N. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 luglio 1989

                                 N. 29
     Ordinanza emessa il 4 luglio 1989 dal tribunale amministrativo
  regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Manfredini Elide
              ed altro contro il comune di Milano ed altra
 Edilizia  e urbanistica - Regione Lombardia - Norme per la promozione
 ed  incentivazione  della  ricettivita'  turistica   alberghiera   ed
 extralberghiera in occasione dei mondiali di calcio 1990 Possibilita'
 di concessioni in  deroga  da  parte  della  regione,  anche  se  non
 previste  dallo  strumento  urbanistico o dal regolamento edilizio ed
 attribuzione  alla  regione  stessa  del   potere   di   approvazione
 definitiva dei progetti edilizi Illegittima attribuzione alla regione
 di potesta'  spettanti  al  comune  -  Eccessiva  complessita'  della
 procedura   prevista   Irragionevolezza   della  norma  impugnata  in
 relazione ai criteri enunciati in materia nella sentenza della  Corte
 n. 1010/1988 con incidenza sul principio di buon andamento della p.a.
 (Legge regione Lombardia 4 luglio 1988, n. 39).
 (Cost., artt. 5, 97, 114, 117 e 128).
(GU n.5 del 31-1-1990 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 2893/1988
 proposto da Manfredini Elide  e  Seghetto  Vittorio  rappresentati  e
 difesi  dall'avv.  Giovanni  Spadea,  presso  lo stesso elettivamente
 domiciliati in Milano, via Pinamonte da Vimercate n.  2,  contro,  il
 comune  di  Milano, in persona del sindaco in carica, costituitosi in
 giudizio, rappresentato e  difeso  dagli  avvocati  Pietro  Marchese,
 Giovanni  Sindaco  e  dott.  proc.  Erminio  Amelio presso gli stessi
 elettivamente domiciliato in Milano, via  della  Guastalla  n.  8,  e
 contro  la  regione  Lombardia,  in  persona del presidente in carica
 della  giunta  regionale,   non   costituitasi   in   giudizio,   per
 l'annullamento,  previa  sospensione,  del parere vincolante negativo
 emesso con deliberazione del consiglio comunale 4  ottobre  1988,  n.
 1180,  in  merito  alla  domanda  di  concessione  edilizia  ex legge
 regionale 4 luglio 1988, n. 39, per la costruzione di un motel in via
 Novara n. 282;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio e la successiva memoria
 del comune di Milano;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito, alla pubblica udienza del 4 luglio 1989 il relatore Roberta
 Vigotti;
    Uditi,  altresi',  l'avv. Spadea per i ricorrenti e l'avv. Sindaco
 per il resistemte comune di Milano;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue;
                            FATTO E DIRITTO
     A)  Con  ricorso  notificato  al comune di Milano ed alla regione
 Lombardia, i ricorrenti chiedono l'annullamento del  parere  negativo
 espresso in data 4 ottobre 1988 dal consiglio comunale in merito alla
 domanda di concessione edilizia relativa  alla  realizzazione  di  un
 motel  in  via  Novara  n. 282, domanda avanzata ai sensi della legge
 regionale 4 luglio 1988, n. 39 ("norme a sostegno della promozione ed
 incentivazione    della   ricettivita'   turistica   alberghiera   ed
 extralberghiera in occasione dei mondiali di calcio 1990").
    A   sostegno   del  ricorso  viene  dedotto  il  seguente  motivo:
 violazione e/o falsa applicazione di legge; eccesso di  potere  sotto
 vari profili.
    A  stregua dell'art. 3, n. 2, della legge regionale n. 39/1988, il
 parere negativo espresso  dal  comune  e'  definito  "vincolante"  ed
 impedisce  quindi  l'ulteriore  sviluppo  del procedimento. Il comune
 avrebbe  dovuto  valutare  soltanto  se   la   struttura   progettata
 rispondeva  o  meno  all'interesse  pubblico  perseguito  dalla legge
 regionale  alla  luce  dei  soli  requisiti  di  ammissibilita'   dei
 progetti,  come  fissati  dall'art.  4  della  predetta  legge, e non
 appuntarsi - come viceversa e' avvenuto  nel  caso  di  specie  -  su
 valutazioni  esclusivamente  urbanistiche  (stante la possibilita' di
 rilascio di concessione in deroga, prevista dalla norma).
    Si   e'   costituito   il   comune   di  Milano,  concludendo  per
 l'infondatezza del ricorso.
    Accolta,  con  ordinanza  n.  648/1988,  l'istanza  cautelare,  il
 ricorso, chiamato all'udienza odierna, passava in decisione.
     B)  Il  collegio  e' chiamato a decidere della legittimita' di un
 provvedimento inserito nell'iter procedimentale delineato dalla legge
 regione  Lombardia  n.  39/1988;  prodromica  alla  decisione  e', in
 particolare,   l'indagine   circa   i   contenuti   dei   vari   atti
 normativamente  previsti, e i rapporti tra le funzioni, i poteri e le
 competenze in essi coinvolti.
    A seguito di tale indagine, il collegio ritiene di dover sollevare
 d'ufficio la questione circa la compatibilita' o  meno  della  citata
 legge  regionale  con  i  precetti costituzionali in tema di garanzie
 delle autonomie locali (artt. 5, 114, 117, primo comma, e 128) e  con
 il   criterio   della  necessaria  ragionevolezza  delle  scelte  del
 legislatore, criterio della cui immanenza  nel  sistema  fondamentale
 l'art. 97, primo comma, e', insieme, espressione sintomo.
    Quanto  alla  rilevanza  della  questione di costituzionalita' ora
 riferita, e' sufficiente osservare che la  materia  del  decidere  e'
 costituta  proprio  ed  unicamente dalla interpretazione della citata
 legge regionale, la quale - per i motivi che si verranno esponendo  -
 non   consente   a  questo  giudice  una  soluzione  soddisfacente  e
 costituzionalmente appagante (poiche', ove si voglia salvaguardare un
 principio,  si aprono problemi in ordine ad un diverso, e non di meno
 momento  canone  ermeneutico):  di  talche'   il   rinvio   all'esame
 complessivo della norma appare come l'unica soluzione - a giudizio di
 questo t.a.r. - possibile e corretta.
    La  questione,  oltre  che  rilevante, e' anche non manifestamente
 infondata, sotto i profili che vengono qui di seguito illustrati.
    1. - La legge della regione Lombardia 4 luglio 1988, n. 39.
    Allo  scopo  di  "far fronte ad esigenze di ricettivita' derivanti
 dallo svolgimento dei campionati mondiali di calcio nell'anno 1990" e
 di  promuovere  l'incremento  della  ricettivita'  turistica  ad  uso
 alberghiero nel comune di Milano e ad uso extralberghiero  anche  nei
 comuni confinanti, la legge in esame prevede il seguente procedimento
 (per sommi capi):
      I)  presentazione  al  comune  competente  per territorio e alla
 regione  di  progetti  finalizzati  alla   realizzazione   di   nuove
 strutture,  al  recupero e all'ampliamento di strutture esitenti e in
 esercizio.
    Tali  progetti, tra l'altro, devono contenere la "precisazione del
 richiedente  se  l'opera  sia  compatibile  o  meno  con   le   norme
 urbanistiche  ed edilizia vigenti nel comune interessato" e relazione
 tecnica con indicazione delle  opere  di  urbanizzazione  primaria  e
 secondaria esistenti e/o progettate;
      II) espressione, entro 30 giorni, da parte del comune, di parere
 "vincolante,  se  espresso"  e  relativa  trasmissione  alla   giunta
 regionale;
      III)    valutazione,    da   parte   della   giunta   regionale,
 dell'ammissibilita' dei progetti edilizi sulla base di un requisito -
 quantitativo  -  essenziale  e  della  presenza  di  almeno  due  tra
 determinate caratteristiche, attinenti all'ubicazione, alla  presenza
 di  standard  urbanistici,  alla qualita' urbanistica dell'area, alla
 valorizzazione di beni ambientali e monumentali, all'dozione di nuove
 tecnologie;
      IV)  approvazione  dei  progetti  edilizi, da parte della giunta
 regionale, con provvedimento motivato circa l'intervenuto parere  del
 comune;  l'eventuale  assenso  pur  in carenza di parere comunale; la
 concessione  di  deroga,in  caso  di  non  conformita'  edilizia  e/o
 urbanistica  del progetto, riconoscendosi all'intervento il carattere
 di opera di interesse  generale  ed  anche  in  assenza  di  espressa
 previsione  del RE o della NA del p.r.g.. L'approvazione ha valore di
 dichiarazione  di  p.u.  e  l'attuazione  non  richiede   il   previo
 inserimento nel p.p.a.;
      V)  approvazione  del  vincolo di destinazione alberghiera sugli
 edifici realizzati;
      VI)  obbligo  del sindaco di rilascio della concessione edilizia
 per i  progetti  approvati  dalla  giunta  regionale;  formazione  di
 silenzio-assenso.
    2.   -   Puo'  intanto  discutersi  della  natura  della  funzione
 legislativa  cosi'   esercitata   della   regione.   La   specialita'
 dell'evento,  e  la  circostanza  che  lo stesso sia stato oggetto di
 specifica normazione da parte dello Stato, potrebbe fondatamente  far
 propendere per una collocazione nella potesta' legislativa attuativa.
 Se cosi' fosse,  l'inflazione  all'art.  117,  secondo  comma,  della
 Costituzione   deriverebbe  direttamente  dalla  circostanza  che  la
 legislazione statale in materia (legge n. 556/1988, d.-l.  12  giugno
 1989) non demanda alle regioni l'emanazione di norme di attuazione.
    Fondati  dubbi  di incostituzionalita', comunque, sussistono anche
 se si riconosce valenza urbanistica o turistica alla legge in  esame,
 e  quindi  la  si  collega  nell'ambito  della  potesta'  legislativa
 concorrente, ex art. 117, primo comma, della Costituzione.
    Com'e'  noto,  nell'esercizio  del potere normativo per le materie
 ivi  indicate,  la  regione  incontra  il   limite   dei   "princi'pi
 fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato".
    Un  primo profilo di indagine riguarda percio' l'individuazione di
 tali princi'pi nell'ambito della legislazione  statale  nei  settori:
 2.1.)  urbanistica  (ed  edilizia)  e  2.2.)  turistico  ed industria
 alberghiera, nonche' la successiva verifica del rispetto degli stessi
 da parte della legge in esame.
    3.  -  Poiche'  peraltro  l'azione normativa regionale non puo non
 incidere sul contesto normativo nel quale operano gli enti locali  la
 cui  autonomia  e'  costituzionalmente  garantiita  - e ne condiziona
 l'attivita', occorrera' indagarne la  compatibilita'  anche  con  gli
 artt. 5, 114 e 128 della Costituzione.
    4.  - Infine, non manifestamente infondati possono essere ritenuti
 profili di incostituzionalita' derivanti dalla irragionevolezza della
 disciplina  regionale  in  esame, rispetto al fine indicato dall'art.
 97, primo comma, della Costituzione  (cfr.  Corte  costituzionale  n.
 1/1989),   sia   con   riferimento   alla  logicita'  intrinseca  del
 procedimento delineato, sia con  riferimento  alla  congruenza  dello
 stesso  rispetto  al  fine della norma (accelerare ad incrementare la
 ricettivita' turistica in vista dello  svolgimento  dei  mondiali  di
 calcio), sia, infine, alla serieta' e necessita' del contenuto (corte
 costituzionale n. 230/1989). (Va da se'  che  gli  aspetti  enucleati
 confluiscono, sotto diversi profili, gli uni negli altri).
    E allora, in analisi:
    2.1) Le potesta' regionali in materia urbanistica.
    L'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione, inserisce tra le
 materie proprie della regione, l'urbanistica, e non l'ediliza.
    Tuttavia,  dati  i confini piuttosto sfumati tra le due materie, e
 poiche' lo stesso legislatore delegato - a cominciare dal  d.P.R.  n.
 8/1972  -  ha mostrato di ritenerne la contiguita', si puo' convenire
 che,  come  recita  il  d.P.R.  n.  615/1977,  la  materia   riguardi
 "l'assetto e l'utilizzazione del territorio" nei suoi vari aspetti.
    Per  attenersi  a quello piu' propriamente edilizio, spettano alla
 regione, secondo l'art. 1 del d.P.R. n.  8/1972,  tra  le  altre,  la
 funzione  relativa  al "nulla osta al rilascio di licenze edilizie in
 deroga alle norme dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi, ivi
 comprese    le   deroghe   alle   altezze   stabilite   dalle   norme
 urbanistico-edilizie per le costruzioni alberghiere" (di cui all'art.
 16  della  legge  n.  765/1967)  "la sospensione demolizione di opere
 difformi  dal  piano   regolatore   oppure   non   rispondenti   alle
 prescrizioni del piano medesimo" (lettere l) e m).
      altre   competenze  riguardano  il  potere  di  annullamento  di
 deliberazioni  e  provvedimenti  comunali  autorizzanti   opere   non
 conformi  a  prescrizioni dei suddetti strumenti urbanistici (art. 27
 della legge n. 1150/1942); la sospensione, su richiesta del  sindaco,
 di   lavori   la   cui   realizzazione   renderebbe  piu'  onerosa  o
 comprometterebbe  l'attuzione  del  p.r.g.   o   del   programma   di
 fabbricazione non ancora approvati (art. 4 della legge n. 291/71); la
 determinazione delle sanzioni per l'omesso o ritardato pagamento  del
 contributo  di concessione; lo stabilire le variazioni essenziali del
 progetto  approvato  e  quali  aree  del  territorio  debbono  essere
 assoggettate a particolare controllo periodico (artt. 3, 8 e 23 della
 legge n. 47/1985).
    Tra    le   piu'   rilevanti   funzioni   attinenti   propriamente
 all'urbanistica,  si  possono  ricordare  l'approvazione  dei   piani
 territoriali   di   coordinamento,  previsti  dall'art.  5  legge  n.
 1150/1942 e succ. mod. e integr.; la determinazione della  estenzione
 e  l'approvazione del piano intercomunale previsto dall'art. 12 della
 medesima legge n. 1150; l'approvazione del p.r.g.; l'approvazione dei
 P.E.E.P.  di  cu alla legge n. 167/1962 mod. dalla legge n. 865/1971;
 l'aprovazione del piano per  gli  insediamenti  produttivi  (art.  27
 della  legge  n. 865/1/971), la programmazione urbanistica attraverso
 il programma pluriennale  di  attuazione  (art.  13  della  legge  n.
 10/1977);  lo  stabilire criteri e modalita' cui dovranno attenersi i
 comuni, all'atto della predisposizione d strumenti  urbanistici,  per
 l'eventuale  regolamentazione,  in  ambiti  territoriali determinati,
 delle  destinazioni  d'uso  degli  immobili;  la   disciplina   della
 formazione,  adozione  e  approvazione  delle varianti allo strumento
 urbanistico  generale  finalizzate  al  recupero  urbanistico   degli
 insediamenti abusivi (artt. 25 e 29 della legge n. 47/1985).
    Trattasi dunque di funzioni - e di connesse potesta' legislative -
 che concernono la programmazione dell'organico  assetto  territoriale
 (quella   piu'  propriamente  urbanistica),  ovvero  il  controllo  e
 l'integrazione dell'attivita' propria dell'ente locale  (quella  piu'
 propriamente  edilizia),  restando sempre e comunque fermo: anche per
 espressa previsione delle leggi-quadro  intervenute  in  materia:  si
 veda  l'art. 17, lett. d), della legge n. 281/1970 "il rispetto delle
 esigenze dell'autonomia e del decentramento ai sensi degli artt. 5  e
 128 della Costituzione".
    E  nell'ambito di queste esigenze non puo' non essere collocato il
 principio,  secondo  il  quale  all'ordinato  assetto   del   proprio
 territorio  e' preposto il comune al cui organo monocratico, in prima
 battuta,  spetta  assicurarne  la  rispondenza  alla   programmazione
 urbanistica:  la  stessa  legge  n.  47/1985, con norma dichiarata di
 principio  rispetto  alla  legislazione  regionale  (artt.  1  e  4),
 ribadisce tale competenza, del resto tradizionale e costante in tutta
 la lagislazione pregressa.
    Si  puo'  quindi,  sul  punto,  ritenere  che,  nell'ambito  della
 ripartizione delle competenze che  comunque  sul  territorio  trovano
 espressione,  alla  regione  competa  un  potere  programmatorio e di
 indirizzo ed inoltre in potere di controllo  (in  senso  lato)  e  di
 supporto  all'attivita'  del comune; al quale invece pertiene, in via
 prioritaria,  sovrintendere  allo  sviluppo  edilizio   del   proprio
 territorio.
    Una  legge  regionale  che  contravvenisse  a  tale  ripartizione,
 confliggerebbe percio' con lart. 117, primo comma, della Costituzione
 poiche'  esulerebbe  dall'ambito dei princi'pi fondamentali stabiliti
 dalle leggi dello  Stato:  confliggerebbe  contro  la  precisa  legge
 statale  che  tali  funzioni  ha  trasferito  (e  che  ha ribadito la
 salvezza per le autonomie  locali);  confliggerebbe  anzi  contro  il
 concetto  stesso  di  "trasferimento",  poiche',  riguardando  questo
 funzioni gia' avocate allo Stato, e' evidente che in nessun  modo  ed
 in   nessun   senso   potrebbe   coinvolgere  attribuzioni  viceversa
 esercitate dall'ente locale; confliggerebbe infine contro  gli  artt.
 5,  114  e  128  della  Costituzione  almeno  tutte  le  volte in cui
 l'infrazione operata non sia da ritenersi ragionevole  rispetto  alle
 finalita' generali perseguite (corte costituzionale n. 1010/1988: sul
 punto, si veda sub 4).
    2.2) Le potesta' regionali in materia turistico-alberghiera.
    Trasferite  con  d.P.R.  n.  6/1972, le funzioni amministrative in
 oggetto riguardano, tra l'altro "la  programmazione,  lo  sviluppo  e
 l'incentivazione del turismo regionale".
    I  princi'pi  fondamentali  sono  stati  stabiliti  dalla legge n.
 217/1983; l'art. 8 prevede che spetta alle  regioni  sottoporre,  con
 specifiche  leggi,  a vingolo di destinazione le strutture ricettive;
 che i comuni provvedono ad individuare aree  destinate  ad  attivita'
 turistiche e ricettive e a determinare la disciplina utilizzazione di
 tali aree tenendo conto  dei  piani  di  sviluppo  predisposti  dalle
 regioni, adeguando, entro un anno dalla entrata in vigore delle leggi
 regionali, i propri strumenti urbanistici  mediante  l'individuazione
 delle  aree destinate ad insediamenti turistici produttivi, che a tal
 fine sono vincolate; che, con apposite leggi, le regioni stabiliscono
 i modi per la rimozione del vincolo di destinazione le sanzioni per i
 casi di inadempienza e i necessari raccordi con le norme  e  i  piani
 urbanistici.
    E'  previsto il contributo finanziario dello Stato alle regioni ai
 fini dello sviluppo delle attivita' turistiche: per gli  investimenti
 destinati  alla  creazione  di  nuove  strutture ricettive e di nuovi
 servizi, le opere devono essere incluse nei  programmi  regionali  di
 sviluppo di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 616/1977 (art. 13).
    La  legge  n.  217,  si  e'  detto, contiene i profili ai quali la
 normativa regionale deve prestare ossequio: una legge  regionale  che
 provvedesse in difformita', sembrerebbe violare l'art. 117 in materia
 diretta e automatica.
    Dalla  legge  n. 217 si evince, inoltre la conferma della signoria
 comunale sul proprio territorio: quello che la regione e' chiamata ad
 assolvere   e'  un  compito  legislativo  e  riguardante  l'attivita'
 imprenditoriale, non la dislocazione diretta sul territorio,  se  non
 in  termini  di  programmazione di massima; la norma regionale che da
 tale criterio si discostasse, sembrerebbe violare, dunque, anche  gli
 artt.  5, 114 e 128 della Costituzione, a meno che altra normativa di
 principio  potesse  ritenersi  speciale  -  in  relazione  all'evento
 "Mondiali" - rispetto a quella teste' richiamata.
    2.2.1.  La  legislazione  statale  in  occasione  dei "mondiali di
 calcio".
    Venendo a quest'ultimo punto, non pare che la legislazione statale
 emanata nell'occasione richiamata abbia apportato deroghe al  sistema
 delineato,   ponendo  cosi'  princi'pi  speciali  e  diversi  per  la
 legislazione regionale.
    Il  d.-l.  4  novembre  1988,  n.  465,  convertito nella legge 30
 dicembre 1988, n. 556, prevede che, in  vista  dell'avvenimento,  sia
 autorizzata  una spesa straordinaria per la relizzazione, sviluppo ed
 ammodernamento  di  "strutture  turistiche  e   ricettive",   secondo
 progetti  da  approvarsi  da  parte del Ministero del turismo e dello
 spettacolo, previa verifica - se a base regionale - della conformita'
 alle  finalita' dei programmi di sviluppo regionale (tale verifica e'
 di   competenza    delle    regioni    interessate).    Sulla    base
 dell'approvazione   ministeriale,   vengono   determinate   le  somme
 spettanti a  ciascuna  regione  per  il  finanziamento  dei  progetti
 approvati.
    Il  progetto  deve  comunque  essere  compatibile  con  i  vincoli
 ambientali, paesaggistici, aritistici e storici e con  gli  strumenti
 urbanistici  o,  in  mancanza occorre "la deliberazione del consiglio
 comunale adottata ai sensi dell'art. 1, quarto comma, della  legge  3
 gennaio  1978,  n.  1,  nel  caso  di  opere pubbliche o di interesse
 generale (art. 1, quarto comma, lett. d), nel testo modificato  dalla
 legge di conversione).
    La  legge poi prevede che le opere occorrenti per l'attuazione dei
 progetti siano assistite dalla  dichiarazione  di  pubblica  utilita'
 indifferibilita'  ed urgenza, e che i beni cosi' realizzati rimangono
 di proprieta' pubblica per i dieci  anni  ovvero  -  se  trattasi  di
 interventi  su  beni  ed  opere  gia'  esistenti - siano sottoposti a
 vincolo di destinazione d'uso; alla data predetta  il  concessionario
 e'  tenuto  a  riscattare  la  proprieta'  del bene o ad estinguere i
 vincoli, versando un corrispettivo definito nell'atto di  concessione
 (che  spetta  alla  regione  stipulare  con  gli  interessati  per la
 relizzazione dei progetti approvati).
    La  ripartizione del fondo previsto e' oggetto del d.-l. 12 giugno
 1989 che lo suddivide tra le regioni e le province autonome di Trento
 e Bolzano.
    Come  si  vede, la pur speciale disciplina statale non si discosta
 dai princi'pi fondamentali sopra delineati: competenza del comune sul
 proprio  territorio;  intevento  finanziario  e  di supporto da parte
 della regione.
    L'esigenza  di  provvedere adeguatamente in ordine all'avvenimento
 straordinario non postula dunque  necessariamente  alcuna  infrazione
 all'assetto istituzionale delle competenze.
    Irragionevole,  pertanto,  sul  punto, sarebbe una legge regionale
 che una tale necessita' assumesse a predicato.  In  ogni  caso,  essa
 sarebbe  anche  e comunque violativa dei princi'pi fondamentali delle
 leggi nazionali, che rimangono quelli gia' visti.
    Inoltre, con riferimento diretto alla legge regionale in esame, si
 pone anche un problema di successione di  legge  nel  tempo,  poiche'
 detta legge e' del 4 luglio 1988, precedente quindi sia alla legge n.
 556/1988 che al decreto con essa convertito.
    3) Concessioni: punto 2.1.
    Si   ritiene   non   manifestamente   infondata  la  questione  di
 illegittimita' costituzionale della legge regionale  in  oggetto  per
 violazione  degli  artt.  5,  117,  primo  comma,  114  e  128, della
 Costituzione, sotto i profili evidenziati al punto 2.1.  Detta  legge
 ha  infatti  in  sostanza  paralizzato  il  potere  istituzionalmente
 spettante al comune (per principio  fondamentale  della  legislazione
 statale) sul proprio territorio.
    Il  cosiddetto "parere vincolante" di cui all'art. 3 punto 2 puo',
 infatti essere paralizzato dal rilascio, da parte della regione della
 concessione   in   deroga  anche  se  non  prevista  dallo  strumento
 urbanistico o dal regolamento edilizio comunale  (art.  5  lett.  c),
 laddove  il provvedimento ordinario di deroga presuppone l'iniziativa
 comunale  e  l'ammissibilita'  della   stessa   in   base   a   norme
 regolamentari  locali:  art.  41quater della legge n. 1150/1942, come
 mod. dalla legge n. 765/1967.
    L'approvazione  definitiva  dei  progetti  edilizi  (art. 5, n. 1)
 spetta alla giunta regionale, ed il sindaco (art. 6) e'  praticamente
 tenuto  ad  una  mera  ratifica  della stessa, essendo la concessione
 edilizia, in tal caso, atto dovuto. L'apprezzamento del fabbisogno di
 standards urbanistici, e la qualita' urbanistica dell'intevento (art.
 4, comma secondo, lettere b) e c) spetta in via diretta ed  esclusiva
 alla regione.
    La  funzione  comunale  viene  coartata  non solo nel senso che la
 regione puo' consentire interventi non ammissibili in base alle norme
 urbanistiche  del  comune,  ma  anche  nel  senso  che  puo' impedire
 l'edificazione viceversa consentita, in base alle stesse norme ed  in
 forza  del  conseguente  parere  favorevole comunale: si consideri il
 caso di un intervento assentito dal comune, ma che  non  assommi  due
 caratteristiche tra quelle elencate dall'art. 4, punto 2.
    L'espropriazione  di funzioni comunali e' ancora piu, evidente nel
 caso di mancata espressione del parere ex art. 3, punto 2: e'  allora
 la    giunta    regionale   chiamata   ad   esprimersi   direttamente
 sull'ammissibilita' edilizia o del progetto (art. 5 lett. b)  (e  non
 occorre  spendere parole in ordine alla profonda diversita' di questa
 fattispecie rispetto  ai  casi  di  silenzio-assenso  previsti  dalla
 legislazione   urbanistica:   legge   n.   94/1982,  nei  quali  alla
 qualificazione  dell'atteggiamento  comunale  non  corrisponde  alcun
 trasferimento della funzione).
   Ne'  tali  infrazioni  possono,  come detto, ritenersi giustificate
 dall'esigenza  straordinaria   (secondo   l'insegnamento   di   Corte
 costituzionale  n. 1010/1988): ad esludere, valgono le considerazioni
 svolte sub 2.2.1.
    Sul  punto  2.2.  Non  paino  rispettati  i princi'pi posti con la
 legge-quadro n. 217/1983, che prevede  limiti  ben  definiti  per  la
 normativa  regionale,  in ogni caso non estesi fino alla dislocazione
 territoriale degli alberghi sul territorio, come invece  e'  previsto
 dagli artt. 5 e 6 della legge regionale in esame
    Inoltre,  qualora  si  considerasse  anche  la  normativa  statale
 speciale attratta nell'ambito della  materia  "turismo  ed  industria
 alberghiera",  non  e'  dubbio che la legge 30 dicembre 1988, n. 556,
 pone anche'essa princi'pi fondamentali, nel senso  che  alla  regione
 non  spettano  se non compiti erogativi di finanziamento statale e di
 stipula delle previste convenzioni.
    Il  contrasto tra detti principi sopravvenuti e la norma regionale
 non e' tuttavia tale  da  poter  essere  apprezzato  dal  giudice  in
 termini  di  prevalenza  dei  primi  sulla  seconda, in modo da poter
 essere risolto con i normali  canoni  ermeneutici  della  successione
 delle  leggi  nel  tempo (cfr. Cass. sez. III pen. 25 maggio 1982, n.
 1968).  Al  contrario,  la  risoluzione  di  tale  contrasto  postula
 l'apprezzamento  non  di  singole norme, ma quello, possibile solo da
 parte del giudice delle leggi, della  conformita'  dell'intera  legge
 regionale al parametro Costituzionale.
    Anche  in  questo  senso,  e per gli aspetti tratteggiati ai punti
 2.2.e 2.2.1, sussisterebbe, dunque, violazione degli artt. 117, primo
 comma, 5, 114 e 128, della Costituzione.
    4. Il profilo della irragionevolezza della legge.
    Come ha messo in rilievo la Corte costituzionale (da ultimo, nella
 sentenza 3 novembre 1988, n.  1010)  il  concreto  atteggiarsi  delle
 modalita'   di  partecipazione  degli  enti  locali  territoriali  al
 procedimento  relativo  all'esercizio  di  funzioni  proprie   (Nella
 specie,  alla formazione dei piani urbanistici), pur rientrando nella
 discrezionalita' del legislatore, ben  puo'  essere  sindacato  dalla
 Corte medesima sotto il profilo della sua ragionevolezza.
    Il  criterio  della  "ragionevolezza" della legge (quale parametro
 sotteso a  tutta  la  normazione  costituzionale),  trova  epressione
 codificata  in  numerosi  articoli  della  Carta  fondamentale, ed in
 particolare,  per  quanto   qui   interessa,   nell'art.   97   della
 Costituzione.   Assicurare   il   buon   andamento   e   l'efficienza
 dell'amministrazione, non altro vuol  dire  infatti  che  predisporre
 procedure  logiche,  lineari  e  congrue  rispetto allo scopo: in una
 parola ragionevoli.
    A  sua  volta,  il  predicato  della regionevolezza si rifrange in
 diversi caratteri: e'  ragionevole  una  disciplina  che  delinea  un
 procedimento  intrinsecamente  logico nelle varie sue fasi; che ha un
 contenuto serio e necessario (Corte costituzionale n. 230/1989),  che
 configura  una  procedura  coerente con le proprie finalita' generali
 (Corte  costituzionale  n.  1010/1988).   Sotto   nessuno   dei   tre
 evidenziati aspetti la legge regionale in esame appare ragionevole.
    4.1.   -   Quanto   alla  logicita'  intrinseca  del  procedimento
 delineato, e' sufficiente ad escluderla la considerazione  che  viene
 imposto  un  doppio  esame  del progetto edilizio i cui esiti possono
 paralizzarsi  a  vicenda:  nonostante   sia   epressamente   definito
 "vincolante,   se   espresso",  il  parere  del  comune  puo'  essere
 vanificato dalla giunta regionale sulla base di un  giudizio  di  non
 ammissibilita',   ovvero   in   forza  della  concessione  di  deroga
 (straordinaria).
    Tale iter procedimentale - oltre ad essere viziato sotto i profili
 gia' evidenziati - stravolge  anche  i  piu'  elementari  criteri  di
 logica, secondo i quali il giudizio di ammissibilita' deve precedere,
 e non gia' seguire la valutazione di merito  e  questa,  se  definita
 vincolante, non puo' essere poi semplicemente derogata.
    La  riprova dell'illogicita' del procedimento e' offerta - anche -
 dalla sua ridondanza e dalla superfluita' delle sue fasi, poiche'  e'
 evidentemente  inutile  un parere comunale che intervenga in una fase
 del procedimento tale da poter essere  posto  in  non  cale,  sia  se
 positivo  (attraverso  il  giudizio  di  non  ammissibilita'), sia se
 negativo (attraverso la deroga di iniziativa regionale).
    A  cio'  aggiungasi  la  completa  irrilevanza  della  concessione
 edilizia, che ciononostante l'art. 6 dichiara atto  dovuto  da  parte
 del  sindaco  per i progetti approvati dalla regione, ed anzi, atto a
 formazione tipica (mediante il silenzio).
    A  quest'ultimo  proposito,  non  si  vede proprio cosa il sindaco
 possa "comunicare", essendo ormai  il  progetto  approvato  da  parte
 della   regione  e  costituendo  percio'  oggetto  di  "obbligatoria"
 concessione. Ecco quindi un ulteriore, inutile passaggio, che reitera
 un esame gia' compiuto in sede di presentazione del progetto edilizio
 ex art. 3: e se il comune ha  gia'  espresso  il  proprio  parere  in
 merito)  ovviamente,  alla  luce delle norme edilizie ed urbanistiche
 alla cui attuazione  e  tutela  e'  preposto),  non  altro  resta  da
 esaminare  o  da decidere, ne' in ordine alla data di ultimazione dei
 lavori (gia' legislativamente fissata entro il 30 aprile  1990),  ne'
 in ordine al pagamento di oneri, che non sono dovuti.
    4.2.  -  IL  contenuto della legge in esame non appare necessario,
 soprattutto  tenuto  conto  della  sopravvenuta,  diversa,  normativa
 statale  in  materia (d.-l. 4 novembre 1988, n. 465, convertito nella
 legge 30 dicembre 1988, n. 556).
    Ma   anche  alla  luce  della  legislazione  qual'era  al  momento
 dell'emanzione della normativa regionale, la stessa appare del  tutto
 superflua.
    In  effetti, la legge regionale della Lombardia 19 maggio 1988, n.
 196,  gia'  qualifica  gli  alberghi  come  strutture  di   interesse
 generale:  per  la  costruzione  degli  stessi,  dunque,  e' comunque
 possibile il  ricorso  all'istituto  della  concessione  edilizia  in
 deroga,  che  l'art.  41-quater  della  legge n. 1150/1942, come mod.
 dall'art. 16 della legge n. 765/1967  ammette  per  gli  "edifici  ed
 impianti  pubblici  o  di  interesse  pubblico",  previo  nulla  osta
 regionale (art. 3 legge n. 1357/1955).
    Nell'ordinamento,   pertanto,   era   gia'  vigente  la  normativa
 urabanistica  di  maggior  favore  per  l'edificazione  di   alberghi
 (normativa   rispettosa,   come   si  e'  gia'  notato,  del  riparto
 costituzionale delle competenze): non necessaria, se  non  nel  senso
 dello  stravolgimento  di  tale  assetto  costituzionale e' dunque la
 normativa regionale in esame. Tale conclusione si avvalora alla  luce
 della  possibilita',  consentita  dall'art. 1, quarto comma, lett. d)
 della legge n. 556/1988, di utilizzare la procedura ex art. 1, quarto
 comma  della  legge  n.  1/1978  per la realizzazione delle strutture
 finalizzate ai "mondiali".
    Anche con riferimento al settore turistico-alberghiero, il sistema
 gia' - attraverso le particolari competenze e  funzioni  regionali  e
 comunali  di  cui  alla  legge  n.  217/1983  - gli strumenti atti ad
 agevolare  l'insediamento  di  strutture  ricettive,   mediante   gli
 appositi   piani  di  sviluppo  e  l'adeguamento  agli  stessi  degli
 strumenti urbanistici: attraverso  il  sistema  cosi'  delineato  era
 logicamente   attuabile   l'incentivazione   particolare,  mentre  la
 normativa  regionale  in  esame  di  tale   sistema   e'   totalmente
 stravolgente e, dunque, non utile (in altre parole: irragionevole).
    4.3.  -  La  finalita'  della  legge  regionale n. 39 e' quella di
 "promuovere" -  e  quindi  anche  accelerare  -  "l'incremento  della
 ricettivita'  turistica"  "al  fine  di  far  fronte  ad  esigenze di
 ricettivita' derivanti dallo svolgimento dei campionati  mondiali  di
 calcio nell'anno 1990".
    A  tale  fine,  lungi  dallo  semplificare  le  procedure consuete
 riguardanti  il  settore  edilizio-alberghiero,  che  gia'  prevedono
 strumenti adeguati (concessioni in deroga, dichiarazione di interesse
 generale dell'opera), eventualmente snellendo fasi procedimentali, la
 legge  ha  operato  in  senso opposto, mediante la superfetazione del
 procedimento e la proliferazione di fasi  non  necessarie  (esame  di
 ammissibilita',  anche,  evidentemente,  in  presenza  di  un  parere
 comunale  favorevole,  che  gia'  di  per  se'  sarebbe   presupposto
 sufficiente per il rilascio di ordinaria concessione edilizia; doppia
 fase comunale, in sede di esame del progetto ed in sede  di  rilascio
 di concessione; vaglio di conformita' urbanistica da parte del comune
 e da parte  della  regione  chiamata  a  pronunciarsi  -  di  propria
 iniziativa,  e  non  su  richiesta  del comune - sulla concessione in
 deroga).
    Tale   frammentazione  di  funzioni  appesantisce  e  complica  la
 procedura, senza essere corralata ad  alcun  particolare  fine  della
 legge;   ed   anzi   rispetto  all'esigenza  della  promozione  della
 ricettivita' turistica,  risultando  addirittura  contraddittoria  e,
 dunque - ancora una volta - irragionevole.
    In  conclusione,  a  giudizio  di  questo  t.a.r.,  la legge della
 regione   Lombardia   n.   39/1988   presenta   profili   di   dubbia
 costituzionalita'  alla stregua degli artt. 5, 114, 117, primo comma,
 e 128, della Costituzione, nonche' del criterio di ragionevolezza con
 riferimento   all'art.   97,  primo  comma,  della  Costituzione.  La
 risoluzione della questione  e'  altresi'  prodromica  all'esame  del
 ricorso.
                                P. Q. M.
    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, deferisce
 alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale
 della  legge della regione Lombardia, in relazione agli artt. 5, 114,
 117, primo comma,  e  128,  della  Costituzione  ed  al  criterio  di
 ragionevolezza,  rispetto al fine indicato dall'art. 97, primo comma,
 della Costituzione;
    Sospende  il  giudizio  ed  ordina  l'invio  degli atti alla Corte
 costituzionale;
    Ordina  alla  segreteria  di notificare la presente ordinanza alle
 parti del giudizio ed al Presidente del Consiglio dei Ministri  e  di
 comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Milano il 4 luglio 1989.
                         Il presidente: MAGIONE
   Il consigliere: FRANCO
    Il relat. est.: VIGOTTI
 89C0087