle cave. Le prime, che sono state conservate allo Stato a norma dell'art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977, concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali o degli interessi pubblici primari sui quali, in base alla Costituzione e alle leggi ordinarie, si regge l'ordinata e civile convivenza dei consociati nella comunita' nazionale. Tali funzioni, pertanto, si caratterizzano per essere primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l'integrita' fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei possessi, la fede pubblica e ogni altro bene giuridico che l'ordinamento ritiene, in un determinato momento storico, di primaria importanza per la propria esistenza e per il proprio funzionamento (v. art. 1, r.d. 19 giugno 1931, n. 773). Le funzioni di polizia amministrativa, invece, riguardano le misure preventive e repressive primariamente dirette a tutelare la sicurezza delle attivita' materiali svolte da pubbliche amministrazioni, e, piu' precisamente, a garantire che, con lo svolgimento di dette attivita', non si arrechino danni o pregiudizi alle persone o alle cose. Proprio per questo loro rapporto di stretta strumentalita' con determinate attivita', esse sono funzioni accessorie rispetto ai settori materiali al cui servizio operano, seguendone la destinazione e la disciplina giuridica. Pertanto, come espressamente sancisce l'art. 9 del d.P.R. n. 616 del 1977, ove le materie principali siano attribuite o delegate alle regioni, le relative funzioni di polizia amministrativa devono ritenersi, rispettivamente, attribuite o delegate alle medesime in forza del rapporto di accessorieta' appena indicato. 3. - Con specifico riferimento all'ipotesi oggetto del presente giudizio, non puo' sussistere dubbio che l'autorizzazione prevista dagli artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959 debba considerarsi trasferita alle regioni per effetto dell'attribuzione alle stesse delle funzioni relative alle "cave e torbiere" da parte degli artt. 117 e 118, primo comma, Cost., come attuati dall'art. 1, lett. a), della legge 22 luglio 1975, n. 382 e dall'art. 62 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Questa affermazione trova un'esplicita conferma nel penultimo comma del citato art. 62, il quale stabilisce espressamente che "sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative statali in materia di vigilanza sull'applicazione delle norme di polizia delle cave e torbiere, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e successive modificazioni". E tra tali funzioni e' sicuramente ricompreso il potere di rilasciare l'autorizzazione a condurre scavi a cielo aperto a distanze inferiori rispetto a quelle stabilite nelle lettere a, b e c del medesimo art. 104 del d.P.R. n. 128 del 1959: un potere che, essendo diretto a permettere, in considerazione della particolare natura dei terreni e delle condizioni dei luoghi, scavi in deroga alle distanze minime fissate per la sicurezza e regolarita' dell'attivita' di coltivazione delle cave, appare sicuramente funzionale a queste ultime finalita' e dotato di una rilevanza del tutto interna alla disciplina della materia delle cave e torbiere. 4. - Posto che le autorizzazioni previste dagli artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959, originariamente spettanti al prefetto, sono ora attribuite, in forza degli artt. 9 e 62 del d.P.R. n. 616 del 1977, alle regioni, ne consegue l'illegittimita' delle circolari del Ministro dell'interno n. 10.126555/12982 del 7 luglio 1980 e del Ministro dell'industria, commercio e artigianato n. 380984 dell'11 novembre 1981, nelle parti in cui affermano la competenza statale ad adottare le autorizzazioni previste dagli artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959 sull'erroneo presupposto della loro presunta attinenza alla pubblica sicurezza. Per tali parti esse vanno, pertanto, annullate. Per gli stessi motivi debbono considerarsi illegittimi e, come tali, oggetto di annullamento gli atti della Commissione di controllo sull'amministrazione della Regione Veneto - nn. 3318 e 3319 del 17 marzo 1983 - con i quali sono stati annullati, rispettivamente, il decreto 1 marzo 1983, n. 392, e quello, in pari data, n. 393, adottati dal Presidente della Giunta regionale del Veneto per autorizzare il compimento di scavi ravvicinati, ai sensi degli artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara che spetta alla Regione Veneto provvedere al rilascio dell'autorizzazione prevista dagli artt. 104 e 105 del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 ("Norme di polizia delle miniere e delle cave"), e annulla, di conseguenza: a) le circolari del Ministero dell'interno n. 10.12655/12982 del 7 luglio 1980 e del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato n. 380984 dell'11 novembre 1981, nelle parti in cui affermano la competenza statale ad accordare l'anzidetta autorizzazione; b) le decisioni della Commissione regionale di controllo sull'amministrazione della Regione Veneto nn. 3318 e 3319 del 17 marzo 1983. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 ottobre 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 3 novembre 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1686