N. 1141 SENTENZA 15 - 29 dicembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 Regione Sicilia - Credito e risparmio - Svolgimento della raccolta
 del risparmio e dell'esercizio del credito - Rilascio
 dell'autorizzazione - Determinazione dell'ammontare minimo del
 capitale o del fondo di dotazione - Potere attribuito al Comitato
 regionale per il credito e il risparmio  C.R.C.R.) Illegittimita'
 costituzionale parziale.
 (Legge approvata dall'assemblea regionale siciliana il 22 ottobre
 1987, art. 2, primo comma, lett. éa).
 (Statuto speciale regione Sicilia, art. 17, lett. ée); d.P.R. 27
 giugno 1952, n. 1133, artt. 1 e 10, primo comma).
 Regione Sicilia - Credito e risparmio - Esercizio di competenze
 statali - Attivita' concernenti gli enti creditizi aventi sede
 centrale in Sicilia che operano anche fuori dal territorio della
 regione - Obbligo della previa intesa dell'assessore regionale per il
 bilancio e le finanze con le autorita' creditizie centrali ovvero del
 nulla osta dell'amministrazione regionale Illegittimita'
 costituzionale.
 (Legge approvata dall'assemblea regionale siciliana il 22 ottobre
 1987, artt. 3, primo comma, 4, primo comma, e 6, secondo comma).
 (Statuto speciale regione Sicilia, art. 17, lett. ée); d.P.R. 27
 giugno 1952, n. 1133, art. 2).
 Regione Sicilia - Credito e risparmio - Esercizio dell'attivita'
 creditizia - Domanda di autorizzazione - Formazione del silenzio
 rifiuto - Termine di diciotto mesi dal ricevimento della domanda -
 Infondatezza.
 (Legge approvata dall'assemblea regionale siciliana il 22 ottobre
 1987, art. 7, secondo comma).
 (Statuto speciale regione Sicilia, art. 17, lett. ée), in relazione
 agli artt. 9, secondo comma, e 14 del d.P.R. 27 giugno 1985, n. 350,
 nonche' all'articolo unico, punto quarto, della legge 5 marzo 1985,
 n. 74)
(GU n.1 del 4-1-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 2, primo
 comma, lett. a); 3, primo comma; 4, primo comma; 6, secondo  comma  e
 7,  secondo  comma  della  legge  approvata  dall'Assemblea Regionale
 Siciliana il 22 ottobre 1987, avente per oggetto: "Recepimento  della
 direttiva  comunitaria n. 77/780, in materia creditizia" promosso con
 ricorso  del  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  siciliana,
 notificato  il  29  ottobre  1987,  depositato  in  cancelleria  il 7
 novembre successivo ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 1987;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sicilia;
    Udito  nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Ivo Braguglia, per il ricorrente, e
 gli Avvocati Guido Corso e Valerio Onida per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso notificato il 29 ottobre 1987 e depositato il 7
 novembre successivo,  il  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione
 siciliana ha sollevato varie questioni di legittimita' costituzionale
 di alcune disposizioni della legge approvata dall'Assemblea Regionale
 Siciliana   il   22  ottobre  1987,  intitolata:  "Recepimento  della
 direttiva comunitaria n. 77/780 in materia creditizia".
    Il  ricorrente, premesso che la competenza della Regione siciliana
 in materia di credito e risparmio e' stata determinata dalle norme di
 attuazione  adottate  con d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, osserva che
 essa e' stata ulteriormente vincolata dal d.P.R. 27 giugno  1985,  n.
 350,  che,  in  esecuzione  della  delega conferita con legge 5 marzo
 1985, n.  74,  ha  recepito  nell'ordinamento  statale  la  direttiva
 comunitaria  n.  77/780,  prevedendo,  all'art.  14,  l'obbligo delle
 Regioni a statuto speciale  di  attenersi  ai  principi  fondamentali
 dello  stesso  decreto.  In  riferimento  a tali norme, il ricorrente
 dubita della legittimita' costituzionale degli artt. 2, primo  comma,
 lett.  a),  3,  primo  comma,  4, primo comma, 6, secondo comma, e 7,
 secondo comma, della legge impugnata.
    1.1.  -  In  particolare,  l'art.  2,  primo  comma, lett. a), che
 attribuisce al Comitato regionale per il credito ed il  risparmio  la
 competenza  a  determinare  l'ammontare  del  capitale o del fondo di
 dotazione delle societa' o degli enti pubblici che, in presenza delle
 altre  condizioni  previste  dal  d.P.R.  n.  350 del 1985 e nei casi
 previsti dalle norme di attuazione, richiedono l'autorizzazione  allo
 svolgimento  dell'attivita'  di raccolta del risparmio e di esercizio
 del credito, violerebbe: a) l'art. 1, comma  secondo,  lett.  a)  del
 d.P.R.  n.  350 del 1985, che attribuisce solo alla Banca d'Italia la
 competenza a fissare, in via generale, l'entita' del  capitale  delle
 societa'  ovvero  del  fondo  di dotazione degli enti; b) le norme di
 attuazione, adottate con d.P.R n. 1133 del  1952,  che  demandano  al
 CRCR   solo   le  funzioni  spettanti  al  CICR,  tra  le  quali  non
 rientrerebbe quella in esame, che e' stata devoluta  al  Servizio  di
 Vigilanza  della Banca d'Italia ai sensi dell'art. 28, secondo comma,
 della legge 13 marzo 1938, n. 141 (legge bancaria),  come  modificata
 dal d. lgs. CPS 17 luglio 1947, n. 691.
    D'altronde, osserva il ricorrente, non va trascurato che, ai sensi
 dell'art. 10 delle norme di attuazione, per tutto quanto non previsto
 dalle stesse si applicano, nel territorio della Regione siciliana, le
 disposizioni  della  legge  bancaria  e  che  la   stessa   direttiva
 comunitaria, che la legge impugnata intende recepire nell'ordinamento
 regionale, e' ispirata, sotto il profilo considerato, da esigenze  di
 uniformita' di trattamento.
    1.2. - Illegittimo sarebbe, sempre ad avviso del ricorrente, anche
 l'art. 3, primo comma, della legge impugnata, che  prevede  il  nulla
 osta  dell'Amministrazione  regionale  per  le operazioni di fusione,
 cessione di  sportelli  bancari,  aumento  di  capitale  e  modifiche
 statutarie degli enti creditizi aventi sede centrale in Sicilia.
    Questa   disposizione,  infatti,  attribuisce  all'amministrazione
 regionale un vero e proprio potere  di  veto  per  l'esercizio  delle
 potesta'  proprie  delle  autorita'  creditizie centrali in ordine ad
 enti che, pur  avendo  la  sede  centrale  in  Sicilia,  non  operano
 esclusivamente   nel   territorio  della  Regione.  Tra  l'altro,  la
 disposizione impugnata non sembra in alcun  modo  riconducibile  alle
 prescrizioni della direttiva comunitaria n. 77/780.
     Per   analoghe   ragioni,   e   precisamente  per  il  fatto  che
 attribuiscono all'assessore regionale  competenze  non  espressamente
 previste  dalle  norme  di attuazione in quanto relative ad enti che,
 pur avendo la sede centrale in Sicilia,  non  operano  esclusivamente
 nel territorio regionale, sarebbero illegittimi, sempre ad avviso del
 Commissario dello Stato, l'art. 4, primo comma (che richiede l'intesa
 dell'Assessore  regionale sulla nomina, di competenza delle autorita'
 creditizie centrali, degli organi di amministrazione, di direzione  o
 di  controllo  di istituti ed aziende di credito aventi sede centrale
 in  Sicilia)  e  l'art.  6,  secondo  comma  (che  richiede  l'intesa
 dell'Assessore  regionale  in  ordine  all'autorizzazione  rilasciata
 dalla Banca d'Italia per l'apertura di sportelli  bancari  fuori  del
 territorio  regionale  da  parte  di  enti  creditizi  aventi la sede
 centrale in Sicilia).
    1.3.  -  Oggetto  di  specifica  impugnativa e', infine, l'art. 7,
 secondo comma,  che  prevede  la  formazione  in  diciotto  mesi  del
 silenzio   rigetto  sulle  domande  di  autorizzazione  all'esercizio
 dell'attivita' degli enti creditizi.
    Il  ricorrente  osserva, infatti, che, poiche' il termine previsto
 dalla legge regionale e' superiore  a  quello  fissato  dalla  stessa
 direttiva comunitaria (paragrafo 3, punto 6), che e' stato richiamato
 dalla legge n. 74 del 1985 e recepito nel  d.P.R.  n.  350  del  1985
 (art.  9,  secondo  comma), risulta violato un principio fondamentale
 della materia ai sensi dell'art. 14 del medesimo d.P.R.  n.  350  del
 1985.
    2.  - Si e' costituita la Regione siciliana chiedendo la reiezione
 del ricorso.
    La   Regione  osserva  innanzitutto  che,  poiche'  non  tutte  le
 disposizioni contenute nel  d.P.R.  n.  350  del  1985  costituiscono
 principi  fondamentali  della materia, come tali idonei a limitare la
 potesta' normativa concorrente in materia di credito e di  risparmio,
 e'  del  tutto  impropria l'assunzione del medesimo decreto o, quanto
 meno, delle disposizioni richiamate nel ricorso,  come  parametro  di
 legittimita'  costituzionale  della  legge impugnata. Per la Regione,
 occorre  invece  individuare  se  e  quali  di  queste   disposizioni
 costituiscano   principio  fondamentale,  non  essendo  in  proposito
 sufficiente, secondo  quanto  ritenuto  anche  da  questa  Corte,  la
 semplice autoqualificazione delle norme.
    2.1.  -  Quanto alle specifiche disposizioni impugnate, la Regione
 osserva che la competenza attribuita dall'art. 2, primo comma,  lett.
 a),  al  Comitato  Regionale  per  il Credito ed il Risparmio rientra
 pienamente in quelle piu'  generali  attribuite  allo  stesso  organo
 dalle  norme  di attuazione con riguardo "all'ordinamento di istituti
 ed  aziende  di  credito  operanti  esclusivamente   nel   territorio
 regionale", essendo evidente che il potere di stabilire l'ordinamento
 di un'azienda di credito  include  anche  quello  di  determinare  il
 capitale   minimo   necessario   per  l'autorizzazione  all'esercizio
 dell'attivita' bancaria. Del resto, eventuali esigenze di uniformita'
 potranno  essere  fatte  valere  dalla  Banca d'Italia, alla quale il
 provvedimento  regionale  e'  trasmesso,  ovvero  dal  Ministero  del
 Tesoro,  al  quale  la  Banca  d'Italia  lo  comunica,  attivando  la
 procedura prevista dall'art. 3 delle norme di  attuazione  (richiesta
 di parere vincolante al CICR).
    2.2.  -  Quanto alle censure mosse agli artt. 3, 4 e 6, la Regione
 osserva, in generale, che  le  stesse  si  fondano  su  una  inesatta
 interpretazione delle norme di attuazione che, secondo la resistente,
 contengono molteplici previsioni di poteri regionali nei confronti di
 enti  con  sede  centrale  in  Sicilia  ma  operanti  anche fuori del
 territorio regionale.
    Non  puo'  quindi  essere  accettato,  a  giudizio  della Regione,
 l'assunto  del  ricorrente,  secondo  il  quale  e'  sufficiente   lo
 svolgimento  di attivita' bancarie fuori del territorio regionale per
 sottrarre  enti  aventi  sede  centrale  in  Sicilia  alla   potesta'
 normativa e amministrativa della Regione. Questo assunto, d'altronde,
 condurrebbe all'assurdo  che  una  politica  di  incentivazione  allo
 svolgimento  di  attivita'  creditizie fuori del territorio regionale
 porterebbe ad una progressiva limitazione dei poteri  regionali.  Ne'
 puo'  essere  sottovalutato che le norme di attuazione, anche secondo
 quanto ritenuto da questa Corte (v. sent. n. 208 del 1975), non hanno
 carattere   esaustivo   dei   poteri   esercitabili  dal  legislatore
 regionale.
    Scendendo  nei particolari, la Regione osserva che la disposizione
 dell'art. 3 prevede un meccanismo analogo a  quello  delineato  dagli
 artt.  5 (per le modifiche statutarie) e 2, lett. d), e 6 delle Norme
 di attuazione (per la fusione, la cessione di sportelli  e  l'aumento
 di  capitale). Inoltre, essa sottolinea che non puo' essere negato un
 controllo regionale  su  operazioni  che  attraverso  la  fusione  di
 aziende regionali ed extra regionali potrebbero consentire ad aziende
 aventi  sede  fuori  dalla  Sicilia  di  operare  in  Sicilia   senza
 autorizzazione regionale.
    Considerazioni   analoghe   sono  svolte  dalla  Regione  riguardo
 all'art. 6, in  relazione  al  quale  la  resistente  sottolinea,  in
 particolare,  come  i  provvedimenti previsti dagli artt. 3 e 6 siano
 comunque soggetti alla procedura di controllo ex art. 3 del d.P.R. n.
 1133 del 1952.
    Quanto alla disposizione dell'art. 4, la Regione osserva, poi, che
 si tratta di  una  mera  esplicitazione  del  potere  di  ordinamento
 riconosciutole  dalle  norme  di  attuazione,  rispetto  al  quale la
 previsione dell'intesa non puo' costituire un'anomalia, tenuto  conto
 che  norme  statutarie di istituti di diritto pubblico aventi sede in
 Sicilia prevedono poteri regionali di nomina.
    2.3.  - Per quel che concerne, infine, l'art. 7, secondo comma, la
 Regione, mentre contesta  che  la  fissazione  di  un  termine  possa
 costituire  principio  fondamentale,  sottolinea, nello stesso tempo,
 che quel termine tiene conto dei tempi necessari per  lo  svolgimento
 del procedimento previsto dall'art. 3 delle norme di attuazione.
    3.   -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  siciliana  ha
 depositato  una  memoria  nella  quale   vengono   svolte   ulteriori
 argomentazioni   nel  senso  della  non  fondatezza  delle  questioni
 sollevate dal Commissario dello Stato.
    3.1.  -  Per  quel che concerne le censure mosse all'art. 2, primo
 comma, lett. a), della citata legge regionale, la Regione osserva che
 le stesse muovono da un duplice equivoco.
    Il  primo  consiste nel fatto che nel contestare l'attribuzione al
 C.R.C.R., piuttosto che all'Assessore regionale, della  competenza  a
 determinare  l'ammontare minimo del capitale o del fondo di dotazione
 degli enti di credito operanti esclusivamente  nel  territorio  della
 Regione,  il  Commissario  dello Stato trascura di considerare che si
 tratta pur sempre di una competenza spettante alla  Regione  in  base
 alle  stesse  norme di attuazione (art. 2 lett. a): ordinamento degli
 istituti e delle aziende di credito). La legge impugnata in sostanza,
 non  ha  fatto altro che distribuire, nell'ambito dell'organizzazione
 regionale, le competenze alla regione spettanti in base alle norme di
 attuazione, essendo evidente che queste ultime non possono costituire
 un vincolo per quella distribuzione.
    Il  secondo  equivoco,  secondo  la  Regione,  nasce  dal fatto di
 ritenere la disciplina posta dall'art. 2, comma  secondo,  lett.  a),
 del  d.P.R.  n. 350 del 1985, applicabile alla Regione siciliana che,
 invece, ai sensi dell'art. 14 dello stesso d.P.R., deve  dettare  una
 propria  disciplina  per  recepire  la direttiva comunitaria. E tra i
 principi fondamentali, ai quali la legge regionale di recepimento  e'
 vincolata,  non puo' esservi la individuazione delle competenze degli
 organi  statali,  dalla  quale  discende,  in  base  alle  norme   di
 attuazione, quella dei corrispondenti organi regionali.
    Non  consentire  una  regolamentazione  diversa da quella prevista
 dall'art. 2, primo comma, lett. a),  del  d.P.R.  n.  350  del  1985,
 equivarrebbe  a  negare,  in  contrasto  con  l'art.  14 dello stesso
 decreto, che in materia di ordinamento degli enti creditizi  operanti
 esclusivamente  in  Sicilia  vi  sia  spazio per una regolamentazione
 regionale.
    Quanto,  poi, al rilievo secondo cui la disposizione del d.P.R. n.
 350 del 1985 intende assicurare condizioni di uniformita' tra i  vari
 soggetti  operanti  nel  settore del credito ed evitare contrasti con
 gli articoli 3 e 41 della Costituzione, la  Regione  osserva  che  un
 simile   assunto   presuppone   necessariamente   l'identita'   della
 disciplina regionale e di quella statale, e quindi l'inutilita' della
 prima.
    3.2.  - Per quel che concerne le censure mosse agli artt. 3, primo
 comma, 4, primo comma, e 6, secondo comma, la Regione osserva, in via
 generale,  che  la  pretesa limitazione degli interventi ivi previsti
 agli enti creditizi aventi  sede  centrale  in  Sicilia  ed  operanti
 esclusivamente  nella  Regione, e la conseguente illegittimita' delle
 disposizioni citate perche' relative anche ad enti operanti fuori del
 territorio  regionale,  contrastano  con  la  competenza regionale in
 materia di credito e di risparmio che, a differenza di  quelle  delle
 altre  regioni  a  statuto  speciale,  e'  generale  e non limitata a
 determinate categorie di enti, in particolare a  quelli  che  operano
 soltanto all'interno del territorio siciliano.
    Una  simile  interpretazione,  oltre  a  non  essere conforme alle
 disposizioni statutarie, e' contraddetta da una  lettura  sistematica
 delle  norme  di  attuazione. Il d.P.R. n. 1133 del 1952, infatti, in
 qualche modo presuppone che la competenza ordinamentale della Regione
 si  estenda  a  tutti  gli  enti  di  credito aventi sede centrale in
 Sicilia, ancorche' operanti fuori dell'isola, sia quando detta  norme
 specifiche  per alcune categorie di tali istituti, sia quando prevede
 la formazione di un albo nel quale devono essere  iscritti  gli  enti
 "che  operino  esclusivamente  nel  territorio  della  Regione  o che
 abbiano in essa la sede centrale" (art. 7, primo comma).
    In  ogni  caso,  aggiunge  la resistente, nell'eventualita' in cui
 dovesse essere accolta l'interpretazione fornita dal  ricorrente,  la
 Regione  siciliana  chiede  alla  Corte  di  ritenere rilevante e non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art. 2, lett. a), b), c), ed e) del d.P.R. n. 1133 del 1952, per
 contrasto con l'art. 17, lett. e), dello Statuto e con gli artt. 3  e
 116 della Costituzione.
    Nel   ribadire   che   le   disposizioni  oggetto  della  presente
 impugnazione costituiscono espressione della competenza ordinamentale
 riconosciuta  alla Regione, la resistente osserva che, a non ritenere
 valida   tale   interpretazione,   sarebbe   sufficiente   un    atto
 amministrativo  di  un  organo  centrale relativo ad un ente soggetto
 alle potesta' amministrative  regionali,  quale  l'autorizzazione  ad
 operare   anche   fuori   del  territorio  regionale,  per  sottrarre
 definitivamente quell'ente alle potesta' regionali.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le  questioni  di legittimita' costituzionale sollevate dal
 Commissario dello Stato per la Regione siciliana contro la legge  dal
 titolo  "Recepimento della direttiva comunitaria n. 77/780 in materia
 creditizia",  approvata  dall'Assemblea  Regionale  Siciliana  il  22
 ottobre 1987, possono distinguersi in tre gruppi:
       a)  questione  relativa  all'art.  2, primo comma, lett. a, che
 attribuisce al Comitato Regionale  per  il  Credito  e  il  Risparmio
 (C.R.C.R.) il potere di determinare l'ammontare minimo del capitale o
 del   fondo   di    dotazione    cui    subordinare    il    rilascio
 dell'autorizzazione  allo  svolgimento dell'attivita' creditizia, per
 violazione dell'art. 17, lett. e, St. Sic. (r.d. lgs. 15 maggio 1946,
 n.   403),   che  riconosce  alla  Regione  siciliana  la  competenza
 legislativa concorrente in materia di disciplina del  credito  e  del
 risparmio,  come  attuato  dagli artt. 1, 2 e 10 del d.P.R. 27 giugno
 1952, n. 1133  ('Norme  di  attuazione  dello  Statuto  siciliano  in
 materia di credito e risparmio'), nonche' dall'art. 1, comma secondo,
 lett. a, del d.P.R. 27 giugno 1985, n. 350, attuativo della direttiva
 comunitaria n. 77/780;
       b)  questioni  relative  agli  artt.  3,  primo comma, 4, primo
 comma, e 6, secondo comma, i quali prevedono l'intesa  dell'Assessore
 regionale  per  il  bilancio e le finanze con le autorita' creditizie
 centrali ovvero  il  nulla  osta  dell'Amministrazione  regionale  in
 ordine  ad  attivita'  di  competenza  statale  concernenti  gli enti
 creditizi aventi sede centrale in Sicilia che operano anche fuori del
 territorio  della regione, per violazione del predetto art. 17, lett.
 e, St. Sic., come attuato dall'art. 2 del gia'  ricordato  d.P.R.  n.
 1133 del 1952;
       c) questione relativa all'art. 7, secondo comma, che prevede la
 formazione  del  silenzio-rigetto  sulla  domanda  di  autorizzazione
 all'esercizio  dell'attivita' creditizia nel termine di diciotto mesi
 dal ricevimento della domanda stessa, per violazione del  limite  dei
 principi  fondamentali  della  materia,  stabilito  dall'art. 17, St.
 Sic., con riferimento  al  paragrafo  3,  punto  6,  della  direttiva
 comunitaria  n.  77/780, come attuata dall'articolo unico della legge
 delega 5 marzo 1975, n. 74 e dagli artt. 9, secondo comma, e  14  del
 d.P.R.  n. 350 del 1985, che pongono il termine di dodici mesi per la
 formazione del silenzio-rifiuto sulla richiesta di autorizzazione  in
 questione.
    2.  -  La prima questione riguarda l'art. 2, comma primo, lett. a,
 della legge regionale impugnata,  che,  attribuendo  al  C.R.C.R.  il
 potere  di determinare l'ammontare minimo del capitale o del fondo di
 dotazione per le societa' o gli  enti  che  intendano  esercitare  il
 credito in Sicilia, al fine di ottenere la relativa autorizzazione da
 parte  dell'Assessore  regionale  per  il  bilancio  e  le   finanze,
 attribuirebbe  al predetto Comitato una competenza non ricompresa fra
 quelle ad esso spettanti ai sensi degli artt. 1 e 2  delle  norme  di
 attuazione  contenute  nel  d.P.R.  n.  1133  del  1952.  Secondo  il
 ricorrente, poiche' gli articoli da ultimo menzionati hanno demandato
 al C.R.C.R., per quanto si riferisce alle attivita' creditizie svolte
 nell'isola, le attribuzioni spettanti al  Comitato  Interministeriale
 per  il  Credito  e  il  Risparmio  (C.I.C.R.)  a  norma  del decreto
 legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n.  691,
 e  poiche' il potere in contestazione e' affidato alla Banca d'Italia
 in base all'art. 28, secondo comma, del R.D.L. 12 marzo 1936, n.  375
 (convertito  nella  legge  7  marzo  1938,  n.  141), come modificato
 dall'art. 2, primo comma, del predetto decreto n. 691  del  1947,  la
 disposizione  impugnata,  nell'affidare al C.R.C.R. un potere proprio
 della Banca d'Italia, si porrebbe in contrasto con le ricordate norme
 di attuazione.
    La questione e' fondata.
    Nel  precisare  i  poteri  spettanti al C.R.C.R. nella materia del
 credito e  del  risparmio,  attribuita  alla  competenza  legislativa
 concorrente  della  Regione siciliana ai sensi dell'art. 17, lett. e,
 St. Sic., le norme di attuazione contenute negli  artt.  1  e  2  del
 d.P.R.   n.  1133  del  1952  ricorrono  a  un  duplice  criterio  di
 definizione,  uno  soggettivo  e  l'altro  oggettivo.  Mentre   sotto
 l'ultimo  dei  profili  accennati,  tali  norme  determinano l'ambito
 materiale delle competenze trasferite,  precisando,  per  quanto  qui
 interessa, che queste vanno limitate all'ordinamento degli istituti e
 delle aziende operanti nel  settore,  sotto  il  profilo  soggettivo,
 invece,  stabiliscono  che,  per  cio'  che  attiene  alle  attivita'
 creditizie  svolte  in  Sicilia,  sono  trasferite  al  C.R.C.R.   le
 attribuzioni spettanti al C.I.C.R. a norma del decreto legislativo n.
 691 del 1947, cosi' come sono trasferite all'assessore per le finanze
 le  attribuzioni  spettanti  al  Ministro del Tesoro e al Governatore
 della Banca d'Italia a norma del medesimo decreto legislativo.
    Non   v'e'   dubbio   che   la   particolare   formazione  storica
 dell'ordinamento  bancario,  avvenuta  per  aggregazioni  legislative
 successive  rispetto all'iniziale disciplina del 1936, ha contribuito
 a complicare  l'esatta  individuazione  delle  competenze  trasferite
 soprattutto  sotto  il  profilo soggettivo. L'art. 28, secondo comma,
 del  R.D.L.  12  marzo  1936,  n.  375,  aveva   infatti   attribuito
 all'"Ispettorato  per  la  difesa del risparmio e per l'esercizio del
 credito" il potere di determinare  l'ammontare  del  capitale  o  del
 fondo  di dotazione minimo cui subordinare la costituzione di aziende
 esercenti il credito. Ma la soppressione dell'Ispettorato ha  indotto
 il  legislatore  a  devolvere  alla Banca d'Italia le funzioni che ad
 esso spettavano e a conferire al Governatore della Banca d'Italia  le
 attribuzioni  che gli venivano precedentemente riconosciute in quanto
 Capo dell'Ispettorato (artt. 12, secondo comma,  r.d.l.  n.  375  del
 1936  e  2, d.lgs.  n. 691 del 1947). In tal modo, anche il potere di
 determinazione dell'ammontare minimo del  capitale  o  del  fondo  di
 dotazione   necessario   alle   aziende   di   credito  per  ottenere
 l'autorizzazione a svolgere  attivita'  creditizia  veniva  demandato
 alla  Banca d'Italia, se pure sotto le direttive del C.I.C.R.. Questa
 disposizione, formulata in via generale dal ricordato art.  2,  commi
 primo  e  secondo,  del  decreto  n.  691  del 1947, e' stata piu' di
 recente confermata da una puntuale previsione contenuta nell'art.  1,
 primo comma, lett. a, del d.P.R. 27 giugno 1985, n. 350.
    Dal  quadro  normativo ora tracciato appare evidente che il potere
 in contestazione, non essendo ricompreso  fra  quelli  spettanti,  in
 sede  nazionale,  al  C.I.C.R. (come neppure fra quelli attribuiti al
 Ministro del Tesoro o  al  Governatore  della  Banca  d'Italia,  come
 tale), non puo' rientrare fra le competenze demandate al C.R.C.R., ai
 sensi dell'art. 1 del d.P.R.  27  giugno  1952,  n.  1133.  In  altre
 parole,  pur  se  il  potere  di determinare l'ammontare del capitale
 minimo per costituire  aziende  esercenti  il  credito  attiene  alla
 materia  "ordinamento di istituti ed aziende di credito", trattandosi
 di una condizione cui e' subordinata la costituzione di tali istituti
 o  aziende,  cio'  non  basta al fine di considerarlo trasferito alle
 competenze della  Regione  siciliana  in  quanto,  sotto  il  profilo
 soggettivo,  non  puo' essere classificato tra quelli precedentemente
 spettanti al C.I.C.R., vale  a  dire  fra  quelli  che  le  norme  di
 attuazione dello Statuto contenute nell'art. 1 del d.P.R. n. 1133 del
 1952 considerano come le uniche attribuzioni trasferite al  C.R.C.R..
 Questa  conclusione  e'  ulteriormente  rafforzata dalla presenza nel
 decreto appena citato di una norma di chiusura, in  base  alla  quale
 "per  tutto quanto non previsto nel presente provvedimento o con esso
 non in contrasto si applicano nella  Regione  le  disposizioni  dello
 Stato  in  materia  di  difesa  del  risparmio  e di disciplina della
 funzione creditizia e sono competenti gli organi  previsti  da  dette
 disposizioni" (art. 10, primo comma, d.P.R. n. 1133 del 1952).
    Per  tale  ragione,  dunque, l'art. 2, primo comma, lett. a, della
 legge impugnata va dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  nella
 parte  in  cui  riconosce  al  Comitato regionale per il credito e il
 risparmio il potere di determinare in via generale l'ammontare minimo
 del  capitale  o  del  fondo di dotazione cui subordinare il rilascio
 dell'autorizzazione allo svolgimento della raccolta del  risparmio  e
 dell'esercizio del credito nel territorio della Regione siciliana.
    3.  -  Il  Commissario  dello  Stato  per  la Regione siciliana ha
 individuato ulteriori possibili violazioni dell'art. 17, lett. e, St.
 Sic.,  come attuato dall'art. 2 del d.P.R. n. 1133 del 1952, in altre
 disposizioni  della  legge  impugnata,  che  prevedono  vari   poteri
 dell'Assessore   regionale   per   il   bilancio   e   le  finanze  o
 dell'Amministrazione regionale nei confronti di enti  creditizi  che,
 pur  avendo  sede centrale in Sicilia, non operano esclusivamente nel
 territorio della Regione.  Sotto  tale  profilo  sono  impugnati:  a)
 l'art.  3,  primo  comma,  il  quale  dispone che "gli enti creditizi
 aventi sede centrale in Sicilia non possono procedere  alla  fusione,
 alla  cessione  di sportelli bancari, all'aumento di capitale ed alle
 modifiche  dello  statuto  sociale  senza  il  preventivo  nulla-osta
 dell'Amministrazione  regionale";  b) l'art. 4, primo comma, il quale
 prescrive che "le nomine di organi di amministrazione, di controllo o
 di  direzione  di  istituti  o  di  aziende di credito aventi la sede
 centrale  in  Sicilia,  attribuite  dal  vigente   ordinamento   alla
 competenza  delle  autorita'  creditizie  centrali,  sono  da  queste
 effettuate previa intesa con l'Assessore regionale per il bilancio  e
 le  finanze";  c)  l'art.  6,  secondo comma, il quale stabilisce che
 "l'apertura di sportelli bancari fuori del  territorio  regionale  da
 parte  di  enti  creditizi  aventi  la  sede  centrale  in Sicilia e'
 autorizzata  dalla  Banca  d'Italia  previa  intesa  con  l'Assessore
 regionale per il bilancio e le finanze".
    In altre parole, tutti gli articoli appena citati prevedono poteri
 regionali di nulla-osta (art. 3) o d'intesa (artt. 4 e 6)  in  ordine
 all'esercizio di competenze statali che hanno ad oggetto attivita' di
 enti creditizi aventi la loro sede centrale in Sicilia, le  quali  si
 svolgono   -   ora  per  esplicita  affermazione  della  disposizione
 impugnata (art. 6), ora per implicita ammissione della stessa  (artt.
 3  e  4),  avente  un  riscontro  nell'interpretazione  che ne da' la
 Regione negli scritti difensivi - anche al di  fuori  del  territorio
 siciliano.  Ad  avviso del Commissario dello Stato, tali disposizioni
 si pongono in contrasto con  l'art.  17,  lett.  e,  St.  Sic.,  come
 intepretato  dalle  norme  di  attuazione  contenute  nell'art. 2 del
 d.P.R. n. 1133 del 1952.
    Le questioni sono fondate.
    Nel  dare  attuazione  alla  norma  statutaria che conferisce alla
 Regione siciliana la competenza legislativa concorrente in materia di
 credito,  il  d.P.R.  n.  1133 del 1952, mentre ha individuato alcune
 competenze particolarmente ampie e significative  in  relazione  agli
 enti  creditizi  aventi  la  loro sede centrale in Sicilia e operanti
 esclusivamente  nel  territorio   regionale,   ha   invece   definito
 competenze molto piu' limitate in ordine agli enti creditizi con sede
 centrale nell'isola ma operanti anche  al  di  fuori  del  territorio
 della   stessa   (oltreche'   in  ordine  all'apertura  di  sportelli
 nell'isola da parte  di  enti  aventi  la  sede  centrale  fuori  del
 territorio  regionale).  Piu'  precisamente,  mentre, in relazione ai
 primi, ha trasferito all'Assessore per le finanze e  al  C.R.C.R.  le
 competenze  spettanti  al  Ministro  del tesoro, al Governatore della
 Banca d'Italia e al C.I.C.R. in materia di ordinamento degli istituti
 e  delle  aziende  di  credito, di autorizzazione alla costituzione e
 alla fusione degli stessi, nonche' di autorizzazione all'apertura, al
 trasferimento,  alla sostituzione e alla chiusura degli enti medesimi
 (art. 2, lett. a, b, c), al contrario, in relazione agli  istituti  e
 alle  aziende  di  credito  con sede centrale in Sicilia, ma operanti
 anche al di fuori dell'isola, oltre  a  prevedere  la  competenza  ad
 autorizzare  l'apertura,  il  trasferimento,  la  sostituzione  e  la
 chiusura di sportelli limitatamente al territorio regionale (art.  2,
 lett.  d), stabilisce soltanto poteri d'intesa (art. 4) ovvero poteri
 di controllo e di registrazione (art. 7) o di informazione (art.  8).
   Alla  previsione  di questo distinto regime per gli enti di credito
 dell'uno e dell'altro tipo e' sottesa una chiarissima ratio. Infatti,
 mentre la competenza in materia di credito della Regione siciliana si
 esercita nella pienezza della sua consistenza costituzionale soltanto
 nei   confronti   degli   istituti  creditizi  aventi  sede  centrale
 nell'isola e operanti eslcusivamente nell'ambito del territorio della
 stessa, al contrario, rispetto agli enti con sede centrale in Sicilia
 ma  operanti  anche  al  di  fuori  del  territorio  dell'isola,   le
 competenze   regionali   si   esprimono  essenzialmente  in  atti  di
 collaborazione in relazione all'esercizio di attribuzioni nelle quali
 domina  l'interesse  nazionale.  Tale  ratio  e'  solo apparentemente
 contraddetta dall'art. 2, lett. d, del d.P.R. n. 1133 del  1952,  che
 affida  alla Regione l'autorizzazione all'apertura, al trasferimento,
 alla sostituzione e alla chiusura  degli  sportelli  all'interno  del
 territorio isolano in relazione agli istituti di credito, con sede in
 Sicilia, operanti anche al di fuori  della  Regione.  A  ben  vedere,
 invece,   la  norma  contenuta  nell'art.  2,  lett.  d,  costituisce
 un'ulteriore  conferma  della  ratio  indicata,  per  il  fatto  che,
 astraendo  dalla  complessiva  attivita'  dei  predetti  istituti  le
 attivita'  di  interesse  eminentememnte   regionale   (apertura   di
 sportelli  entro  i  confini dell'isola, etc.) e assoggettandoli alla
 competenza della Regione, ribadisce a  contrario  il  principio  che,
 rispetto  a  tali  istituti creditizi, considerati nell'insieme delle
 loro attivita', non si estendono le competenze di cui  ordinariamente
 gode la Regione in materia di credito.
    Dalle  considerazioni  svolte  deriva una conclusione, che porta a
 respingere l'assunto della  Regione  siciliana  relativamente  a  una
 tendenziale  equiparazione  del regime giuridico di tutti gli enti di
 credito aventi sede centrale in Sicilia, tanto se  operanti  soltanto
 all'interno  del  territorio  regionale,  quanto  se  operanti  anche
 all'esterno. L'analisi svolta dimostra, anzi, che, in base alle norme
 di  attuazione,  le  competenze statutarie della Regione siciliana in
 materia di credito si dispiegano, in generale, soltanto nei confronti
 dei  primi,  in  quanto  soltanto  rispetto  ad essi appare dominante
 l'interesse regionale che giustifica quelle competenze. Sulla base di
 tali  principi  generali,  le  disposizioni  oggetto  della  presente
 impugnazione appaiono costituzionalmente illegittime,  per  il  fatto
 che tendono a estendere le competenze regionali in materia di credito
 ad attivita' imputabili agli enti creditizi aventi sede  centrale  in
 Sicilia,  ma  operanti anche fuori del territorio della Regione, che,
 come tali, sono di regola assoggettati alle competenze statali.
    3.1. - Contrario all'art. 17, lett. e, St. Sic., come interpretato
 dalle norme di attuazione, e', infatti, l'art. 3,  comma  primo,  che
 stabilisce: "Fermi restando i provvedimenti di competenza della Banca
 d'Italia, gli enti creditizi aventi  sede  centrale  in  Sicilia  non
 possono  procedere  alla fusione, alla cessione di sportelli bancari,
 all'aumento di capitale ed  alle  modifiche  dello  statuto  sociale,
 senza il preventivo nulla osta dell'Amministrazione regionale".
    Come si deduce chiaramente dal suo tenore letterale, tale norma ha
 ad oggetto le  competenze  delle  autorita'  creditizie  centrali  in
 ordine  a  una  serie  di attivita' di isituti di credito aventi sede
 centrale in Sicilia e che, pertanto, si identificano con quelli,  fra
 tali  istituti,  che  operano  anche  fuori del territorio regionale.
 Rispetto a tali attivita', l'art. 3, primo comma,  prevede  un  nulla
 osta  preventivo della Regione, che finisce per conferire a questa un
 inammissibile potere di veto in relazione all'esercizio di competenze
 indubbiamente  statali,  che la stessa norma impugnata riconosce come
 tali.
    3.2.   -   Del   pari   contrastante   con  i  medesimi  parametri
 costituzionali e' l'art. 4, primo comma, che  subordina  alla  previa
 intesa  con  l'Assessore  regionale  per  il bilancio e le finanze le
 nomine di organi di amministrazione, di controllo o di  direzione  di
 istituti  ed  aziende  di credito aventi la sede centrale in Sicilia,
 attribuite dall'ordinamento vigente alla competenza  delle  autorita'
 creditizie centrali.
    Anche  tale  norma  si  riferisce,  evidentemente, alle nomine dei
 dirigenti e dei sindaci degli enti creditizi che, pur avendo la  sede
 centrale  in  Sicilia,  operano anche fuori del territorio regionale,
 dal momento che, per le corrispondenti nomine relative agli enti  con
 sede  centrale  in Sicilia, che non estendono le loro attivita' al di
 la' dei confini dell'isola, l'art. 2, lett. e, del d.P.R. n. 1133 del
 1952  prevede  la  competenza  regionale.  Scopo  della  disposizione
 impugnata  e'  quello  di  stabilire,  in  relazione   a   competenze
 attribuite alle autorita' creditizie centrali, un potere regionale di
 co-decisione, derivante dalla prescrizione della  previa  intesa  tra
 tali  autorita'  e  l'Assessore  regionale al bilancio in ordine alle
 anzidette nomine.
    A  dire  il  vero,  l'intesa e' prevista, nei rapporti tra Stato e
 regioni, come strumento o soluzione istituzionale della  interferenza
 o  dell'intreccio  fra  le  competenze  dell'uno e quello delle altre
 riguardo a determinate materie nelle quali gli  interessi  statali  e
 gli  interessi  regionali  sono  indistricabilmente congiunti (v., ad
 esempio, sentt. nn. 175 del  1976,  94  del  1985,  1029  del  1988).
 Questo,  tuttavia,  non  e' il caso in questione, la' dove sussistono
 soltanto competenze e interessi di carattere nazionale. E, del resto,
 ammesso  pure  che  in ipotesi ricorrano le condizioni costituzionali
 per prevedere un'intesa fra Stato e Regione, questa  non  puo'  certo
 essere  stabilita da una legge regionale senza porsi in contrasto con
 i limiti  statutariamente  previsti  all'esercizio  della  competenza
 legislativa  concorrente  che  la  Regione  possiede  in  materia  di
 credito, tenuto anche conto che l'art. 10 del d.P.R. n. 1133 del 1952
 rinvia, per tutto quanto non previsto dalle norme di attuazione, alla
 disciplina delle attivita'  creditizie  disposta  dalle  leggi  dello
 Stato.
    3.3.  -  Per  le stesse ragioni illustrate al punto precedente, va
 dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale   dell'art.   6,   comma
 secondo,  della  legge  impugnata, che prevede la previa intesa della
 Banca d'Italia con l'Assessore regionale per il bilancio e le finanze
 in  relazione  all'apertura di sportelli bancari fuori del territorio
 regionale da parte di enti  creditizi  aventi  la  sede  centrale  in
 Sicilia.
    Anche  in  tal  caso  si  e' sicuramente in un campo di competenza
 delle autorita' centrali, dal momento che l'art. 2,  lettera  d,  del
 d.P.R.   n.  1133  del  1952  limita  espressamente  le  attribuzioni
 regionali  relative  all'autorizzazione  all'apertura  di   sportelli
 bancari  da  parte  di  enti  creditizi con sede centrale in Sicilia,
 anche se operanti pur al di fuori della Regione,  ai  soli  sportelli
 ubicati  nel territorio siciliano. Pertanto, per le ragioni enunciate
 al punto precedente, non puo' riconoscersi al  legislatore  siciliano
 alcun potere di condizionamento dello svolgimento di competenze delle
 autorita' centrali, e tantomeno  uno,  come  quello  contestato,  che
 comporta una funzione di co-decisione, qual'e' l'intesa.
    3.4.  -  Per le ragioni espresse precedentemente, segnatamente nel
 punto 3 della parte in diritto, va respinta, in quanto manifestamente
 infondata,   l'eccezione   sollevata   nella  memoria  dibattimentale
 prodotta dalla difesa della Regione siciliana affinche' questa  Corte
 sollevi   di   fronte  a  se  stessa  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, lett. a, b, c, ed e del  d.P.R.  n.  1133
 del  1952  per  contrasto  con l'art. 17, lett. e, St. Sic. e con gli
 artt. 3 e 116 della Costituzione.
    Come  questa  Corte  ha  piu'  volte  sottolineato, la mancanza di
 qualsiasi limitazione  espressa  nella  disposizione  statutaria  che
 attribuisce   alla   Regione   siciliana  la  competenza  legislativa
 concorrente in materia di credito (art. 17, lett. e), non puo'  certo
 avere  il significato dell'illimitatezza della relativa attribuzione,
 essendo  qualsiasi  competenza  regionale  intrinsecamente   limitata
 dall'interesse  della  Regione  interessata.  E  poiche',  come si e'
 precedentemente mostrato, le  norme  di  attuazione,  sulla  base  di
 un'interpretazione  tutt'altro  che irragionevole, hanno ritenuto che
 nelle attivita' creditizie  che  si  estendono  oltre  il  territorio
 regionale  e negli istituti di credito operanti anche al di fuori dei
 confini siciliani sia dominante  un  interesse  nazionale,  non  puo'
 sussistere  dubbio  alcuno sulla costituzionalita' delle disposizioni
 del d.P.R. n. 1133 del 1952 per il  profilo  sollevato  dalla  difesa
 regionale.
    4.  -  L'ultima  questione  relativa alla legge impugnata riguarda
 l'art. 7, secondo comma, il quale, nel disporre che la  comunicazione
 del  diniego  dell'autorizzazione  all'esercizio dell'attivita' degli
 enti creditizi dev'esser data entro dodici mesi dal ricevimento delle
 domande   o  dal  richiesto  completamento  della  documentazione  da
 accludere alla istanza medesima, ma  in  ogni  caso  nel  termine  di
 diciotto  mesi  dal  ricevimento  delle  domande,  stabilisce  che le
 istanze si intendono respinte ove non si sia provveduto  nei  termini
 suindicati.  Secondo  il  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione
 siciliana, la disposizione impugnata si  porrebbe  in  contrasto  con
 l'art.  17,  lett.  e, Stat. Sic., in relazione agli artt. 9, secondo
 comma, e 14 del d.P.R. 27 giugno 1985, n. 350.
    La questione non e' fondata.
    Va, innanzitutto, precisato che la formazione del silenzio-rifiuto
 in conseguenza della mancata decisione, entro il  termine  di  dodici
 mesi,  sulla richiesta di autorizzazione all'esercizio dell'attivita'
 creditizia non ha la sua base normativa nella  direttiva  comunitaria
 cui il d.P.R. n. 350 del 1985 da' attuazione, ne' in alcun altro atto
 normativo comunitario. La direttiva n. 77/780 si  limita  a  disporre
 che   la   decisione   sulla  predetta  richiesta  di  autorizzazione
 dev'essere presa entro dodici mesi dal ricevimento della domanda  (v.
 art.  3,  comma  sesto).  E',  invece, il d.P.R. n. 350 del 1985 che,
 all'art. 9, secondo comma, dopo aver ripetuto la  norma  comunitaria,
 aggiunge    la    disposizione    relativa    alla   formazione   del
 silenzio-rifiuto, sulla cui base il Commissario dello  Stato  -  alla
 luce dell'art. 14 dello stesso decreto, il quale vincola le regioni a
 statuto   speciale   aventi   competenza   in   materia    creditizia
 all'osservanza  dei principi fondamentali stabiliti dal d.P.R. n. 350
 del 1985 e dalla legge di delega n.  74  del  1985  -  ha  sospettato
 d'incostituzionalita' l'art. 7, secondo comma, della legge impugnata.
    Se non vi puo' esser dubbio che la formazione del silenzio-rifiuto
 costituisca un principio fondamentale della legislazione  statale  in
 grado   di   vincolare   l'esercizio   della  competenza  legislativa
 concorrente  che  la  Regione  siciliana  possiede  in   materia   di
 disciplina  del credito, non si puo' certo affermare la medesima cosa
 in ordine all'individuazione del termine dalla inosservanza del quale
 discende quell'effetto. In relazione alla determinazione del lasso di
 tempo necessario alla formazione del  silenzio-rifiuto,  la  Regione,
 ove  ravvisi  ragioni  fondate  che  la  inducano a discostarsi dalla
 disciplina   statale,   puo'   stabilire    un    termine    diverso,
 ragionevolmente  proporzionato  alle  esigenze  che  ne  giustificano
 l'adozione.
    E  che  tali  fondate ragioni sussistano nel caso di specie non si
 puo',  certo,   dubitare.   Le   deliberazioni   sulle   istanze   di
 autorizzazione  all'esercizio  dell'attivita'  creditizia  rientrano,
 infatti, tra quelle che, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 1133  del
 1952, sono soggette al particolare procedimento ivi previsto, in base
 al quale gli schemi di provvedimenti predisposti dalla Regione  vanno
 trasmessi  alla  Banca  d'Italia,  la  quale  ne da' comunicazione al
 Ministro del Tesoro, e, su iniziativa dell'una o dell'altro,  possono
 essere  sottoposti  al  parere  vincolante  del  C.I.C.R.  quando  ne
 ricorrano le condizioni previste dallo stesso articolo.
    In relazione alla previsione ora ricordata, che rende possibile un
 procedimento comportante tempi  piu'  lunghi  di  quelli  comunemente
 impiegati  per  l'adozione  del  medesimo  provvedimento,  non appare
 irragionevole che la  Regione  siciliana,  nell'esercizio  della  sua
 competenza  legislativa  in  materia  di  credito,  abbia  fissato in
 diciotto mesi, anziche' in dodici (come previsto  dalla  legislazione
 statale),  il  termine  perentorio entro il quale deve intervenire la
 decisione regionale sulla richiesta di  autorizzazione  all'esercizio
 di attivita' creditizie, pena la formazione del silenzio-rifiuto.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  degli  artt.  3,  primo
 comma, 4, primo comma, e 6, secondo comma,  della  legge  dal  titolo
 "Recepimento   della  direttiva  comunitaria  n.  77/780  in  materia
 creditizia",  approvata  dall'Assemblea  Regionale  Siciliana  il  22
 ottobre 1987;
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma,
 lett. a, della predetta legge  nella  parte  in  cui  attribuisce  al
 Comitato Regionale per il Credito e il Risparmio (C.R.C.R.) il potere
 di determinare in via generale l'ammontare minimo del capitale o  del
 fondo  di  dotazione  cui subordinare il rilascio dell'autorizzazione
 allo svolgimento della raccolta del risparmio  e  dell'esercizio  del
 credito nel territorio della Regione siciliana;
    Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 7, secondo comma, della predetta legge, sollevata,  con  il
 ricorso  indicato  in  epigrafe,  dal  Commissario dello Stato per la
 Regione siciliana in riferimento all'art. 17, lett. e, dello  Statuto
 della  Regione  siciliana  (R.D.  Lgs.  15  maggio  1946, n. 403), in
 relazione agli artt. 9, secondo comma, e  14  del  d.P.R.  27  giugno
 1985, n. 350, nonche' all'articolo unico, punto quarto, della legge 5
 marzo 1985, n. 74.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 88C2006