N. 1017 SENTENZA 26 ottobre - 9 novembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Istruzione pubblica - Universita' di Padova - Personale universitario
 statale in servizio presso la sede di Verona Passaggio alla
 neoistituita Universita' di Verona Inamovibilita' dei docenti -
 Violazione dell'autonomia dell'istituzione universitaria - Non
 irrazionalita' della norma impugnata - Non fondatezza.  (Legge 14
 agosto 1982, n. 590, art. 34).  (Cost., art. 33, ultimo comma)
(GU n.46 del 16-11-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA Presidente;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco P. CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, Luigi MENGONI, prof.  Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge
 14 agosto 1982, n. 590 (Istituzione di nuove  universita'),  promosso
 con  ordinanza  emessa il 22 novembre 1985 dal Consiglio di Stato sul
 ricorso proposto da De Bastiani Giovanni contro  il  Ministero  della
 Pubblica Istruzione, iscritta al n. 593 del registro ordinanze 1986 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  51,  prima
 serie speciale, dell'anno 1986;
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  De Bastiani Giovanni, nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 7 giugno 1988 il giudice relatore
 Giovanni Conso;
    Uditi  gli  avvocati  Lepoldo  Mazzarolli, Giulio Schiller e Guido
 Viola per  De  Bastiani  Giovanni  e  l'Avvocato  dello  Stato  Mario
 Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del giudizio di appello promosso dal prof. Giovanni
 De  Bastiani  avverso  la  sentenza  del   Tribunale   amministrativo
 regionale  del  Veneto 20 ottobre 1983, il Consiglio di Stato ha, con
 ordinanza del 22 novembre 1985, sollevato,  in  riferimento  all'art.
 33,  ultimo  comma,  della  Costituzione,  questione  di legittimita'
 dell'art. 34 della legge 14 agosto 1982, n. 590, il quale dispone che
 il  personale  universitario statale appartenente alla Universita' di
 Padova, in servizio presso la sede di Verona, "passa con  il  proprio
 posto  all'Universita' degli studi di Verona, restando assegnato agli
 uffici ricoperti alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
 legge".
    Quanto  alla  rilevanza, si osserva che il provvedimento impugnato
 dal prof. De Bastiani risulta emesso  dal  Ministero  della  pubblica
 istruzione,  in  applicazione  della norma denunciata, per attuare il
 "passaggio" del ricorrente alla neoistituita Universita'  di  Verona:
 l'eventuale  annullamento  dell'art.  34  della legge n. 590 del 1982
 rifletterebbe, quindi, i suoi effetti sul merito del giudizio a  quo.
    Quanto  alla  non manifesta infondatezza, si sostiene che la norma
 denunciata - pur non comportando un trasferimento in  senso  "fisico"
 dei  docenti  ad  altra sede di insegnamento - determina "un indubbio
 mutamento, autoritativamente effettuato, nella posizione giuridica  e
 nell'incardinamento   istituzionale"   del   personale   interessato,
 mutamento   "che   incide,   dal   punto    di    vista    giuridico,
 sull'inamovibilita' del docente, in assoluto contrasto con l'art. 33,
 u.c. della Costituzione".
    Tale  parametro,  garantendo il diritto delle Universita' di darsi
 ordinamenti  autonomi,  nei   limiti   delle   leggi   dello   Stato,
 assicurerebbe  anche  la  liberta'  e  l'indipendenza  dei docenti e,
 quindi, la loro inamovibilita', intesa come stabilita' della sede  ad
 essi   giuridicamente   gia'   assegnata.  Ne  conseguirebbe  che  il
 "passaggio" di cui all'art. 34 della  legge  n.  590  del  1982  "non
 avrebbe  potuto del tutto prescindere dal consenso degli interessati,
 effettuandosi anche contro la loro volonta'".
    La    violazione    dell'autonomia    garantita    all'istituzione
 universitaria dal precetto costituzionale invocato viene  prospettata
 anche  con  riguardo  al  pregiudizio  cui  si esporrebbe la concreta
 posizione dell'ente universitario  e  della  collettivita'  che  esso
 esprime,  ove  trasferimenti  di  personale  del  tipo  in  esame  si
 considerassero legittimi.
    L'ordinanza,   ritualmente   notificata  e  comunicata,  e'  stata
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51, prima serie speciale,  del
 29 ottobre 1986.
    2.  - Il prof. De Bastiani si e' costituito dinanzi alla Corte con
 deduzioni degli avvocati Leopoldo Mazzarolli, Giulio Schiller e Guido
 Viola,  chiedendo  che venga dichiarata l'illegittimita' dell'art. 34
 della legge n. 590 del 1982.
    Si  osserva,  in  primo luogo, che l'inamovibilita' dei professori
 universitari - da ultimo ribadita dall'art. 8 del  d.P.R.  11  luglio
 1980,    n.    382    -    deve   farsi   discendere   dall'autonomia
 costituzionalmente  garantita   alle   Universita',   autonomia   che
 implicherebbe non solo il potere "di darsi un proprio ordinamento nei
 limiti delle leggi dello Stato", ma anche "il rispetto delle liberta'
 dei  Corpi  Accademici  e, quindi, il d)vieto di influire suf&y consm
 '.za  di  questi  mediante  la  possibilita'  di   un   trasferimento
 d'autorita'  dei  loro membri": un tale tipo di trasferimento sarebbe
 stato, appunto, realizzato con il passaggio alla Facolta' di medicina
 e    chirurgia    dell'Universita'    di    Verona   dei   professori
 dell'Universita' di Padova in servizio presso la sede di  Verona.  La
 tesi  dell'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  secondo  la  quale si
 tratterebbe  di  un  trasferimento  meramente  nominale,  giacche'  i
 docenti interessati conservano l'insegnamento loro affidato e la sede
 in  cui  lo  svolgevano,  sarebbe,  quindi,  da  disattendere,  avuto
 riguardo  alla modificazione dell'incardinamento istituzionale subita
 dal personale docente per effetto della norma impugnata.
    3.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri e' intervenuto nel
 giudizio tramite l'Avvocatura Generale dello Stato.
    La   previsione   legislativa  contestata  corrisponde  -  secondo
 l'Avvocatura - ad esigenze organizzative e di buona  amministrazione,
 derivanti  dalla concessione dell'autonomia ad una sede universitaria
 distaccata. Non sussisterebbe, quindi,  alcuna  interferenza  con  il
 precetto   dell'art.  33,  ultimo  comma,  della  Costituzione,  che,
 garantendo l'inamovibilita' dalla sede, tutela  l'indipendenza  e  la
 liberta' dell'insegnamento.
    4. - Alla pubblica udienza del 10 novembre 1987 la parte privata e
 l'Avvocatura   dello   Stato   hanno   insistito   nelle   rispettive
 conclusioni.
    Con  ordinanza istruttoria depositata in cancelleria il 7 dicembre
 1987 la Corte ha ordinato al Ministero della pubblica  istruzione  la
 produzione  di  dati  circa  l'esatta  composizione  dei  collegi dei
 docenti, nonche' circa il numero delle cattedre  in  organico,  nelle
 Universita'  e  Facolta'  contemplate  dalla legge 14 agosto 1982, n.
 590.
    In  seguito al tempestivo deposito di tale documentazione la causa
 e' stata ulteriormente discussa all'udienza del 7 giugno 1988.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Consiglio  di  Stato  mette  in  dubbio la legittimita'
 costituzionale dell'art. 34 della legge 14 agosto 1982, n.  590.  Con
 il  disporre, in ordine all'istituzione della nuova Universita' degli
 studi di Verona  (art.  31,  primo  comma),  nata  per  scorporazione
 dall'Universita'  degli studi di Padova (art. 32, secondo comma), che
 "Il personale universitario statale, di ruolo  e  non  di  ruolo,  in
 servizio  presso  la  sede  di  Verona  passa  con  il  proprio posto
 all'Universita' degli studi di Verona restando assegnato agli  uffici
 ricoperti  alla  data  di  entrata in vigore della presente legge" (7
 settembre 1982), la norma impugnata violerebbe l'art.  33,  sesto  ed
 ultimo  comma,  della  Costituzione. Il "diritto di darsi ordinamenti
 autonomi  nei  limiti  stabiliti  dalle  leggi  dello   Stato",   ivi
 riconosciuto  alle  "istituzioni  di  alta  cultura,  universita'  ed
 accademie",  comporterebbe  per  le  Universita'   "la   liberta'   e
 l'indipendenza   dei  docenti"  e,  quindi,  "l'inamovibilita'  dalla
 sede... ad essi giuridicamente gia' assegnata".
    2.  -  Benche' il dispositivo dell'ordinanza indichi l'intero art.
 34 della legge n. 590 del 1982, la questione sollevata  presenta,  in
 relazione   alle  circostanze  del  caso  concreto,  un  ambito  piu'
 limitato.
    Il  giudizio  a  quo  nasce, infatti, dal ricorso di un professore
 ordinario, gia' appartenente alla Facolta' di  medicina  e  chirurgia
 dell'Universita' di Padova, volto a far annullare come illegittimo il
 provvedimento con il quale il Ministro della pubblica istruzione,  in
 applicazione   della   norma   denunciata,  aveva  decretato  per  il
 ricorrente - titolare  di  una  delle  cattedre  assegnate  nell'anno
 accademico  1981/1982  ai  "corsi  paralleli  raddoppiati  nella sede
 distaccata  di  Verona,  2›  triennio  della  laurea  in  medicina  e
 chirurgia"   (come   testualmente   si  ricava  dalla  documentazione
 trasmessa dall'Universita' di Padova in  risposta  alle  prescrizioni
 dell'ordinanza  istruttoria  n.  593  del  1987 di questa Corte) - il
 passaggio "con il proprio posto alla Facolta' di medicina e chirurgia
 dell'Universita'  di  Verona"  a decorrere dal 1› novembre 1982, allo
 stesso modo che  per  altri  ventisette  professori  di  ruolo  nella
 Facolta' di medicina e chirurgia dell'Universita' di Padova.
    Particolarmente  significativo  si  rivela, al riguardo, il nucleo
 centrale della  motivazione  dell'ordinanza,  la'  dove,  ricollegata
 all'autonomia  dell'ordinamento  universitario  l'inamovibilita'  dei
 docenti dalla sede ad essi giuridicamente gia' assegnata, se ne  trae
 la  conseguenza  che il "passaggio" ex art. 34 della legge n. 590 del
 1982  dall'Universita'  di  Padova  all'Universita'  di  Verona  "non
 avrebbe  potuto del tutto prescindere dal consenso degli interessati,
 effettuandosi anche contro la loro volonta'".
    L'art.  34  deve, pertanto, intendersi assoggettato a controllo di
 legittimita'  costituzionale  nella  parte  in  cui  prevede  che  il
 "passaggio"  del  personale  docente  di  ruolo possa essere disposto
 prescindendo dal consenso degli interessati.
    3.  - Sempre per ragioni di rilevanza non viene qui in discussione
 l'inamovibilita' intesa come  diritto  del  docente  universitario  a
 conservare,  oltre  all'"ufficio",  anche  la "sede" di suo effettivo
 svolgimento, trattandosi di un diritto che tanto  il  giudice  a  quo
 quanto   la   parte   privata  riconoscono  nella  specie  pienamente
 rispettato. L'"espressione di liberta'" disattesa dall'art. 34  della
 legge  n.  590 del 1982 sarebbe, invece, l'inamovibilita' intesa come
 diritto   del   docente   universitario   a    non    veder    mutare
 autoritativamente il proprio "incardinamento istituzionale", cioe' la
 concreta    istituzione    universitaria     "giuridicamente     gia'
 assegnata(gli)".
    In  realta',  per  usare  le  parole  conclusive dell'ordinanza di
 rimessione, la limitazione di tale  diritto  coinvolge,  piu'  che  i
 singoli  docenti,  la  "concreta  posizione dell'ente universitario e
 della collettivita' che esso esprime", violando,  come  ancor  meglio
 puntualizza  l'atto  di costituzione della parte privata, "il divieto
 di influire sulla consistenza"  dei  Corpi  Accademici  "mediante  la
 possibilita'  di  un  trasferimento  d'autorita'  dei  loro  membri",
 divieto nel quale va ravvisato il contenuto minimo di quell'autonomia
 che "comporta il rispetto della liberta' dei Corpi Accademici".
    Se  e',  dunque, questo il profilo sotto cui deve essere esaminata
 la questione proposta, inutile - e, percio', irrilevante - diventa il
 discutere se il principio di inamovibilita' del docente universitario
 dalla sua sede effettiva rientri nella previsione  dell'ultimo  comma
 dell'art.  33  della  Costituzione  o se esso rappresenti, invece, un
 principio tradizionalmente recepito nella legislazione ordinaria.
    Nessun  dubbio  che l'ultimo comma dell'art. 33 della Costituzione
 sia strettamente collegato al  primo  comma  dello  stesso  articolo,
 venendo  l'autonomia universitaria - da intendersi nel suo senso piu'
 ampio,   come   autonomia    normativa,    didattica,    scientifica,
 amministrativa,   finanziaria  e  contabile  -  a  porsi  in  diretta
 correlazione funzionale con la liberta' di ricerca e di insegnamento,
 valore che non puo' non contrassegnare al massimo livello l'attivita'
 delle istituzioni di alta cultura. (L'Universita' - proclama il primo
 dei  princi'pi  fondamentali  della  "Magna  Charta delle Universita'
 europee",  sottoscritta  a  Bologna  il  18  settembre  1988  -   "e'
 un'istituzione  autonoma  che  produce  e  trasmette  criticamente la
 cultura mediante la ricerca e l'insegnamento. Per essere aperta  alle
 necessita'  del  mondo  contemporaneo  deve  avere, nel suo sforzo di
 ricerca e  d'insegnamento,  indipendenza  morale  e  scientifica  nei
 confronti di ogni potere politico ed economico").
    Cio'  non  significa,  peraltro,  che  la liberta' di ricerca e di
 insegnamento del docente universitario si identifichi con l'autonomia
 dell'istituzione  cui  egli  appartiene.  Il  vero e' che l'autonomia
 universitaria si esprime non solo nel  tutelare  l'autodeterminazione
 dei   docenti,   ma   anche  nel  demandare  agli  organi  accademici
 l'ordinamento dell'istituzione e la conduzione  della  stessa.  Anzi,
 l'argomentazione conclusiva del giudice a quo porta l'accento proprio
 su tale secondo aspetto.
    4. - La questione non e' fondata.
    Una  volta  evidenziato  che  l'autonomia accademica si traduce in
 definitiva nel diritto  di  ogni  singola  Universita'  a  governarsi
 liberamente  attraverso  i  suoi organi e, soprattutto, attraverso il
 corpo dei docenti nelle sue varie articolazioni,  cosi'  risolvendosi
 nel  potere  di  autodeterminazione  del corpo accademico (cosiddetto
 autogoverno dell'ente da parte  del  corpo  docente),  non  puo'  non
 assumere  rilievo  decisivo  la constatazione che il diritto di darsi
 ordinamenti  autonomi  e'  riconosciuto   dalla   Costituzione   alle
 "istituzioni  di  alta cultura, universita' ed accademie" non in modo
 pieno ed assoluto, ma "nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato".
 Si  tratta,  cioe',  di  un'autonomia  che, come questa Corte ha gia'
 avuto occasione di precisare (sentenza n.145  del  1985),  "lo  Stato
 puo'  accordare  in  termini piu' o meno larghi, sulla base di un suo
 apprezzamento  discrezionale",  sempreche'  quest'ultimo   "non   sia
 irrazionale".
    Il  limite  apportato  dall'art.  34  della  legge 14 agosto 1982,
 n.590,  all'autonomia  universitaria,  sotto  forma  di  una   deroga
 generalizzata  a  quella sua particolare estrinsecazione che consiste
 nel subordinare i trasferimenti od i passaggi del  personale  docente
 di  ruolo  da  Universita'  a Universita', da Facolta' a Facolta', da
 materia a materia, al consenso  degli  interessati,  non  puo'  certo
 ritenersi privo di ragionevolezza.
    La  norma  denunciata, con il disporre autoritativamente, tanto da
 renderlo  inevitabile,  il  passaggio  "con  il  proprio  posto"  del
 personale docente di ruolo dall'Universita' di Padova all'Universita'
 di Verona, trova, infatti, giustificazione nelle  vicende  del  tutto
 peculiari   attraverso   le   quali  si  e'  pervenuti  ad  istituire
 l'Universita' degli studi di Verona.
    5. - Gli "aspetti di singolarita' derivanti dal modo stesso in cui
 e'  stata  creata  l'Universita'  di   Verona"   sono,   del   resto,
 riconosciuti  anche nell'atto di costituzione in giudizio della parte
 privata, che, peraltro, insiste nel  ribadire  l'inderogabilita'  del
 principio  secondo  il  quale  "solamente nel caso in cui costituisca
 conseguenza di un libero atto di scelta degli appartenenti  al  Corpo
 Accademico... la modificazione della consistenza del Corpo Accademico
 stesso non da' luogo a lesione  dell'autonomia  che  la  Costituzione
 riconosce    alle   Universita'   e   alle   Accademie",   ravvisando
 "vulnerazione di quanto  disposto  dall'art.  34,  u.c.,  Cost.  ogni
 qualvolta   quella   modificazione   sia   frutto   di   un'ingerenza
 autoritativa".
    Ma  proprio  l'art.  34,  ultimo comma, della Costituzione, con il
 consentire  allo   Stato   di   apportare   mediante   legge   limiti
 all'autonomia  universitaria,  sempreche'  non  si  tratti  di limiti
 irragionevoli, esclude  la  piena  ed  assoluta  inderogabilita'  del
 "diritto di darsi ordinamenti autonomi".
    Per  verificare  se la norma denunciata ponga limiti irragionevoli
 occorre  risalire,  appunto,  alla  singolarita'  dell'iter  sfociato
 nell'istituzione dell'Universita' di Verona.
    Importanza  fondamentale  riveste  senza  alcun  dubbio l'art. 32,
 secondo comma, della legge 14 agosto 1982, n. 590, in forza del quale
 "I  corsi  delle  facolta'  di  medicina  e  chirurgia, di economia e
 commercio e di magistero dell'Universita' di Padova,  funzionanti  in
 Verona,  sono  assorbiti  dalle  facolta' di medicina e chirurgia, di
 economia e commercio e di magistero", "comprese", a partire dall'anno
 accademico 1982-1983, nell'Universita' degli studi di Verona.
    Ma  altrettanto  fondamentale si rivela cio' che emerge dalla gia'
 ricordata documentazione trasmessa dall'Universita'  di  Padova.  Per
 quanto  concerne  i corsi delle Facolta' di medicina e chirurgia e di
 magistero funzionanti in Verona prima dell'anno  accademico  1982-83,
 chiaramente  risulta  come  (a differenza dei corsi della Facolta' di
 economia e commercio, che l'Universita'  di  Padova  faceva  svolgere
 unicamente  in Verona) i relativi insegnamenti fossero stati affidati
 ad un personale docente del tutto differenziato rispetto a quello cui
 erano,  nel contempo, demandati gli insegnamenti degli analoghi corsi
 delle stesse Facolta' svolgentisi nella  sede  di  Padova,  cosi'  da
 costituire,  rispetto  a  questi ultimi, altrettanti "corsi paralleli
 raddoppiati".
    In  una  situazione  del  genere,  il  richiedere per il passaggio
 dall'Universita' di Padova all'Universita' di Verona il consenso  dei
 docenti  titolari  dei corsi delle Facolta' di medicina e chirurgia e
 di magistero funzionanti in Verona avrebbe comportato, per un  verso,
 il rischio di lasciare "scoperte" talune e, al limite, anche tutte le
 materie insegnate nella sede di Verona, privandole, per  giunta,  dei
 relativi  posti  di  ruolo,  oggetto  di "passaggio con" i rispettivi
 docenti, e, per un altro verso, il rischio di  "addossare"  ai  corsi
 della  sede di Padova altrettanti docenti, con i rispettivi posti, al
 di  la'  delle  effettive  esigenze  di  quella  sede  e  della   sua
 popolazione studentesca.
    6.  -  Ben  diverso  e' il caso delle altre Universita', anch'esse
 istituite con la legge 14 agosto 1982, n. 590 (v.,  ad  esempio,  gli
 artt.  17  e  21,  relativi  alla  nuova Universita' di Brescia), per
 scorporazione da Universita' preesistenti (v.,  sempre  nei  riguardi
 dell'Universita'  di  Brescia,  l'art.  18, secondo comma, avente per
 oggetto l'assorbimento dei corsi dell'Universita' statale di  Milano,
 dell'Universita'   di   Parma   e  del  Politecnico  di  Milano  gia'
 funzionanti in Brescia): il passaggio del  personale  docente  vi  e'
 stato  previsto  "a domanda, sui posti assegnati" alle nuove Facolta'
 (v., sempre per l'Universita' di Brescia, l'art. 20, primo comma),  a
 causa proprio della fondamentale differenza riscontrabile fra il tipo
 di collegamento che caratterizzava i rapporti di quelle sedi  con  le
 Universita'  poi  oggetto  di "scorporo" in loro favore ed il tipo di
 collegamento che stava alla base dei rapporti della  sede  di  Verona
 con  l'Universita'  di  Padova.  Per  restare all'esempio di Brescia,
 anch'esso   ben    illustrato    dalle    documentazioni    trasmesse
 dall'Universita'  statale  di Milano, dall'Universita' di Parma e dal
 Politecnico di Milano, ad  essere  titolari  degli  insegnamenti  dei
 corsi  "funzionanti"  nella  sede di Brescia erano i medesimi docenti
 titolari dei corsi svolgentisi, per le stesse  Facolta',  nelle  sedi
 "principali"  di  Milano  e  di Parma, donde l'assoluta necessita' di
 sottoporre ad un'opzione, non demandabile ad altri che ai  rispettivi
 titolari, il loro passaggio all'Universita' di Brescia.
    Ne  risulta cosi' confermata la non irrazionalita' della soluzione
 adottata dall'art. 34 della legge 590 del  1982,  in  considerazione,
 appunto,  della  singolarita'  dei  rapporti  sottostanti  al nascere
 dell'Universita' di Verona.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 34 della legge 14 agosto 1982, n. 590 (Istituzione di nuove
 universita'),  sollevata,  in  riferimento all'art. 33, ultimo comma,
 della Costituzione, dal Consiglio  di  Stato  con  ordinanza  del  22
 novembre 1985.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta il 26 ottobre 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CONSO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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