N. 1019 SENTENZA 26 ottobre - 9 novembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Istruzione pubblica - Professori universitari di ruolo Inquadramento
 nella prima fascia, dei docenti in servizio anteriormente al 1›
 novembre 1980 e gia' pervenuti all'ultima classe di stipendio -
 Mancata equiparazione dei docenti che a quella data fruivano di una
 classe di stipendio inferiore a parita' di funzioni e di anzianita'
 di carriera - Eccesso dalla legge di delega - Discrezionalita'
 legislativa - Non fondatezza.  (D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art.
 36; d.-l. 6 giugno 1981, n.   283, artt. 11 e 11- ter, convertito,
 con modificazioni nella legge 6 agosto 1981, n. 432; legge 21
 febbraio 1980, n. 28, artt. 12, lett.  o), e 4, lett.  c); legge 22
 gennaio 1982, n.  6, art. 1; d.-l. 27 settembre 1982, n. 681, art. 1,
 convertito, con modificazioni, nella legge 20 novembre 1982, n. 869;
 d.P.R.  11 luglio 1980, n. 382, art. 36, ottavo comma; d.-l. 6 giugno
 1981, n. 283, artt. 11 e 11- ter, convertito, con modificazioni,
 nella legge 6 agosto 1981, n. 432; d.-l. 27 settembre 1982, n.  681,
 art. 1, ultimo comma, convertito, con modificazioni, nella legge 20
 novembre 1982, n. 869).  (Cost., artt. 3, 36, 76 e 97)
(GU n.46 del 16-11-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Gabriele  PESCATORE,  prof.  Francesco  P.  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
 MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 36 del d.P.R.
 11 luglio 1980, n. 382 ("Riordinamento della  docenza  universitaria,
 relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione organizzativa e
 didattica"), 11 e 11- ter del D.L. 6 giugno 1981, n. 283, convertito,
 con  modificazioni,  nella  legge  6  agosto 1981, n. 432 ("Copertura
 finanziaria dei decreti del Presidente della Repubblica di attuazione
 degli accordi contrattuali triennali relativi al personale civile dei
 Ministeri e dell'Amministrazione  autonoma  dei  monopoli  di  Stato,
 nonche'  concessione di miglioramenti economici al personale civile e
 militare escluso dalla contrattazione"), 12, lett. o), e 4 lett.  c),
 della  legge  21  febbraio  1980,  n.  28  ("Delega al Governo per il
 riordinamento  della  docenza  universitaria  e  relativa  fascia  di
 formazione,  e  per la sperimentazione organizzativa e didattica"), 1
 della legge 22 gennaio 1982, n. 6 ("Proroga fino al  30  giugno  1982
 del  trattamneto  economico  provvisorio  per  il personale dirigente
 civile e militare dello Stato e per quello  collegato,  previsto  dal
 D.L.  6  giugno  1981,  n.  283, convertito, con modificazioni, nella
 legge 6 agosto 1981, n. 432") e 1 del D.L. 27 settembre 1982, n. 681,
 convertito   in   legge   20  novembre  1982,  n.  869  ("Adeguamento
 provvisorio   del   trattamento   economico   dei   dirigenti   delle
 Amministrazioni  dello  Stato,  anche  ad ordinamento autonomo, e del
 personale ad essi collegato"), promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa  il  4 aprile 1984 dal T.A.R. per l'Emilia
 Romagna - Sede di Bologna sui  ricorsi  riuniti  proposti  da  Alvisi
 Carlo  ed  altri contro l'Universita' degli studi di Bologna ed altri
 iscritta al n. 1341 del registro ordinanze 1984  e  pubblicata  nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 91- bis dell'anno 1985;
      2)  ordinanza emessa il 25 febbraio 1985 dal T.A.R. per l'Emilia
 Romagna - Sede di Bologna sui ricorsi riuniti proposti da  Antonietti
 Alessandro  ed  altro  contro l'Universita' degli Studi di Bologna ed
 altri iscritta al n. 537 del registro  ordinanze  1985  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 267- bis dell'anno 1985;
      3) ordinanza emessa il 2 maggio 1986 dal Consiglio di Stato Sez.
 VI giurisdizionale sul ricorso proposta  da  Rossano  Claudio  contro
 l'Universita'  degli  studi  di  Roma ed altri iscritta al n. 724 del
 registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 59, prima serie speciale, dell'anno 1985.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Alvisi  Carlo ed altri, di
 Antonietti Alessandro ed altro e di Rossano Claudio;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore
 Vincenzo Caianiello;
    Udito l'Avv. Giovanni Rizza per le parti costituite;
                            Ritenuto in fatto
    1.   -   Nel  corso  di  alcuni  giudizi  promossi  da  professori
 universitari, ordinari  da  epoca  anteriore  al  1›  novembre  1980,
 avverso  i  provvedimenti  amministrativi della relativa Universita',
 con i quali si era provveduto alla ricostruzione  della  carriera  ed
 alla  attribuzione  del  nuovo  trattamento  economico  in virtu' del
 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382,  il  T.A.R.  dell'Emilia  Romagna  con
 ordinanza del 4 aprile 1984 ha sollevato le questioni di legittimita'
 costituzionale dell'art. 36, commi settimo e ottavo,  del  d.P.R.  11
 luglio  1980,  n.  382, integrato dall'art. 11- ter della l. 6 agosto
 1981 n. 432, nonche' degli artt. 12 lett. o) e 4 lett. c) della l. 21
 febbraio  1980,  n. 28, in relazione agli artt. 3, primo comma, e 36,
 primo comma, Cost..
    Ad  avviso  del  giudice rimettente, la nuova normativa (d.P.R. n.
 382/80   e   successive   modificazioni   e   integrazioni)   avrebbe
 sostanzialmente  fatto  venire  meno  il  diritto dei ricorrenti, non
 ancora pervenuti all'ultima classe di stipendio, a vedersi attribuito
 nel   tempo  il  trattamento  retributivo  equiparato  a  quello  dei
 dirigenti generali dello Stato di livello A,  previsto  dall'art.  47
 del d.P.R. n. 748 del 1972.
    In  particolare  l'art. 36 del d.P.R. n. 382/80, dopo aver fissato
 la progressione economica del ruolo dei professori  universitari,  ha
 disposto  al  settimo  comma  l'inquadramento dei docenti in servizio
 anteriormente  al  1›  novembre  1980  nella  prima  fascia  con  una
 ricostruzione   di   carriera  da  operare  sulla  base  del  sistema
 preesistente, ovvero su quello introdotto dalla  nuova  normativa  se
 piu'  favorevole, con decorrenza dal 1› agosto 1980 ai fini giuridici
 e dal 1› novembre 1980 ai fini economici.
    L'ottavo  comma  dello  stesso  art.  36  ha  previsto, poi, che i
 professori di ruolo, gia' pervenuti all'ultima classe  di  stipendio,
 conservano  il  diritto  alla  equiparazione, ai fini retributivi, al
 dirigente generale di livello A dello  Stato  (secondo  il  contenuto
 della  sentenza  di  questa  Corte  n.  219 del 1975), ma, se abbiano
 optato per il regime di impegno a tempo definito, la  differenza  tra
 lo  stipendio  in  godimento  e quello spettante ai sensi della nuova
 normativa viene loro mantenuta come assegno ad personam, pensionabile
 e riassorbibile.
    Le norme anzidette sembrerebbero differenziare illegittimamente la
 posizione dei docenti, distinguendo in relazione ad un mero  elemento
 temporale  tra  coloro che, alla data di entrata in vigore del d.P.R.
 n. 382, erano gia' pervenuti  all'ultima  classe  di  stipendio  (che
 conservano, con tutte le implicazioni, il regime di equiparazione), e
 coloro che a quella stessa data fruivano di una classe  di  stipendio
 inferiore  e  non  potrebbero  raggiungere  piu',  per  effetto della
 normativa  sopravvenuta,  la  piena  equiparazione  con  i  dirigenti
 statali di livello A.
    Si  creerebbe cosi' una discriminazione all'interno della medesima
 categoria di professori universitari, laddove a parita' di funzioni e
 di  anzianita'  di  carriera  dovrebbe  corrispondere una parita' dei
 tetti retributivi correlati all'unico parametro di riferimento.
    Anche  le  altre  norme denunciate (artt. 12 lett. o) e 4 lett. c)
 della legge 21 febbraio 1980 n. 28 recante la delega al  Governo  per
 il  riordinamento della docenza universitaria), paiono, ad avviso del
 giudice a quo, confermare la rilevata discriminazione che in concreto
 si  attuerebbe  con la previsione della conservazione del trattamento
 economico dell'ultima classe di stipendio per i soli  professori  che
 gia'  ne godono alla data di entrata in vigore delle norme delegate e
 con esclusione di tutti gli altri  docenti  per  i  quali  invece  e'
 preclusa  la progressione economica culminante nella parificazione al
 livello A dirigenziale.
    2.   -   Con  ordinanza  in  data  25  febbraio  1985,  il  T.A.R.
 Emilia-Romagna   ha   sollevato   le   questioni   di    legittimita'
 costituzionale  dell'ottavo  comma dell'art. 36 del d.P.R. n. 382 del
 1980 (in riferimento all'art. 12 lett. o) della legge di delega n. 28
 del  1980),  nonche' degli artt. 11 e 11-ter, della l. 432 del 1981 e
 dell'art. 1, ultimo comma, della l. 869 del 1982, per  contrasto  con
 gli artt. 3 e 76 Cost.
    Ha rilevato il giudice rimettente che il principio della "identica
 potenzialita' di sviluppo di carriera (per le categorie  dei  docenti
 universitari e dirigenti statali di livello A) sfociante nel medesimo
 tetto retributivo" - principio ricavabile  da  una  lunga  tradizione
 legislativa,  come riconosciuto dalla sentenza di questa Corte n. 219
 del 1975 - sia stato disatteso dalla normativa delegata  impugnata  e
 da  quella  che  e'  seguita, che hanno invece introdotto trattamenti
 economici  che  si  discostano   in   prospettiva   dalla   affermata
 sostanziale parita'.
    Vengono  cosi' denunciati per contrasto con l'art. 3 Cost.: l'art.
 11 della l. n. 432 del 1981, che ha istituito l'assegno personale per
 i  soli  dirigenti dello Stato, l'art. 11- ter della stessa l. n. 432
 del  1981,  che  ha  cristallizzato  per  i  professori  universitari
 dell'ultima  classe  di  stipendio  (che  conservano  il  trattamento
 economico equiparato ai dirigenti di livello A) l'assegno ad personam
 nella misura vigente al 1› novembre 1981 e ne ha disposto la graduale
 riduzione mediante il riassorbimento; l'art. 1, ultimo  comma,  della
 l.  n  869  del  1982  che  ha  attribuito  ai docenti universitari a
 decorrere dal 1› gennaio 1983 e con le proporzioni di cui all'art. 36
 del  d.P.R.  382  del  1980,  l'aumento di cui al secondo comma dello
 stesso articolo.
   Sotto il profilo dell'eccesso di delega (violazione art. 76 Cost.),
 ad avviso del giudice a quo, l'art. 12 lett. o) della l.  n.  28  del
 1980   pone  l'obbligo  per  il  legislatore  delegato  di  mantenere
 l'equiparazione  della  retribuzione  dei   professori   universitari
 all'ultima   classe   ai   dirigenti  statali  di  livello  A,  senza
 discriminare tra professori  a  tempo  pieno  e  professori  a  tempo
 definito.
    La  considerazione che il legislatore ha rivolto al regime a tempo
 pieno e'  diretta  ad  altri  e  diversi  effetti,  di  attuazione  e
 transitori, che non possono inficiare - come nella specie e' avvenuto
 - il principio del  trattamento  economico  unitario  dei  professori
 correlato  a  quello dei massimi dirigenti statali, a prescindere dal
 regime in cui l'impiego universitario si svolga.
    La  distinzione  operata  dal decreto delegato tra i due anzidetti
 regimi esorbita,  pertanto,  dai  principi  e  criteri  della  delega
 legislativa (l. 28/80).
    3.  -  Il  Consiglio  di Stato sez. VI, con ordinanza del 2 maggio
 1986, ha sollevato analoghe questioni di legittimita'  costituzionale
 degli art. 36 del d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, dell'art. 11- ter del
 D.L. 6 giugno 1981 n. 283, convertito nella legge 6 agosto  1981,  n.
 432,  dell'art.  1  della legge 22 gennaio 1982 n. 6, dell'art. 1 del
 D.L. 27 settembre 1982, n. 681, convertito nella l. 20 novembre 1982,
 n.  869,  nella  parte  in  cui non mantengono la equiparazione della
 classe finale di stipendio dei professori universitari ordinari  alla
 retribuzione  del  dirigente  generale  di  livello A dello Stato, in
 riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Cost..
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo  le norme denunciate si sarebbero
 illegittimamente discostate dal principio  della  equiparazione,  per
 quanto  concerne il tetto retributivo, delle categorie dei professori
 universitari  di  ruolo  e  dei  dirigenti  generali  di  livello  A,
 principio  ricavabile  da  una lunga tradizione legislativa che aveva
 conferito, alle comparate categorie,  alla  luce  della  sentenza  di
 questa  Corte n. 219 del 1975, una identica potenzialita' di sviluppo
 di carriera sfociante nel medesimo trattamento retributivo.
    Rileva  in  particolare  il  giudice rimettente che l'abbandono da
 parte del legislatore del suindicato criterio  di  equiparazione  non
 risulta  giustificato  dal  superamento  delle  premesse  che avevano
 determinato il precedente giudizio  di  valore  (possibilita'  questa
 espressamente  ammessa  dalla stessa Corte nella citata sentenza), ma
 anzi la equiparazione risulta addirittura  nuovamente  sancita  dalla
 coeva  legge  11 luglio 1980 n. 312 (art. 72, secondo comma). Da cio'
 derivano, altresi', dubbi di legittimita'  costituzionale  in  ordine
 alle  norme  successive  al  d.P.R.  n.  382  del  1980,  che si sono
 anch'esse discostate dal principio dell'equiparazione.
    4.  -  Si sono costituite nel presente giudizio alcune delle parti
 private, orginarie ricorrenti nei giudizi a quibus,  le  quali  hanno
 evidenziato  il contrasto della normativa denunciata con gli invocati
 parametri costituzionali.
                         Considerato in diritto
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna ha
 sollevato (reg. ord. n. 1341 del 1984), in riferimento agli artt.  3,
 primo  comma,  e  36,  primo  comma, Cost., questioni di legittimita'
 costituzionale dell'art. 36, settimo ed ottavo comma, del  d.P.R.  11
 luglio  1980  n.  382  nonche' dell'art. 11- ter della legge 6 agosto
 1981 n. 432 e degli artt. 12, lett. o, e 4, lett. c., della legge  21
 febbraio 1980 n. 28.
    L'ordinanza  di  rinvio  e'  stata  emanata  nel corso di giudizi,
 previamente riuniti, promossi da vari docenti  universitari  nominati
 anteriormente  al 1› novembre 1980 nei cui confronti, a seguito della
 entrata in vigore del d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, si e'  provveduto
 alla  ricostruzione  della  carriera  ed  alla attribuzione del nuovo
 trattamneto economico.
    Il  giudice  a quo dichiara di condividere la tesi sostenuta dagli
 interessati   secondo   cui    quest'ultimo    trattamento    sarebbe
 pregiudizievole rispetto alla posizione da essi in precedenza goduta,
 in quanto essi - ove non  fosse  intervenuta  la  nuova  normativa  -
 avrebbero  nel tempo ottenuto il trattamento retributivo equiparato a
 quello dei dirigenti generali di livello A (previsto dall'art. 47 del
 d.P.R.  n. 748 del 1972 e riconosciuto nei loro confronti per effetto
 della sentenza n. 219 del 1975),  laddove  in  base  alla  disciplina
 sopravvenuta,  oggetto  dell'incidente  di  costituzionalita',  ed in
 particolare per effetto del settimo comma dell'art. 36 del d.P.R.  n.
 382 del 1980, essi sono rimasti bloccati definitivamente al parametro
 801  con  i  soli  aumenti  periodici  di  stipendio.  Questo   nuovo
 trattamento  sarebbe  in contrasto con i principi enunciati da questa
 Corte nella sentenza n. 219 del 1975 che, pur escludendo che  vi  sia
 coincidenza tra la funzione del professore universitario e quella dei
 dirigenti statali, avrebbe rinosciuto  alle  due  categorie,  per  la
 costante   ed  uniforme  corrispondenza  per  decenni  mantenuta  dal
 legislatore, una  identica  potenzialita'  di  sviluppo  di  carriera
 sfociante nel medesimo tetto retributivo.
    La  normativa  denunciata  si  porrebbe  in contrasto con l'art. 3
 Cost., perche' nell'ambito  della  stessa  categoria  dei  professori
 universitari di ruolo verrebbe meno la sostanziale parita' tra coloro
 che conservano, in base al citato art. 36 del d.P.R. n. 382 del 1980,
 il  diritto gia' acquisito e coloro che tale diritto non potranno mai
 acquisire, non avendo ancora maturato i 16 anni di servizio, per  cui
 sarebbe cosi' violato anche il principio della giusta retribuzione in
 relazione alla quantita' e  qualita'  del  lavoro  prestato.  Se,  si
 soggiunge,   i   professori   universitari   ed  i  dirigenti  "erano
 potenzialmente assimilati nello sviluppo di carriera  che  consentiva
 di  raggiungere  un uguale tetto del trattamento economico, in quella
 potenzialita',  riconosciuta  costituzionalmente  rilevante  ai  fini
 degli  artt.  3  e  36  Cost.,  essi  dovevano  continuare  ad essere
 trattati.... A parita' di funzioni non  si  sarebbe  potuto  operare,
 senza  una  lesione  del  principio  di uguaglianza e di quello della
 giusta retribuzione, una  discriminazione  per  docenti  universitari
 quanto allo sviluppo del trattamento economico". Il d.P.R. n. 382 del
 1980 ha, invece, ingiustificatamente scelto, come unico  criterio  di
 diversificazione, quello meramente temporale e cioe' il gia' avvenuto
 riconoscimento della classe finale, e cio' in attuazione ai  principi
 della  legge di delegazione n. 28 del 1980 che invece sarebbero stati
 superati  dalla  legge  n.  312   del   1980,   entrata   in   vigore
 successivamente.
    2. - Analoghe questioni sono sollevate con ordinanza del Consiglio
 di Stato (reg. ord. n. 724 del 1986) che, oltre agli artt.  3  e  36,
 assume  come parametro di riferimento anche l'art. 97 Cost., rispetto
 ai quali si sostiene che sarebbero in contrasto  non  solo  le  norme
 denunciate  con  l'altra  ordinanza  (e cioe' l'art. 36 del d.P.R. 11
 luglio 1980 n. 382 nonche' l'art. 11- ter del D.L. 6 giugno 1981,  n.
 283,  convertito  nella  legge  6 agosto 1981 n. 432) ma anche quelle
 successive e cioe' l'art. 1 della l. 22 gennaio 1982 n. 6 e l'art.  1
 del  D.L.  27 ottobre 1982 n. 681, convertito nella legge 20 novembre
 del  1982,  n.   869,   che   si   sono   discostate   dal   criterio
 dell'equiparazione.
    Si  sostiene  dal  giudice  a quo che le questioni di legittimita'
 costituzionale non  sarebbero  manifestamente  infondate,  alla  luce
 delle considerazioni svolte nella sentenza di questa Corte n. 219 del
 1975, "in ordine alla lunga tradizione legislativa  di  equiparazione
 (per  quanto  concerne  il  tetto  retributivo)  delle  categorie dei
 professori universitari  di  ruolo  e  dei  dirigenti  generali.  Ne'
 l'abbandono  di  tale  criterio  sarebbe giustificato dal superamento
 delle premesse che avevano  determinato  il  precedente  giudizio  di
 valore  (possibilita'  questa  esplicitamente  ammessa  nella  citata
 sentenza della Corte), che' anzi l'equiparazione risulta  sancita  da
 ultimo nella legge 11 luglio 1980 n. 312 (art. 72, secondo comma)".
   3.  -  Con altra ordinanza (reg. ord. n. 537 del 1985) il Tribunale
 amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna ha sollevato  questioni
 di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli artt. 3 e 76
 Cost., dell'ottavo comma dell'art. 36 del d.P.R. 11  luglio  1980  n.
 382  nonche' degli artt. 11 e 11- ter del D.L. 6 giugno 1981, n. 283,
 convertito nella legge 6 agosto 1981, n. 432 e  dell'art.  1,  ultimo
 comma,  del D.L. 27 settembre 1982, n. 681, convertito nella legge 20
 novembre 1982, n. 869.
    Per  quel  che  concerne  le  questioni  sollevate  in riferimento
 all'art. 3 Cost., vengono formulate considerazioni analoghe a  quelle
 gia'  contenute nelle altre due ordinanze di rimessione in precedenza
 illustrate, ribadendosi che le  norme  denunciate  si  discostano  da
 quella  sostanziale  parita'  giuridica  per  decenni  mantenuta  dal
 legislatore fra dirigenti amministrativi e professori universitari  e
 consistente  in  una  identica  potenzialita' di sviluppo di carriera
 sfociante nel medesimo tetto retributivo.  Difatti  si  sostiene  che
 gia' con la normativa delegata di cui al d.P.R. n. 382 del 1980 erano
 state alterate le caratteristiche e le modalita' della corrispondenza
 fra due categorie di dipendenti pubblici (cui aveva fatto riferimento
 questa Corte con la sentenza n. 219 del 1975) differenziando, in modo
 del  tutto irrazionale, il trattamento economico a seconda della data
 del conseguimento  dell'ultima  classe  di  stipendio  ed  escludendo
 l'equiparazione  per i docenti che alla data di entrata in vigore del
 decreto delegato non avessero ancora  raggiunto  l'ultima  classe  di
 stipendio.  Le successive normative denunciate (legge n. 432 del 1981
 e legge n. 869 del 1982) avrebbero aggravato la lamentata  disparita'
 perche'  il terzo comma dell'art. 11- ter della legge n. 432 del 1981
 ha cristallizzato l'assegno ad personam nella misura  spettante  alla
 data   del   1›   novembre   1981   e  ne  ha  disposto  il  graduale
 riassorbimento; e cosi' "l'ultimo comma dell'art. 1  della  legge  n.
 869 del 1982, che ha preteso di attribuire ai docenti universitari, a
 decorrere dal 1› gennaio 1983 e con le proporzioni  all'art.  36  del
 d.P.R.  n.  382  del  1980,  l'aumento  di cui al secondo comma dello
 stesso articolo".
    Per  quanto  riguarda,  poi, le questioni sollevate in riferimento
 all'art. 76 Cost., si sostiene che  dall'art.  12,  lett.  o),  della
 legge  di  delega  n.  28  del  1980 si ricaverebbe "l'obbligo per il
 legislatore delegato di mantenere l'equiparazione della  retribuzione
 della  particolare  categoria  di  professori universitari all'ultima
 classe  a  quella  dei  dirigenti  statali  di   livello   A,   senza
 discriminazione,  quindi, tra professori a tempo pieno e professori a
 tempo definito".  Il  diverso  trattamento  operato  dal  legislatore
 delegato nei confronti dei docenti a tempo definito, distinguendo tra
 stipendio ed  assegno  ad  personam,  avrebbe  percio'  ingiustamente
 esorbitato dai principi della delega, cosi' violando l'art. 76 Cost..
    4. - Puo' essere preliminarmente disposta la riunione dei giudizi,
 in quanto le tre ordinanze sollevano questioni in parte identiche  ed
 in parte comunque connesse.
    Da quanto esposto in precedenza risulta che tali questioni vengono
 sollevate   per   ottenere   la   dichiarazione   di   illegittimita'
 costituzionale  delle  norme  che  disciplinano  il nuovo trattamento
 economico  dei  professori  universitari,  cosi'  da  consentire:  a)
 l'equiparazione,  ai  dirigenti  generali  di  livello A dello Stato,
 anche dei professori universitari  che  al  momento  dell'entrata  in
 vigore della nuova disciplina non avevano ancora raggiunto il massimo
 tetto retributivo e quindi non  godevano  ancora  di  tale  beneficio
 (ordinanze  di  rinvio  n.  1341  del 1984 e n.  724 del 1986); b) il
 mantenimento  della  equiparazione  per  quei  professori  che   gia'
 l'avessero  conseguita  al momento dell'entrata in vigore della nuova
 disciplina, ma che, avendo optato per il regime del  tempo  definito,
 si erano visti trasformare, dall'ottavo comma dell'art. 36 del d.P.R.
 n. 382 del 1980,  la  differenza  della  misura  dello  stipendio  in
 assegno ad personam riassorbibile (ord. di rinvio n. 537 del 1985).
    5.  - Tutte le ordinanze di rimessione, riguardino l'una o l'altra
 delle situazioni teste' indicate,  prospettano  in  primo  luogo  una
 questione  di  carattere  generale  che  sembra investire, come si e'
 visto, l'intera disciplina introdotta dall'art. 36 del d.P.R. n.  382
 del  1980  -  cui si collegano varie norme succedutesi nel tempo, nel
 presupposto di tale disciplina -  nell'assunto  che  detto  complesso
 normativo si sarebbe discostato dalla lunga tradizione legislativa di
 equiparazione  dei  professori  universitari  ai  dirigenti  statali,
 ponendosi cosi' in contrasto con i principi affermati da questa Corte
 con la sentenza n. 219 del 1975.
    Le  questioni sollevate in tali termini, in riferimento all'art. 3
 Cost., da tutte e tre le ordinanze di rinvio, all'art. 36  Cost.,  da
 due  di  esse (ord. n. 1341 del 1984 e n. 724 del 1986) e all'art. 97
 Cost., da una sola (ord. n. 724 del 1986), non sono fondate.
    In  proposito devesi precisare che dalla sentenza n. 219 del 1975,
 piu' volte richiamata, non  si  desume  affatto  il  principio  della
 assoluta  immutabilita'  nel  tempo della situazione di equiparazione
 fra le due categorie di dipendenti pubblici, perche',  al  contrario,
 in  tale  sentenza  la Corte affermo' che fosse "innegabile che resti
 nella  discrezionalita'   del   legislatore   il   differenziare   il
 trattamento economico di categorie prima egualmente retribuite, senza
 per  questo  incorrere  in  violazione  dei  precetti  costituzionali
 dell'artt.  3  e 36", precisando pero' che non potesse farsi luogo ad
 un mutamento  del  criterio  della  equiparazione  gia'  seguito  dal
 legislatore  "senza che cio' fosse giustificato dal superamento delle
 premesse che avevano determinato il precedente  cennato  giudizio  di
 valore".
    In   altri   termini   non   si   escluse   che   il  limite  alla
 discrezionalita' della legge e cioe' il "giudizio di valore  espresso
 dal  legislatore  ex  suo more, in termini di equivalenza, fra le due
 categorie pur strutturalmente diverse dei docenti  e  dei  dirigenti"
 potesse  essere superato dal legislatore medesimo sulla base di nuove
 valutazioni collegate al mutamento delle situazioni da regolare.
    Orbene, questo nuovo giudizio di valore e' appunto intervenuto sia
 in sede di approvazione della legge  n.28  del  1980,  di  delega  al
 Governo per il riordinamento della docenza universitaria, che in sede
 di emanazione del d.P.R. n. 382 del 1980 attuativo della  delega,  in
 quanto  con  tali  interventi  normativi  si  e' operata una completa
 trasformazione del precedente assetto dei ruoli dei docenti  con  una
 disciplina  innovativa che ha riguardato: la struttura dei ruoli, che
 sono stati articolati in due fasce; la loro consistenza numerica, che
 e'   stata  notevolmente  ampliata;  la  ridefinizione  dei  compiti;
 l'istituzione di un duplice regime di impegno, come quello del  tempo
 pieno  e  del  tempo definito, nonche' altre numerose innovazioni che
 hanno dato  luogo  ad  un  ordinamento  della  docenza  universitaria
 completamente diverso.
    Si e' percio' verificato, per effetto delle trasformazioni operate
 dal legislatore a conclusione di un meditato confronto con  tutte  le
 categorie   interessate,   quel   "superamento  delle  premesse"  che
 giustifica pienamente - in base  alle  indicazioni  desumibili  dalla
 piu'  volte  citata  sentenza  -  un assetto retributivo a regime dei
 professori universitari ormai del tutto autonomo e  diversificato  da
 quello dei dirigenti dello Stato, il che, proprio perche' sono mutate
 le premesse, esclude l'asserito contrasto delle norme denunciate  con
 gli artt. 3, 36 e 97 Cost..
    Ne'  puo' seguirsi la tesi sostenuta dai giudici rimettenti, per i
 quali la prova che non  sarebbe  intervenuto  il  mutamento  di  quel
 giudizio   di   valore   che   aveva   ispirato   il  criterio  della
 equiparazione,  starebbe  nel  fatto  che  il   legislatore   avrebbe
 addirittura ribadito tale criterio nell'art. 72, secondo comma, della
 legge 11 luglio 1980, n. 312, (entrata in vigore successivamente  sia
 alla legge di delega del 1980 n. 28 che al provvedimento delegato del
 1980 n. 382), il quale dispone che "la classe finale di stipendio dei
 professori  universitari  di ruolo, che si consegue al compimento del
 16› anno di servizio da  intendersi  comprensivo  del  riconoscimento
 spettante  per  i  servizi pre-ruolo ai sensi delle norme vigenti, e'
 integrata fino a conseguire l'equiparazione economica allo  stipendio
 del dirigente generale di livello A dello Stato...".
    In  proposito  devesi  rilevare  che  la  disposizione  citata  e'
 contenuta in  un  provvedimento  legislativo  concernente  il  "nuovo
 assetto  retributivo funzionale del personale civile e militare dello
 Stato",  approvato  fra  l'altro  dalle  Camere  prima  ancora  della
 emanazione del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, cioe' del provvedimento
 attuativo della delega concernente  il  riordinamento  della  docenza
 universitaria.
    Non si e' dunque in presenza di una disposizione enunciativa di un
 diritto   generalizzato   all'equiparazione,   riguardante   l'intera
 categoria  dei  professori  universitari,  bensi' di una disposizione
 avente, come risulta dalla sua stessa formulazione, solo lo scopo  di
 determinare  -  nel presupposto della spettanza di quel diritto - sia
 le modalita' di computo dei 16 anni di servizio,  sia  il  meccanismo
 integrativo per realizzare in concreto tale equiparazione.
    Nessun  significato  sul  piano  sostanziale,  in un senso opposto
 rispetto  alla  svolta  operata  in  sede  di   legge-delega   e   di
 provvedimento   delegato   per   il   riordinamento   della   docenza
 universitaria, puo' dunque attribuirsi alla disposizione  per  ultimo
 richiamata,  essendo essa una norma "neutra" dal punto di vista della
 spettanza del  diritto  alla  equiparazione  e  destinata  quindi  ad
 operare  solo  nei  confronti  di coloro cui, in base ad altre norme,
 quel diritto fosse stato riconosciuto.
    6.  -  Non  fondate  sono  parimenti  le questioni di legittimita'
 costituzionale che investono in  particolare  l'art.  12,  lett.  o),
 della legge di delega n. 28 del 1980 (ordinanza di rinvio n. 1341 del
 1984) e l'art. 36, settimo ed ottavo comma, del  d.P.R.  n.  382  del
 1980 (ordinanze di rinvio n. 1341 del 1984 e n. 724 del 1986), di cui
 si sostiene il contrasto con gli stessi parametri costituzionali gia'
 indicati  (artt.  3,  36  e  97  Cost.),  nell'assunto che tali norme
 avrebbero operato una ingiustificata discriminazione,  prevedendo  il
 diritto   alla   equiparazione  economica  con  la  retribuzione  del
 dirigente generale di livello A dello Stato  solo  per  i  professori
 universitari che avessero gia' raggiunto l'ultima classe di stipendio
 alla  data  del  nuovo  inquadramento  giuridico  ed  escludendo  dal
 diritto, in base ad un dato meramente temporale, i professori che non
 avessero a tale data ancora compiuto  i  16  anni  di  servizio,  pur
 avendo  essi, in base alla precedente disciplina, la potenzialita' di
 raggiungere  nel  corso   ulteriore   della   carriera   tale   tetto
 retributivo.
    In  proposito,  la  Corte  non  ritiene  di potersi discostare dal
 principio, costantemente affermato, secondo cui  il  trascorrere  del
 tempo   ed   il  connesso  fenomeno  della  successione  delle  leggi
 costituisce motivo ragionevole di differenziazione normativa (v. ord.
 n.  322  del 1987, sent. n. 171 e n. 159 del 1987), il che esclude la
 fondatezza delle questioni, sollevate per asserito contrasto  con  il
 principio  di  uguaglianza  (art.  3 Cost.), con quello della parita'
 retributiva (art. 36 Cost.) e con quello di  imparzialita'  (art.  97
 Cost.).
    7.  -  Diversa  considerazione merita la questione di legittimita'
 costituzionale  riguardante   in   particolare   la   seconda   parte
 dell'ottavo  comma,  dell'art.  36  del  d.P.R.  n. 382 del 1980, cui
 conseguirebbe, per derivazione, quella relativa alle norme successive
 che di tale disposizione hanno costituito il naturale sviluppo (artt.
 11 e, 11- ter del D.L. 6 giugno 1981, n. 283, convertito nella  legge
 6  agosto 1981, n. 432, e art. 1, ultimo comma, del D.L. 27 settembre
 1982, n. 681, covertito  nella  legge  20  novembre  1982,  n.  869),
 sollevata  (ord.  n. 537 del 1985), in riferimento all'art. 76 Cost.,
 nell'assunto che la norma avrebbe ecceduto dalla  delega,  in  quanto
 dall'art.  12,  lett.  o),  della  legge  di delega n. 28 del 1980 si
 ricaverebbe   l'obbligo   per   il    legislatore    "di    mantenere
 l'equiparazione  della  retribuzione  della  particolare categoria di
 professori universitari all'ultima classe  ai  dirigenti  statali  di
 livello  A,  senza  una discriminazione quindi tra professori a tempo
 pieno e professori a tempo definito". Invece l'art. 36 citato, ottavo
 comma,    dopo   aver   disposto   la   conservazione   del   diritto
 all'equiparazione per i professori che, alla data  dell'inquadramento
 giuridico   nel   ruolo,  gia'  godevano  del  trattamento  economico
 corrispondente alla classe finale di stipendio, ha previsto, per  chi
 opti per il regime di impiego a tempo definito, che la differenza tra
 la  misura  dello  stipendio  in  godimento  e  quello  spettante  in
 applicazione  del  regime  ordinario  venga  conservata  "a titolo di
 assegno ad personam pensionabile e riassorbibile con i  miglioramenti
 economici e di carriera".
    Sembra  utile  al  riguardo  rilevare che l'art. 12 lett. o) della
 legge n. 28 del 1980,  dopo  avere  conferito  delega  al  Governo  a
 rivedere   il   trattamento   economico  dei  professori  ordinari  e
 straordinari secondo i criteri e le  direttive  ivi  indicate,  aveva
 espressamente   previsto   che   fosse   stabilita,   "in   relazione
 all'introduzione del regime differenziato del rapporto di servizio  a
 tempo  pieno  e  a  tempo  definito,  una  disciplina di attuazione e
 transitoria per il mantenimento del trattamento economico dell'ultima
 classe  di  stipendio  da  parte  dei  professori universitari che ne
 usufruiscono alla data di entrata in vigore delle norme delegate".
    Da quanto precede risulta dunque che, in sede di delega, era stato
 espressamente previsto che la disciplina di attuazione, ai fini della
 conservazione  del  diritto  alla  equiparazione, dovesse tener conto
 della differenziazione determinata dalla  diversita'  del  regime  di
 impegno di servizio prescelto.
    Non  puo'  percio'  essere  condiviso  l'assunto  secondo  cui  la
 conservazione del  diritto  alla  equiparazione  avrebbe  imposto  al
 legislatore  delegato  di  usare  il  medesimo  trattamento per tutti
 coloro che avessero gia' acquisito quel diritto, qualunque  fosse  il
 loro regime di servizio.
    Appare invece pienamente giustificato, in quella linea di tendenza
 del legislatore volta a privilegiare sempre piu' la scelta del  tempo
 pieno  (v.  sul  punto  la  sentenza  n.  376  del 1988) come la piu'
 confacente alle esigenze della vita accademica, che la  conservazione
 del  trattamento economico gia' conseguito sia stata attuata, in caso
 di opzione per il regime di impiego a  tempo  definito,  mediante  la
 previsione  di  un  assegno ad personam riassorbibile, essendo questo
 uno dei meccanismi solitamente ritenuti sufficienti per realizzare il
 mantenimento  delle posizioni economiche acquisite e di avere invece,
 in caso di opzione per il tempo pieno, previsto anche l'agganciamento
 alla  dinamica del trattamento economico cui si era stati equiparati,
 che e' qualcosa di piu'.
    Ne'  al  riguardo potrebbe sostenersi che in tal modo il diritto a
 conservare la parita' con il tetto retributivo dei dirigenti verrebbe
 ad  essere  vanificato nella evoluzione successiva, cristallizzandosi
 tale equiparazione al momento in cui  avvenga  la  scelta  del  tempo
 definito, con la conseguenza che, ove il docente dovesse in prosieguo
 optare per il tempo pieno, rimarrebbe definitivamente sganciato dalla
 dinamica  del trattamento economico del dirigente generale di livello
 A, venendo cosi' a godere di un trattamento deteriore, a  parita'  di
 regime,   rispetto   a   chi   abbia  fin  dal  primo  momento  fatta
 quell'opzione. Osserva al riguardo la Corte  che  una  evenienza  del
 genere  e'  esclusa  dalla  interpretazione  della  norma  denunciata
 conforme  alla  ratio  cui  essa  si  ispira  e  che  e'  quella   di
 diversificare le modalita' di equiparazione, in senso piu' favorevole
 per coloro che scelgano il tempo pieno.
    Una volta collocata in questa ottica l'interpretazione della norma
 denunciata,  appare  evidente  che   colui   il   quale   alla   data
 dell'inquadramento  giuridico  nel  ruolo gia' godeva del trattamento
 economico corrispondente alla classe  finale  di  stipendio,  scelga,
 dopo  un  periodo  di  impegno  a  tempo  definito  (che  prevede  la
 trasformazione   della   differenza    nell'assegno    ad    personam
 riassorbibile), il regime del tempo pieno, acquista (o riacquista) il
 diritto    alla    equiparazione    completa,    comprensiva    cioe'
 dell'agganciamento   alla   dinamica  del  trattamento  economico  di
 riferimento, alla pari  di  tutti  gli  altri  docenti  che  prestino
 servizio in tale regime.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale
 degli artt. 36, del d.P.R. 11 luglio  1980,  n.  382  ("Riordinamento
 della  docenza  universitaria,  relativa fascia di formazione nonche'
 sperimentazione organizzativa e didattica"), 11 e 11- ter del D.L.  6
 giugno  1981,  n.  283  convertito,  con modificazioni, nella legge 6
 agosto  1981,  n.  432  ("Copertura  finanziaria  dei   decreti   del
 Presidente  della Repubblica di attuazione degli accordi contrattuali
 triennali,   relativi   al   personale   civile   dei   ministeri   e
 dell'Amministrazione   autonoma   dei   monopoli  di  Stato,  nonche'
 concessione di miglioramenti economici al personale civile e militare
 escluso  dalla  contrattazione"),  12, lett. o), e 4, lett. c), della
 legge  21  febbraio  1980,  n.  28  ("Delega  al   Governo   per   il
 riordinamento  della  docenza  universitaria  e  relativa  fascia  di
 formazione, e per la sperimentazione organizzativa e  didattica"),  1
 della  legge  22  gennaio 1982, n. 6 ("Proroga fino al 30 giugno 1982
 del trattamento economico  provvisorio  per  il  personale  dirigente
 civile  e  militare  dello Stato e per quello collegato, previsto dal
 D.L. 6 giugno 1981, n.  283,  convertito,  con  modificazioni,  nella
 legge 6 agosto 1981, n. 432") e 1 del D.L. 27 settembre 1982, n. 681,
 convertito, con modificazioni, nella legge 20 novembre 1982,  n.  869
 ("Adeguamento  provvisorio  del  trattamento  economico dei dirigenti
 delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento  autonomo,  e
 del  personale  ad  essi  collegato"), sollevate, in riferimento agli
 artt. 3, 36 e 97 Cost., con le ordinanze indicate in  epigrafe  (R.O.
 n. 1341 del 1984, n. 537 del 1985 e n. 724 del 1986);
    Dichiara  non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  le
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 36, ottavo  comma,
 del  d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382 ("Riordinamento della docenza
 universitaria, relativa fascia di formazione nonche'  sperimentazione
 organizzativa  e  didattica"),  degli  artt. 11 e 11- ter, del D.L. 6
 giugno 1981, n. 283, convertito, con  modificazioni,  nella  legge  6
 agosto   1981,  n.  432,  ("Copertura  finanziaria  dei  decreti  del
 Presidente della Repubblica di attuazione degli accordi  contrattuali
 triennali    relativi   al   personale   civile   dei   Ministeri   e
 dell'Amministrazione  autonoma  dei  monopoli   di   Stato,   nonche'
 concessione di miglioramenti economici al personale civile e militare
 escluso dalla contrattazione") e dell'art. 1, ultimo comma, del  D.L.
 27 settembre 1982, n. 681, convertito, con modificazioni, nella legge
 20 novembre 1982, n. 869 ("Adeguamento  provvisorio  del  trattamento
 economico  dei  dirigenti delle Amministrazioni dello Stato, anche ad
 ordinamento autonomo, e del personale ad essi collegato"), sollevate,
 in  riferimento  all'art.  76  Cost.,  dal  Tribunale  amministrativo
 regionale per l'Emilia-Romagna con ordinanza  del  25  febbraio  1985
 (R.O. n. 537 del 1985).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta il 26 ottobre 1988.
                           Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CAIANIELLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 88C1718