N. 1021 SENTENZA 26 ottobre - 9 novembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Previdenza e assistenza - Prescrizione del diritto alla
 corresponsione del trattamento di malattia - Effetto interruttivo
 subordinato alla notifica del ricorso e del decreto  pretorile di
 fissazione dell'udienza - Trattamento deteriore rispetto al creditore
 comune procedente alla notifica dell'atto introduttivo del giudizio
 senza alcun indugio causato da attivita' altrui - Specialita' del
 rito del lavoro - Non fondatezza.  (Legge 11 gennaio 1943, n. 138,
 art. 6, ultimo comma).  (Cost., artt. 3 e 38)
(GU n.46 del 16-11-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  6, ultimo
 comma, della legge 11 gennaio 1943, n.  138  (Costituzione  dell'Ente
 "Mutualita'  fascista  -  Istituto  dell'assistenza  di  malattia  ai
 lavoratori"), promosso con ordinanza emessa  il  4  maggio  1987  dal
 Tribunale   di  La  Spezia,  nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Bevilacqua Camillo e I.N.A.I.L. ed altro,  iscritta  al  n.  411  del
 registro  ordinanze  1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1987;
    Visti  gli  atti  di  costituzione dell'I.N.A.I.L. e dell'I.N.P.S.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  settembre  1988 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Udito  l'avv.  Enrico  Ruffini per l'I.N.A.I.L. e l'Avvocato dello
 Stato Emilio Lecca per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso del procedimento di appello avverso la sentenza,
 con la quale il Pretore di La Spezia aveva  respinto  la  domanda  di
 Bevilacqua  Camillo,  nei  confronti dell'I.N.A.I.L. e dell'I.N.P.S.,
 per la corresponsione del trattamento di malattia di cui  alla  legge
 11  gennaio  1943, n. 138, ritenendo prescritto il relativo diritto a
 causa dell'inutile decorso del termine di un anno, di cui all'art. 6,
 ultimo  comma,  di  tale  legge,  l'adito  Tribunale  di La Spezia ha
 sollevato, in riferimento agli artt.  3  e  38  Cost.,  questione  di
 legittimita' costituzionale della teste' citata norma.
    Ha,  in  particolare, osservato che, trattandosi, nella specie, di
 un'azione da promuovere nelle forme del rito del lavoro e percio' con
 ricorso  e  non  con  citazione; conseguendosi l'effetto interruttivo
 soltanto con la notifica del ricorso stesso e del pedissequo  decreto
 pretorile    di    fissazione    dell'udienza;   dovendosi,   quindi,
 necessariamente  attendere,  prima  di  poter  determinare  l'effetto
 interruttivo  della  prescrizione,  che il Pretore abbia emanato tale
 decreto; la situazione  normativa  cosi'  determinata  creerebbe  una
 disparita'   di   trattamento  tra  il  creditore  della  prestazione
 previdenziale e gli altri creditori, cui e',  invece,  consentito  di
 procedere  alla  notifica  dell'atto  introduttivo del giudizio senza
 alcun indugio  causato  da  attivita'  altrui:  donde  la  violazione
 dell'art. 3 Cost.
    L'ordinanza,  poi,  omette  di  esplicitare  le  ragioni  del  pur
 lamentato contrasto della norma censurata con l'art. 38 Cost.
    L'ordinanza  stessa, ritualmente notificata e comunicata, e' stata
 altresi' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    2.  -  Nel  susseguente  giudizio  davanti  a questa Corte si sono
 costituiti l'I.N.A.I.L. e l'I.N.P.S. ed e' intervenuto il  Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  per  il tramite dell'Avvocatura dello
 Stato.
    Quest'ultima  ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' della
 questione osservando che la norma censurata si limita  a  fissare  la
 durata  del  termine prescrizionale, mentre la presunta disparita' di
 trattamento  potrebbe,  in  astratto,   ricollegarsi   non   a   tale
 disposizione,  bensi'  alla diversa struttura del processo del lavoro
 rispetto a quello ordinario  (essendo,  solo  nel  primo,  necessario
 attendere,  per la notificazione dell'atto introduttivo, la pronunzia
 del decreto pretorile di fissazione dell'udienza) o anche alla  norma
 che  fa  dipendere  l'effetto  interruttivo  della  prescrizione  dal
 compimento di atti ricettizi. Altre - e non identificate dal  giudice
 a  quo  -  sarebbero  state, quindi, le norme da censurare come causa
 della  disparita'  di  trattamento,  nei  termini  in  cui  e'  stata
 lamentata,  non,  invece,  l'art. 6 della legge n. 138 del 1943, che,
 per il ricordato contenuto, non incide sul  tema  della  interruzione
 della prescrizione, coinvolto da siffatta censura.
    Ad  avviso  della  stessa  Avvocatura,  la  questione  e', poi, da
 ritenere  manifestamente  infondata  perche'   neanche   la   diversa
 struttura  dei  suddetti  procedimenti  puo'  esporre  a  pericolo il
 diritto del creditore di prestazioni previdenziali rispetto a  quello
 del  creditore di altre prestazioni, quanto al decorso dei rispettivi
 termini  prescrizionali  ed  alla  possibilita'  di   procurarne   la
 tempestiva  interruzione.  Questa, invero, puo' essere conseguita non
 solo attraverso la domanda giudiziale, ma anche, ai  sensi  dell'art.
 2943   cod.   civ.,   attraverso   atti  stragiudiziali  idonei  alla
 costituzione in mora,  che,  anche  in  materia  previdenziale,  sono
 utilmente sperimentabili dal creditore diligente e timoroso del fatto
 che lo spatium deliberandi concesso  al  giudice  competente  per  la
 pronunzia   del  decreto  suddetto  si  risolva  in  una  sostanziale
 abbreviazione del termine di prescrizione del diritto fatto valere.
    Considerazioni  non dissimili svolge anche la difesa dell'I.N.P.S.
 osservando altresi' che tale spatium deliberandi e', per legge  (art.
 415,  secondo  comma),  di  minima  entita',  cosi'  da  non incidere
 significativamente sulla durata  del  termine  in  questione,  senza,
 peraltro,   che   possano   rilevare,   ai   fini   del  giudizio  di
 costituzionalita', evenienze patologiche, come il  colpevole  ritardo
 del  giudice  nel  rendere  il  provvedimento nei tempi imposti dalla
 legge medesima.
    Assunta,  quindi,  in  astratto,  la sicura congruita' del termine
 prescrizionale  di  cui  alla  norma   censurata,   che   non   rende
 eccessivamente  difficoltoso l'esercizio del diritto, tutto si riduce
 ad un mero problema di diligente comportamento del creditore, cui non
 difettano   strumenti   idonei  per  conseguire  il  risultato  della
 tempestivita' di tale esercizio.
    La   difesa   dell'I.N.A.I.L.  si  e'  limitata  ad  una  generica
 contestazione della fondatezza della questione.
                         Considerato in diritto
    1.   -  Il  Tribunale  di  La  Spezia  dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 6, ultimo  comma,  della  legge  11  gennaio
 1943,  n.  138,  che  fissa in un anno il termine di prescrizione del
 diritto alle prestazioni di malattia  ivi  previste,  in  riferimento
 agli  artt.  3  e 38 Cost., rilevando che, dovendosi procedere con il
 rito  del  lavoro,   l'effetto   interruttivo   della   prescrizione,
 conseguente  alla notificazione della domanda giudiziale, si verifica
 solo a seguito della notifica del ricorso  e  pedissequo  decreto  di
 fissazione  dell'udienza,  emesso  precedentemente  dal  giudice  del
 lavoro adito, sicche' il trattamento del creditore delle  prestazioni
 di  cui  alla  norma denunciata risulta ingiustificatamente diverso e
 deteriore rispetto a quello di altri creditori, i quali,  avvalendosi
 del rito ordinario, notificano l'atto introduttivo del giudizio senza
 la perdita del tempo richiesta dalla interferenza del giudice.
    2.  -  E'  preliminare  l'esame dell'eccezione di inammissibilita'
 sollevata dall'Avvocatura dello Stato, in  base  al  rilievo  che  la
 lamentata  disparita'  di  trattamento  non  deriverebbe  dalla norma
 denunciata che fissa la durata del termine prescrizionale,  ma  dalle
 norme  che  regolano  il  rito  del  lavoro (artt. 414 e 415 c.p.c) e
 dettano le modalita' della introduzione  del  giudizio  (proposizione
 della domanda con ricorso; suo deposito nella cancelleria del giudice
 competente; fissazione,  da  parte  del  giudice,  della  udienza  di
 discussione con decreto da emettersi entro cinque giorni dal deposito
 del ricorso; notifica, a cura dell'attore, del ricorso  e  pedissequo
 decreto  al  convenuto  entro  10  gg.  dalla  data  di pronuncia del
 decreto).
    L'eccezione non puo' essere accolta.
    La denunciata illegittimita' costituzionale, pur avente ad oggetto
 l'art. 6,  ultimo  comma  della  legge  n.  138  del  1943,  concerne
 ovviamente  le  citate  norme del rito del lavoro, le quali sarebbero
 coinvolte    nell'eventuale    declaratoria     di     illegittimita'
 costituzionale se la questione proposta risultasse fondata.
    3. - Ma la questione non e' fondata.
    Anzitutto,  le  caratteristiche  strutturali  e procedimentali che
 distinguono il rito ordinario dal rito del lavoro sono  tali  da  non
 consentire  raffronti  nei  quali sia ragionevole assumere l'uno come
 modello di perfezione cui l'altro, pena la  incostituzionalita',  sia
 tenuto ad adeguarsi, o viceversa (sent. n. 65 del 1980).
    Inoltre, le modalita' e i tempi della procedura speciale, comuni a
 tutti i giudizi che si introducono con  ricorso,  hanno,  per  quanto
 riguarda   la   fattispecie,   una   modesta  incidenza  sul  termine
 prescrizionale dell'azione per conseguire le prestazioni assicurative
 di  cui  alla  norma  in esame (appena 5 gg. nel massimo), sicche' il
 termine non si riduce sino al punto di importare  la  violazione  dei
 diritti di difesa del creditore.
    La giurisprudenza di questa Corte e' nel senso che la incongruita'
 del termine di prescrizione puo' ammettersi, ed  e'  rilevante,  solo
 quando   esso  sia  di  durata  tale  da  non  rendere  effettiva  la
 possibilita'  di  esercizio  del  diritto  cui  si  riferisce  e   di
 conseguenza  appaia  inoperante  la tutela del diritto (cfr. sent. n.
 110 del 1982).
    Infine,  ed  e' quello che maggiormente rileva, nella fattispecie,
 il  diritto  del  creditore  risulta  sufficientemente  garantito   e
 protetto,  in  quanto l'atto introduttivo del giudizio non e' il solo
 mezzo previsto dall'ordinamento per l'interruzione della prescrizione
 prevista dalla norma denunciata, ma ve ne sono altri, anche di natura
 extragiudiziale, che il creditore puo' agevolmente  utilizzare  (art.
 2943, ultimo comma, cod. civ.).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6, ultimo comma,  della  legge  11  gennaio  1943,  n.  138
 (Costituzione    dell'Ente    "Mutualita'    fascista    -   Istituto
 dell'assistenza  di   malattia   ai   lavoratori"),   sollevata,   in
 riferimento  agli  artt. 3 e 38 Cost., dal Tribunale di La Spezia con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 ottobre 1988.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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