N. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 luglio 1989
N. 29 Ordinanza emessa il 4 luglio 1989 dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Manfredini Elide ed altro contro il comune di Milano ed altra Edilizia e urbanistica - Regione Lombardia - Norme per la promozione ed incentivazione della ricettivita' turistica alberghiera ed extralberghiera in occasione dei mondiali di calcio 1990 Possibilita' di concessioni in deroga da parte della regione, anche se non previste dallo strumento urbanistico o dal regolamento edilizio ed attribuzione alla regione stessa del potere di approvazione definitiva dei progetti edilizi Illegittima attribuzione alla regione di potesta' spettanti al comune - Eccessiva complessita' della procedura prevista Irragionevolezza della norma impugnata in relazione ai criteri enunciati in materia nella sentenza della Corte n. 1010/1988 con incidenza sul principio di buon andamento della p.a. (Legge regione Lombardia 4 luglio 1988, n. 39). (Cost., artt. 5, 97, 114, 117 e 128).(GU n.5 del 31-1-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2893/1988 proposto da Manfredini Elide e Seghetto Vittorio rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Spadea, presso lo stesso elettivamente domiciliati in Milano, via Pinamonte da Vimercate n. 2, contro, il comune di Milano, in persona del sindaco in carica, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Marchese, Giovanni Sindaco e dott. proc. Erminio Amelio presso gli stessi elettivamente domiciliato in Milano, via della Guastalla n. 8, e contro la regione Lombardia, in persona del presidente in carica della giunta regionale, non costituitasi in giudizio, per l'annullamento, previa sospensione, del parere vincolante negativo emesso con deliberazione del consiglio comunale 4 ottobre 1988, n. 1180, in merito alla domanda di concessione edilizia ex legge regionale 4 luglio 1988, n. 39, per la costruzione di un motel in via Novara n. 282; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio e la successiva memoria del comune di Milano; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza del 4 luglio 1989 il relatore Roberta Vigotti; Uditi, altresi', l'avv. Spadea per i ricorrenti e l'avv. Sindaco per il resistemte comune di Milano; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; FATTO E DIRITTO A) Con ricorso notificato al comune di Milano ed alla regione Lombardia, i ricorrenti chiedono l'annullamento del parere negativo espresso in data 4 ottobre 1988 dal consiglio comunale in merito alla domanda di concessione edilizia relativa alla realizzazione di un motel in via Novara n. 282, domanda avanzata ai sensi della legge regionale 4 luglio 1988, n. 39 ("norme a sostegno della promozione ed incentivazione della ricettivita' turistica alberghiera ed extralberghiera in occasione dei mondiali di calcio 1990"). A sostegno del ricorso viene dedotto il seguente motivo: violazione e/o falsa applicazione di legge; eccesso di potere sotto vari profili. A stregua dell'art. 3, n. 2, della legge regionale n. 39/1988, il parere negativo espresso dal comune e' definito "vincolante" ed impedisce quindi l'ulteriore sviluppo del procedimento. Il comune avrebbe dovuto valutare soltanto se la struttura progettata rispondeva o meno all'interesse pubblico perseguito dalla legge regionale alla luce dei soli requisiti di ammissibilita' dei progetti, come fissati dall'art. 4 della predetta legge, e non appuntarsi - come viceversa e' avvenuto nel caso di specie - su valutazioni esclusivamente urbanistiche (stante la possibilita' di rilascio di concessione in deroga, prevista dalla norma). Si e' costituito il comune di Milano, concludendo per l'infondatezza del ricorso. Accolta, con ordinanza n. 648/1988, l'istanza cautelare, il ricorso, chiamato all'udienza odierna, passava in decisione. B) Il collegio e' chiamato a decidere della legittimita' di un provvedimento inserito nell'iter procedimentale delineato dalla legge regione Lombardia n. 39/1988; prodromica alla decisione e', in particolare, l'indagine circa i contenuti dei vari atti normativamente previsti, e i rapporti tra le funzioni, i poteri e le competenze in essi coinvolti. A seguito di tale indagine, il collegio ritiene di dover sollevare d'ufficio la questione circa la compatibilita' o meno della citata legge regionale con i precetti costituzionali in tema di garanzie delle autonomie locali (artt. 5, 114, 117, primo comma, e 128) e con il criterio della necessaria ragionevolezza delle scelte del legislatore, criterio della cui immanenza nel sistema fondamentale l'art. 97, primo comma, e', insieme, espressione sintomo. Quanto alla rilevanza della questione di costituzionalita' ora riferita, e' sufficiente osservare che la materia del decidere e' costituta proprio ed unicamente dalla interpretazione della citata legge regionale, la quale - per i motivi che si verranno esponendo - non consente a questo giudice una soluzione soddisfacente e costituzionalmente appagante (poiche', ove si voglia salvaguardare un principio, si aprono problemi in ordine ad un diverso, e non di meno momento canone ermeneutico): di talche' il rinvio all'esame complessivo della norma appare come l'unica soluzione - a giudizio di questo t.a.r. - possibile e corretta. La questione, oltre che rilevante, e' anche non manifestamente infondata, sotto i profili che vengono qui di seguito illustrati. 1. - La legge della regione Lombardia 4 luglio 1988, n. 39. Allo scopo di "far fronte ad esigenze di ricettivita' derivanti dallo svolgimento dei campionati mondiali di calcio nell'anno 1990" e di promuovere l'incremento della ricettivita' turistica ad uso alberghiero nel comune di Milano e ad uso extralberghiero anche nei comuni confinanti, la legge in esame prevede il seguente procedimento (per sommi capi): I) presentazione al comune competente per territorio e alla regione di progetti finalizzati alla realizzazione di nuove strutture, al recupero e all'ampliamento di strutture esitenti e in esercizio. Tali progetti, tra l'altro, devono contenere la "precisazione del richiedente se l'opera sia compatibile o meno con le norme urbanistiche ed edilizia vigenti nel comune interessato" e relazione tecnica con indicazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria esistenti e/o progettate; II) espressione, entro 30 giorni, da parte del comune, di parere "vincolante, se espresso" e relativa trasmissione alla giunta regionale; III) valutazione, da parte della giunta regionale, dell'ammissibilita' dei progetti edilizi sulla base di un requisito - quantitativo - essenziale e della presenza di almeno due tra determinate caratteristiche, attinenti all'ubicazione, alla presenza di standard urbanistici, alla qualita' urbanistica dell'area, alla valorizzazione di beni ambientali e monumentali, all'dozione di nuove tecnologie; IV) approvazione dei progetti edilizi, da parte della giunta regionale, con provvedimento motivato circa l'intervenuto parere del comune; l'eventuale assenso pur in carenza di parere comunale; la concessione di deroga,in caso di non conformita' edilizia e/o urbanistica del progetto, riconoscendosi all'intervento il carattere di opera di interesse generale ed anche in assenza di espressa previsione del RE o della NA del p.r.g.. L'approvazione ha valore di dichiarazione di p.u. e l'attuazione non richiede il previo inserimento nel p.p.a.; V) approvazione del vincolo di destinazione alberghiera sugli edifici realizzati; VI) obbligo del sindaco di rilascio della concessione edilizia per i progetti approvati dalla giunta regionale; formazione di silenzio-assenso. 2. - Puo' intanto discutersi della natura della funzione legislativa cosi' esercitata della regione. La specialita' dell'evento, e la circostanza che lo stesso sia stato oggetto di specifica normazione da parte dello Stato, potrebbe fondatamente far propendere per una collocazione nella potesta' legislativa attuativa. Se cosi' fosse, l'inflazione all'art. 117, secondo comma, della Costituzione deriverebbe direttamente dalla circostanza che la legislazione statale in materia (legge n. 556/1988, d.-l. 12 giugno 1989) non demanda alle regioni l'emanazione di norme di attuazione. Fondati dubbi di incostituzionalita', comunque, sussistono anche se si riconosce valenza urbanistica o turistica alla legge in esame, e quindi la si collega nell'ambito della potesta' legislativa concorrente, ex art. 117, primo comma, della Costituzione. Com'e' noto, nell'esercizio del potere normativo per le materie ivi indicate, la regione incontra il limite dei "princi'pi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato". Un primo profilo di indagine riguarda percio' l'individuazione di tali princi'pi nell'ambito della legislazione statale nei settori: 2.1.) urbanistica (ed edilizia) e 2.2.) turistico ed industria alberghiera, nonche' la successiva verifica del rispetto degli stessi da parte della legge in esame. 3. - Poiche' peraltro l'azione normativa regionale non puo non incidere sul contesto normativo nel quale operano gli enti locali la cui autonomia e' costituzionalmente garantiita - e ne condiziona l'attivita', occorrera' indagarne la compatibilita' anche con gli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione. 4. - Infine, non manifestamente infondati possono essere ritenuti profili di incostituzionalita' derivanti dalla irragionevolezza della disciplina regionale in esame, rispetto al fine indicato dall'art. 97, primo comma, della Costituzione (cfr. Corte costituzionale n. 1/1989), sia con riferimento alla logicita' intrinseca del procedimento delineato, sia con riferimento alla congruenza dello stesso rispetto al fine della norma (accelerare ad incrementare la ricettivita' turistica in vista dello svolgimento dei mondiali di calcio), sia, infine, alla serieta' e necessita' del contenuto (corte costituzionale n. 230/1989). (Va da se' che gli aspetti enucleati confluiscono, sotto diversi profili, gli uni negli altri). E allora, in analisi: 2.1) Le potesta' regionali in materia urbanistica. L'art. 117, primo comma, della Costituzione, inserisce tra le materie proprie della regione, l'urbanistica, e non l'ediliza. Tuttavia, dati i confini piuttosto sfumati tra le due materie, e poiche' lo stesso legislatore delegato - a cominciare dal d.P.R. n. 8/1972 - ha mostrato di ritenerne la contiguita', si puo' convenire che, come recita il d.P.R. n. 615/1977, la materia riguardi "l'assetto e l'utilizzazione del territorio" nei suoi vari aspetti. Per attenersi a quello piu' propriamente edilizio, spettano alla regione, secondo l'art. 1 del d.P.R. n. 8/1972, tra le altre, la funzione relativa al "nulla osta al rilascio di licenze edilizie in deroga alle norme dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi, ivi comprese le deroghe alle altezze stabilite dalle norme urbanistico-edilizie per le costruzioni alberghiere" (di cui all'art. 16 della legge n. 765/1967) "la sospensione demolizione di opere difformi dal piano regolatore oppure non rispondenti alle prescrizioni del piano medesimo" (lettere l) e m). altre competenze riguardano il potere di annullamento di deliberazioni e provvedimenti comunali autorizzanti opere non conformi a prescrizioni dei suddetti strumenti urbanistici (art. 27 della legge n. 1150/1942); la sospensione, su richiesta del sindaco, di lavori la cui realizzazione renderebbe piu' onerosa o comprometterebbe l'attuzione del p.r.g. o del programma di fabbricazione non ancora approvati (art. 4 della legge n. 291/71); la determinazione delle sanzioni per l'omesso o ritardato pagamento del contributo di concessione; lo stabilire le variazioni essenziali del progetto approvato e quali aree del territorio debbono essere assoggettate a particolare controllo periodico (artt. 3, 8 e 23 della legge n. 47/1985). Tra le piu' rilevanti funzioni attinenti propriamente all'urbanistica, si possono ricordare l'approvazione dei piani territoriali di coordinamento, previsti dall'art. 5 legge n. 1150/1942 e succ. mod. e integr.; la determinazione della estenzione e l'approvazione del piano intercomunale previsto dall'art. 12 della medesima legge n. 1150; l'approvazione del p.r.g.; l'approvazione dei P.E.E.P. di cu alla legge n. 167/1962 mod. dalla legge n. 865/1971; l'aprovazione del piano per gli insediamenti produttivi (art. 27 della legge n. 865/1/971), la programmazione urbanistica attraverso il programma pluriennale di attuazione (art. 13 della legge n. 10/1977); lo stabilire criteri e modalita' cui dovranno attenersi i comuni, all'atto della predisposizione d strumenti urbanistici, per l'eventuale regolamentazione, in ambiti territoriali determinati, delle destinazioni d'uso degli immobili; la disciplina della formazione, adozione e approvazione delle varianti allo strumento urbanistico generale finalizzate al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi (artt. 25 e 29 della legge n. 47/1985). Trattasi dunque di funzioni - e di connesse potesta' legislative - che concernono la programmazione dell'organico assetto territoriale (quella piu' propriamente urbanistica), ovvero il controllo e l'integrazione dell'attivita' propria dell'ente locale (quella piu' propriamente edilizia), restando sempre e comunque fermo: anche per espressa previsione delle leggi-quadro intervenute in materia: si veda l'art. 17, lett. d), della legge n. 281/1970 "il rispetto delle esigenze dell'autonomia e del decentramento ai sensi degli artt. 5 e 128 della Costituzione". E nell'ambito di queste esigenze non puo' non essere collocato il principio, secondo il quale all'ordinato assetto del proprio territorio e' preposto il comune al cui organo monocratico, in prima battuta, spetta assicurarne la rispondenza alla programmazione urbanistica: la stessa legge n. 47/1985, con norma dichiarata di principio rispetto alla legislazione regionale (artt. 1 e 4), ribadisce tale competenza, del resto tradizionale e costante in tutta la lagislazione pregressa. Si puo' quindi, sul punto, ritenere che, nell'ambito della ripartizione delle competenze che comunque sul territorio trovano espressione, alla regione competa un potere programmatorio e di indirizzo ed inoltre in potere di controllo (in senso lato) e di supporto all'attivita' del comune; al quale invece pertiene, in via prioritaria, sovrintendere allo sviluppo edilizio del proprio territorio. Una legge regionale che contravvenisse a tale ripartizione, confliggerebbe percio' con lart. 117, primo comma, della Costituzione poiche' esulerebbe dall'ambito dei princi'pi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato: confliggerebbe contro la precisa legge statale che tali funzioni ha trasferito (e che ha ribadito la salvezza per le autonomie locali); confliggerebbe anzi contro il concetto stesso di "trasferimento", poiche', riguardando questo funzioni gia' avocate allo Stato, e' evidente che in nessun modo ed in nessun senso potrebbe coinvolgere attribuzioni viceversa esercitate dall'ente locale; confliggerebbe infine contro gli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione almeno tutte le volte in cui l'infrazione operata non sia da ritenersi ragionevole rispetto alle finalita' generali perseguite (corte costituzionale n. 1010/1988: sul punto, si veda sub 4). 2.2) Le potesta' regionali in materia turistico-alberghiera. Trasferite con d.P.R. n. 6/1972, le funzioni amministrative in oggetto riguardano, tra l'altro "la programmazione, lo sviluppo e l'incentivazione del turismo regionale". I princi'pi fondamentali sono stati stabiliti dalla legge n. 217/1983; l'art. 8 prevede che spetta alle regioni sottoporre, con specifiche leggi, a vingolo di destinazione le strutture ricettive; che i comuni provvedono ad individuare aree destinate ad attivita' turistiche e ricettive e a determinare la disciplina utilizzazione di tali aree tenendo conto dei piani di sviluppo predisposti dalle regioni, adeguando, entro un anno dalla entrata in vigore delle leggi regionali, i propri strumenti urbanistici mediante l'individuazione delle aree destinate ad insediamenti turistici produttivi, che a tal fine sono vincolate; che, con apposite leggi, le regioni stabiliscono i modi per la rimozione del vincolo di destinazione le sanzioni per i casi di inadempienza e i necessari raccordi con le norme e i piani urbanistici. E' previsto il contributo finanziario dello Stato alle regioni ai fini dello sviluppo delle attivita' turistiche: per gli investimenti destinati alla creazione di nuove strutture ricettive e di nuovi servizi, le opere devono essere incluse nei programmi regionali di sviluppo di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 616/1977 (art. 13). La legge n. 217, si e' detto, contiene i profili ai quali la normativa regionale deve prestare ossequio: una legge regionale che provvedesse in difformita', sembrerebbe violare l'art. 117 in materia diretta e automatica. Dalla legge n. 217 si evince, inoltre la conferma della signoria comunale sul proprio territorio: quello che la regione e' chiamata ad assolvere e' un compito legislativo e riguardante l'attivita' imprenditoriale, non la dislocazione diretta sul territorio, se non in termini di programmazione di massima; la norma regionale che da tale criterio si discostasse, sembrerebbe violare, dunque, anche gli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione, a meno che altra normativa di principio potesse ritenersi speciale - in relazione all'evento "Mondiali" - rispetto a quella teste' richiamata. 2.2.1. La legislazione statale in occasione dei "mondiali di calcio". Venendo a quest'ultimo punto, non pare che la legislazione statale emanata nell'occasione richiamata abbia apportato deroghe al sistema delineato, ponendo cosi' princi'pi speciali e diversi per la legislazione regionale. Il d.-l. 4 novembre 1988, n. 465, convertito nella legge 30 dicembre 1988, n. 556, prevede che, in vista dell'avvenimento, sia autorizzata una spesa straordinaria per la relizzazione, sviluppo ed ammodernamento di "strutture turistiche e ricettive", secondo progetti da approvarsi da parte del Ministero del turismo e dello spettacolo, previa verifica - se a base regionale - della conformita' alle finalita' dei programmi di sviluppo regionale (tale verifica e' di competenza delle regioni interessate). Sulla base dell'approvazione ministeriale, vengono determinate le somme spettanti a ciascuna regione per il finanziamento dei progetti approvati. Il progetto deve comunque essere compatibile con i vincoli ambientali, paesaggistici, aritistici e storici e con gli strumenti urbanistici o, in mancanza occorre "la deliberazione del consiglio comunale adottata ai sensi dell'art. 1, quarto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, nel caso di opere pubbliche o di interesse generale (art. 1, quarto comma, lett. d), nel testo modificato dalla legge di conversione). La legge poi prevede che le opere occorrenti per l'attuazione dei progetti siano assistite dalla dichiarazione di pubblica utilita' indifferibilita' ed urgenza, e che i beni cosi' realizzati rimangono di proprieta' pubblica per i dieci anni ovvero - se trattasi di interventi su beni ed opere gia' esistenti - siano sottoposti a vincolo di destinazione d'uso; alla data predetta il concessionario e' tenuto a riscattare la proprieta' del bene o ad estinguere i vincoli, versando un corrispettivo definito nell'atto di concessione (che spetta alla regione stipulare con gli interessati per la relizzazione dei progetti approvati). La ripartizione del fondo previsto e' oggetto del d.-l. 12 giugno 1989 che lo suddivide tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Come si vede, la pur speciale disciplina statale non si discosta dai princi'pi fondamentali sopra delineati: competenza del comune sul proprio territorio; intevento finanziario e di supporto da parte della regione. L'esigenza di provvedere adeguatamente in ordine all'avvenimento straordinario non postula dunque necessariamente alcuna infrazione all'assetto istituzionale delle competenze. Irragionevole, pertanto, sul punto, sarebbe una legge regionale che una tale necessita' assumesse a predicato. In ogni caso, essa sarebbe anche e comunque violativa dei princi'pi fondamentali delle leggi nazionali, che rimangono quelli gia' visti. Inoltre, con riferimento diretto alla legge regionale in esame, si pone anche un problema di successione di legge nel tempo, poiche' detta legge e' del 4 luglio 1988, precedente quindi sia alla legge n. 556/1988 che al decreto con essa convertito. 3) Concessioni: punto 2.1. Si ritiene non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della legge regionale in oggetto per violazione degli artt. 5, 117, primo comma, 114 e 128, della Costituzione, sotto i profili evidenziati al punto 2.1. Detta legge ha infatti in sostanza paralizzato il potere istituzionalmente spettante al comune (per principio fondamentale della legislazione statale) sul proprio territorio. Il cosiddetto "parere vincolante" di cui all'art. 3 punto 2 puo', infatti essere paralizzato dal rilascio, da parte della regione della concessione in deroga anche se non prevista dallo strumento urbanistico o dal regolamento edilizio comunale (art. 5 lett. c), laddove il provvedimento ordinario di deroga presuppone l'iniziativa comunale e l'ammissibilita' della stessa in base a norme regolamentari locali: art. 41quater della legge n. 1150/1942, come mod. dalla legge n. 765/1967. L'approvazione definitiva dei progetti edilizi (art. 5, n. 1) spetta alla giunta regionale, ed il sindaco (art. 6) e' praticamente tenuto ad una mera ratifica della stessa, essendo la concessione edilizia, in tal caso, atto dovuto. L'apprezzamento del fabbisogno di standards urbanistici, e la qualita' urbanistica dell'intevento (art. 4, comma secondo, lettere b) e c) spetta in via diretta ed esclusiva alla regione. La funzione comunale viene coartata non solo nel senso che la regione puo' consentire interventi non ammissibili in base alle norme urbanistiche del comune, ma anche nel senso che puo' impedire l'edificazione viceversa consentita, in base alle stesse norme ed in forza del conseguente parere favorevole comunale: si consideri il caso di un intervento assentito dal comune, ma che non assommi due caratteristiche tra quelle elencate dall'art. 4, punto 2. L'espropriazione di funzioni comunali e' ancora piu, evidente nel caso di mancata espressione del parere ex art. 3, punto 2: e' allora la giunta regionale chiamata ad esprimersi direttamente sull'ammissibilita' edilizia o del progetto (art. 5 lett. b) (e non occorre spendere parole in ordine alla profonda diversita' di questa fattispecie rispetto ai casi di silenzio-assenso previsti dalla legislazione urbanistica: legge n. 94/1982, nei quali alla qualificazione dell'atteggiamento comunale non corrisponde alcun trasferimento della funzione). Ne' tali infrazioni possono, come detto, ritenersi giustificate dall'esigenza straordinaria (secondo l'insegnamento di Corte costituzionale n. 1010/1988): ad esludere, valgono le considerazioni svolte sub 2.2.1. Sul punto 2.2. Non paino rispettati i princi'pi posti con la legge-quadro n. 217/1983, che prevede limiti ben definiti per la normativa regionale, in ogni caso non estesi fino alla dislocazione territoriale degli alberghi sul territorio, come invece e' previsto dagli artt. 5 e 6 della legge regionale in esame Inoltre, qualora si considerasse anche la normativa statale speciale attratta nell'ambito della materia "turismo ed industria alberghiera", non e' dubbio che la legge 30 dicembre 1988, n. 556, pone anche'essa princi'pi fondamentali, nel senso che alla regione non spettano se non compiti erogativi di finanziamento statale e di stipula delle previste convenzioni. Il contrasto tra detti principi sopravvenuti e la norma regionale non e' tuttavia tale da poter essere apprezzato dal giudice in termini di prevalenza dei primi sulla seconda, in modo da poter essere risolto con i normali canoni ermeneutici della successione delle leggi nel tempo (cfr. Cass. sez. III pen. 25 maggio 1982, n. 1968). Al contrario, la risoluzione di tale contrasto postula l'apprezzamento non di singole norme, ma quello, possibile solo da parte del giudice delle leggi, della conformita' dell'intera legge regionale al parametro Costituzionale. Anche in questo senso, e per gli aspetti tratteggiati ai punti 2.2.e 2.2.1, sussisterebbe, dunque, violazione degli artt. 117, primo comma, 5, 114 e 128, della Costituzione. 4. Il profilo della irragionevolezza della legge. Come ha messo in rilievo la Corte costituzionale (da ultimo, nella sentenza 3 novembre 1988, n. 1010) il concreto atteggiarsi delle modalita' di partecipazione degli enti locali territoriali al procedimento relativo all'esercizio di funzioni proprie (Nella specie, alla formazione dei piani urbanistici), pur rientrando nella discrezionalita' del legislatore, ben puo' essere sindacato dalla Corte medesima sotto il profilo della sua ragionevolezza. Il criterio della "ragionevolezza" della legge (quale parametro sotteso a tutta la normazione costituzionale), trova epressione codificata in numerosi articoli della Carta fondamentale, ed in particolare, per quanto qui interessa, nell'art. 97 della Costituzione. Assicurare il buon andamento e l'efficienza dell'amministrazione, non altro vuol dire infatti che predisporre procedure logiche, lineari e congrue rispetto allo scopo: in una parola ragionevoli. A sua volta, il predicato della regionevolezza si rifrange in diversi caratteri: e' ragionevole una disciplina che delinea un procedimento intrinsecamente logico nelle varie sue fasi; che ha un contenuto serio e necessario (Corte costituzionale n. 230/1989), che configura una procedura coerente con le proprie finalita' generali (Corte costituzionale n. 1010/1988). Sotto nessuno dei tre evidenziati aspetti la legge regionale in esame appare ragionevole. 4.1. - Quanto alla logicita' intrinseca del procedimento delineato, e' sufficiente ad escluderla la considerazione che viene imposto un doppio esame del progetto edilizio i cui esiti possono paralizzarsi a vicenda: nonostante sia epressamente definito "vincolante, se espresso", il parere del comune puo' essere vanificato dalla giunta regionale sulla base di un giudizio di non ammissibilita', ovvero in forza della concessione di deroga (straordinaria). Tale iter procedimentale - oltre ad essere viziato sotto i profili gia' evidenziati - stravolge anche i piu' elementari criteri di logica, secondo i quali il giudizio di ammissibilita' deve precedere, e non gia' seguire la valutazione di merito e questa, se definita vincolante, non puo' essere poi semplicemente derogata. La riprova dell'illogicita' del procedimento e' offerta - anche - dalla sua ridondanza e dalla superfluita' delle sue fasi, poiche' e' evidentemente inutile un parere comunale che intervenga in una fase del procedimento tale da poter essere posto in non cale, sia se positivo (attraverso il giudizio di non ammissibilita'), sia se negativo (attraverso la deroga di iniziativa regionale). A cio' aggiungasi la completa irrilevanza della concessione edilizia, che ciononostante l'art. 6 dichiara atto dovuto da parte del sindaco per i progetti approvati dalla regione, ed anzi, atto a formazione tipica (mediante il silenzio). A quest'ultimo proposito, non si vede proprio cosa il sindaco possa "comunicare", essendo ormai il progetto approvato da parte della regione e costituendo percio' oggetto di "obbligatoria" concessione. Ecco quindi un ulteriore, inutile passaggio, che reitera un esame gia' compiuto in sede di presentazione del progetto edilizio ex art. 3: e se il comune ha gia' espresso il proprio parere in merito) ovviamente, alla luce delle norme edilizie ed urbanistiche alla cui attuazione e tutela e' preposto), non altro resta da esaminare o da decidere, ne' in ordine alla data di ultimazione dei lavori (gia' legislativamente fissata entro il 30 aprile 1990), ne' in ordine al pagamento di oneri, che non sono dovuti. 4.2. - IL contenuto della legge in esame non appare necessario, soprattutto tenuto conto della sopravvenuta, diversa, normativa statale in materia (d.-l. 4 novembre 1988, n. 465, convertito nella legge 30 dicembre 1988, n. 556). Ma anche alla luce della legislazione qual'era al momento dell'emanzione della normativa regionale, la stessa appare del tutto superflua. In effetti, la legge regionale della Lombardia 19 maggio 1988, n. 196, gia' qualifica gli alberghi come strutture di interesse generale: per la costruzione degli stessi, dunque, e' comunque possibile il ricorso all'istituto della concessione edilizia in deroga, che l'art. 41-quater della legge n. 1150/1942, come mod. dall'art. 16 della legge n. 765/1967 ammette per gli "edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico", previo nulla osta regionale (art. 3 legge n. 1357/1955). Nell'ordinamento, pertanto, era gia' vigente la normativa urabanistica di maggior favore per l'edificazione di alberghi (normativa rispettosa, come si e' gia' notato, del riparto costituzionale delle competenze): non necessaria, se non nel senso dello stravolgimento di tale assetto costituzionale e' dunque la normativa regionale in esame. Tale conclusione si avvalora alla luce della possibilita', consentita dall'art. 1, quarto comma, lett. d) della legge n. 556/1988, di utilizzare la procedura ex art. 1, quarto comma della legge n. 1/1978 per la realizzazione delle strutture finalizzate ai "mondiali". Anche con riferimento al settore turistico-alberghiero, il sistema gia' - attraverso le particolari competenze e funzioni regionali e comunali di cui alla legge n. 217/1983 - gli strumenti atti ad agevolare l'insediamento di strutture ricettive, mediante gli appositi piani di sviluppo e l'adeguamento agli stessi degli strumenti urbanistici: attraverso il sistema cosi' delineato era logicamente attuabile l'incentivazione particolare, mentre la normativa regionale in esame di tale sistema e' totalmente stravolgente e, dunque, non utile (in altre parole: irragionevole). 4.3. - La finalita' della legge regionale n. 39 e' quella di "promuovere" - e quindi anche accelerare - "l'incremento della ricettivita' turistica" "al fine di far fronte ad esigenze di ricettivita' derivanti dallo svolgimento dei campionati mondiali di calcio nell'anno 1990". A tale fine, lungi dallo semplificare le procedure consuete riguardanti il settore edilizio-alberghiero, che gia' prevedono strumenti adeguati (concessioni in deroga, dichiarazione di interesse generale dell'opera), eventualmente snellendo fasi procedimentali, la legge ha operato in senso opposto, mediante la superfetazione del procedimento e la proliferazione di fasi non necessarie (esame di ammissibilita', anche, evidentemente, in presenza di un parere comunale favorevole, che gia' di per se' sarebbe presupposto sufficiente per il rilascio di ordinaria concessione edilizia; doppia fase comunale, in sede di esame del progetto ed in sede di rilascio di concessione; vaglio di conformita' urbanistica da parte del comune e da parte della regione chiamata a pronunciarsi - di propria iniziativa, e non su richiesta del comune - sulla concessione in deroga). Tale frammentazione di funzioni appesantisce e complica la procedura, senza essere corralata ad alcun particolare fine della legge; ed anzi rispetto all'esigenza della promozione della ricettivita' turistica, risultando addirittura contraddittoria e, dunque - ancora una volta - irragionevole. In conclusione, a giudizio di questo t.a.r., la legge della regione Lombardia n. 39/1988 presenta profili di dubbia costituzionalita' alla stregua degli artt. 5, 114, 117, primo comma, e 128, della Costituzione, nonche' del criterio di ragionevolezza con riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione. La risoluzione della questione e' altresi' prodromica all'esame del ricorso.
P. Q. M. Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, deferisce alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale della legge della regione Lombardia, in relazione agli artt. 5, 114, 117, primo comma, e 128, della Costituzione ed al criterio di ragionevolezza, rispetto al fine indicato dall'art. 97, primo comma, della Costituzione; Sospende il giudizio ed ordina l'invio degli atti alla Corte costituzionale; Ordina alla segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti del giudizio ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Milano il 4 luglio 1989. Il presidente: MAGIONE Il consigliere: FRANCO Il relat. est.: VIGOTTI 89C0087