N. 18 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile 1988- 11 gennaio 1989
N. 18 Ordinanza emessa il 14 aprile 1988 (pervenuta alla Corte costituzionale l'11 gennaio 1989) dal tribunale di sorveglianza di Napoli nel procedimento penale a carico di De Crescenzo Antonio Liberazione condizionale - Revoca del beneficio - Mancato computo del periodo di liberta' vigilata come espiazione di pena - Richiamo al principio enunciato nella sentenza della Corte costituzionale n. 343/1987. (Cod. pen., art. 177). (Cost., artt. 3 e 13).(GU n.5 del 1-2-1989 )
IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Con sentenza 10 ottobre 1983 De Crescenzo Antonio, venne condannato dal tribunale di Napoli alla pena di anni tre, mesi dieci di reclusione e L. 2.000.000 per i delitti di cui agli artt. 56, 110 e 629 del codice penale; violazione leggi sulle armi e lesione personali aggravate. Ammesso dalla corte d'appello di Napoli alla liberazione condizionale, in data 10 luglio 1986 fu sottoposto a liberta' vigilata per il periodo corrispondente all durata residua della pena ancora da espiare fissata al 25 settembre 1986. Il 12 settembre 1986 venne tratto in arresto e l'11 agosto 1987 condannato, con sentenza definitiva della corte d'appello di Napoli, alla pena di anni due di reclusione per il delitto di spaccio di sostanze stupefacenti. Il 14 aprile 1988 il De Crescenzo e' comparso avanti questo tribunale di sorveglianza per la decisione in merito alla revoca della deliberazione condizionale ( ex art. 177 del codice penale) per aver commesso un delitto durante il tempo in cui era ammesso alla liberazione condizionale. Sui fatti storici, cosi' come esposti, non sussistono contestazioni per cui in applicazione del citato articolo 177 del codice penale questo tribunale deve emettere ordinanza di revoca della liberazione condizionale. Il collegio dubita pero', della costituzionalita' della disposizione contenuta nel citato articolo, che impone che la revoca abbia efficacia retroattiva e cioe' venga fatta risalire al momento della liberazione condizionale senza nessun rilievo per il tempo trascorso dal condannato nello stato di libero vigilato, conseguente alla liberazione condizionale, del modo come tale periodo lo abbia vissuto. Appaiono sussistere al collegio fondati motivi per ritenere la non legittimita' costituzionale dell'art. 177 del c.p., in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione, nella parte in cui esclude che, a seguito di provvedimento di revoca, il tempo trascorso in liberazione condizionale possa venire computato come pena espiata. A parere di questo giudice il contenuto centrale della pena detentiva e' costituito dall'isolamento del condannato dai consociati. Questo opera direttamente sul diritto alla libera circolazione sul territorio, come fatto di elezione di dimora e come conseguente divieto di electio amici ed electio societatis. Tutte le altre rimozioni di liberta', alle quali il condannato e' soggetto, sono conseguenza di una stretta connessione che il divieto di libera amotio ha con le modalita' operative necessarie per l'esercizio dei relativi diritti. La detenzione, percio' rinnova la liberta' in relazione a diritti che abbisognano di agibilita' operativa e nelle misure in cui questi estrinsecano all'esterno mediante azioni. A questo contenuto afflittivo della pena la Costituzione (art. 27) ha affiancato una finalita' rieducativa per cui l'espiazione si risolve in una concorrente forma di rieducazione. Dal principio discende un obbligo dell'amministrazione statale a predisporre i mezzi idonei a realizzare e le forme atte a garantire le finalita' rieducative della pena ed un corrispettivo diritto del condannato a che, vrificatesi le condizioni poste dalle norme di diritto sostanziale, il protrarsi della realizzazione della pretesa punitiva venga riesaminata al fine di accertare se la qualita' di pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine (sent. Corte costituzionale 20 aprile 1974). Il positivo accertamento importa, come effetto, il riacquisto di quote di liberta' in un rapporto di diretta conseguenzialita' con il grado di rieducazione raggiunta. Illuminante su tale punto e' il titolo della legge 26 luglio 1975, n. 354, che suona "Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'" in cui le pene, siano esse principali che alternative, pur sulla base di una comune natura, vengono distinte secondo il criterio di intensita' afflittiva. Per cui le principali (ergastolo, reclusione e arresto) risultano privative della liberta' (nei sensi sopra precisati) e le cosiddette misure alternative limitative della liberta' stessa. E non a caso la terminologia e' ripresa dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 343/1987, con la quale e' stata dichiarata costituzionale del decimo comma dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui, in caso di revoca del provvedimento di ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale per comportamento incompatibile con la presecuzione della pena non compete al tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova. Non molto diversa nei suoi termini si pone la questione che qui si intende sollevare. La sentenza della Corte costituzionale n. 204/1974 e la successiva legge 12 febbraio 1975, n. 36, hanno segnato il passaggio dell'istituto della liberazione condizionale dalla fase dell'amministrazione a quello della giurisdizione. Per effetto di detti interventi (vedi in particolare art. 55 ord. pen.) la liberazione condizionale e' stata spogliata dei suoi originari connotati clemenziali e si e' realizzata la sua evoluzione di istituto di carattere premiale ad istituto connesso al trattamento penale individualizzato e quindi, la sua trasformazione in misura alternativa. La sua ricomprensione, per ultimo, tra le materie di competenza del tribunale di sorveglianza (art. 70 della legge 10 ottobre 1986, n. 663) la fanno qualificare, come momento terminale del trattamento risocializzante progressivo. E che la liberazione condizionale sia una misura alternativa non mostra di dubitare il legislatore del nuovo progetto del codice di procedura penale che nella relazione scrive: "L'art. 673 demanda al tribunale di sorveglianza la competenza in tema di liberazione condizionale, coerentemente a quanto gia' disposto dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663... Il tribunale di sorveglianza, invero, si caratterizza precipuamente per la competenza all'applicazione delle misure alternative che costituiscono il punto di emergenza del trattamento rieducativo, in quanto realizzante quel reinserimento sociale al quale tale trattamento essenzialmente punta.......... L'ogico, quindi, che dovesse essere il tribunale di sorveglianza...... a decidere anche sulla 'misura aternativa', base della liberazione condizionale". La liberta' vigilata conseguente alla liberazione condizionale si sostanzia, d'altro canto, in una misura limitativa della liberta' alla quale il soggetto accede dalla piu' restrittiva misura privativa in conseguenza della sua opera di partecipazione dell'opera di rieducazione, riacquistando cosi' quote di liberta', non la liberta'. Essa consiste in una limitazione della liberta' che importa, di regola, l'obbligo di darsi a uno stabile lavoro, di non ritirarsi la sera dopo una certa ora e di non uscire la mattina prima di un'altra; di non accompagnarsi a pregiudicati o ad altre persone di dubbia fama, di non trattenersi in osterie e spacci di bevande alcooliche; di non partecipare senza permesso a spettacoli pubblici, cerimonie; di non portare indosso strumenti atti ad offendere. Norma essenzialmente limitatrice della liberta', nei sensi sopra esposti, che prescinde anche dal potere discrezionale del magistrato chiamato a dettare le prescrizioni, e' quella prevista dall'art. 652 del codice di procedura penale che fa obbligo al libero vigilato: di non trasferire la propria residenza o dimora in comune diverso da quello che gli e' stato assegnato senza l'autorizzazione del magistrato di sorveglianza; di non abbandonare l'abitazione scelta senza l'autorizzazione dell'autorita' di pubblica sicurezza alla quale e' stata affidata la sorveglianza su di lui. Ne' deve trarre in inganno la circostanza che la liberta' vigilata e' nominalmente una tipica misura di sicurezza in quanto che nella fattispecie in esame, le viene assegnata una funzione di pena tanto che e' incontestabilmente esclusa la possibilita' di applicare alla stessa l'istituto della revoca anticipata (vedi, tra le atre, Casse sezione 1a penale 1 marzo 1977) che e' proprio della misura di sicurezza. Orbene, se la liberazione condizionale e' una misura alternativa, se la liberta' vigilata conseguente, si sostanzia in una afflizione che comporta limitazione della liberta' personale che sono quelle proprie della pena detentiva, si comprendono i dubbi di costituzionalita' che si rappresentano. La disposizione dell'art. 177 del codice penale che impone la decorrenza del provvedimento di revoca al momento dell'ammissione alla liberazione condizionale non consentendo al tribunale di sorveglianza nessuna valutazione in ordine al comportamento tenuto dal condannato durante il periodo trascorso nel regime prima della commissione del delitto e nessuna rilevanza attribuendo al momento in cui si e' verificato il fatto che provoca la revoca, si traduce: in una ingiustificata afflizione di un supplemento di pena, relativamente al periodo trascorso dal liberato condizionalmente in regime limitativo di liberta' in osservanza delle prescrizioni impostegli; in una diversita' di trattamento tra i cittadini, per la ininfluenza che sulla decorrenza della revoca ha il momento della commissione del delitto o della inosservanza delle prescrizioni decorrendo la revoca sempre e comunque dalla data di ammissione alla liberazione condizionale sia che la violazione si sia verificata in prossimita' del momento iniziale che del momento finale del periodo da trascorrere in liberta' vigilata. E' tutto cio'' contrasta in modo evidente con i principi costituzionali di cui agli artt. 13 e 3, che impongono: che la sanzione aggiuntiva sia commisurata al grado di disvalore della condotta tenuta nel corso della esecuzione della misura alternativa; che la previsione normativa deve consentire il pari trattamento di condotte analoghe e la differenziazione di quelle diverse. Per tali motivi, che non sono differenti da quelli posti a base della gia' richiamata decisione della Corte costituzionale (sentenza 15 ottobre 1987, n. 343), il tribunale di sorveglianza di Napoli, riconosciuta la non manifesta infondatezza e la rilevanza ai fini della decisione che e' chiamato ad emettere, della suindicata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 176 del codice penale, nella parte in cui, in caso di revoca della liberazione condizionale per la commissione di un delitto, non consente al tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il periodo trascorso in tale regime;
P. Q. M. Dispone la sospensione del giudizio e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 176 del codice penale, nella parte precisata in narrativa, in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione; La presente ordinanza sara' notificata, a cura della cancelleria, alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Napoli, addi' 14 aprile 1988 Il presidente: (firma illeggibile) 89C0037