N. 1028 ORDINANZA 26 ottobre - 9 novembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Locazione - Immobili urbani per uso abitativo - Ipotesi di legittimo
 recesso del locatore dal contratto - Limitazioni Situazione di
 privilegio del conduttore - Ingiustificata compressione del diritto
 di proprieta' - Regime transitorio Repressione del ricorso abusivo al
 recesso - Richiamo alle sentenze della Corte nn. 32/1980, 281/1984,
 89/1984, 251/1983 e 48/1980 - Non fondatezza.  (Legge 27 luglio 1978,
 n. 392; legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59 e 60).  (Cost., artt.
 3, 10, 42 e 47)
(GU n.46 del 16-11-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI,
    prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale della legge 27 luglio
 1978,  n.  392  (Disciplina  delle  locazioni  di  immobili  urbani),
 promosso  con ordinanza emessa il 30 ottobre 1987 dal Pretore di Roma
 nel procedimento civile vertente tra Santoro Pietro e Savelli Teresa,
 iscritta  al  n.  78  del  registro ordinanze 1988 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  12,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1988;
    Visti  l'atto  di costituzione di Savelli Teresa nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  settembre  1988 il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel luglio 1985 Pietro Santoro promuoveva, davanti al Pretore
 di Roma, un giudizio diretto alla condanna di Teresa  Savelli  vedova
 Bresciani  al risarcimento del danno, oltre ad un equo indennizzo per
 le spese di trasloco, come  previsto  dall'art.  60  della  legge  27
 luglio 1978, n. 392, in quanto la Bresciani, ottenuta nel luglio 1983
 la disponibilita' di un immobile per uso abitativo locato all'attore,
 a  seguito dell'esercizio del recesso per necessita' ex art. 59 della
 legge n. 392 del 1978, non lo aveva poi utilizzato per soddisfare  la
 necessita'  dedotta.  La  Bresciani,  dal  canto suo, premesso che il
 giudizio relativo al recesso per necessita' era stato introdotto, nel
 settembre  1979,  dal  marito,  poi deceduto, eccepiva che nel luglio
 1983, entrata nel possesso  dell'immobile,  lo  aveva  restaurato  ed
 abitato  sino  a  quando,  per  motivi di salute, era andata a vivere
 presso parenti. Nel giudizio si costituiva,  a  norma  dell'art.  60,
 terzo  comma,  l. cit. - in relazione al fondo sociale - il Comune di
 Roma.
    Nel  corso  del giudizio, con ordinanza emessa il 30 ottobre 1987,
 il Pretore ha sollevato questione di legittimita' costituzionale,  in
 riferimento  agli artt. 3, 16, 42 e 47 Cost. ed all'art. 10 Cost., in
 relazione agli artt. 2, 7, 12, 13 e 16 della Dichiarazione universale
 dei  diritti  dell'uomo,  agli  artt.  8,  12  e 14 della Convenzione
 europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
 fondamentali  e  agli  artt.  48.1,  48.3c,  52,  53,  54.3f e 59 del
 Trattato istitutivo delle Comunita'  europee,  dell'intera  legge  27
 luglio  1978, n. 382 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani),
 "e comunque" degli artt. 59 e 60 della medesima legge.
    2. - Ad avviso dell'autorita' remittente la questione e' rilevante
 in quanto nel giudizio occorre fare applicazione dell'art.  59  della
 legge  n.  382  del  1978  che, in sede di disciplina transitoria dei
 contratti di locazione di immobili per  uso  abitativo,  consente  al
 locatore,  in  una  serie  di ipotesi, di recedere dal rapporto prima
 della scadenza legale come fissata dall'art.  58,  e  del  successivo
 art.  60,  in  base al quale il provvedimento che dispone il rilascio
 perde efficacia se l'immobile non viene adibito dal locatore  all'uso
 per  il  quale aveva agito nel termine di sei mesi dal momento in cui
 ne riacquista la disponibilita'.  Il  conduttore,  in  tal  caso,  ha
 diritto  al  ripristino  del  rapporto  ed al rimborso delle spese di
 trasloco e degli altri oneri  sostenuti  ovvero,  a  sua  scelta,  al
 risarcimento dei danni in misura non inferiore a 12 e non superiore a
 48 mensilita' del canone, oltre ad un equo indennizzo per le spese di
 trasloco,  in  ogni  caso  con  conseguente  condanna del locatore al
 pagamento di una somma da lire 500.000 e lire 2 milioni al Comune nel
 cui territorio si trova l'immobile, ad integrazione del fondo sociale
 per  l'integrazione  dei  canoni  per  i  conduttori  meno  abbienti,
 previsto dagli artt. 75 e seguenti della medesima legge.
    3.  - La normativa impugnata, ad avviso del giudice a quo, si pone
 innanzitutto in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto da'  vita  ad
 una situazione di disparita' tra proprietari di appartamenti locati e
 conduttori; questi ultimi ricevono una tutela  che,  creando  a  loro
 favore una situazione di pesante privilegio, lede la dignita' sociale
 dei locatori.
    La  disciplina  transitoria della legge n. 392 del 1978 e' poi, in
 linea generale, discutibile in quanto e' intervenuta su  rapporti  in
 corso  ovvero  prossimi  alla cessazione, operando la "sospensione di
 alcuni diritti costituzionalmente protetti", se non un  esproprio  di
 fatto del bene casa a carico dei proprietari-locatori.
    4. - Le norme contenute negli artt. 59 e 60 della legge n. 392 del
 1978 sono poi, secondo l'autorita' remittente, in contrasto  con  gli
 artt. 42 e 47 Cost.
    La  limitazione,  operata dall'art. 59, delle ipotesi di legittimo
 recesso comprime il diritto di  proprieta'  senza  alcuna  plausibile
 giustificazione  ed  oltre  i  limiti  consentiti dalla Costituzione,
 limiti ammessi dall'art. 42 "al solo scopo di assicurarne la funzione
 sociale e di renderla accessibile a tutti".
    Il  sistema predisposto dagli artt. 59 e 60 della legge n. 392 del
 1978, opera una gravissima lesione del diritto  di  proprieta'  della
 casa,  oggetto  di specifica tutela nell'art. 47 Cost., che vuole che
 la Repubblica favorisca "l'accesso  al  risparmio  popolare  ed  alla
 proprieta' dell'abitazione".
    5.  -  Ad  avviso del giudice a quo l'art. 47 Cost. appare violato
 sotto un altro profilo dall'art. 60 della legge n. 392 del 1978.
    Le  norme  contenute  in  tale  articolo,  le  successive leggi di
 proroga, il blocco dei canoni e le lungaggini  nella  esecuzione  dei
 provvedimenti   di   rilascio,   infatti,   tutelando  il  "possesso"
 dell'abitazione, da parte del conduttore perpetuano una situazione di
 privilegio  che  non  incoraggia  l'accesso al risparmio popolare per
 conseguire la proprieta' dell'abitazione e  crea  una  situazione  di
 diseguaglianza e di ingiustizia.
    6.  - Le censure dell'autorita' remittente investono poi "l'intero
 disegno articolato  nella  legge  n.  392  del  1978"  in  quanto  il
 legislatore,  dopo  aver  "fallito"  nel suo compito di rimuovere gli
 ostacoli al pieno sviluppo della persona  umana  ed  alla  formazione
 della  famiglia, che "trova nella disponibilita' di una abitazione la
 propria sede", ha finito per imporre alla proprieta' privata  l'onere
 di realizzare tale obiettivo.
    Il  sistema  apprestato  dal  legislatore  con la legge denunciata
 appare "assolutamente squilibrato"; con la creazione di due categorie
 diseguali  di  cittadini,  esso  ha  determinato  la  grave crisi del
 mercato delle locazioni degli immobili per  uso  abitativo,  offrendo
 tutela, sotto il profilo della durata del rapporto e dell'entita' del
 canone, ai conduttori di immobili ed inducendo i  proprietari  a  non
 concedere  unita' immobiliari in locazione onde evitare di subire una
 sorta di espropriazione.
    Cio'  emerge  con  evidenza,  prosegue il giudice a quo, dal caso,
 sottoposto al suo esame, in cui il locatore attese quattro  anni  per
 ottenere la disponibilita' dell'immobile e, dopo altri due anni venne
 chiamato a rispondere ex art.  60;  in  un  periodo  cosi'  lungo  le
 situazioni  possono mutare: "nel caso di specie 'era morto' il marito
 della persona oggi convenuta nel giudizio"  ed  il  provvedimento  di
 rilascio finisce per non produrre apprezzabili effetti giuridici.
    6.1.  -  Rileva  il  giudice  a  quo che, a stretto rigore, la sua
 denuncia di incostituzionalita' a  questa  Corte  dovrebbe  investire
 "solamente  l'art. 60 - che' solo esso deve essere applicato nel caso
 di specie".
    Tuttavia,  dinanzi  alle  numerose  censure di incostituzionalita'
 rivolte a singole norme contenute nella legge n. 392 del 1978  ed  in
 previsione  di  altre  che,  verosimilmente, seguiranno, occorre - ad
 avviso  dell'autorita'  remittente,  individuare  "il  bandolo  della
 intricata   matassa   e   reciderlo   coraggiosamente   per  impedire
 l'ulteriore  diffondersi  di  un   cancro   sociale   cosi'   grave".
 L'obiettivo  di assicurare ai cittadini meno abbienti "una abitazione
 a basso costo e' stato perseguito imponendo  ad  altri  cittadini,  i
 proprietari  di  immobili  gia'  locati,  all'entrata in vigore della
 legge censurata, sacrifici e vincoli assolutamente spropositati e che
 hanno  il sapore di una vera e propria espropriazione punitiva"; tale
 carattere, secondo il giudice a quo, rivestono la  ulteriore  proroga
 dei rapporti locativi ed il blocco del canone su valori irreali.
    La  disparita'  di trattamento tra "occupanti degli appartamenti e
 proprietari della legge n. 392 del 1978 emerge dalle norme  contenute
 negli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 12, 23, 24, 58, 59, 60, 61, 62, 63.
    6.2.  -  L'illegittimita'  dell'intera  legge per l'ingiustificato
 privilegio accordato al conduttore e  la  disparita'  di  trattamento
 rispetto   al  locatore  emerge,  ancora,  ad  avviso  dell'autorita'
 remittente, dalle norme contenute negli artt. 38 e 39 che, in tema di
 locazione  di immobili per uso non abitativo, disciplinano il diritto
 di prelazione ed il diritto di riscatto riconosciuti al conduttore.
    Le  leggi  del  mercato  immobiliare,  di cui questa Corte, con la
 sentenza  n.  108  del  1986,  ha  mostrato  di   avere   documentata
 conoscenza,  consentono  al  conduttore  di  acquisire  la proprieta'
 dell'unita'  immobiliare  ad  un  prezzo  di   un   terzo   inferiore
 all'effettivo  valore  del  bene  (non  occupato),  con  una  pesante
 sanzione, disposta dall'art. 39, a carico del  proprietario  che  non
 consente l'esercizio del diritto di prelazione.
    7. - La legge n. 392 del 1978, secondo il giudice a quo, e' poi in
 contrasto  con  alcuni  princi'pi   enunciati   dalla   dichiarazione
 universale dei diritti dell'uomo approvata il 10 dicembre 1948.
    In  particolare, e' violato l'art. 2, in quanto la tutela dei meno
 abbienti, che ispira il testo normativo censurato, realizza una grave
 discriminazione  nei  confronti dei proprietari, cui viene imposto un
 carico assai pesante;
      tanto la legge n. 392 del 1978 che i successivi provvedimenti di
 graduazione  degli  sfratti,  di  sospensione  dell'esecuzione  e  di
 limitazioni alla concessione della forza pubblica, violano poi l'art.
 7, comportando un  "affievolimento"  della  tutela  che  deve  essere
 offerta parimente a tutti i cittadini;
      e', ancora, violato l'art. 12, perche' gli "ostacoli sostanziali
 e  procedurali  imposti  al  proprietario-locatore"  comportano   una
 arbitraria interferenza nella vita privata ed in quella familiare,che
 trovano nella casa il luogo per la loro esplicazione;
      sono violati gli artt. 13, che sancisce la liberta' di stabilire
 la propria residenza, e 16, che riconosce il diritto  a  fondare  una
 famiglia.
    8.  -  La  legge  denunciata,  ad  avviso del giudice a quo, viola
 altresi' gli artt. 8, 12,  e  14  della  Convenzione  europea  per  i
 diritti  umani, ratificata dall'Italia con la legge 4 agosto 1955, n.
 848 e diretta a garantire la tutela  giurisdizionale  dei  diritti  e
 delle  liberta'  fondamentali,  in  quanto,  impedendo  il libero uso
 dell'immobile di proprieta' dei locatori e determinando la  scomparsa
 degli  appartamenti  offerti  in locazione, ostacola la formazione di
 nuove famiglie.
    9.  -  Nelle  norme poste dalla legge n. 392 del 1978 viene infine
 ravvisata violazione degli artt. 48 punto 1 e punto 3 c, 52,  53,  54
 punto  3f  e  59  del Trattato istitutivo delle comunita' europee, in
 quanto, incidendo sulla libera disponibilita'  degli  immobili,  esse
 limitano  la  liberta'  di  circolazione  delle  persone,  anche  per
 l'esercizio di attivita' economiche, dando vita ad una situazione  di
 disparita' con gli altri Stati membri.
    10.  - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   dello   Stato,
 eccependo  in primo luogo l'inammissibilita' della questione riferita
 all'intera legge n. 392 del 1978 per genericita' ed  irrilevanza,  in
 quanto il solo art. 60 viene in applicazione nel giudizio a quo.
    La  questione,  riferita al solo art. 60, e' tuttavia irrilevante,
 non avendo il  Pretore  previamente  accertato  il  fondamento  delle
 contestazioni  della  convenuta  che,  se  rispondenti  alla realta',
 escluderebbero l'applicabilita' delle norme.
    Nel  merito,  osserva  l'Avvocatura,  la  questione  e', comunque,
 manifestamente infondata, in quanto, secondo  la  giurisprudenza,  la
 responsabilita' del locatore presuppone la imputabilita', a titolo di
 dolo o colpa, del comportamento del locatore, responsabilita' esclusa
 in   presenza  di  fatti  sopravvenuti  costituenti  causa  di  forza
 maggiore.
    In  ordine  alla  violazione delle Convenzioni internazionali, con
 riguardo all'art. 10 Cost., la questione e' inammissibile non  avendo
 tali norme attinenza alla materia.
    11.   -  Si  e'  costituita  in  giudizio  Teresa  Savelli  vedova
 Bresciani,  rappresentata   e   difesa   dall'avv.   Ercole   Caruso,
 concludendo  per  l'accoglimento delle questioni come prospettate dal
 Pretore di Roma.
                         Considerato in diritto
    1.  - E' impugnata davanti a questa Corte l'intera legge 27 luglio
 1978,  n.  392,  recante  "Disciplina  delle  locazioni  di  immobili
 urbani", ritenuta lesiva;
      dell'art.  3  Cost.,  in quanto crea a favore del conduttore una
 situazione di privilegio e realizza una disparita' di trattamento fra
 proprietari di appartamenti locati e conduttori;
      dell'art.  42 Cost., in quanto comprime il diritto di proprieta'
 senza alcuna plausibile ragione ed oltre i limiti consentiti;
      dell'art.   47   Cost.,   in   quanto,   tutelando  il  possesso
 dell'abitazione da parte del conduttore, non incoraggia l'accesso del
 risparmio popolare alla proprieta' dell'abitazione;
      dell'art.  10  Cost., in quanto lede gli artt. 2, 7, 12, 13 e 16
 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, gli artt. 8, 12
 e  14  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia dei diritti
 dell'uomo e delle liberta' fondamentali, e gli artt. 48.2, 48.3c, 52,
 53, 54.f e 59 del Trattato istitutivo delle Comunita' europee.
    Specifica  censura  e'  altresi' mossa, in riferimento agli stessi
 parametri, al combinato disposto degli artt. 59 e 60 del  titolo  II,
 capo  I,  della  suindicata  legge  n.  392  del  1978, contenenti la
 "Disciplina  transitoria"  per  le  locazioni  abitative,   i   quali
 stabiliscono   che   il   provvedimento   che   dispone  il  rilascio
 dell'immobile, in conseguenza dell'esercizio, da parte del  locatore,
 del  diritto  di recesso, perde efficacia se il locatore, nel termine
 di  sei  mesi   da   quando   ha   riacquistato   la   disponibilita'
 dell'immobile,  non  lo  adibisce all'uso per il quale aveva agito, e
 correlativamente  riconoscono  al  conduttore   alternativamente   il
 diritto  al ripristinamento del rapporto o al risarcimento del danno.
    2.  -  Per  quanto concerne la censura che investe la legge n. 392
 del 1978 nella sua globalita', ricorda la  Corte  che  con  la  detta
 legge  e' stato posto termine al pluridecennale "regime vincolistico"
 delle locazioni, ripetutamente assolto da questa Corte dai  dubbi  di
 legittimita'  costituzionale, sollevati in riferimento agli artt. 3 e
 42 Cost., sulla base della considerazione del carattere straordinario
 del regime stesso, preordinato a fronteggiare crisi congiunturali del
 settore dell'edilizia abitativa (sentenze n. 3/1976, n. 225/1976,  n.
 32/1980, n. 71/1980).
    La  legge  in  esame,  dettando la nuova disciplina organica delle
 locazioni urbane, abitative e  non  abitative,  la  articola  in  due
 settori  (titolo  I  e  titolo  II)  concernenti, rispettivamente, la
 disciplina  ordinaria,  operante  per  le  locazioni  concluse   dopo
 l'entrata  in  vigore  della  legge (30 luglio 1978), e la disciplina
 transitoria, relativa alle locazioni in corso alla data suindicata.
    3.  -  Per  le locazioni abitative - sulle quali soltanto la Corte
 ritiene di dover portare il suo esame,  essendo  state  sollevate  le
 questioni  nel  corso  di un giudizio nel quale, appunto, venivano in
 conflitto le contrapposte esigenze abitative  del  conduttore  e  del
 locatore,  sicche'  unicamente  in tale specifico ambito le questioni
 sono rilevanti - la disciplina  ordinaria  innova  alcuni  essenziali
 aspetti  della  regolamentazione  del contratto di locazione prevista
 dal codice civile (art. 1571 e seguenti), regolamentazione largamente
 inspirata  al riconoscimento dell'autonomia negoziale. Essa, infatti,
 si incentra nella predeterminazione della durata legale del  rapporto
 per  un  quadriennio,  non  suscettiva  di  anticipata cessazione per
 iniziativa del locatore e non condizionata alla  sussistenza  di  una
 giusta  causa per la sua cessazione alla scadenza (artt. 1, 3 e 4), e
 nella sottrazione del canone alla libera  contrattazione  (c.d.  equo
 canone:  artt. da 12 a 25).
    Il  nucleo  fondamentale della nuova disciplina ordinaria e' stato
 gia' oggetto di esame da parte di questa Corte, la quale ha osservato
 come  la  previsione  relativa  alla durata delle locazioni abitative
 risponda all'apprezzabile esigenza di assicurare  ai  conduttori  una
 adeguata stabilita' del rapporto (sent. n. 251/1983); vale a dire del
 godimento di un bene primario (sentenze n. 252/1983, n. 300/1983,  n.
 49/1987,  n.  217/1988,  n.  404/1988). E a tale esigenza si connette
 anche  il  peculiare  regime  dell'equo  canone,   quantificato   con
 riferimento  a  parametri  oggettivi, giacche' con esso si determina,
 nell'ambito delle locazioni abitative, una  sostanziale  indifferenza
 della   persona   del   conduttore   ai   fini   della   redditivita'
 dell'immobile, e quindi un  ridotto  interesse  del  locatore  a  far
 cessare il rapporto.
    Ora,  e'  da  notare che la suddetta esigenza e' stata ritenuta da
 questa Corte meritevole di una  specifica  tutela  essenzialmente  in
 ragione  della  grave situazione del settore dell'ediliza abitativa -
 caratterizzato dalla carenza di offerta di alloggi e conseguentemente
 dalla  debolezza  contrattuale della categoria dei conduttori - nella
 quale e' intervenuta la legge n. 392 del 1978 (sent. n. 251/1983).
    Ma, pur a distanza di vari anni, le ragioni socio-economiche della
 detta specifica protezione non  appaiono,  ad  un  esame  obbiettivo,
 essere  oggi  modificate al punto tale da evidenziare la mancanza del
 presupposto di fatto assunto dal legislatore, ovvero il contrasto fra
 la   disciplina   adottata   e  la  Costituzione  per  ingiustificata
 compressione degli interessi costituzionalmente protetti dei quali e'
 lamentata la lesione.
    Se,  poi,  la  disciplina  in  esame  sia o no pienamente adeguata
 all'attuazione  degli  scopi  sociali  da  essa  perseguiti  -  piena
 adeguatezza  che  il  giudice a quo sembra contestare, richiamando il
 parametro dell'art. 47 Cost., sulla base della considerazione che  la
 disciplina stessa non contribuisce ad eliminare la situazione anomala
 del mercato  degli  alloggi,  che  e'  la  causa  del  disagio  della
 categoria  dei  conduttori,  ed  anzi  concorre  a  perpetuarla  - e'
 problema che non puo' essere risolto se non mediante una  valutazione
 che  questa  Corte  non  puo' operare. Anche se non puo' esimersi dal
 notare come  gli  scopi  sociali  (di  rimedio)  cui  e'  diretta  la
 normativa  stessa possano essere perseguiti anche mediante discipline
 diverse, finalizzate alla eliminazione del  disagio  della  categoria
 dei  conduttori,  nel  quadro  di  un  intervento globale sui settori
 dell'edilizia pubblica e privata (postulato dal legislatore del 1978:
 cfr.  sent.  n.  252  del  1983), idoneo ad incrementare l'offerta di
 alloggi a canoni economicamente sopportabili.
    4.  - La disciplina transitoria delle locazioni abitative in corso
 alla data di entrata in vigore della legge n. 392 del 1978  consiste,
 per  le  locazioni  gia'  soggette  a proroga in base alla previgente
 legislazione, nella previsione di un ulteriore periodo di durata  (di
 quattro  anni)  con  decorrenza  variabile  a  seconda  dell'epoca di
 stipulazione del contratto (art. 58). Per le locazioni  non  comprese
 nel  previgente  regime di vincolo (in ragione della data di scadenza
 convenzionale successiva al 30 luglio 1978 ovvero perche' il  reddito
 del  conduttore  eccedeva  i  limiti  fissati  per il godimento della
 proroga  legale)  e'  invece  riconosciuta  la  durata   quadriennale
 stabilita  dall'art.  1  in regime ordinario, dalla quale va tuttavia
 detratto il periodo gia' decorso dall'inizio della locazione o  dalla
 data dell'ultimo rinnovo (art. 65).
   Orbene,  per  negare  fondatezza  alla  censura  mossa  alla  detta
 disciplina dal giudice  a  quo,  in  riferimento  ai  gia'  ricordati
 parametri,  e'  sufficiente  ricordare che questa Corte piu' volte ha
 qualificato il regime transitorio dettato dalla legge n. 392 del 1978
 come  soluzione  tecnica di saldatura tra legislazione vincolistica e
 nuova legge organica sulle locazioni, destinata a  fungere  da  ponte
 tra  i  due contrapposti sistemi (sentenze n. 32/1980 e n. 281/1984),
 sottolineando l'esigenza di regolare gradualmente il passaggio  della
 grande  massa  dei  contratti in corso nell'ambito delle nuove regole
 ordinarie (sent. n. 89/1984).
    Ne'  siffatta  disciplina  transitoria  puo'  essere  ritenuta non
 equilibrata, in pregiudizio della categoria dei locatori, in  quanto,
 a  controbilanciare l'ulteriore durata ex lege dei rapporti in corso,
 e'  stato  introdotto,  a   vantaggio   dei   locatori   (derivandolo
 dall'azione  di  cessazione  dalla  proroga  legale o di decadenza da
 questa, tipica del regime vincolistico:
 artt.  3,  4  e 10 della legge 23 maggio 1950, n. 253) l'istituto del
 recesso anticipato dalla locazione per le tassative  ragioni  di  cui
 all'art.  59  (del  quale non godono i locatori nel regime ordinario:
 sent. n. 251/1983). E tale istituto,  originariamente  limitato  alle
 locazioni  gia'  soggette  a  proroga  di  cui  all'art. 58, e' stato
 successivamente esteso anche alle  locazioni  non  prorogate  di  cui
 all'art.  65  per  effetto  delle  sentenze n. 22/1980 e n. 250/1983,
 mediante le quali la Corte ha assicurato in  ogni  caso  tutela  alle
 specifiche   esigenze   recuperatorie  del  locatore  nella  fase  di
 protrazione coattiva.
    La questione e' pertanto non fondata.
    5. - Venendo all'esame della censura mossa all'art. 60 della legge
 n. 392 del 1978, osserva la Corte che le previsioni nella detta norma
 racchiuse   costituiscono  un  momento  essenziale  della  disciplina
 dell'istituto del recesso regolato dal precedente art. 59, in  quanto
 la   comminatoria   di   sanzioni   (ripristinamento  del  contratto,
 risarcimento del danno, sanzione  pecunaria  da  devolvere  al  fondo
 sociale),  per  il caso di mancata destinazione dell'immobile all'uso
 del quale e' stata prospettata la necessita', ha la primaria funzione
 preventiva di costituire una remora al ricorso abusivo, pretestuoso o
 addirittura fraudolento al recesso (sent.  n.  48/1980,  relativa  ad
 analoga disciplina accessoria dell'azione di cessazione della proroga
 legale contenuta dall'art. 8 della legge n. 253  del  1950),  sicche'
 non  aggrava  la  posizione  dei  locatori  che  del recesso si siano
 avvalsi per effettive esigenze.
    Ne'  la  posizione  dei  locatori puo' ritenersi sacrificata senza
 ragione dalla previsione di un termine fisso,  entro  il  quale  dare
 attuazione alla destinazione prospettata ai fini del recesso, poiche'
 l'omessa destinazione nel termine e' soltanto considerata dalla legge
 come  criterio  per la valutazione della serieta' o, viceversa, della
 pretestuosita' del motivo di necessita' fatto  valere.  Cio'  che  e'
 dimostrato  dalla costante interpretazione giurisprudenziale, secondo
 la quale il comportamento successivo assume tale significato solo  se
 imputabile (a titolo di dolo o di colpa) al locatore.
    Anche tale questione e' pertanto non fondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondate le questioni di legittimita' costituzionale,
 in riferimento agli artt. 3, 10, 42 e 47 Cost., della legge 27 luglio
 1978  n.  392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) nel suo
 complesso, nonche' degli artt. 59 e 60  della  suddetta  legge,  come
 sollevate dall'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta il 26 ottobre 1988.
                          Il Presidente: CONSO
                        Il redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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