N. 66 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 ottobre 1987- 6 febbraio 1989

                                 N. 66
 Ordinanza   emessa   il   5   ottobre   1987  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 6 febbraio 1989) dalla  commissione  tributaria  di
 primo grado di Novara sui ricorsi riuniti proposti da S.n.c. D.A.S.O.
 ed altri e ufficio imposte dirette di Borgomanero
 Imposte  in  genere  -  Irpef  - Sanzioni pecuniarie - Riduzione alla
 meta' nell'ipotesi di  definizione  del  reddito  netto  per  mancata
 impugnazione  dell'avviso  di  accertamento o per rinuncia al ricorso
 prima della decisione della commissione tributaria di primo  grado  -
 Ingiustificato  eguale trattamento del contribuente in torto rispetto
 a quello che ha fondato motivo di dolersi della  pretesa  erariale  -
 Compressione della inviolabilita' del diritto di difesa.
 (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 54, ultimo comma).
 (Cost., artt. 2, 3 e 24).
(GU n.8 del 22-2-1989 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente  decisione  sul  ricorso prodotto da
 S.n.c. D.A.S.O. avverso avvisi di accertamento Ilor/Irpef;
    Letti gli atti;
    Sentite le part;
    Udito il relatore dott. Cera;
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  tempestivi  ricorsi,  tutti  riuniti per evidente connessione
 soggettiva ed  oggettiva,  la  S.n.c.  D.A.S.O.  ed  i  soci  per  le
 rispettive   quote   di   partecipazione,  impugnano  gli  avvisi  di
 accertamento  con  i  quali  l'ufficio  delle  imposte   dirette   di
 Borgomanero  ha rettificato il reddito d'impresa, ed ai fini Irpef le
 quote di partecipazione, per gli anni 1979, 1980 e 1981.
    In   diritto,  la  societa'  ricorrente  contesta  la  carenza  di
 motivazione, svolta soltanto per relationem e, nel merito, il mancato
 riconoscimento  di  determinati  costi.  Con  successiva  memoria  la
 societa' istante rileva la violazione  dell'art.  42  del  d.P.R.  n.
 600/1973,  in  quanto gli avvisi di rettifica non conterrebbero tutti
 gli elementi essenziali richiesta dalla stessa norma.
    Inoltre  ed in via pregiudiziale solleva questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 54, ultimo comma, del d.P.R. n. 600/1973  in
 relazione agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione.
    L'ufficio ha controdedotto.
    All'udienza odierna le parti confermano le proprie posizioni.
                             O S S E R V A
    Il  Collegio,  esaminata  la  pregiudiziale opposta dalla societa'
 ricorrente, non ritiene  "manifestamente  infondata"  l'eccezione  di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art. 54, ultimo comma del d.P.R.
 n.  600/1973  "quando  il  reddito  netto  e'  definito  per  mancata
 impugnazione  o  per  rinuncia  al  proposto  gravame  prima  che sia
 intervenuta la decisione della commissione tributaria di primo grado,
 le  pene  pecuniarie applicabili ai sensi degli artt. da 46 a 50 sono
 ridotte alla  meta'"  in  relazione  agli  artt.  2,  3  e  24  della
 Costituzione.
    La  norma citata appare illegittima, o quanto meno lascia spazio a
 seri dubbi sulla costituzionalita' della  stessa  in  relazione  agli
 artt. citati, in quanto mal si concilia con i principi costituzionali
 per quel quid di punitivo e di autoritario che traspare  dalla  norma
 medesima.  In  sostanza  la  ratio  della norma, peraltro applicabile
 indistintamente sia al soggetto passivo d'imposta che  ha  totalmente
 torto  sia  al  contribuente  che  ha motivo di dolersi della pretesa
 erariale, si estrinseca in un chiaro  monito:  "se  fai  acquiescenza
 alla  pretesa  erariale ci sara' uno sconto sulla sanzione, se invece
 vuoi difenderti non  ci  saranno  riduzioni".  Ma  la  disparita'  di
 trattamento   e'   vieppiu'  evidente  allorche',  al  di  la'  della
 fondatezza della  pretesa  erariale,  senza  alcuna  motivazione,  la
 sanzione  viene  applicata  nella misura massima o comunque in misura
 diversa  da  quella  minima,  tale  da   verificare   l'intento   del
 legislatore.
    Ne' va trascurato che la disposizione contenuta nel citato art. 54
 costituisce una compressione o quanto meno limitazione del diritto di
 difesa,   che,   invece,  la  Costituzione  qualifica  come  "diritto
 inviolabile".
    Il  Collegio ritiene, pertanto, trattarsi di questione "rilevante"
 nella presente controversia, atteso che la norma  citata  piu'  volte
 viola  il  diritto  di  difesa  del cittadino ricorrente che potrebbe
 essere indotto a  rinunciare  ai  ricorsi  al  fine  di  ottenere  la
 riduzione alla meta' delle pene pecuniarie irrogate.
                                 P.Q.M.
   Per quanto sopra esposto rimette gli atti alla Corte costituzionale
 per il giudizio di legittimita'  della  norma  di  cui  all'art.  54,
 ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
      Novara, addi' 5 ottobre 1987
                           (Seguono le firme)

 89C0104