N. 21 SENTENZA 11 - 24 gennaio 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Impiego pubblico - Regione Lazio - Reinquadramento nella carriera superiore dei ruoli regionali del personale rivestente pregresse posizioni atipiche proveniente dallo Stato - Mancata valutazione "caso per caso" delle funzioni precedentemente svolte - Illegittimita' costituzionale. Legge regione Lazio riapprovata il 27 luglio 1988). Cost., art. 97)(GU n.5 del 1-2-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco Saja; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge regionale riapprovata il 27 luglio 1988 dal Consiglio regionale del Lazio avente per oggetto: "Modifica ed integrazione alla legge regionale 29 maggio 1973, n. 20, concernente: ordinamento degli uffici, stato giuridico e trattamento economico del personale della Regione Lazio", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 19 agosto 1988, depositato in cancelleria il 26 agosto 1988 ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 1988; Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; Udito nell'udienza pubblica del 13 dicembre 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri; Uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il ricorrente, e l'avv. Achille Chiappetti per la Regione; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 19 agosto 1988, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della legge della Regione Lazio, approvata il 2 dicembre 1987 e riapprovata il 27 luglio 1988, recante "Modifica e integrazione alla legge regionale 29 maggio 1973, n. 20, concernente: ordinamento degli uffici, stato giuridico e trattamento economico del personale della Regione Lazio", in relazione ai principi di certezza del diritto e di buona amministrazione, oltre che ai principi di cui alla legge-quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983 (artt. 97 e 117 Cost.). L'Avvocatura dello Stato premette che la legge regionale 29 maggio 1973, n. 20 detta, all'art. 81, la disciplina per l'inquadramento nei ruoli regionali del personale proveniente dalle amministrazioni statali. Fra l'altro la norma prevede che "nel caso di personale appartenente a carriere o qualifiche atipiche o, comunque, con sviluppo parametrico atipico, l'assegnazione alla fascia funzionale verra' effettuata dalla Giunta regionale caso per caso sulla base delle mansioni proprie della carriera o della qualifica raggiunta nell'Amministrazione di provenienza". La legge impugnata stabilisce che il settimo comma del citato art. 81 e' cosi' integrato: "Il personale proveniente dallo Stato, gia' appartenente a ruoli atipici o che comunque fruiva di parametri differenziati rispetto alle tradizionali carriere dello Stato, viene inquadrato nella carriera immediatamente superiore a quella di appartenenza al momento del trasferimento o del comando presso la Regione ed il servizio prestato nell'Amministrazione di provenienza viene valutato per intero. L'inquadramento avviene su presentazione della domanda da parte degli interessati entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge". Rileva il ricorrente che la Regione, dopo aver lasciato inattuato per oltre un decennio il disposto dell'art. 81 della legge regionale n. 20 del 1973, per la parte concernente l'inquadramento "caso per caso" del personale proveniente dalle amministrazioni dello Stato presso le quali rivestiva posizioni di carriera atipiche, si propone con la legge in esame di provvedere "ora per allora" a nuovo inquadramento del personale in questione, oltre tutto attraverso un criterio diverso da quello originariamente previsto, sostituito da una valutazione "tipica", comportante comunque l'assegnazione alla carriera immediatamente superiore senza piu' riguardo alle mansioni proprie in concreto assolte, nelle amministrazioni di provenienza, dagli appartenenti alle c.d. carriere atipiche. La legge rischia cosi' di risolversi in un sovvertimento delle posizioni di ruolo ormai stabilizzatesi col decorso del tempo e radicatesi, secondo ragione, in affidabili aspettative in capo a coloro che nello stesso arco di tempo abbiano raggiunto posizioni ora esposte a restare frustrate per effetto del reinquadramento, perseguito ormai del tutto inopinatamente e senza neppure quelle garanzie di obiettiva rispondenza al giusto assicurate, nell'originario disegno organizzativo, dalla valutazione singulatim prevista delle mansioni esplicate presso le amministrazioni di provenienza. Ne risulta evidente, prosegue l'Avvocatura, la violazione dei principi di cui all'art. 97 Cost., che vuole assicurato nell'organizzazione dei pubblici uffici il buon andamento dell'amministrazione. Inoltre, il previsto reinquadramento, in quanto non piu' riferibile, nell'opinione comune, alle diverse condizioni sussistenti all'atto dell'ingresso dei singoli nei ruoli regionali e tuttavia comportante la progressione in carriera degli interessati per motivi non oggettivamente apprezzabili sul piano comparativo, non potrebbe non risultare sfornito di razionalita', cosi' da alimentare serie riserve sulla conformita' a diritto dei sommovimenti di ruolo derivantine. Infine, conclude l'Avvocatura, la norma impugnata e' in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legge-quadro sul pubblico impiego (n. 93/83): in particolare, con quelli della omogeneizzazione delle posizioni giuridiche e della perequazione (art. 4), ai quali non puo' dirsi ispirato l'atto che finisca col mettere capo ad una distribuzione di personale nelle diverse carriere non piu' giustificata dalle esigenze connesse al primo impianto di organico, sostanzialmente negligendo situazioni pervenute col tempo a ragionevole consolidazione. 2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Lazio, eccependo l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso. Ha anche depositato memoria aggiuntiva, ma fuori termine. Considerato in diritto 1. - Il presente giudizio di costituzionalita', promosso con il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri di cui in epigrafe, ha per oggetto la legge della Regione Lazio intitolata "Modifica e integrazione alla legge regionale 29 maggio 1973, n. 20, concernente: ordinamento degli uffici, stato giuridico e trattamento economico del personale della Regione Lazio", approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 2 dicembre 1987 e riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il 27 luglio 1988. Ad avviso del ricorrente, la legge violerebbe innanzitutto i principi di buona amministrazione e di certezza del diritto (art. 97 Cost.), in quanto dispone un nuovo inquadramento, dopo oltre un decennio, del personale proveniente dalle amministrazioni dello Stato, presso le quali si trovava in posizioni di carriera atipiche, abbandonando il criterio, originariamente previsto, della valutazione "caso per caso" delle mansioni concretamente assolte nelle amministrazioni di provenienza, e sostituendolo con la regola della assegnazione automatica alla carriera immediatamente superiore a quella in precedenza raggiunta; in tal modo si verrebbe a provocare un sovvertimento di posizioni di ruolo consolidatesi nel tempo, con delusione delle aspettative di quanti avevano ormai, dato il lungo periodo trascorso, fatto ragionevole affidamento sulla loro stabilita'. In secondo luogo, sarebbero violati, per gli stessi motivi, i principi fondamentali della omogeneizzazione delle posizioni giuridiche e della perequazione, indicati nell'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983. 2. - La Regione Lazio ha sollevato eccezione di inammissibilita' della questione, motivata, come ha precisato il difensore all'udienza pubblica, sulla pretesa difformita' tra i motivi del rinvio governativo e quelli del successivo ricorso: in particolare, l'atto di rinvio sarebbe stato formulato in termini cosi' generici da non evidenziare in alcun modo i vizi poi svelati e denunziati nel ricorso. L'eccezione va rigettata. Deve, infatti, ritenersi che nella fattispecie i motivi contenuti nell'atto di rinvio siano stati formulati in modo tale da consentire alla Regione di individuare l'essenza delle censure prospettate dal Governo, poi trattate piu' specificamente nel ricorso; che sia salvo, quindi, il principio della corrispondenza sostanziale tra motivi del rinvio e motivi del ricorso, cosi' come delineato dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, cfr. sentt. nn. 525 del 1987 e 726 del 1988). Cio' vale non soltanto per il primo rilievo, il cui significato, poi sviluppato nel ricorso, era senza dubbio gia' sufficientemente espresso nel suo nucleo essenziale nell'atto di rinvio, ma anche per la seconda censura, in quanto il sia pur generico riferimento ai "principi sanciti in materia da legge quadro pubblico impiego" poneva la Regione in grado di rendersi ragionevolmente conto del fatto che, versandosi in tema di inquadramento di personale, i principi invocati dal Governo andassero individuati essenzialmente in quelli di cui all'art. 4 della legge n. 93 del 1983. 3. - Nel merito la questione e' fondata. Va premesso che questa Corte ha costantemente affermato (anche con specifico riferimento alla materia dell'inquadramento o del reinquadramento di pubblici dipendenti), che la violazione del principio del buon andamento dell'amministrazione "non puo' essere invocata se non quando si assuma l'arbitrarieta' o la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata"; il richiamo all'art. 97 Cost. implica quindi lo svolgimento di un giudizio di ragionevolezza della legge censurata (cfr. sentt. nn. 10 del 1980, 277 del 1983, 217 del 1987, 331 e 1130 del 1988). Cio' posto, con piu' specifico riguardo al caso di specie, va sottolineata l'esigenza, (come questa Corte ha gia' avuto modo di rilevare: v. le citate sentenze nn. 217/87 e 331/88), che il reinquadramento, o il passaggio, di personale a livelli superiori si fondi su una valutazione congrua e razionale dell'attivita' pregressa del dipendente, diretta a far ragionevolmente ritenere che egli sia in possesso dei requisiti necessari per il detto reinquadramento: potrebbe, cioe', essere considerato frutto di una scelta arbitraria o irragionevole un passaggio generalizzato e meramente automatico ad una carriera superiore, non subordinato ad alcun esame delle mansioni concretamente svolte in precedenza dal dipendente. Nella fattispecie, la legge impugnata prescinde completamente da valutazioni di tal genere, dato che l'inquadramento nella carriera immediatamente superiore a quella di appartenenza al momento del trasferimento avviene su semplice presentazione della domanda da parte degli interessati. D'altra parte, che fosse logicamente necessaria la singola valutazione delle funzioni svolte in precedenza dai dipendenti in questione risulta chiaramente dal fatto che, trattandosi di carriere o qualifiche atipiche, non era dato rinvenire la collocazione corrispondente nei ruoli della Regione. In forza di cio' originariamente era appunto previsto un tale esame "caso per caso", ed il fatto che la norma non sia stata applicata, o lo sia stata solo parzialmente, non puo' certo giustificare la soppressione di tale criterio. A tutto cio' va aggiunto che a determinare la lesione, da parte della normativa censurata, del principio del buon andamento dei pubblici uffici contribuisce anche la circostanza che il mutamento del criterio di inquadramento dovrebbe avvenire dopo quasi quindici anni dalla fase di primo impianto del personale regionale; tale intervallo temporale indubbiamente aggrava il gia' formulato giudizio di irragionevolezza della legge impugnata. Accertata la violazione dell'art. 97 Cost., risulta superfluo passare all'esame del secondo profilo di censura prospettato dal ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione Lazio intitolata "Modifica ed integrazione alla legge regionale 29 maggio 1973, n. 20, concernente: ordinamento degli uffici, stato giuridico e trattamento economico del personale della Regione Lazio", riapprovata dal Consiglio regionale il 27 luglio 1988. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: FERRI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 24 gennaio 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0061