N. 8 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 febbraio 1989

                                  N. 8
          Ricorso depositato in cancelleria l'8 febbraio 1989
                        (della regione Toscana)
 Impiegati  degli  enti  locali  (regioni - u.s.l. - enti pubblici non
 economici  dipendenti  dalle  regioni)  -  Assunzioni  in  deroga  da
 disporsi  con  provvedimento  della  giunta regionale Assoggettamento
 delle regioni all'obbligo di  attivare  procedure  di  mobilita'  del
 personale  sia  in  ambito regionale che interregionale - Illegittima
 sottoposizione delle stesse ad un potere regolamentare del Presidente
 del  Consiglio  dei Ministri - Prevista sistemazione del personale in
 ambito interregionale con  atto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  - Imposizione di obblighi senza corrispettiva dotazione dei
 mezzi finanziari necessari  Lesione  delle  competenze  normative  ed
 amministrative  delle regioni - Conseguente violazione dell'autonomia
 organizzativa e finanziaria nonche' dei principi di  eguaglianza,  di
 ragionevolezza  e  di  buon  andamento  -  Richiamo alle sentenze nn.
 307/1983, 219 e 245 del 1984.
 (Legge  29  dicembre  1988,  n.  554,  art. 5, primo, secondo, terzo,
 quarto e quinto comma).
 (Cost.,  artt.  3,  97,  117  e 123, anche in relazione alla legge 22
 maggio 1971, n. 343).
(GU n.9 del 1-3-1989 )
    Ricorso  della  regione  Toscana,  in persona del presidente della
 giunta regionale pro-tempore Gianfranco  Bartolini,  autorizzato  con
 delibera di urgenza della giunta regionale n. 572 del 23 gennaio 1989
 immediatamente esecutiva, rappresentato e difeso  dall'avv.  Calogero
 Narese  ed  elettivamente  domiciliato  in  Roma, viale Mazzini, 142,
 presso lo studio del dott. Maurizio Marucchi,  come  per  procura  in
 calce   al   presente   ricorso,   per   declaratoria   di   parziale
 incostituzionalita' ( ex art. 32 della legge 11 marzo  1953,  n.  87)
 della  legge  29  dicembre  1988, n. 554 ("Disposizioni in materia di
 pubblico impiego") pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  n.  1  del  2
 gennaio 1989.
                           PREMESSE DI FATTO
    Nella Gazzetta Ufficiale del 2 gennaio 1989 e' stata pubblicata la
 legge 29 dicembre 1988, n. 554, intitolata "Disposizioni  in  materia
 di pubblico impiego".
    Oggetto  della  legge  e'  in  primo  luogo  la  disciplina  delle
 assunzioni  di  personale  pubblico  con  le   limitazioni   connesse
 all'esigenza  di  contenere  la  spesa  pubblica;  in  secondo  luogo
 l'introduzione, nelle amministrazioni dello  Stato,  di  rapporti  di
 lavoro   a  tempo  parziale,  nonche'  la  possibilita'  di  assumere
 personale "a tempo determinato" per la durata di un anno, prorogabile
 a due, per la realizzazione di specifici progetti-obiettivi.
    Rilevante  ai  fini  del presente giudizio risulta l'assetto delle
 assunzioni nel comparto del pubblico impiego.
    La  legge,  infatti,  dispone  all'art. 1 - per le amministrazioni
 statali  aanche  ad  ordinamento  autonomo,  gli  enti  pubblici  non
 economici,  le unita' sanitarie locali limitatamente al personale non
 sanitario,   le   aziende   pubbliche   in   gestione   commissariale
 governativa,  le  province,  i comuni, le comunita' montane ed i loro
 consorzi (non anche per le regioni, dunque) - il generale divieto  di
 assunzioni  fino  a  che  non  siano  esperite  le  procedure  per la
 mobilita' previste dal d.P.C.M. 5 agosto 1988,  n.  325.  Attuata  la
 mobilita',  la  stessa  norma  prevede  un  limite  percentuale  alle
 assunzioni (25% ovvero 50%) relativo  ai  posti  resisi  vacanti  per
 cessazioni  dal servizio comunque verificatesi dal 1› gennaio 1988. A
 tale  limite  e'  possibile  derogare  per  "effettive,  motivate   e
 documentate esigenze" con autorizzazione del Presidente del Consiglio
 dei Ministri.
    A  norma del primo comma dell'art. 5 della legge, per le uu.ss.ll.
 e per gli enti pubblici non economici dipendenti dalle regioni,  tale
 deroga e' disposta con provvedimento della giunta regionale.
    Lo  stesso art. 5, al secondo ed al terzo comma, dispone l'obbligo
 per le regioni  di  attivare  "i  processi  di  mobilita'  in  ambito
 regionale  tra  il  personale  delle regioni, degli enti pubblici non
 economici da esse dipendenti e delle unita' sanitarie locali".
    Il  quarto  e  quinto comma del citato art. 5 prevedono, poi, che,
 esaurita la procedura di mobilita' in ambito regionale, gli esuberi e
 le  carenze  di  personale  eventualmente  risultati  debbano  essere
 comunicati  alla  Presidenza  del   Consiglio   dei   Ministri,   che
 provvedera',   rispettivamente,   alla   "collocazione"  ovvero  alla
 "copertura" con le modalita' di cui al citato d.P.C.M. 5 agosto 1988,
 n. 325.
    E'  avviso  della  regione  Toscana,  ricorrente, che le ricordate
 disposizioni contenute dall'art. 5 della legge in esame violino sotto
 vari   profili   la  Carta  costituzionale,  costituendo  altrettante
 invasioni della sfera di competenze proprie della regione medesima.
                         MOTIVI DI IMPUGNAZIONE
 1  -  Violazione  dell'art. 123 della Costituzione anche in relazione
 alla legge 22 maggio 1971, n. 343, recante approvazione dello statuto
 della regione Toscana.
    Il primo comma dell'art. 5 della legge n. 554/1988 individua nella
 giunta regionale l'organo competente ad emettere i provvedimenti  che
 dispongono le assunzioni in deroga, di cui al precedente art. 1.
    E'  di  ogni  evidenza che la individuazione, da parte della legge
 statale, dell'organo regionale  competente  ad  emettere  determinati
 provvedimenti,  viola l'art. 123 della Costituzione, in base al quale
 e' viceversa lo statuto regionale quello che contiene le disposizioni
 inerenti   alla  organizzazione  interna  della  regione,  e  percio'
 individua la competenza all'emanazione di  determinati  provvedimenti
 e/o allo svolgimento di determinate funzioni.
    In  particolare,  e'  da  rilevare  che  lo  statuto della regione
 Toscana attribuisce piuttosto al consiglio che non alla giunta  tutti
 i  provvedimenti  per i quali la legislazione regionale non individui
 nella giunta l'organo competente a deliberare.
    Ma,  a  prescindere  da quest'ultimo rilievo, che e' particolare e
 specifico nello statuto della regione Toscana, la competenza prevista
 nel  primo  comma  dell'art.  5  della  legge  n.  554/1988  si  pone
 chiaramente in contrasto con l'art. 123 della  Costituzione,  nonche'
 col  rinvio,  che  questa norma costituzionale dispone, alla potesta'
 statutaria  regionale  quanto  alla  ripartizione  delle   competenze
 proprie degli organi di ciascuna regione.
 2  -  Violazione  dell'art. 117 della Costituzione relativamente alla
 materia  "Ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti   amministrativi
 dipendenti dalle regioni".
    Se  si esaminano poi, anche congiuntamente, il secondo ed il terzo
 comma del medesimo art. 5 della legge n. 554/1988,  si  constata  che
 essi  prevedono,  a  carico  delle  regioni, l'obbligo di attivare la
 mobilita' del personale in  ambito  regionale,  fra  la  regione,  le
 uu.ss.ll.  esistenti  nell'ambito  territoriale della regione stessa,
 nonche' gli enti pubblici non economici dipendenti da  essa  regione:
 secondo  la  norma  in esame, l'obbligo regionale va adempiuto con le
 modalita' di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
 5 agosto 1988, n. 325.
    E'  avviso della regione Toscana, ricorrente, che la normativa ora
 riassunta si ponga in violazione dell'art.  117  della  Costituzione,
 incidendo   su   materia  costituzionalmente  attribuita  alla  legge
 regionale:  infatti  l'ordinamento  degli   uffici   e   degli   enti
 amministrativi  dipendenti  delle  regioni  e' la prima delle materie
 elencate nell'art. 117 della Costituzione, ed in ordine alle quali la
 regione  emana norme legislative nei limiti dei principi fondamentali
 stabiliti dalle leggi dello Stato.
    Il  carattere esclusivo della competenza legislativa regionale, in
 materia, non puo' sopportare che sia viceversa la  legge  (ordinaria)
 dello  Stato,  ad  operare  non gia' nell'ambito della fissazione dei
 principi  fondamentali  ovvero   nell'ambito   dell'esercizio   della
 funzione  generale di indirizzo e coordinamento, bensi' a porre norme
 cogenti, tali per  cui  la  competenza  regionale  si  risolve  e  si
 esaurisce, al massimo, nello svolgimento di attivita' amministrative,
 meramente attuative della legge dello Stato.
    La  giurisprudenza  di codesta ecc.ma Corte ha emesso innumerevoli
 sentenze chiarificatrici della portata del principio  costituzionale:
 da  ultimo,  con sentenza 18 febbraio 1988, n. 167, e' stato chiarito
 che lo Stato puo' emanare nella materia di competenza regionale anche
 norme  di  dettaglio  (oltre  alle  norme di principio che l'art. 117
 espressamente  prevede),  peraltro  solo  ove  ricorrano  motivi   di
 interesse   nazionale   rigorosamente   controllabili   dal   giudice
 costituzionale.
    Nel  caso  di  specie,  sembra  di  ogni  evidenza l'assenza di un
 interesse nazionale talmente pressante,  da  imporre  -  quanto  alla
 mobilita'  del  personale proprio delle regioni, o dipendente da enti
 amministrativi regionali, o  dipendente  dalle  uu.ss.ll.  in  ambito
 regionale  -  la eliminazione di ogni possibilita' autoorganizzatoria
 regionale, e da  impedire  percio'  alle  regioni  di  emanare  norme
 legislative in materia.
    In  assenza  di  una  ragione  giustificativa  cosi'  pressante da
 giustificare  la  sottrazione  alle   regioni   di   una   competenza
 legislativa costituente il connotato essenziale della loro autonomia,
 non sembra dubbia la violazione dell'art. 117.
    La  decisione  di  codesta suprema Corte n. 245 del 5 aprile 1984,
 (cfr. punto 5 delle considerazioni  in  diritto)  sembra  chiaramente
 convalidare  la  censura  di incostituzionalita' qui svolta avverso i
 ricordati secondo e terzo comma dell'art. 5, della legge n. 554/1988.
 3 - Ulteriore violazione dell'art. 117 della Costituzione.
    Il  quarto  ed il quinto comma dell'art. 5 della legge n. 554/1988
 dispongono,  come   gia'   accennato   nelle   premesse   di   fatto,
 l'applicazione  del  d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, sia agli esuberi
 (quarto comma) che alle carenze (quinto comma)  del  personale  delle
 regioni,  ovvero  degli  enti  da  queste  dipendenti,  ovvero  delle
 uu.ss.ll. nell'ambito regionale: cio', attribuendo direttamente  alla
 competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri la funzione di
 operare con provvedimenti attuativi del ricordato d.P.C.M.
    Tanto la collocazione del personale in esubero quanto la copertura
 di posti non coperti  con  i  processi  di  mobilita'  attuati  dalle
 regioni,  in base alla normativa ora in esame debbono essere disposte
 direttamente con atti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
    E'  di  ogni  evidenza  che  questa  normativa  viola  l'autonomia
 organizzativa delle  regioni  invadendo  l'ambito  costituzionalmente
 riservato a scelte proprie di esse.
    La  questione  risulta  gia' risolta da codesta suprema Corte, fra
 l'altro, nelle sentenze 11 ottobre 1983, n. 307 e 25 luglio 1984,  n.
 219.
    In  particolare,  con la prima delle due sentenze fu gia' ritenuto
 costituzionalmente illegittimo, per contrasto con  l'art.  117  della
 Costituzione,  l'art.  9, quarto comma, della legge 26 novembre 1973,
 n. 130, nella parte in cui tale norma non prevedeva  che  fossero  le
 regioni,  anziche'  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  a
 determinare e valutare i casi in cui fosse  necessario  procedere  ad
 assunzioni   di   personale  nelle  uu.ss.ll.  esistenti  nell'ambito
 territoriale di rispettiva  competenza,  ferme  restando  allo  Stato
 soltanto  le funzioni di indirizzo e di coordinamento previste in via
 generale dall'art. 5 della legge di riforma sanitaria, n. 833/1978.
    La  seconda  delle  due sentenze sopracitate puntualizza ancora la
 violazione dell'art. 117 della Costituzione in tutti i casi in cui si
 sottragga  alla  competenza  legislativa  regionale  la  funzione  di
 individuare le esigenze organizzatorie - in punto  di  provvista  del
 personale  -  delle  stesse  regioni,  ovvero  degli  enti  da queste
 dipendenti, ovvero delle uu.ss.ll.
    E non sembra davvero che la legge n. 554/1988 si sottragga ai vizi
 di  illegittimita'  costituzionale  che  codesta  suprema  Corte   ha
 univocamente ritenuto esistenti in normative analoghe.
    Del resto, a supporto di quanto or ora denunciato, va sottolineato
 che  nella  seduta  del  13  dicembre  1988  la  stessa   commissione
 parlamentare  per  gli  affari regionali del Senato ebbe ad esprimere
 perplessita' riguardo al terzo, quarto e quinto  comma  dell'art.  5,
 chiedendo  di  escludere  che  per  la  copertura  dei  posti  resisi
 disponibili nell'ambito del personale regionale, o del  personale  di
 enti  dipendenti  dalle  regioni, si dovesse procedere, mediante atti
 del Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  all'assorbimento  del
 personale in esubero proveniente da altre amministrazioni, secondo il
 disposto dell'art. 4 del d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325.
    Nella   medesima   seduta   venne   evidenziato   il  rischio  che
 l'approvazione dell'art. 5 nel testo gia' formulato dalla  Camera,  e
 che oggi - essendo divenuto definitivo - si censura dinanzi a codesta
 ecc.ma  Corte,  potesse  determinare   una   lesione   dell'autonomia
 organizzativa delle regioni, con conseguente inevitabile insorgere di
 un grave contenzioso costituzionale.
    Le   preoccupazioni   della  commissione  parlamentare  apparivano
 tutt'altro che ingiustificate, cosi' come il  presente  ricorso,  del
 resto, documenta.
 4 - Violazione dell'art. 3 e dell'art. 97 della Costituzione.
    Il  presente motivo si pone come domanda di ipotesi, rispetto alla
 tesi costituita dal sovraesposto terzo motivo di ricorso.
    Qualora   avesse  legittimita'  costituzionale  l'attribuzione  al
 Presidente del Consiglio  dei  Ministri  del  potere  di  adottare  i
 provvedimenti  previsti  dal  quarto  e dal quinto comma dell'art. 5,
 quest'ultima normativa sarebbe da censurare sotto i  profili  dedotti
 (ed in particolare sotto il profilo della violazione del principio di
 eguaglianza e di ragionevolezza) per il  contrasto  in  cui  essa  si
 porrebbe rispetto al quarto comma dell'art. 1 della legge stessa.
    Quest'ultima  norma, per l'ipotesi che il Presidente del Consiglio
 dei Ministri trasferisca ad enti locali  personale  ivi  collocabile,
 prevede  altresi'  che  la stessa autorita' amministrativa debba, con
 proprio decreto di concerto col Ministro del tesoro, trasferire  agli
 enti locali - presso i quali il personale suddetto sia destinato -, i
 fondi relativi agli oneri concernenti  il  trattamento  economico  in
 godimento.
    Nulla  di  tutto  questo  e'  previsto,  nell'art.  5,  quanto  al
 personale che  eventualmente  sia  destinato  al  trasferimento  alle
 regioni  (o  agli  enti  da queste dipendenti): gli oneri relativi al
 trattamento economico di quest'ultimo personale restano  invero  -  a
 quanto sembra di comprendere - a carico degli enti di destinazione.
    A  questo  risultato  si  perviene constatando la inesistenza, nel
 quarto e nel quinto comma dell'art. 5, di una norma analoga a  quello
 -  circa  il  trasferimento  dei  fondi  - contenuta nel quarto comma
 dell'art. 1 della legge: il che, come gia' accennato,  giustifica  la
 censura  di violazione dei principi di eguaglianza, di ragionevolezza
 e di buon andamento.
   Per  i motivi che precedono, la regione Toscana chiede alla suprema
 Corte   costituzionale   di   voler    dichiarare    l'illegittimita'
 costituzionale  -  in  relazione ai motivi del ricorso - dell'art. 5,
 primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma, della legge 29 dicembre
 1988,  n. 554, per i profili di incostituzionalita' evidenziati nella
 trattazione di diritto sopra svolta;
    Con ogni conseguenziale pronuncia di ragione di legge.
      Firenze, addi' 27 gennaio 1989
                          Avv. Calogero NARESE

 89C0117