N. 813 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 ottobre 1988
N. 813 Ordinanza emessa il 13 ottobre 1988 dal tribunale di Novara sull'incidente di esecuzione promosso da Sciarabba Giovanni nel procedimento penale contro Genovese Rosario Ordinamento giudiziario - Ausiliari del giudice - Compenso ai custodi giudiziari - Mancata previsione della facolta' di presentazione di ricorso avverso il decreto di liquidazione dei compensi nella medesima forma prevista per gli altri ausiliari del giudice (periti, consulenti tecnici, interpreti, traduttori) Ingiustificata disparita' di trattamento - Riferimento a ordinanza della Corte costituzionale n. 38/1988 - Richiesta di riesame. (Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 11). (Cost., art. 3).(GU n.3 del 18-1-1989 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Con decreto motivato emesso il 31 marzo 1988 il pretore di Novara, nel procedimento penale n. 2055/A/87 contro Genovese Rosario, liquidava a Sciarabba Giovanni, custode giudiziario dell'auto Fiat 126 targata TO/M32961 dal 30 settembre 1987 al 29 febbraio 1988, la complessiva somma di L. 73.650, di cui L. 30.050 per indennita' di custodia e L. 44.100 per spese di soccorso stradale, rigettando la richiesta di liquidazione di ulteriori L. 180.000, esposte dallo Sciarabba quali spese di conservazione dell'automezzo, perche' tali spese, secondo il pretore, non erano state autorizzate e, comunque, non apparivano necessarie. Il citato decreto di liquidazione del compenso veniva impugnato davanti al tribunale di Novara dal custode Sciarabba Giovanni il 7 aprile 1988 con "istanza per proposizione di incidente di esecuzione" - pervenuta al tribunale l'11 aprile 1988 - nella quale l'istanza chiedeva la revoca del suddetto decreto pretorile nella parte in cui non riconosceva le spese di conservazione e posteggio - richieste in L. 180.000 -, assumendo che dette spese erano inerenti e necessarie all'attivita' di custode per assicurare il soddisfacimento del fine delle norme sul sequestro penale, non ultimo quello di ottenere un realizzo economico per lo Stato in caso di sequestro mantenuto a garanzia di obbligazioni pecuniarie, nonche' per evitare il concretizzarsi dalle ipotesi di reato di cui all'art. 335 del c.p. Il tribunale, prima di affrontare il merito del ricorso, preoccupandosi di ricercare la fonte normativa di tale impugnazione - che non poteva risolversi in un vero e proprio incidente d'esecuzione non avendo, il tribunale, la disponibilita' del procedimento penale cui si riferiva l'istanza -, riteneva di rinvenirla, in un primo momento, nell'art. 11 della legge n. 319/1980 da applicarsi in via analogica. Tuttavia la rigida indicazione dei soggetti (periti, consulenti interpreti e traduttori) cui e' concessa la facolta' di proporre impugnazione avverso il decreto di liquidazione dei compensi emesso dal giudice che li ha nominati, ricorrendo all'organo collegiale (il tribunale, nel caso di decreto del pretore del giudice istruttore - civile o penale - o del pubblico ministero) per il riesame del provvedimento, attraverso il procedimento di cui all'art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794, appare ostativa alla applicazione in via analogica di detta norma (art. 11 della legge n. 319/1980), e cio' nonostante che il custode e le altre figure di collaboratori giudiziari espressamente indicate nella norma svolgano, comunque, funzioni ausiliarie dell'attivita' giudiziale. Orbene la mancata previsione tra quelle figure di ausiliari del giudice del custode giudiziario, il quale non ha, al pari degli altri, la facolta' di impugnazione di cui sopra, ha indotto il tribunale a ritenere che la norma di cui all'art. 11 della legge n. 319/1980 cosi' come formulata appaia chiaramente in contrasto con il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (art. 3 della Costituzione) dal momento che, a parita' di condizioni soggettive ed oggettive, esclude i custodi giudiziari dal trattamento riservato ai periti, ai consulenti, agli interpreti e ai trasuttori. Non e' dubitabile infatti che anche il custode, cosi' come gli altri, sia un ausiliario del giudice e che, pertanto, ha un uguale diritto al compenso, liquidatogli secondo i criteri prescritti dalla legge, e alla impugnazione del provvedimento di liquidazione. La disparita' di trattamento tra questi soggetti, tutti ausiliari del giudice, non appare giustificata e, pertanto, deve essere sollevata d'ufficio la questione di costituzionalita' della norma di cui all'art. 11 della legge n. 319/1980 per violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, questione che appare certamente rilevante nel presente procedimento per poter ritenere ammissibile l'opposizione e procedere al suo esame nel merito. Detta questione, invero, e' gia' stata sollevata dal tribunale di Palermo con ordinanza 8 marzo 1985 e la Corte costituzionale ha dichiarato la questione manifestamente infondata con ordinanza del 13-19 gennaio 1988, n. 38. Nella motivazione di detta ordinanza si legge quanto segue: "Considerato che in materia processuale e' consentito al legislatore di prevedere procedimenti dfferenziati e di regolare in modo non rigidamente uniforme i modi della tutela giurisdizionale a condizione che non siano vulnerati i principi fondamentali di garanzia ed effettivita' della tutela giurisdizionale; che il decreto che liquida il compenso al custode giudiziario puo' essere ricondotto fra i provvedimenti speciali a carattere monitorio emessi dal giudice in via provvisoria, con la conseguenza che avverso il decreto stesso e' esperibile un mezzo di impugnazione idoneo a introdurre un giudizio ordinario di cognizione anche sul merito della domanda creditoria, con l'osservanza della regola del contraddittorio". La motivazione del rigetto della questione per manifesta infondatezza, come sopra riportata, non appare del tutto convincente non risultando affatto chiaro quale sia "il mezzo di impugnazione idoneo ad introdurre un giudizio ordinario di cognizione anche sul merito della domanda creditoria, con l'osservanza della regola del contraddittorio" perche', nel caso che ci occupa, con il decreto motivato il pretore penale si e' gia' compiutamente espresso nel merito della richiesta del custode e appare incongruente una opposizione di quest'ultimo davanti a quello stesso pretore penale che ha gia' manifestato il proprio convincimento. In questo caso, infatti, ad opporsi ad un decreto "che puo' essere ricondotto fra i provvedimenti a carattere monitorio" dovrebbe essere non l'altra parte, verso cui e' indirizzata l'ingiunzione del giudice (secondo lo schema classico del procedimento monitorio), bensi' lo stesso ricorrente che si e' trovato con un provvedimento non corrispondente a quanto richiesto (almeno nel quantum). E inoltre occorre domandarsi: nel corso di un procedimento penale che sarebbe la controparte del custode giudiziario-opponente con la quale instaurare un valido contraddittorio "sul merito della domanda creditoria"? L'Erario? L'imputato? La risposta non e' agevole. Non vi e' dubbio, allora, che appare sussistere una sostanziale incertezza nei mezzi di tutela a disposizione del custode, che viene dimostrata anche dal ricorso in oggetto, proposto come ricorso per incidente di esecuzione al tribunale pur trattandosi di un procedimento penale pretorile. In verita' il diritto del custode giudiziario al compenso e' oggetto di tutela giudiziaria diversa e sostanzialmente deteriore rispetto a quella riservata ai diritti degli altri ausiliari del giudice, fosse anche soltanto per la mancata chiarezza degli strumenti di tutela e, non ultimo, per la loro diversa durata nel tempo (trattandosi - come pare di rilevare dalla motivazione della Corte - di processi ordinari di cognizione conseguenti ad opposizione a decreto) rispetto a quelli offerti agli altri ausiliari del giudice. La questione di costituzionalita' dell'art. 11 della legge n. 319/1980 in relazione all'art. 3 della Costituzione non appare manifestamente infondata ed essendo rilevante nel presente procedimento, al fine di ritenere ammissibile l'opposizione proposta dal ricorrente, deve essere riproposta all'attenzione della Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante nel presente procedimento e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319, con riferimento all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede che avverso il decreto di liquidazione dei compensi il custode giudiziario possa proporre ricorso nelle medesime forme previste dalla suddetta norma; Sospende il presente procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al ricorrente, al p.m. presso questo tribunale e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Novara in camera di consiglio il 13 ottobre 1988. (Seguono le firme) 88C1997