N. 1029 SENTENZA 27 ottobre - 15 novembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.  Ambiente
 - Parco nazionale del Gran Paradiso - Regione Valle d'Aosta - Caccia
 e pesca - Urbanistica - Competenza legislativa esclusiva della
 regione - Esercizio di tale competenza anche in materia riservata
 allo Stato - Illegittimita' costituzionale.  (Legge regione Valle
 d'Aosta, riapprovata il 17 ottobre 1980)
(GU n.47 del 23-11-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Valle d'Aosta 15 luglio 1980  riapprovata  il  17  ottobre  1980  dal
 Consiglio  Regionale Valdostano, avente per oggetto: "Application des
 compe'tences le'gislatives primaires de la Re'gion  autonome  Valle'e
 d'Aosta,  sur  la  partie  de  son  territoire  incluse  dans le Parc
 National du Grand Paradis" promosso con ricorso  del  Presidente  del
 Consiglio  dei Ministri, notificato il 5 novembre 1980, depositato in
 cancelleria il 15 successivo  ed  iscritto  al  n.  27  del  registro
 ricorsi 1980;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Valle d'Aosta;
    Udito  nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente,
 e l'Avvocato Gustavo Romanelli per la Regione Valle d'Aosta;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  In  data  3  novembre 1980, il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  ha promosso, con ricorso ritualmente notificato e depositato,
 un giudizio di legittimita' costituzionale contro la legge  regionale
 della  Valle  d'Aosta,  approvata  il 15 luglio 1980 e riapprovata, a
 seguito del rinvio  governativo,  il  17  ottobre  1980,  dal  titolo
 "Application  des  compe'tences le'gislatives primaires de la Re'gion
 Autonome Valle'e d'Aosta, sur la partie  de  son  territoire  incluse
 dans le Parc National du Grand Paradis".
    Secondo  il  ricorrente  la  legge  impugnata  non  potrebbe esser
 considerata  esercizio   della   competenza   legislativa   esclusiva
 attribuita  alla  Regione  Valle  d'Aosta  dall'art. 2 Stat.  V.A. in
 materia di "agricoltura e foreste, zootecnia, flora e  fauna"  (lett.
 d),  di  "urbanistica,  piani  regolatori  per  zone  di  particolare
 importanza turistica" (lett. g) e di "caccia e pesca" (lett.  l).  Da
 tali  materie,  infatti,  sarebbe  esclusa  la  disciplina dei parchi
 nazionali, dal momento che quest'ultima rappresenterebbe una  materia
 a  se' stante, comportante la protezione di un patrimonio naturale in
 maniera particolarmente rigida, la quale sarebbe riservata allo Stato
 ai  sensi  dell'art.  4.  lett, g , (rectius, lett. l) del d.P.R.  15
 gennaio 1972, n. 11, esteso alla Regione Valle d'Aosta dalla legge 16
 maggio  1978,  n. 196 (Norme di attuazione dello Statuto di autonomia
 della stessa Regione).
   Si  tratterebbe, sempre secondo il ricorrente, di una disciplina ad
 hoc, la cui estraneita' alle disposizioni dell'art. 2 St. V.A., prima
 citate,  risulterebbe confermata anche dall'art. 83 del d.P.R. n. 616
 del 1977, che presupporrebbe la specialita' della materia dei  parchi
 nazionali  proprio con la previsione contenente un rinvio ad apposita
 legge per la relativa disciplina.
    Inoltre, aggiunge il ricorrente, tenendo presente che il Parco del
 Gran  Paradiso  comprende  territori  di  due  regioni,   l'ipotetico
 riconoscimento  alla  Valle  d'Aosta di una competenza legislativa in
 materia  di  parchi  nazionali   contraddirebbe   il   principio   di
 unitarieta'  e  di  omogeneita' del Parco - il quale precluderebbe la
 possibilita' di interventi limitati  a  singole  parti  o  a  singoli
 settori  dello  stesso  Parco  -  principio che e' stato riconosciuto
 dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 142  del  1972)  ed  e'
 stato espressamente posto a base del rifiuto da parte del legislatore
 nazionale di  inserire,  in  sede  di  approvazione  delle  norme  di
 attuazione  dello  Statuto valdostano, la competenza in contestazione
 fra quelle regionali. Anche questo rifiuto  risulterebbe  confermato,
 secondo   il  ricorrente,  dalla  ricordata  scelta  di  rinviare  la
 disciplina del settore ad apposita legge statale (art. 83 del  d.P.R.
 n. 616 del 1977).
    Sempre  secondo  il ricorrente, piu' particolari illegittimita' si
 riscontrerebbero negli artt. 3 e 6 della legge  impugnata.  L'art.  6
 violerebbe tanto il menzionato principio di unitarieta' del Parco con
 le disposizioni che istituiscono il Consiglio del territorio del Gran
 Paradiso,  quanto  l'art.  97  Cost.  (principio  di  legalita' della
 pubblica amministrazione) con la previsione  che  le  competenze  del
 predetto  Consiglio  siano  determinate con un regolamento. L'art. 3,
 invece, nell'attribuire la fauna vivente  nel  territorio  del  Parco
 Nazionale  del  Gran  Paradiso al patrimonio indisponibile dei comuni
 situati nella Regione,  si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi
 dell'ordinamento giuridico italiano, come precisati dall'art. 1 della
 legge 27 dicembre 1977, n. 968, per il  quale  la  fauna  costituisce
 patrimonio indisponibile dello Stato.
    2.  -  Costituitasi  regolarmente  in  giudizio  per  difendere la
 legittimita'  della  legge  impugnata,  la  Regione   Valle   d'Aosta
 contesta,  innanzitutto,  l'esistenza  di  una  riserva di competenza
 statale concernente il Parco del Gran Paradiso.
 Escluso  che il fondamento di tale riserva possa riscontrarsi sia nel
 r.d.l. 3 dicembre 1922, n. 1584 (il quale non prevederebbe un  regime
 delle  attivita'  amministrative  tale  da  indurre  a considerare il
 territorio del Parco come scorporato dal  restante  territorio),  sia
 nello  Statuto  valdostano  (che,  anzi,  affiderebbe alla Regione le
 competenze su tutte le materie disciplinate  dalla  legge  impugnata:
 flora  e  fauna,  caccia e pesca, tutela del paesaggio, urbanistica e
 piani regolatori per zone di particolare  importanza  turistica),  la
 resistente  osserva che e' solo con l'art. 4, lett. h, del d.P.R.  n.
 11 del 1972 che si profila nell'ordinamento una  riserva  allo  Stato
 "degli  interventi  per la protezione della natura", facendo tuttavia
 "salvi gli interventi regionali non  contrastanti  con  quelli  dello
 Stato".  Ma  proprio  la Corte costituzionale, con la sent. n. 72 del
 1977 ha testualmente  affermato  che  "la  salvaguardia  della  fauna
 rientra  nella  protezione  della  natura,  intesa  come  sub-materia
 compresa nella materia 'agricoltura e  foreste',  la  quale,  pur  in
 presenza  della  riserva  allo  Stato  della protezione della natura,
 assicura alle regioni lo svolgimento di  una  politica  ecologica  da
 attuarsi  con  interventi  legislativi settoriali e limitati entro il
 territorio di ciascuna di esse.
    Ad  ogni  modo, sempre secondo la resistente, l'art. 83 del d.P.R.
 n. 616 del 177, oltre a chiarire che la materia dei  parchi  naturali
 e'   trasferita   alle  regioni  (primo  comma),  prevede,  al  comma
 successivo, che, per quanto riguarda i parchi nazionali,  i  rapporti
 fra  lo  Stato e le regioni saranno disciplinati con legge statale da
 emanarsi entro il 31 dicembre 1979. Sicche', scaduto tale termine, si
 dovrebbe  supporre  che,  anche  per  questi  parchi, si riespanda il
 principio stabilito nel primo comma dell'art.  83,  salvo  specifiche
 deroghe disposte di volta in volta con legge statale. Ad avviso della
 resistente, mentre tali deroghe sarebbero previste per altri  parchi,
 non  lo  sarebbero  affatto per quello del Gran Paradiso. Ne', sempre
 secondo la resistente,  potrebbero  invocarsi  i  lavori  preparatori
 relativi alle norme di attuazione, poiche' il mancato inserimento fra
 le attribuzioni regionali della competenza  in  contestazione,  lungi
 dal  presupporre  una  riserva  statale  sulla  materia,  sarebbe  da
 imputare semplicemente all'intenzione di non  anticipare,  con  norme
 speciali  concernenti  il  Parco  del  Gran  Paradiso,  la disciplina
 generale sui parchi nazionali, cui rinvia l'art. 83 del d.P.R. n. 616
 del 1977.
    Per  quanto  riguarda  le  censure  piu'  particolari,  la Regione
 osserva che l'istituito Consiglio del territorio  del  Gran  Paradiso
 non  avrebbe  affatto il compito di gestire l'Ente Parco, ma soltanto
 quello di rilasciare il permesso speciale per l'attivita' costruttiva
 previsto  dall'art.  5,  secondo comma, della legge impugnata. Ne' si
 potrebbe dire, sempre ad avviso della resistente, che l'art. 6  viola
 il principio della riserva (relativa) di legge stabilito dall'art. 97
 Cost., sia perche' le  funzioni  del  predetto  Consiglio  sono  gia'
 fissate  dalla  legge  impugnata,  sia  perche' quel principio non e'
 stato recepito dallo  Statuto  di  autonomia,  di  modo  che  il  suo
 rispetto   potrebbe   invocarsi   soltanto  come  principio  generale
 dell'ordinamento  statale.  Del  resto,  l'art.  97  Cost.   sarebbe,
 comunque,   rispettato,   in  quanto  il  principo  di  legalita'  si
 riferirebbe soltanto a  uffici  con  competenze  esterne,  ma  non  a
 uffici,   come  quello  in  questione,  svolgenti  attivita'  interne
 all'apparato amministrativo.
    Anche la censura relativa all'art. 3 sarebbe, per la Regione Valle
 d'Aosta, del tutto infondata, in quanto l'art. 1 della  legge  quadro
 sulla  caccia  contiene,  certo,  un  principio generale che rende la
 fauna patrimonio indisponibile, ma in tale principio non si  potrebbe
 far  rientrare  anche  la relativa appartenenza allo Stato o ad altro
 ente pubblico territoriale, dal momento che  l'art.  826  c.c.,  dopo
 aver riservato allo Stato taluni beni, individuerebbe altri beni, fra
 i  quali  potrebbe  rientrare  anche  la  fauna  vivente,  che   sono
 attribuiti  allo  Stato o, rispettivamente, alle province e ai comuni
 "secondo la loro appartenenza".
    Per  tali  motivi,  conclude  la  Regione,  la legge impugnata non
 sembrerebbe contrastante con le disposizioni costituzionali  invocate
 dal  ricorrente,  trattandosi  di  una  legge  diretta,  non  gia' ad
 interferire con quella statale istitutiva  del  Parco  Nazionale  del
 Gran  Paradiso,  che definisce la disciplina fondamentale dell'azione
 amministrativa di salvaguardia, ma  ad  integrarla  in  relazione  ad
 aspetti, tutto sommato, secondari.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Oggetto del presente giudizio di legittimita' costituzionale
 e',  innanzitutto,  l'intera  legge  della  Regione   Valle   d'Aosta
 intitolata  "Application  des compe'tences le'gislatives primaires de
 la Re'gion autonome Valle'e d'Aosta, sur la partie de son  territoire
 incluse  dans  le  Parc  National  du Grand Paradis", riapprovata dal
 Consiglio regionale valdostano il 17 ottobre 1980. Tale  legge  viene
 impugnata  dal  Presidente del Consiglio dei Ministri sul presupposto
 che la disciplina in essa contenuta concernerebbe una materia, quella
 dei   parchi   nazionali,  che  non  sarebbe  ricompresa  fra  quelle
 attribuite dall'art. 2 St. V.A. alla competenza legislativa  primaria
 della  Regione. A giudizio del ricorrente, l'art. 4 lett. g (rectius:
 lett. s) del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 - il quale  sarebbe  stato
 esteso  alla  Regione  Valle  d'Aosta dalle norme di attuazione dello
 Statuto contenute nella legge 16 maggio 1978, n. 196 - configurerebbe
 i  parchi  nazionali  come  materia  a  se'  stante,  riservandone la
 disciplina allo Stato. Tale configurazione,  sempre  a  giudizio  del
 ricorrente,  risulterebbe confermata dall'art. 83, comma secondo, del
 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il  quale,  rinviando  ad  un'apposita
 legge  statale  per  la  relativa disciplina, supporrebbe la medesima
 ripartizione di competenze.
    In  via  subordinata,  lo  stesso  ricorrente prospetta un secondo
 motivo d'illegittimita' ove si assumesse, come fa la legge  impugnata
 sin dal suo titolo, che nella materia dei parchi nazionali la Regione
 Valle d'Aosta possa esercitare competenze  legislative  primarie,  in
 quanto  la  legge  impugnata,  essendo  necessariamente limitata alla
 parte  del  Parco  del  Gran  Paradiso  ricompresa   nel   territorio
 valdostano,  violerebbe  il  principio  generale di unitarieta' della
 disciplina dei parchi nazionali, gia' riconosciuto  da  questa  Corte
 con  la decisione n. 142 del 1972 e attualmente fissato dall'art. 83,
 secondo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977.
    2.  -  Anche  se  per  ragioni  diverse  da quelle prospettate dal
 Governo, il ricorso principale va accolto.
    In sei dei suoi nove articoli, e cioe' negli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e
 7, la legge impugnata contiene norme dirette a disciplinare,  per  la
 parte   afferente  al  territorio  valdostano,  aspetti  relativi  ad
 attivita' e potesta' attinenti al Parco nazionale del Gran  Paradiso.
 Piu'  precisamente,  tali  articoli  contengono:  a)  la  previsione,
 l'istituzione e la composizione del  "Consiglio  del  territorio  del
 Gran  Paradiso", avente il compito di rilasciare il permesso speciale
 occorrente per l'edificazione  di  costruzioni  private  e  pubbliche
 insistenti  sul territorio del Parco (permesso che, per l'intera area
 protetta, e' previsto dall'art. 10 del decreto-legge  istitutivo  del
 Parco), nonche' di esercitare le altre funzioni indicate da un futuro
 regolamento  del  Consiglio  regionale  (artt.  5,  6  e  7);  b)  la
 determinazione,  seppure  ai  soli fini dell'applicazione delle norme
 ivi previste, dei confini dell'area del Parco compresa nel territorio
 della  regione sulla base di una cartina annessa alla legge impugnata
 (art. 2); c) la riformulazione del divieto di caccia e  pesca  e  del
 relativo  regime sanzionatorio, con l'inserimento di alcune modifiche
 sostanziali rispetto alle norme  poste  dal  decreto  istitutivo  del
 Parco  del  Gran  Paradiso  (artt. 8 e 12 del R.D. 3 dicembre 1922 n.
 1584, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473), norme che  sono
 variamente dichiarate dalla legge impugnata non piu' applicabili alla
 parte del territorio regionale compresa nel perimetro del Parco (art.
 3, commi 2, 3 e 4; art. 4); d) l'attribuzione della fauna vivente nel
 territorio ora menzionato  al  patrimonio  indisponibile  dei  comuni
 valdostani (art. 3, primo comma).
    A  questa  Corte  si pone, pertanto, il problema di valutare se la
 Regione Valle d'Aosta, nel disciplinare nel modo ricordato  attivita'
 e  potesta'  attinenti  al  Parco  nazionale del Gran Paradiso per la
 parte che si riferisce al proprio  territorio,  abbia  esercitato,  o
 meno, competenze legislative ad essa spettanti. E a tal fine, poiche'
 nella materia in contestazione i soggetti in  causa  prospettano  una
 diversa   ricostruzione   del   diritto  vigente,  appare  necessario
 stabilire  previamente  quale   sia,   allo   stato   attuale   della
 legislazione,  la  ripartizione  fra Stato e regioni delle competenze
 legislative relative ai parchi nazionali.
    3. - Contrariamente a quanto mostra di ritenere il Governo nel suo
 ricorso, l'evoluzione della legislazione relativa  alla  ripartizione
 delle competenze fra Stato e regioni in ordine ai parchi naturali non
 puo' certo dirsi caratterizzata, sotto il profilo  del  regime  delle
 attribuzioni,  da una sostanziale continuita' e, men che meno, da una
 perfetta identita'. Ad esser piu' precisi, anzi, l'art. 4 del  d.P.R.
 15  gennaio  1972, n. 11 - che il ricorrente, in nome di una presunta
 similitudine o coerenza con il vigente art. 83 del d.P.R. n. 616  del
 1977,  pretende  erroneamente  di  porre  a  base della sua domanda -
 prevedeva una disciplina che,  sotto  il  profilo  del  regime  delle
 attribuzioni,   era   contraria   a  quella  attualmente  in  vigore,
 contenuta, per l'appunto, nell'art. 83.
    3.1.  -  Nel  trasferire  alle  regioni  ordinarie  le sub-materie
 ricomprese nell'agricoltura e nella caccia e pesca, il d.P.R.  n.  11
 del 1972 aveva ritenuto che sia la "protezione della natura" (art. 4,
 lett. h), sia i "parchi  nazionali"  (art.  4,  lett.  s),  dovessero
 rimanere  estranei a quel trasferimento, in quanto considerati allora
 come materie la cui disciplina comportava ponderazioni  di  interessi
 di  piu'  ampia  portata  o,  comunque,  di diversa natura rispetto a
 quelle inerenti alla disciplina dell'agricoltura  e  della  caccia  e
 pesca,  cosi'  come a quella dell'urbanistica, delle cave e torbiere,
 della viabilita', dei lavori  pubblici  e,  persino,  delle  bellezze
 naturali  e  della  tutela  (estetico-culturale) del paesaggio. Sulla
 base di tali considerazioni, l'art. 4, lett. h, del d.P.R. n. 11  del
 1972  manteneva  ferma la riserva allo Stato degli "interventi per la
 protezione della natura", salvi quelli regionali che non  si  fossero
 posti  in contrasto con la disciplina statale, e faceva coerentemente
 seguire a tale scelta di principio la totale riserva allo  Stato  dei
 "parchi nazionali" (lett. s dello stesso art. 4).
    Nel  giudicare  non  contraria a Costituzione tale ripartizione di
 competenze,  che  lasciava  alle  regioni  soltanto  un   potere   di
 intervento    conforme    e   residuale   vo'lto   all'attuazione   o
 all'integrazione degli interventi statali, questa Corte ha piu' volte
 sottolineato  la  specificita' della "protezione della natura" (e con
 essa quella dei parchi naturali) rispetto alle materie di  competenza
 regionale  con  essa interferenti (come l'agricoltura, l'urbanistica,
 etc.), enfatizzando, insieme alla complessita' degli interessi e  dei
 valori   coinvolti   nella   stessa  (ecologici,  estetico-culturali,
 scientifici), l'esigenza di  una  loro  considerazione  unitaria,  la
 quale   postulava   una   programmazione   nazionale   o,   comunque,
 sovraregionale dei relativi interventi (cfr. spec. sent. n.  142  del
 1972,  anche  in  confronto  con la n. 141 dello stesso anno, nonche'
 sentt.
 nn.  203  del  1974,  175  del  1976  e  72  del  1977).  Sulla  base
 dell'interesse unitario cosi' individuato, la stessa Corte, mentre ha
 giustificato  la riserva delle corrispondenti funzioni allo Stato, ha
 posto in luce gli inevitabili intrecci intercorrenti fra  l'esercizio
 delle  competenze statali in ordine alla "protezione della natura" (e
 ai parchi nazionali) e  quello  relativo  alle  competenze  regionali
 attinenti   ai   vari   settori   interferenti   con  quella  materia
 (agricoltura, urbanistica, etc), esigendo sin d'allora adeguate forme
 di  coordinamento,  di  collaborazione  e  d'intesa fra lo Stato e le
 regioni nell'esercizio dei rispettivi poteri (cfr. spec. sent. n. 175
 del 1976).
    3.2.-  Pur partendo dalla stessa esigenza di stabilire nel settore
 della difesa della natura un bilanciamento e un  contemperamento  fra
 le  istanze statali di programmazione e di coordinamento e le istanze
 regionali di governo locale dell'ambiente naturale (v. sent.  n.  223
 del  1984 di questa Corte), il d.P.R. n. 616 del 1977, avendo posto a
 base della ripartizione delle  competenze  fra  Stato  e  regioni  il
 criterio  dei  "settori organici di materie" nella sua accezione piu'
 sviluppata, ha modificato radicalmente il regime  delle  attribuzioni
 relativo alla materia qui in considerazione.
    Per  un  verso, infatti, gli artt. 66 e 83 del decreto n. 616, nel
 configurare la "protezione della natura" come  materia  organicamente
 connessa sia all'agricoltura che all'urbanistica, hanno provveduto ad
 eliminare la riserva allo Stato della stessa materia e  a  trasferire
 quest'ultima  (e,  con  essa,  i  parchi  e le riserve naturali) alle
 competenze regionali (v. spec. sentt. nn. 223  del  1984  e  183  del
 1987).  Per  altro  verso,  l'art.  83,  secondo  comma, dello stesso
 decreto, nell'evidenziare la soppressione della riserva statale anche
 in  relazione  ai  parchi  nazionali, ha stabilito che a proposito di
 tali istituzioni dovesse intervenire, entro il 31 dicembre 1979,  una
 legge  nazionale  diretta a porre la relativa disciplina generale e a
 provvedere alla specifica ripartizione dei compiti fra lo  Stato,  le
 regioni  e  le  comunita' montane, tenendo presente, in ogni caso, il
 principio di unitarieta' della disciplina dei parchi e delle riserve.
    Piu'  in  particolare,  da una parte, lo spostamento della materia
 "protezione della natura" dalla competenza statale a quella regionale
 e  la  configurazione dei parchi, non gia' come materia a se' stante,
 ma come istituzioni giuridiche tipizzate e  preordinate  alla  stessa
 "protezione  della  natura" (v. sent. n. 223 del 1984), hanno indotto
 il legislatore del 1977 a comprendere fra gli oggetti della  relativa
 competenza   regionale  anche  i  parchi  nazionali,  tanto  se  gia'
 esistenti (poiche' a questi si  riferisce  espressamente  l'art.  83,
 cpv.),  quanto se di futura istituzione (poiche' non si puo' supporre
 una diversita' di regime per parchi o riserve che, pur se formati  in
 tempi  diversi,  sono comunque sorretti da un medesimo interesse e da
 identiche finalita'). D'altra parte,  l'esigenza  di  una  disciplina
 unitaria  delle  medesime  istituzioni,  gia' messa in luce da questa
 Corte in precedenti sentenze, ha  portato  lo  stesso  legislatore  a
 prevedere  espressamente  una legge-quadro sulle riserve e sui parchi
 nazionali e, piu' in generale, a prefigurare su tutta la materia  una
 funzione   statale   di  indirizzo  e  coordinamento  particolarmente
 efficace.
    3.3.  -  L'evoluzione  legislativa  relativa  all'attuazione della
 Costituzione sul riparto delle competenze  fra  Stato  e  regioni  in
 ordine  ai  parchi  nazionali dimostra chiaramente l'erroneita' della
 pretesa governativa di considerare gli stessi parchi come una materia
 a  se'  stante,  tuttora  integralmente riservata allo Stato in forza
 dell'art. 4, lett.  s,  del  d.P.R.  n.  11  del  1972.  Quest'ultima
 disposizione,  infatti,  risulta  abrogata e sostituita con efficacia
 precettiva dagli artt. 66 e 83 del d.P.R. n. 616 del 1977, che  hanno
 provveduto a sopprimere la predetta riserva statale, trasferendo alle
 regioni le competenze relative alla materia della  "protezione  della
 natura",  nella  quale,  come questa Corte ha avuto modo di precisare
 (v. sent.  223 del 1984),  vanno  ricompresi  anche  i  parchi  e  le
 riserve  naturali,  tanto  se  gia'  esistenti  quanto  se  di futura
 istituzione.
    Ne'   si  puo'  sostenere  in  senso  contrario,  come  lo  stesso
 ricorrente sembra supporre, che la previsione da parte dell'art.  83,
 secondo  comma,  del  d.P.R.  n.  616 del 1977, di una legge speciale
 (peraltro non ancora  adottata)  a  proposito  dei  parchi  nazionali
 esistenti  possa  indurre  a considerare questi ultimi come materia a
 se' stante, tuttora riservata  alla  competenza  statale  proprio  in
 virtu' di quel rinvio a una "legge della Repubblica".
    In  realta'  la  suddetta  previsione va, innanzitutto, raccordata
 logicamente con il  primo  comma  dello  stesso  art.  83,  che,  nel
 definire   le   materie  trasferite  alle  regioni  nel  campo  degli
 "interventi a protezione della natura",  fa  espresso  riferimento  a
 tutti  i  parchi e le riserve naturali senza distinzioni di sorta. La
 stessa previsione, inoltre, mostra senza alcun dubbio di  alludere  a
 una  legge-quadro dello Stato, diretta, com'e' espressamente detto, a
 porre i principi fondamentali in relazione alla disciplina dei parchi
 nazionali  esistenti e a provvedere, conseguentemente, alla specifica
 determinazione delle competenze spettanti in materia allo Stato, alle
 regioni  e  agli  enti  locali sub-regionali. Ed e' chiaro che, nello
 stabilire una disposizione del  genere,  l'art.  83,  secondo  comma,
 suppone  evidentemente  che  la materia considerata sia affidata alla
 competenza concorrente delle regioni,  per  essere  disciplinata  nei
 suoi  profili  piu'  particolari  da  queste  ultime, seppure, com'e'
 richiesto  dallo  stesso  art.  83,  entro  la  cornice  delle  norme
 generali,   degli  indirizzi  e  dei  criteri  posti  dalla  predetta
 legge-quadro.
    D'altra  parte, con pari vigore va pure respinta l'opposta pretesa
 formulata negli atti difensivi dalla Regione resistente,  secondo  la
 quale,  nella  perdurante  assenza  della  ricordata legge-quadro ben
 oltre il termine previsto per la sua adozione, si  dovrebbe  ritenere
 che si sia prodotto un azzeramento della pur riconosciuta titolarita'
 dello Stato in  relazione  al  potere  di  stabilire  una  disciplina
 generale  sui  parchi  nazionali esistenti, con la conseguenza di una
 piena espansione della competenza regionale, quale risulta  stabilita
 in via ordinaria dal primo comma dell'art. 83.
    Tale prospettazione non puo' essere accolta, poiche' l'art. 83 del
 d.P.R. n. 616 del 1977, come non subordina  a  una  legge  futura  il
 trasferimento  alle  regioni  della  materia  della "protezione della
 natura" (compresi i parchi nazionali esistenti), cosi'  non  comporta
 in alcun modo che il mancato esercizio da parte dello Stato, entro il
 termine prefissato, del  potere  di  porre  con  legge  le  norme  di
 principio,  gli  indirizzi  e  le  misure di coordinamento sui parchi
 nazionali  gia'  esistenti  possa   implicare   una   perdita   della
 titolarita'  del medesimo potere o una decadenza dallo stesso. A cio'
 conduce l'impossibilita' di considerare il termine fissato  nell'art.
 83,  comma  secondo,  come perentorio sia in ragione del fatto che la
 sua  inottemperanza  non  e'  seguita  da  alcuna  sanzione,  sia  in
 considerazione della natura del potere statale ivi previsto, che, fra
 l'altro, non puo' certo esser definito come eccezionale o derogatorio
 rispetto all'ordine normale delle competenze.
    3.4. - Le considerazioni sin qui svolte conducono alla conclusione
 che il grave ritardo nell'emanazione della  legge-quadro  sui  parchi
 nazionali,  piu'  volte deprecato da questa Corte anche con specifico
 riferimento al Parco del Gran Paradiso (v. sentt. nn. 223  del  1984,
 344  del  1987),  non  puo'  impedire  di verificare se i particolari
 poteri esercitati dalla Regione Valle d'Aosta con la legge  impugnata
 rientrino  o no nell'ambito delle competenze che l'art. 83 del d.P.R.
 n. 616 del 1977 ha inteso devolvere  alle  regioni  in  relazione  ai
 parchi nazionali.
    Del  resto,  in  tal  senso  e' il costante orientamento di questa
 Corte, che in  piu'  occasioni  si  e'  pronunziata,  alla  luce  del
 predetto  art.  83, sulla spettanza allo Stato o alle regioni di vari
 poteri attinenti ai parchi o  alle  riserve  nazionali,  come  quelli
 relativi  all'istituzione  delle  zone  protette o all'individuazione
 delle aree da disciplinare come parchi  e  alle  relative  misure  di
 salvaguardia delle medesime aree o, ancora, al ripristino dei confini
 del parco stesso (cfr. sentt. nn. 123 del 1980, 223 del 1984,  344  e
 617  del  1987).  E cio' e' avvenuto anche in riferimento a regioni a
 statuto speciale, poiche', come gia' precisato da questa Corte (sent.
 n.  223  del  1984),  l'art.  83  del  d.P.R.  n.  616 del 1977 trova
 applicazione anche per le regioni ad autonomia differenziata, essendo
 inaccettabile  che tali regioni, allorche' manchino apposite norme di
 attuazione sui parchi naturali e, nel medesimo tempo, non  vi  ostino
 precise  norme  o  ragioni  in senso contrario, com'e' nel caso della
 Valle  d'Aosta,  restino  prive  di  attribuzioni  riconosciute  alle
 regioni a statuto ordinario.
    A  smentire  tale  conclusione  non  vale  sostenere,  come  fa il
 ricorrente, ne' che l'art. 83 sarebbe inapplicabile, in quanto l'art.
 4  del  d.P.R.  n. 11 del 1972 e' stato esteso alla Valle d'Aosta con
 una legge dello Stato successiva al d.P.R.  n. 616 del 1977,  vale  a
 dire con le norme di attuazione contenute nella legge 16 maggio 1978,
 n. 196, ne' che il principio di  unitarieta'  dei  parchi  nazionali,
 sancito nello stesso art. 83, comma secondo, vieterebbe comunque alle
 regioni di adottare qualsiasi legge incidente  sulla  disciplina  dei
 parchi  medesimi,  negando,  quindi,  in  radice  la  possibilita' di
 esercizio di qualsiasi attribuzione  da  parte  delle  regioni  nella
 predetta   materia   prima   che   sia   stata  posta  in  essere  la
 normativa-quadro statale.
   Per quanto riguarda il primo profilo, il generale e generico rinvio
 al d.P.R. n. 11 del 1972 contenuto nelle norme di  attuazione  appena
 ricordate  deve  ovviamente  intendersi come diretto a estendere alla
 Valle d'Aosta tutte  le  disposizioni  previste  nel  citato  decreto
 allora  in  vigore,  visto  che  lo  scopo  della  legge e' quello di
 conferire anche a tale regione a  statuto  speciale  le  attribuzioni
 piu'  ampie allora effettivamente godute dalle regioni comuni in base
 a quel decreto. Ma, poiche', come s'e' detto, l'art. 4, lett. h ed s,
 del d.P.R. n. 11 del 1972 doveva considerarsi gia' abrogato alla data
 di adozione della legge n. 196 del 1978, il rinvio al  d.P.R.  n.  11
 del  1972  contenuto  in  quest'ultima  legge (art. 1) non puo' avere
 minimamente il significato di far rivivere quelle disposizioni per la
 sola Regione Valle d'Aosta.
    Del pari inconferente appare il richiamo operato dal ricorrente al
 principio di unitarieta' dei parchi nazionali, al fine  di  desumere,
 da  quel  principio  e  dalla  comune  esigenza che la disciplina dei
 parchi medesimi non si basi su visioni particolaristiche locali,  una
 preclusione assoluta, per le regioni il cui territorio sia ricompreso
 nell'area del parco (tanto piu' nei casi, come quello di  specie,  in
 cui il parco insiste sul territorio di piu' regioni), di disciplinare
 unilateralmente  attivita'  incidenti   sulla   struttura   e/o   sul
 funzionamento  del  parco  medesimo.  Il  principio  di  unitarieta',
 infatti, lungi dal comportare un divieto  cosi'  drastico,  che,  tra
 l'altro,  avrebbe  l'effetto  di  paralizzare  molteplici  competenze
 regionali  (urbanistica,  agricoltura,   etc.)   il   cui   esercizio
 interferisce  indubbiamente  con  il  funzionamento  del  parco,  non
 esclude che le regioni possano adottare, beninteso nel  rispetto  dei
 principi  vigenti, proprie leggi relative a singole parti o a singoli
 settori del parco, pur se indiscutibilmente vieta loro di  porre  una
 disciplina  coinvolgente  interessi  o  istanze  riguardanti il parco
 nazionale nella sua unitarieta' o, piu' semplicemente, una disciplina
 che   abbia   l'effetto  pratico  di  pregiudicare  l'unitarieta'  di
 struttura o di gestione del parco stessa.
    4.   -   In  definitiva,  anche  se  la  concreta  attuazione  del
 bilanciamento di interessi posto dall'art. 83 del d.P.R. n.  616  del
 1977 spetta essenzialmente al legislatore nazionale (al quale si deve
 indubbiamente riconoscere un'ampia  discrezionalita'  nel  delineare,
 nella  futura  legge-quadro  sulle riserve e sui parchi nazionali, il
 particolare riparto  di  competenze  fra  Stato  e  regioni),  appare
 evidente  che tanto i principi espressi dal citato art. 83, quanto il
 fatto che la giurisprudenza di questa Corte ha gia'  sufficientemente
 chiarito  alcuni  punti-chiave  del riparto fra Stato e regioni delle
 competenze  relative   ai   parchi   nazionali,   rendono   possibile
 individuare fin da ora sia il nucleo minimo dei poteri spettanti allo
 Stato, sia lo spazio incomprimibile delle competenze regionali.
    Su  tali  basi,  appare  chiaro  che  nell'ordine  di attribuzioni
 delineato dall'art. 83 del d.P.R.  n.  616  del  1977  le  competenze
 afferenti  alla protezione della natura mediante l'istituzione "parco
 nazionale" si collocano su tre distinti livelli.
    4.1.  -  Benche', come precedentemente dimostrato, l'art. 83 abbia
 trasferito alle regioni la materia "protezione della natura",  e  con
 essa  anche  i  parchi  nazionali, quali istituzioni finalizzate alla
 difesa dell'ambiente naturale,  l'importanza  dell'interesse  che  la
 comunita'   generale   annette  alla  loro  tutela  e'  positivamente
 considerato cosi' rilevante da aver indotto il legislatore del 1977 a
 prefigurare  un  riparto  di competenze tale da assicurare allo Stato
 poteri  idonei  a  garantire  l'unitarieta'   di   struttura   e   di
 funzionamento dei parchi nazionali.
    Questa  esigenza  ha  un duplice e puntuale riscontro nel medesimo
 art. 83, sia la' dove la futura legge-quadro, destinata  a  porre  la
 disciplina generale sui parchi e a specificare il relativo riparto di
 competenze fra Stato, regioni e comunita'  montane,  e'  vincolata  a
 mantener  ferma  l'unitarieta'  dei  parchi e delle riserve nazionali
 esistenti (comma secondo), sia  la'  dove  si  riconosce  allo  Stato
 stesso  il  potere  di  individuare  le  aree  da  destinare a parchi
 localizzati sul territorio  di  piu'  regioni  (comma  quarto)  e,  a
 fortiori,  a  parchi  d'interesse  nazionale (essendo l'interesse che
 sorregge i primi un minus rispetto a quello proprio dei secondi). Con
 tale  disciplina si mostra chiaramente di voler attribuire allo Stato
 un ampio potere programmatorio, comprensivo tanto della posizione  di
 direttive  in  ordine  alla  struttura e al funzionamento dei parchi,
 quanto della localizzazione e del dimensionamento dei  parchi  stessi
 nel territorio nazionale.
    4.2.  -  A un livello intermedio fra le attribuzioni dello Stato e
 quelle delle regioni si collocano le competenze dell'ente-parco.  Nel
 richiamarsi  espressamente  a  tale  figura  giuridica,  l'art. 83 ha
 chiaramente inteso  inserire  nel  sistema  dei  poteri  vo'lto  alla
 protezione  della natura il parco come istituzione tipica preordinata
 alla difesa di uno  o  piu'  eco-sistemi,  avente  gia'  nel  diritto
 positivo  preesistente una caratterizzazione sua propria sia sotto il
 profilo organizzativo sia sotto quello delle funzioni.
    In particolare, il parco e' un'istituzione vo'lta ad assicurare un
 regime  speciale  dei  beni  immobili  e  delle   attivita'   sociali
 insistenti  nell'area  protetta,  dotata, a tal fine, tanto di poteri
 amministrativi  (di  divieto,  di  autorizzazione,  etc.)  diretti  a
 impedire  o  a prevenire che la cura di ogni altro interesse pubblico
 (in materia di urbanistica, agricoltura, turismo, etc.) si svolga  in
 contrasto  o  comunque  in  modo  incompatibile  con  le finalita' di
 conservazione e di valorizzazione dell'ambiente  proprie  del  parco,
 quanto  di  poteri  pianificatori  diretti  a  favorire  lo  sviluppo
 dell'area  protetta  nella  sua  evoluzione  storico-naturale  e   in
 raccordo   con   il   divenire   del  territorio  circostante.  Sotto
 quest'ultimo profilo, il raccordo dovra' realizzarsi attraverso forme
 di  cooperazione  adeguate,  attinenti  sia  alla  composizione degli
 organi  del  parco,  sia  al   coordinamento   dell'esercizio   delle
 competenze di questi ultimi con quelle degli organi regionali.
    Allorche'  il parco sia d'interesse nazionale, questo complesso di
 poteri,  beninteso   nel   suo   contenuto   minimo   o   nella   sua
 struttura-tipo, non puo' esser determinato che da una legge statale o
 sulla base di essa.
    4.3. - A un livello ulteriore si collocano, poi, le competenze nel
 cui svolgimento consta l'effettiva disciplina delle attivita'  e  dei
 beni  che  insistono nell'area protetta, quali le molteplici forme di
 difesa ambientale, la determinazione di un certo assetto urbanistico,
 la  fissazione  di  un  certo  regime  per  le attivita' agricole, la
 definizione di una certa politica per il turismo,  e  cosi'  via.  Si
 tratta di competenze che, per lo piu', sono attribuite alle regioni e
 che, nel caso della Valle d'Aosta, sono in gran parte assegnate  alla
 sua  competenza legislativa primaria in base all'art. 2 dello Statuto
 di autonomia. A questa, infatti,  sono  affidate  sia  l'urbanistica,
 l'agricoltura  e  foreste, la caccia e la pesca, il turismo, i lavori
 pubblici  e  l'artigianato,  sia,   soprattutto,   la   "tutela   del
 paesaggio",  la  quale  appare  contrassegnata  da  una  strettissima
 contiguita'   con   la   "protezione   della   natura",   in   quanto
 caratterizzata da interessi estetico-culturali (v. sentt. nn. 239 del
 1982, 359 del 1985, 151  del  1986)  che,  ancorche'  presenti  nella
 materia disciplinata dall'art. 83, sono in quest'ultimo caso trascesi
 in una visione  piu'  ampia,  basata  primariamente  sugli  interessi
 ecologici  e,  quindi, sulla difesa dell'ambiente come bene unitario,
 pur se composto da molteplici aspetti rilevanti per la vita  naturale
 e umana (v. in tal senso sent. n. 617 del 1987).
    In altre parole, al livello della gestione diretta delle attivita'
 rilevanti per la protezione  della  natura  e  dell'ambiente  attuata
 mediante  un  parco nazionale, la regione vanta una competenza ad hoc
 di tipo concorrente (v. spec. sentt.   nn.  223  del  1984,  183  del
 1987),  che  si  affianca  a  numerose  altre  competenze  su materie
 confinanti (urbanistica, agricoltura,  etc.),  esercitate,  nel  caso
 della  Valle  d'Aosta,  sulla base di una potesta' di tipo esclusivo.
 Tuttavia, poiche' tali  competenze  convivono  e  interferiscono  con
 interessi nazionali di cui e' portatore lo Stato, e poiche' lo stesso
 art.  83  del  d.P.R.  n.  616  del  1977  prevede  espressamente  il
 particolare  vincolo dell'unitarieta' di struttura e di funzionamento
 dei   parchi,   giustificando   cosi'   una   particolare    funzione
 dell'ente-parco  nell'assicurare  la  compatibilita' delle competenze
 regionali con le finalita'  istituzionali  del  parco,  non  si  puo'
 prescindere  in  materia  dall'esigenza,  piu'  volte sottolineata da
 questa Corte, (v. sentt. nn. 219 del 1984, 344 del 1987), secondo  la
 quale il riparto delle rispettive competenze e i rapporti fra Stato e
 regioni nell'esercizio delle  stesse  devono  essere  ispirati  a  un
 "modello   di  cooperazione  e  integrazione  nel  segno  dei  grandi
 interessi unitari della Nazione".
    Cio' non esclude, ovviamente, che questa Corte debba verificare di
 volta in volta se i poteri attribuiti allo Stato  siano  giustificati
 da  reali esigenze connesse al soddisfacimento di interessi nazionali
 (v.  sentt.  nn.  223  del  1984,  49  del  1987,  177  del  1988)  e
 all'unitarieta' del parco, di modo che dalla disciplina statale e dai
 poteri   attribuiti   all'ente-parco   non   derivino    vincoli    o
 condizionamenti  tali  da produrre un pratico svuotamento delle varie
 competenze che le regioni possiedono in materia. E, allo stesso modo,
 questa  Corte  non  puo'  esimersi  dal  controllare  se gli elastici
 confini  che  caratterizzano  la  "protezione   della   natura"   non
 costituiscano  un  pretesto  per dare a questa materia un significato
 troppo estensivo, tale da stravolgere il significato degli  interessi
 sottesi  alle  altre competenze con quelle interferenti (urbanistica,
 agricoltura, etc.) o - nel caso che queste ultime siano attribuite  a
 potesta'  regionali  di  tipo  esclusivo, come nella specie - tale da
 produrre un loro surrettizio appiattimento su standard  propri  delle
 potesta' concorrenti.
    5.  -  Sulla  distinzione  e  sulla  dialettica dei tre menzionati
 livelli di  competenze  -  che,  in  ogni  caso,  come  si  e'  prima
 ricordato,  vanno esercitati sulla base dell'idea di cooperazione che
 sorregge il sistema - poggia il delicato equilibrio di poteri che, in
 attuazione  della  Costituzione,  il  legislatore  del 1977 ha inteso
 porre  in  materia  di  protezione  della  natura   mediante   parchi
 nazionali.  Ma proprio questo equilibrio e' direttamente contraddetto
 da due gruppi di norme contenuti nella  legge  impugnata:  a)  quello
 relativo  alla  previsione, istituzione e composizione del "Consiglio
 del  territorio  del  Gran  Paradiso",  nonche'  alla  dotazione  dei
 relativi   poteri   (artt.  5,  6  e  7);  b)  quello  relativo  alla
 determinazione  dei  confini  del  Parco,  se  pure  ai   soli   fini
 dell'applicazione della legge stessa (art. 2).
    La  previsione  da  parte  della  Regione  di  un  organo, come il
 "Consiglio del territorio del  Gran  Paradiso",  che  ha  come  unico
 potere  espressamente  attribuito  dalla  legge  impugnata  quello di
 rilasciare   il   permesso   speciale   di   edificazione   spettante
 all'autorita'  investita  dei  poteri di salvaguardia delle finalita'
 proprie del parco nazionale, si pone  in  contrasto  con  i  principi
 sopra menzionati sotto un duplice profilo.
    Innanzitutto,   in  base  all'ordine  delle  competenze  stabilito
 dall'art. 83 e al principio di unitarieta' che deve  presiedere  alla
 disciplina dei parchi nazionali, spetta unicamente alla legge statale
 stabilire la struttura-tipo dell'organizzazione preposta alla  tutela
 del  parco  e  i  principali  poteri  spettanti agli organi previsti,
 compresi i tipi di  vincoli  adottabili  per  la  salvaguardia  delle
 finalita'  del  parco  e  le  eventuali  ipotesi  di  indennizzo o di
 contribuzione da corrispondere  ai  soggetti  sottoposti  ai  vincoli
 stessi.   Ebbene,   l'attuale  legislazione  nazionale  operante  nei
 confronti del Parco del Gran Paradiso, anche se non e'  riconducibile
 alla  normativa-quadro  prevista  dall'art.  83, vincola, per i punti
 appena detti, il legislatore regionale, il quale, nella  specie,  non
 puo'  dunque prevedere un organo regionale che si sovrappone, se pure
 parzialmente, all'ente-parco previsto dalla legge nazionale.
    In  secondo  luogo,  l'attribuzione  di  un  potere come quello di
 rilasciare il ricordato permesso di edificazione (art. 5 della  legge
 impugnata)  non  puo' avvenire a favore di un'istituzione, qual'e' il
 "Consiglio del territorio del Gran Paradiso",  che,  comunque  la  si
 voglia definire giuridicamente, e' senz'alcun dubbio emanazione della
 sola Regione Valle d'Aosta e della sua realta' politico-istituzionale
 (v.  spec. art. 6 della legge impugnata): per sua natura, infatti, un
 potere del genere dev'essere espressivo di un'istanza dialetticamente
 contrapposta  a  quelle che la regione vanta nelle materie di propria
 competenza (urbanistica,  tutela  del  paesaggio,  etc.),  in  quanto
 diretto  alla  tutela degli interessi unitari che devono esser curati
 in concreto dall'istituzione "parco nazionale". Sotto  tale  aspetto,
 dunque, l'articolo impugnato si pone in contrasto con il principio di
 unitarieta' dei parchi, poiche' anche se  non  si  puo'  negare  alla
 Regione  il  potere di stabilire sulla parte del parco insistente sul
 proprio territorio un organo di coordinamento delle istanze regionali
 con  quelle  sub-regionali  (comuni,  comunita' montane) in relazione
 alla gestione (regionale) del parco stesso, va comunque escluso, come
 si  e'  prima  precisato (v. punti 4.1 e 4.2 della parte in diritto),
 che si possano conferire ad esso poteri  espressivi  degli  interessi
 unitari del parco.
    Per  ragioni  analoghe  va  considerato illegittimo anche l'art. 2
 della legge impugnata, che, nel  definire  l'ambito  territoriale  di
 applicazione  della  stessa legge, rinvia, per la precisa definizione
 del perimetro del parco che insiste nel territorio della  regione,  a
 una  cartina  allegata  alla  deliberazione  legislativa impugnata. A
 parte che ci si troverebbe di fronte ad una questione gia' risolta da
 questa  Corte  (sent.  n.  344  del  1987),  sta  di  fatto che, come
 affermato nella decisione appena ricordata, il potere di  definire  i
 confini  del  Parco  del  Gran  Paradiso,  essendo  uno degli aspetti
 essenziali attinenti all'istituzione di un parco nazionale, non  puo'
 non   spettare  allo  Stato,  se  pure  nell'ambito  delle  procedure
 cooperative prima ricordate, dal momento che e' nella  determinazione
 dei   confini   che   assume  definitivamente  rilevanza  l'interesse
 nazionale  che  ha  precedentemente  portato  lo   stesso   Stato   a
 individuare  l'area  protetta, a norma dell'art. 83 del d.P.R. n. 616
 del 1977.
    6. - Il ricorso va accolto anche in relazione all'art. 3, commi 2,
 3 e 4 e all'art. 4 della legge impugnata, che riformulano il  divieto
 di   caccia   e   di  pesca  contenuto  nella  legislazione  statale,
 manipolandone, nel caso della caccia, sia la configurazione del reato
 che il regime delle sanzioni, e, nel caso della pesca, la consistenza
 del divieto.
    Piu'  precisamente, l'art. 3, nel rendere inapplicabili alla parte
 del Parco del Gran Paradiso compresa  nel  territorio  della  Regione
 l'art.  8  e  l'art.  12  del decreto-legge istitutivo del parco, per
 quanto si riferiscono  alla  caccia  (comma  terzo),  provvede  nello
 stesso  tempo  a riformulare il divieto di caccia (comma secondo) e a
 modificarne le relative sanzioni, sostituendo al complesso di  multe,
 previsto  nell'art.  12  del decreto istitutivo, la sola applicazione
 degli artt. 624 e segg. c.p.,  relativi  al  reato  di  furto  (comma
 quarto).   L'art. 4, poi, nel rendere inapplicabile alla porzione del
 Parco del Gran Paradiso insistente nel territorio valdostano l'art. 8
 del  decreto  istitutivo  anche  per  quanto si riferisce alla pesca,
 riformula il divieto di  quest'ultima,  espungendo  dalla  figura  di
 reato,  quale  prevista nello stesso art. 8, la semplice introduzione
 nell'area protetta di armi o  di  ordigni  utilizzabili  a  scopo  di
 pesca.
    Stando  cosi'  le cose, non si puo' negare fondamento alla censura
 governativa relativa alla violazione del principio di unitarieta' dei
 parchi  nazionali,  posto  dall'art. 83, comma secondo, del d.P.R. n.
 616 del 1977. Tale principio comporta, fra l'altro, che la disciplina
 di profili relativi alla vita di un parco nazionale, la quale rientri
 nelle competenze regionali, non  puo'  spingersi  fino  al  punto  di
 rendere  difforme,  da  zona  a zona del medesimo parco, la tutela di
 beni la cui conservazione rappresenta  un  aspetto  essenziale  delle
 finalita'  istituzionali del parco. E, poiche' il divieto di caccia e
 pesca all'interno delle riserve naturali  e  dei  parchi  d'interesse
 nazionale  costituisce  un  profilo  essenziale  delle  finalita'  di
 protezione  della  natura   e   dell'ambiente   proprie   di   quelle
 istituzioni, si deve dire che gli artt. 3, commi 2-4, e 4 della legge
 impugnata  costituiscono  esercizio  illegittimo  di  una  competenza
 (quella  sulla caccia e pesca), che, anche se di tipo esclusivo (art.
 2, lett. l, St. V.A.), non puo' svolgersi in  modo  da  produrre  una
 lesione  indiretta  dei  limiti posti a carico di un'altra competenza
 regionale, quella relativa  alla  protezione  della  natura  mediante
 parchi  nazionali  (art.  83, comma secondo, d.P.R. n. 616 del 1977),
 atteso che da tali limiti  non  deriva  uno  svuotamento  sostanziale
 della competenza regionale sulla caccia e pesca.
    Del  resto,  ben  piu'  gravi  perplessita'  sorgerebbero  ove  le
 disposizioni della  cui  costituzionalita'  ora  si  discute  fossero
 esaminate  sotto  il profilo del divieto per le regioni di esercitare
 competenze in materia penale. Come  questa  Corte  ha  precisato  (v.
 spec. sent. n. 179 del 1986), in base a tale divieto e' impedito alle
 regioni di: a) creare nuove figure di reato; b)  richiamare  sanzioni
 penali  gia' comminate da leggi dello Stato in relazione a violazioni
 di leggi regionali; c) rendere lecite attivita' che le leggi  statali
 considerano illecite e passibili di sanzione penale. Ebbene, anche ad
 un esame sommario delle norme in  discussione,  appare  evidente  che
 esse  contrastano  direttamente con i principi appena enunciati e, in
 particolare, con l'ultimo.
    Gli  artt.  8 e 12 del decreto-legge istitutivo del Parco del Gran
 Paradiso - che, anche per quanto riguarda la caccia, hanno conservato
 pieno  vigore  pur  dopo  l'adozione della legge 27 dicembre 1977, n.
 968, in virtu' della regola  della  lex  specialis  -  prevedono  una
 triplice  figura  di  divieto,  ad  ognuna delle quali connettono una
 sanzione penale, costituita da una multa di varia  entita'.  Piu'  in
 particolare,  essi puniscono tanto l'esercizio in atto della caccia e
 della pesca all'interno del Parco e il relativo tentativo, quanto  la
 mera  introduzione nel perimetro del Parco stesso di animali, armi od
 ordigni che servono a cacciare o a pescare. Pertanto, gli ultimi  due
 commi  dell'art.  3  della legge impugnata, nel rendere inapplicabili
 alla parte del parco compresa nel territorio  valdostano  i  predetti
 artt.  8  e  12,  per  quanto  si  riferiscono  alla  caccia,  e  nel
 riformulare l'identico divieto contenuto  nell'art.  8  applicandogli
 tuttavia  le  norme  del codice penale relative al furto (artt. 624 e
 segg.), si pongono in contrasto con il divieto per le leggi regionali
 di  disciplinare  materie  penali  sotto due distinti profili: per un
 verso, perche' producono la depenalizzazione del  reato  di  semplice
 accesso  nel  parco  con  cani,  armi  e ordigni per quanto non possa
 rientrare nella configurazione del tentativo di furto; e,  per  altro
 verso,   perche',  attraverso  l'espressa  previsione  di  una  legge
 regionale di determinate sanzioni penali (quelle relative  al  furto)
 non  espressamente  collegate  al  divieto  di caccia da alcuna norma
 statale,  ma  applicate  al  predetto   divieto   soltanto   in   via
 interpretativa  (v.  in  proposito  la sent. n. 97 del 1987 di questa
 Corte), finiscono per violare il limite penale, rendendo obbligatoria
 con  legge  regionale,  almeno  per il territorio valdostano compreso
 nell'area   del   Parco   del   Gran   Paradiso,   un'interpretazione
 giurisprudenziale  che, per quanto condivisibile e autorevole, e' pur
 sempre tale (v. in tal senso le sentt. nn. 13 del 1961, 68  del  1963
 di questa Corte).
    Analogamente  l'art.  4,  nel  rendere  inapplicabile l'art. 8 del
 decreto istitutivo del Parco del Gran Paradiso e nel  riformulare  il
 divieto  di  pesca,  lasciandovi fuori l'ipotesi del semplice accesso
 con armi od ordigni (che, peraltro, a  seguito  di  un  coordinamento
 imperfetto,  e'  mantenuta  ferma nelle norme sanzionatorie contenute
 nell'art. 12 del  suddetto  decreto),  finisce  per  depenalizzare  e
 rendere  lecita  un'attivita'  che  la  legislazione  statale punisce
 penalmente.
    7. - Un ultimo profilo riguarda l'art. 3, comma primo, della legge
 impugnata, che attribuisce la fauna vivente nel territorio valdostano
 ricompreso  nel  perimetro  del Parco del Gran Paradiso al patrimonio
 indisponibile dei comuni situati nella stessa area  regionale.  Anche
 per  questo  aspetto  va  accolta  la censura governativa, secondo la
 quale si tratta di disciplina esorbitante  dai  limiti  propri  delle
 competenze legislative della Regione Valle d'Aosta.
    Infatti,  pur  a  ritenere che non costituisca un vincolo l'art. 1
 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (legge-quadro sulla caccia),  il
 quale  assegna  la fauna selvatica al "patrimonio indisponibile dello
 Stato", in quanto si potrebbe ipoteticamente sostenere che  la  norma
 faccia  riferimento  allo Stato nel complesso delle sue articolazioni
 pubbliche, sta di fatto che, come  non  sembra  escludere  la  stessa
 Regione,  il  regime  di  appartenenza dei beni e, in particolare, di
 quelli d'interesse pubblico, deve essere  stabilito,  quantomeno  nei
 suoi  principi  generali,  da  una legge dello Stato. Tanto piu' cio'
 vale se si considera che, nel caso di specie, la fauna rientra fra  i
 beni  la  cui  tutela  costituisce  elemento essenziale di un sistema
 istituzionale di protezione della natura, qual'e' il Parco  nazionale
 del  Gran  Paradiso,  che  e'  stato  istituito  in  seguito  ad  una
 valutazione dello Stato ed alla rilevanza che questo ha  riconosciuto
 al  complesso di risorse naturali presenti in quell'area, compresa la
 fauna vivente.
    Del  resto,  la  qualificazione  giuridica  della  fauna come bene
 d'interesse pubblico e la conseguente  attribuzione  di  appartenenza
 non  puo'  farsi rientrare in nessuna delle competenze assegnate alla
 potesta' legislativa  della  Valle  d'Aosta,  tanto  che  persino  la
 materia   piu'  contigua,  qual'e'  la  "caccia  e  pesca",  concerne
 attivita' distinte e successive alla predetta  qualificazione,  anche
 se indubbiamente condizionata da quest'ultima.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione
 Valle  d'Aosta,  riapprovata  il  17   ottobre   1980,   dal   titolo
 "Application  des  compe'tences le'gislatives primaires de la Re'gion
 Autonome Valle'e d'Aoste, sur la partie  de  son  territoire  incluse
 dans le Parc National du Grand Paradis".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 15 novembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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